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Teologi agguerriti mettono in croce la teologia in ginocchio di Kasper
(di Matteo Matzuzzi su Il Foglio del 24-07-2014)
Roma. “Consideriamo il recente volume del cardinale Kasper, basato sul suo discorso al Concistoro, come una tipica proposta sul divorzio e il nuovo matrimonio”.
A scriverlo, in un corposo articolo che sarà pubblicato sul numero di agosto della rivista Nova et Vetera, otto teologi statunitensi – tra cui sette domenicani – docenti alla Pontificia facoltà dell’Immacolata concezione di Washington, all’Ateneo dell’Ohio e alla Catholic University of America. “Le proposte del cardinale Kasper sono simili a quelle che, negli ultimi mesi, erano apparse sui media in quanto discusse dalla Conferenza episcopale tedesca”, notano prima di tutto gli estensori del saggio, aggiungendo che “sebbene di per sé relativamente semplici, tali proposte sollevano un’ampia gamma di questioni teologiche”.
Il punto di partenza per ogni discussione in vista del Sinodo, osservano, è che “un matrimonio rato e consumato tra due battezzati non può essere sciolto da alcun potere umano, incluso quello di vicario che è assegnato al Romano Pontefice”. E’ stato Giovanni Paolo II, prosegue il saggio, a chiarirlo “una volta per tutte”.
Se la chiesa “dovesse cedere alle crescenti pressioni che vorrebbero metterla a tacere sulla dimensione pubblica del matrimonio, ciò costituirebbe un passo verso uno sviluppo in negativo e vorrebbe dire abbandonare un elemento essenziale nonché la ragione stessa del matrimonio”.
Dallo studio delle proposte illustrate dal cardinale Kasper, si legge sulla rivista fondata nel 1926 dal futuro cardinale Charles Journet e da Jacques Maritain, e oggi diretta dal cardinale Georges Cottier, ciò che emerge è “una sfiducia nella castità”. “L’eliminazione dell’obbligo della castità per i divorziati – scrivono i teologi domenicani – costituisce la principale innovazione delle proposte medesime, dato che la chiesa permette già ai divorziati risposati, che per un motivo grave continuano a vivere insieme, di ricevere la comunione qualora accettino di vivere come fratello e sorella e non vi è pericolo di scandalo.
L’assunto delle attuali proposte, a ogni modo, è che tale castità sia impossibile per i divorziati. Forse che ciò non evidenzia una velata disperazione nei confronti della castità e del potere della grazia di sconfiggere il peccato e il vizio?”.
Smentita, poi, la tesi del porporato tedesco secondo cui il Primo concilio di Nicea abbia decretato l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione: “Tale affermazione costituisce un’errata lettura del Concilio e travisa le controversie sul matrimonio del I e del III secolo”.
Niente da fare neppure per la prassi delle chiese ortodosse, pure citata dal Papa un anno fa conversando con i giornalisti a bordo dell’aereo che lo riportava a Roma dopo la settimana trascorsa in Brasile: “La chiesa cattolica ha più volte ribadito di non potere ammettere la prassi ortodossa” e, tra l’altro, “le proposte più recenti invocano ciò che neanche gli ortodossi d’oriente accetterebbero: la comunione per coloro che contraggono unioni civili non consacrate”, osservano i docenti di Teologia firmatari dell’articolo su Nova et Vetera, aggiungendo che “ammettere alla comunione richiederebbe inevitabilmente che la chiesa cattolica riconoscesse e benedicesse i secondi matrimoni dopo il divorzio, il che è evidentemente contrario alla dottrina cattolica già stabilita e a quanto espressamente insegnato da Cristo”.
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Chi è Mario Castellano, il terzo commissario dei francescani dell'Immacolata?
(di Emmanuele Barbieri)
A un anno di distanza dall’inizio del commissariamento dei Francescani dell’Immacolata, la sorte dell’Istituto è ormai in mano ad un triumvirato composto da padre Fidenzio Volpi, il commissario designato dalla congregazione dei Religiosi, dal padre Alfonso Bruno, il Francescano “parricida”, e da un eccentrico personaggio fino ad oggi in ombra, ma più che mai attivo come consulente dell’operazione poliziesca: il “professor” Mario Castellano. Chi è dunque costui?
Mario Castellano nasce a Imperia, nel 1949, da una famiglia benestante. Il padre Adolfo, ex rappresentante di commercio della riso Scotti, fu partigiano bianco e consigliere comunale DC; lo zio è stato l’arcivescovo di Siena Ismaele Mario Castellano. Il giovane Castellano dopo essersi laureato in Giurisprudenza, ha preso il titolo di avvocato, professione che non esercita. Le sue simpatie politiche sono sempre state di sinistra. Più precisamente proviene dalla sinistra Dc, e ad Imperia è noto come un cattocomunista. Si dice anche che, fin dagli Novanta, Castellano sia affiliato al Grande Oriente di Sanremo. Ci attendiamo che l’interessato smentisca questa notizia.
Pur non essendo mai stato professore, ha insegnato diritto all’università di Managua subito dopo la presa del potere dei sandinisti (fu per motivi ideologici che il nostro per un certo periodo si trasferì in Nicaragua, sposandosi ivi con una nicaraguense dalla quale si separò qualche anno dopo). Ha collaborato a vari siti e blog, di orientamento esoterico e pro-islamico, prima di divenire il “braccio destra” o, secondo alcuni “la mente sinistra” di padre Alfonso Bruno, che ha raggiunto nella casa di Boccea e ha seguito talvolta nelle ispezioni nelle case “ribelli”.
Fin dal 2005 Castellano scrive entusiasta: in difesa dei diritti dei musulmani in Italia; in favore della multiculturalità; sull’adeguamento del nostro sistema giuridico ai diritti dei musulmani sulla casa comune di tutti (credenti e non credenti, e credenti di tutte le Fedi)(cfr. I Musulmani e lo Stato, in
[www.ildialogo.org]
Nel 2008 i dichiara a favore della rimozione dal Messale “tridentino” di tutto ciò che può offendere la sensibilità ebraica. L’Autore, inoltre, presenta in chiave positiva, benefica, l’esoterismo come uno dei tre motivi per cui noi cattolici non siamo «condannati in eterno» a combattere contro musulmani ed ebrei (cfr. Fratelli maggiori o “perfidos iudeos”, in
[www.ildialogo.org] Su Islam-online.it nel 2010 definisce le moschee islamiche «fattore di stabilità e sicurezza» (cfr.
[www.islam-online.it]
[continua]
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Che papocchio!!!!
COLPO BASSO IN VATICANO DEI TIFOSI DI “PAPA SCALFARI”
di Antonio Socci, www.antoniosocci.com 17 luglio 2014
Ma cosa sta succedendo in Vaticano? C’è qualche buontempone che si diverte a sabotare papa Bergoglio o si tratta di una specie di autosabotaggio? E’ in corso addirittura una tacita e inaudita sfida di Francesco ai suoi critici?
Il Vaticano è appena uscito – assai malconcio – dall’incidente di domenica scorsa, ovvero la seconda intervista del papa a Scalfari che padre Federico Lombardi – portavoce della Santa Sede – ha dovuto smentire sui punti più importanti, a velocità supersonica, anche per la sollevazione dei cardinali, nella stessa mattina di domenica, e ora si apre un nuovo caso ancora più clamoroso.
Ricordate la prima intervista a Scalfari, quella esplosiva del 1° ottobre scorso?
Non solo viene riproposta dal sito ufficiale del Vaticano, ma addirittura fra i “discorsi” ufficiali del Papa, quindi promossa – se ben capiamo – ad atto magisteriale. Un fatto a dir poco dirompente…
Ricordiamo anzitutto i fatti. In quell’intervista il giornalista attribuiva al papa dichiarazioni così clamorose e temerarie che esplose lo sconcerto di molti cattolici e l’imbarazzo del mondo ecclesiastico.
In Vaticano ci misero un po’ a capire cosa fare perché l’indomani – il 2 ottobre – l’intervista fu addirittura ripubblicata dall’Osservatore romano. Sembra che il Papa stesso non abbia gradito questa iniziativa.
Padre Lombardi in quei giorni cercò di tamponare lo sconcerto generale affermando che il Papa non aveva rivisto personalmente il testo (che tuttavia Scalfari aveva inviato alla Santa Sede per la verifica).
La stessa testata ultrabergogliana “Vatican Insider” ha riconosciuto che “in effetti l’articolo conteneva espressioni difficilmente attribuibili a Papa Francesco”.
Ma la presa di distanza ufficiale tardò molte settimane e parve assai imbarazzata. Arrivò il 15 novembre quando fu decisa la cancellazione di quel testo dal sito ufficiale del papa e del Vaticano (www.vatican.va).
In quell’occasione padre Lombardi si arrampicò sugli specchi spiegando che “l’intervista è attendibile in senso generale, ma non nelle singole valutazioni: per questo si è ritenuto di non farne un testo consultabile sul sito della Santa Sede. In sostanza, togliendola si è fatta una messa a punto della natura di quel testo. C’era qualche equivoco e dibattito sul suo valore. Lo ha deciso la Segreteria di Stato”.
Ricordiamo le dichiarazioni più dirompenti contenute nell’intervista. Scalfari attribuiva al Papa questa incredibile dichiarazione. Alla domanda se esiste un Bene oggettivo e chi lo stabilisce, il Papa avrebbe risposto: “Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene… Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce”.
Queste parole, che contraddicono duemila anni di Magistero della Chiesa e la Sacra Scrittura (basti pensare al Decalogo dato da Dio a Mosè), di per sé potrebbero essere usate arbitrariamente da chiunque per giustificare i propri atti, anche da Stalin o da Hitler. Anche loro – con i loro crimini – perseguivano la loro (perversa) idea di bene e di male.
C’erano poi altre affermazioni sconcertanti attribuite al papa: il proselitismo come “solenne sciocchezza”, la risposta evasiva sulla condanna della Teologia della liberazione fatta da papa Wojtyla, la frase: “io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio”.
Oppure il giudizio pesantissimo sui suoi predecessori (“i Capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato”), che somiglia a un autogol perché se c’è un papa lusingato da tutti è proprio Bergoglio (e ognuno ha i suoi cortigiani).
Ora tutto questa intervista, da cui il Vaticano aveva preso le distanze, viene rilanciata dallo stesso sito vaticano che l’aveva cancellata.
Per volere di chi dal momento che tale rimozione era stata decisa dalla Segreteria di Stato? Sopra la Segreteria di Stato c’è soltanto il Papa. E’ lui che ha voluto il rilancio? E per quale motivo questo ripensamento? Chi sta sfidando? I cardinali? E perché?
Infine la questione più scottante. L’intervista non è riproposta – come si potrebbe pensare – in una sorta di rassegna stampa. Bensì nella parte del magistero papale, fra i Discorsi.
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Francesco parla, Scalfari trascrive, Brandmüller boccia
Come storico della Chiesa, il cardinale tedesco confuta la tesi secondo cui il celibato del clero sarebbe un'invenzione del secolo X. No, obietta: ha origine già con Gesù e gli apostoli. E spiega perché
di Sandro Magister, per chiesa.espressonline
ROMA, 19 luglio 2014 – "Forse lei non sa che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò".
È questa la risposta sul tema del celibato del clero che papa Francesco dà a Eugenio Scalfari nell'intervista concessa al fondatore del quotidiano "la Repubblica" e nume dell'intellettualità laica italiana, pubblicata domenica 13 luglio.
Lo stesso giorno, una nota di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha precisato:
"Se si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente 'intervista' apparsa su 'Repubblica', cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al papa".
In particolare, padre Lombardi ha messo in dubbio che il papa abbia annunciato, a proposito del celibato del clero: "Le soluzioni le troverò".
Ma nulla ha eccepito sull'altra molto più spericolata asserzione messa sulla bocca del papa, secondo cui "il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore".
Uno storico della Chiesa autorevole come il cardinale tedesco Walter Brandmüller,, per più di vent'anni presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, si è infatti sentito in dovere di mostrare l'infondatezza della tesi.
Lo ha fatto con un intervento sul quotidiano "Il Foglio" del 16 luglio, riprodotto qui di seguito integralmente (cliccare su "leggi tutto" qui in basso).
Anche la precedente intervista di Scalfari a Francesco, apparsa su "la Repubblica" del 1 ottobre 2013, aveva sollevato dubbi sulla sua attendibilità. Tant'è vero che il successivo 15 novembre fu tolta dal sito ufficiale del Vaticano, dove era stata collocata tra i discorsi del papa e dove in seguito è inspiegabilmente ricomparsa, tradotta in cinque lingue, per poi di nuovo sparire pochi giorni fa.
Lo stesso Scalfari ammise di aver accompagnato l'invio preliminare al papa della sua stesura di quel primo colloquio – che non sollevò obiezioni e fu pubblicata tale quale – con un biglietto nel quale scriveva tra l'altro:
"Tenga conto che alcune cose che Lei mi ha detto non le ho riferite. E che alcune cose che Le faccio riferire, non le ha dette. Ma le ho messe perché il lettore capisca chi è Lei".
Mesi dopo, un secondo colloquio tra Scalfari e Francesco non ebbe nessuna "traduzione" giornalistica, su prudenziale richiesta vaticana.
Ma dopo il ferzo colloquio, avvenuto il 10 luglio scorso, anche questa volta senza registratore, il papa avrebbe dato di nuovo il via libera a Scalfari perché ne scrivesse, con il risultato che s'è visto.
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Perché la sentenza della Cassazione che ignora la nullità del matrimonio sancita dalla Chiesa è «funzionale alla ridefinizione della famiglia»
di Benedetta Frigerio
Giancarlo Cerrelli, avvocato canonista, cassazionista e vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici, spiega per filo e per segno il senso di un verdetto che con la scusa di difendere i più deboli, mira a censurare la funzione civile della Chiesa
La sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite n. 16379 del 17 luglio 2014, contro il riconoscimento della nullità matrimoniale sancita da una sentenza ecclesiastica non mirerebbe, come annunciato dalla stampa, a difendere il diritto dei più deboli. «In ballo c’è molto altro. Come la ridefinizione del matrimonio, aprendo la strada a rapporti familiari sempre più liquidi e precari di cui l’ordinamento prenderà atto», spiega a tempi.it Giancarlo Cerrelli, avvocato canonista, cassazionista e vicepresidente nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani.
Avvocato Cerrelli, qual è la novità di questa sentenza circa la nullità matrimoniale?
È stato definito con un principio di diritto un contrasto interpretativo, presente all’interno della stessa Corte di Cassazione e ancora irrisolto, circa i termini del riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche da parte dello Stato italiano. I giudici hanno sposato, con questa decisione, l’orientamento già espresso qualche anno fa dalla prima sezione della stessa Corte, con la sentenza n. 1343/2011. In poche parole, a parere della Suprema Corte, se marito e moglie hanno vissuto come tali per almeno tre anni, la sentenza ecclesiastica di dichiarazione di nullità del loro matrimonio non ha effetti per lo Stato italiano, perché entrerebbe in contrasto con il principio dell’ordine pubblico. Tale sentenza si pone in linea con la tendenza giurisprudenziale che mira a porre una forte restrizione al riconoscimento civile delle sentenze ecclesiastiche di nullità.
È mai accaduto prima che il diritto dello Stato fosse contrapposto a quello ecclesiastico in questa materia?
La storia è lunga. Il codice civile del 1865 si limitò a disconoscere gli effetti civili del matrimonio canonico, perché non era ammissibile che la formazione del rapporto coniugale fosse disciplinata, non dalla legge dello Stato, ma dalla legge confessionale dei nubendi. Così dal primo gennaio del 1866 fino all’11 febbraio 1929, per ben 63 anni, l’ordinamento italiano riconobbe, come matrimonio, il solo matrimonio civile che, pertanto, divenne obbligatorio, senza che però fosse vietata la celebrazione religiosa, in via del tutto autonoma, per le persone già unite, in municipio, dal matrimonio civile. Il Concordato dell’11 febbraio 1929 ha instaurato, invece, un sistema fondato sulla “esclusività” della giurisdizione ecclesiastica, come l’unica giurisdizione cui il cittadino, che avesse contratto matrimonio nella forma concordataria, potesse rivolgersi. L’articolo 34 del Concordato del 1929 sanciva, al comma 4, che le cause concernenti la nullità del matrimonio erano riservate alla competenza dei tribunali ecclesiastici e la delibazione della sentenza ecclesiastica avveniva in modo automatico da parte dell’ordinamento italiano. Questa “esclusività” dopo il 1970 è andata restringendosi, fino alla sua abrogazione, avvenuta con l’entrata in vigore della legge 121 del 25 marzo del 1985, che ratificò e diede esecuzione agli “Accordi di Villa Madama” del 18 febbraio 1984 modificando, così, i precedenti “Patti lateranensi” che diedero vita al Concordato dell’11 febbraio 1929. Inizia così un’espansione della giurisdizione sul matrimonio concordatario da parte dell’ordinamento italiano, che comincia ad usare un attento controllo dell’ordine pubblico italiano, in sede di delibazione della sentenza ecclesiastica. La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione del 17 luglio tende ad accrescere ulteriormente la giurisdizione dello Stato italiano sul matrimonio concordatario. Da qualche tempo, infatti, si stanno verificando, da parte di organi dello Stato italiano, prese di posizione che denotano una certa diffidenza, un senso di contrarietà verso la funzione giudiziaria svolta dalla Chiesa, interventi che lasciano trasparire l’intento di contenere tale funzione, di limitarne l’applicazione, di controllarne e, ove possibile, di censurarne il concreto esercizio.
La sentenza però sembrerebbe più “garantista” nei confronti del matrimonio, rispetto alla Chiesa che ammette la nullità.
La Chiesa dà importanza al consenso dei coniugi espresso durante la celebrazione. Il processo canonico che dichiara la nullità matrimoniale si basa, infatti, su due processi, entrambi obbligatoriamente conclusi con due decisioni di nullità (la cosiddetta “doppia conforme”), nei quali viene effettuata un’approfondita istruttoria sul rapporto matrimoniale, che tende a verificare se il consenso prestato da uno o da entrambi i nubendi sia stato efficace o meno a far nascere il matrimonio. La Suprema Corte con questa sentenza sembra, invece, concedere maggior credito alla volontà (spesso connotata da emotività) di un soggetto privato che alla decisione di un giudice ecclesiastico, poiché al primo consente di far venir meno l’effettività e la vitalità del matrimonio-rapporto senza che tale decisione debba essere giustificata, mentre al secondo nega tale possibilità, anche in presenza di due decisioni conformi e motivate. Tuttavia il senso di questa sentenza va oltre a quello che può apparire di primo acchito.
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Morale cattolica stravolta e “riscritta” dal vescovo di Treviri
(di Mauro Faverzani)
Provocano sofferenza e dolore le scioccanti parole pronunciate da mons. Stephan Ackermann, Vescovo di Treviri, dirompenti come un fiume in piena: rotti gli argini della fede, hanno devastato la Dottrina cattolica, ferito la sensibilità dei credenti, sconcertato tutti. Complice la solita intervista, rilasciata questa volta al quotidiano “Allgemeine Zeitung”.
Secondo un recente sondaggio, i cattolici delle diocesi tedesche riterrebbero esser fuori dal mondo i divieti imposti dalla morale sessuale della Chiesa: richiesto di un commento in merito, mons. Ackermann non ha fatto mistero di voler letteralmente stravolgere regole e precetti: «Dobbiamo rafforzare il senso di responsabilità delle persone – ha detto – ma poi dobbiamo anche rispettare le decisioni da loro assunte in coscienza». Sull’accesso ai Sacramenti per i divorziati risposati, «siamo qui a far proposte», ha ribattuto, come se tutto non fosse da sempre già stabilito e chiaro.
Circa i rapporti prematrimoniali, si è quasi rammaricato: «Non possiamo cambiare completamente la Dottrina cattolica – ha dichiarato – ma possiamo elaborare criteri per i quali in questo o quest’altro caso concreto siano giustificabili. Non ci sono solo l’Ideale da una parte e la condanna dall’altra». Evidentemente quel che insegna la Chiesa Cattolica poco gl’importa… Ancora su pianificazione familiare e contraccezione: «La distinzione tra contraccezione naturale e non – ha “esternato” mons. Ackermann – è in qualche modo artificiosa. Temo che nessuno la capisca più…».
E per l’omosessualità la Chiesa dovrebbe, a suo dire, fare appello al senso di responsabilità del singolo: «La visione cristiana dell’uomo passa attraverso la polarità dei sessi, ma noi non possiamo semplicemente bollare l’omosessualità come innaturale», benché essa non debba essere vissuta in promiscuità e quale fonte di gratificazione. Certo la Chiesa Cattolica pone come punto fermo l’unicità del matrimonio tra uomo e donna, ha proseguito, ma quando una vita di coppia, vissuta in modo fedele e cosciente, venisse iscritta in un apposito registro, «certo non potremmo ignorare l’assunzione di tale responsabilità», benché ‒ bontà sua… ‒ non ritenga essere «una soluzione» percorribile neppure la benedizione delle coppie gay promossa nelle comunità protestanti. Sconcertante.
Il celibato dei preti, a suo giudizio, non rappresenta canonicamente «un dogma», benché abbracciare il sacerdozio significhi oggi anche conformarsi a tale stato di vita. Cosa ci riservi il futuro, però, ha concluso sibillino mons. Achermann, non sarebbe dato prevedere…
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Il governo Renzi promuove l’ideologia gender nella scuola
(di Lupo Glori)
Il governo Renzi si piega ai dettami degli ideologi del gender e mette a punto un deciso programma anti-omofobia 2014/2015 di concerto con le principali associazioni LGBT italiane. Venerdì 11 luglio il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini si è, infatti, seduto al tavolo con “Agedo”, “Arcigay”, “ArciLesbica”, “Associazione Radicale Certi Diritti”, “Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli”, “Equality Italia”, “Famiglie Arcobaleno”, “Gay Center”, “MIT” per concordare assieme il piano strategico nazionale di contrasto all’omofobia e la transfobia.
Andrea Maccarrone, presidente del “Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli”, una delle associazioni LGBT presenti all’incontro, ha dichiarato: «siamo molto preoccupati che la libertà d’insegnamento e le politiche di contrasto alle discriminazioni, già da anni messe in campo, vengano rimesse in discussione da una ventata di integralismo che punta a trasformare la scuola da luogo privilegiato di crescita civile, di formazione e di incontro in terreno di scontro ideologico». Per questo, prosegue Maccarrone, occorre urgentemente: «riavviare la strategia nazionale nell’ambito dell’asse educazione-istruzione, che era stata avviata dallo scorso governo e affidata all’Unar, ma che ha subito uno stop incomprensibile e gravissimo».
Obiettivo principale della riunione, fortemente voluta dalle associazioni LGBT, è stato, infatti, proprio quello di rimettere in moto la discussa e contestata Strategia Nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, adottata il 30 aprile 2013, dall’“Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni” (UNAR) per volere dell’allora Ministro del Lavoro (con deleghe alle Pari Opportunità) Elsa Fornero.
Tale ripresa della “Strategia Nazionale” si focalizzerà sull’asse di intervento programmatico dedicato all’“educazione e istruzione” che individua nella scuola il luogo principale di formazione di una nuova cultura che favorisca il «processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere» . In tale prospettiva, le parti hanno, infatti, stabilito l’avvio, dal prossimo autunno, di corsi formativi per tutte le figure apicali degli uffici scolastici regionali e provinciali e l’istituzione, all’interno della Settimana contro la violenza e discriminazione, della lotta all’omofobia e alla transfobia come tema centrale per l’anno scolastico 2014-15.
Infine, la Ministra Giannini ha promesso, alle numerose realtà associative LGTB presenti, un confronto più assiduo anche rispetto alla stesura delle nuove linee guide sul contrasto del bullismo e del cyberbullismo. Alle fine dell’incontro le associazioni LGBT partecipanti, soddisfatte per gli accordi raggiunti, hanno rilasciato una nota a firma congiunta nella quale si legge: «le Associazioni apprezzano gli impegni assunti dalla Ministra e vigileranno affinché vengano mantenuti».
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Punito dal suo vescovo per essere un sacerdote Cattolico
La stampa internazionale – anche quella italiana – ha ripreso con una certa evidenza la notizia relativa a don Thomas Ladner, il sacerdote austriaco sospeso dall’insegnamento per aver parlato ai suoi alunni di inferno e Purgatorio. Nessuno però si è chiesto cosa ci fosse dietro il duro provvedimento assunto dal Vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer, nei confronti di questo suo giovane prete, a soli 36 anni già molto apprezzato come docente di religione dai genitori dei bimbi iscritti presso la scuola elementare di Stans, in Tirolo, un paese di 1.500 anime in tutto.
La decisione della Diocesi li ha sorpresi. Ed amareggiati. Al punto da spingerli ad organizzare in fretta e furia una raccolta-firme, per riavere, col prossimo anno scolastico, don Thomas in aula. Lo stesso Sindaco, Michael Huber, ha inviato una forte lettera di protesta in Curia, definendo la decisione di revoca dell’insegnamento «inaccettabile», unilaterale e causa di scompiglio presso la comunità locale, che, secondo quanto riportato dal quotidiano Tiroler Tageszeitung, non sarebbe stata minimamente consultata in una scelta pur gravida di conseguenze. Sugli scolari e sulle famiglie.
La “colpa” del reverendo non sarebbe solo quella d’aver parlato in classe dei Novissimi e della famiglia con un linguaggio giudicato dalla Diocesi «retorico» e «non più attuale», «inadatto ai bambini ed al loro stato di vita». No, l’altra “grave” colpa di don Thomas, cooperatore peraltro presso la locale parrocchia, sarebbe quella di voler vivere sul serio la propria vocazione, al punto da portare abitualmente la talare. Comportamenti evidentemente sgraditi in Diocesi. Ma perché?
Il Vescovo, mons. Scheuer, nella Conferenza Episcopale austriaca, è responsabile dei settori Caritas e Pax Christi. Di quest’ultima è addirittura Presidente nazionale. E Pax Christi, in Austria, predica l’ambientalismo, il pacifismo, l’antimilitarismo, l’antinuclearismo, l’egualitarismo, l’ecumenismo, il conciliarismo – con annessi «segni dei tempi» -. Tutti gli “ismi” ideologicamente possibili, insomma. Ma non solo. Basta uno sguardo al sito di Pax Christi Österreich, per cogliere come e quanto punti sullo spirito di Assisi, sull’emancipazione delle donne e sulla teologia femminista. Il Vescovo di Innsbruck è a capo di tutto questo.
Quanto a morale sessuale ed accesso ai Sacramenti per i divorziati risposati, in un’intervista rilasciata lo scorso 30 gennaio a Die Presse, mons. Scheuer ha dichiarato di aspettarsi un «processo dinamico» da parte della Chiesa e di aver letto, in questo senso, come un segno di speranza il fatto che il Papa avesse incaricato il Card. Kasper della relazione d’apertura al Concistoro.
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(di Amerigo Augustani)
Lo scorso 17 aprile 2014 tutte le principali testate italiane hanno lanciato la seguente notizia: Riabilitato un libro di don Milani. Il riferimento è al volume Esperienze pastorali (lo citeremo come EP, ndr), edito a Firenze nel 1958.
Il giorno prima, l’arcivescovo di Firenze, cardinal Betori, aveva concesso un’intervista al settimanale “Toscana Oggi”; sul finire della conversazione, il porporato diede a sorpresa la seguente notizia: «nel novembre scorso, dopo un accurato lavoro di ricerca, ho inviato al Santo Padre un’ampia documentazione su Esperienze pastorali. (…) Questo dossier il Papa lo ha passato alla Congregazione per la dottrina della fede che proprio in questi giorni mi ha risposto sottolineando (…) che non c’è stato mai nessun decreto di condanna contro EP né tantomeno contro don Lorenzo Milani. Ci fu soltanto una comunicazione data dalla Congregazione all’Arcivescovo di Firenze nella quale si suggeriva di ritirare dal commercio il libro e di non ristamparlo o tradurlo. (…) L’intervento aveva un chiaro carattere prudenziale ed era motivato da situazioni contingenti. Oggi la Congregazione mi dice che ormai le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere. Da ora in poi la ristampa di EP non ha nessuna proibizione da parte della Chiesa e torna a diventare un patrimonio del cattolicesimo italiano».
Questa la dichiarazione del presule fiorentino che ha fatto la gioia dei sostenitori del Priore di Barbiana, spesso purtroppo ideologizzati in senso cattocomunista. Tuttavia, il comunicato riferito da Betori non sembra esente da imprecisioni e silenzi nella ricostruzione della tormentata vicenda di EP. Anzitutto, la lettera del S. Uffizio all’arcivescovo di Firenze non “suggeriva” ma “ordinava” il ritiro dal commercio di EP; questo proprio perché il 10 dicembre 1958 un decreto della Suprema aveva sancito che il Liber Esperienza Pastorali Sacerdotis Laurentii Milani e commercio retrahatur. Eidem Sacerdotis Ordinarius inviliget. Non è ben chiaro, inoltre, cosa intendessero gli esperti vaticani quando hanno giudicato che «ormai le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere». Si allude forse al preteso superamento della nota condanna del comunismo voluta da Pio XII?
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(di Danilo Quinto)
Mentre Nichi Vendola, deluso dai suoi, che l’hanno “tradito”, dice di voler mollare tutto e di trasferirsi nel paese del suo compagno, il Canada, dove, afferma, esiste «un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani», c’è chi da noi sta lavorando alacremente per rendere l’Italia più moderna.
È l’ex centrodestra italiano, quello che rimane dopo la scissione che si è consumata nel Popolo della Libertà, a seguito della quale si sono costituiti il Nuovo Centro Destra e Forza Italia. Il primo, dopo aver dato il suo assenso determinante alle leggi sul divorzio breve e sulla droga, con il suo segretario, Angelino Alfano, in un’intervista a “Repubblica” – intitolata Sì alle unioni civili, ma più aiuti alle famiglie – ha affermato: «Rispettiamo l’affettività di tutti. Se c’è da garantire maggior tutela ai problemi delle tante persone che convivono noi siamo pronti. La soluzione sia però pragmatica e non ideologica». Ha aggiunto: «non abbiamo difficoltà a ragionare, nell’ambito del codice civile, di un tema che esiste ed è la tutela delle persone che convivono, anche gay. A patto che non si neghi il valore della famiglia, fatta da uomo e donna». Per la famiglia, composta da un uomo e da una donna, così come descritta dall’art. 31 della Costituzione, Alfano chiede nuovi provvedimenti e si riferisce a norme che la tutelino sul piano dei suoi fabbisogni materiali. Più pragmatismo di così!
In fondo, la posizione espressa da Alfano non è dissimile da quella espressa da Forza Italia. Quando la fidanzata di Berlusconi, Francesca Pascale e l’editorialista del “Giornale”, Vittorio Feltri, richiedono e ottengono l’iscrizione all’Arcigay – «poiché ne condividono», affermano, «le battaglie in favore dell’estensione massima dei diritti civili e della libertà» – non intendono affatto far venire meno alla famiglia ipotetiche provvidenze con la prossima legge di stabilità, simili a quella degli 80 euro in busta paga, che consentono di spendere qualche euro in più per i saldi di stagione. Ragionano, su questo, come il segretario del NCD.
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Senza purezza nessun ordine sociale o politico è possibile
Qualche giorno fa, il 6 luglio, abbiamo commemorato la festa di santa Maria Goretti (1890-1902), immolatasi per preservare la propria purezza. Fu canonizzata il 24 giugno 1950 da Papa Pio XII. Il Pontefice finì l’omelia con una supplica: “Mio Signore, Tu che hai accolto l’innocenza e la purezza che ti ha donato la giovane Maria Goretti mediante la grazia del martirio; ti preghiamo: donaci per sua intercessione il coraggio di rispettare i tuoi comandamenti come questa ragazza che ha difeso la sua verginità fino alla morte”.
Commentando l’esempio di vita di santa Maria Goretti, dopo aver lodato la pratica della purezza in grado eroico, Plinio Corrêa de Oliveira si sofferma sulle implicazioni sociali e storiche di questa virtù, concludendo che senza purezza nessun ordine sociale o politico è possibile.