-
Le contraddittorie giravolte ideali di un mainstream in cui si può discutere tutto tranne che il dogma della sacralità dell'agenda omosessuale
di Michele Gastaldo
(presidente Agapo –Associazione genitori e amici e persone omosessuali)
Tempi, 2 giugno 2010
Non più di un anno fa era soltanto «una trentaduenne ex pin-up la cui principale qualifica è chiaramente l'attrazione sessuale del premier nei suoi confronti» (Alexander Stille, Repubblica). Oggi finalmente il ministro Mara Carfagna è stata espunta dalle liste di proscrizione. Potenza di una "campagna contro l'omofobia" e di una salita al Quirinale in compagnia di Anna Paola Concia, lesbica, attivista per i diritti degli omosessuali, deputata Pd e ministro ombra delle Pari opportunità. Oplà: da ex velina che presenta noiose leggi a tutela delle donne e della maternità, Mara si è magicamente trasformata in una applaudita icona gay.
Siamo abituati a considerare il livello di attenzione e di tolleranza verso gli omosessuali come un indicatore di democraticità di una società. Ed è normale che sia così. Ma ciò che si segnala nella "conversione" del ministro Carfagna è qualcosa di più. È la vittoria della cultura del gender, il trionfo assoluto dell'idea secondo la quale "l'identità di genere" è risultato esclusivo di una "costruzione sociale", dell'"educazione etero sessi-sta".
Ora, sarà anche poco elegante scriverlo, ma come si fa a non notare la crescente attitudine alla censura delle idee altrui che caratterizza il ceto politico fondato sull'identità sessuale? Perché, ad esempio, l'opinione divergente dalle rivendicazioni dell'agenda gay viene quasi sempre qualificata di "pregiudizio omofobo"? «Sono deluso, perché le mie convinzioni personali mi sono costate la possibilità di continuare il mio lavoro per la comunità di Sacramento».
Con queste parole Scott Eckern, direttore artistico del Teatro di Musica della California, conclude la lettera con cui rassegna le sue dimissioni. Un autolicenziamento a cui Eckern è stato costretto perché, nel referendum sui matrimoni gay in California, aveva sostenuto il movimento per la difesa della famiglia tradizionale.
Simili atti di intolleranza non sono fatti isolati. Basti pensare a Donnie McClurkin, cantante gospel che ha accompagnato Obama nella campagna elettorale, finito nel mirino degli attivisti gay d'America perché si dichiara ex gay. O alla famosa hit di Povia, che ha esigito un'apparizione a Sanremo dell'onorevole Grillini, dal momento che neppure una canzonetta si deve permettere di discutere il dogma degli "omosessuali per sempre felici e contenti". O a Luca di Tolve (secondo alcuni lo stesso Luca cantato da Povia), che forse può vantare il primato di uomo più insultato d'Italia perché ha abbandonato un ruolo di spicco nell'Arci-gay e si è sposato con una donna. O agli psicologi come Antonio Cantelmi, perseguitati perché non accettano la teoria (mai dimostrata scientificamente) che "omosessuali si nasce". E ancora - notizia di questi giorni - si pensi alla campagna di screditamento, intimidazione, atti di vandalismo, che ha accompagnato la tournée italiana dello psichiatra americano Joseph Nicolosi.
-
L'8 settembre si festeggia la Nascita di Maria Santissima: totustuus.it offre con gaudio ai suoi utenti registrati un classico della spiritualità francescana:
Beata Angela da Foligno: Il memoriale
Presentazione con Parole di Benedetto XVI: "Di solito, si è affascinati dai vertici dell’esperienza di unione con Dio che ella ha raggiunto, ma si considerano forse troppo poco i primi passi, la sua conversione, e il lungo cammino che l’ha condotta dal punto di partenza, il “grande timore dell’inferno”, fino al traguardo, l’unione totale con la Trinità. La prima parte della vita di Angela non è certo quella di una fervente discepola del Signore. Nata intorno al 1248 in una famiglia benestante, rimase orfana di padre e fu educata dalla madre in modo piuttosto superficiale. Venne introdotta ben presto negli ambienti mondani della città di Foligno, dove conobbe un uomo, che sposò a vent’anni e dal quale ebbe dei figli. La sua vita era spensierata, tanto da permettersi di disprezzare i cosiddetti “penitenti” - molto diffusi in quell’epoca – coloro, cioè, che per seguire Cristo vendevano i loro beni e vivevano nella preghiera, nel digiuno, nel servizio alla Chiesa e nella carità.
[...] Cari fratelli e sorelle, la vita di santa Angela comincia con un’esistenza mondana, abbastanza lontana da Dio. Ma poi l'incontro con la figura di san Francesco e, finalmente, l'incontro col Cristo Crocifisso risveglia l'anima per La presenza di Dio, per il fatto che solo con Dio la vita diventa vera vita, perché diventa, nel dolore per il peccato, amore e gioia. E così parla a noi santa Angela. Oggi siamo tutti in pericolo di vivere come se Dio non esistesse: sembra così lontano dalla vita odierna. Ma Dio ha mille modi, per ciascuno il suo, di farsi presente nell'anima, di mostrare che esiste e mi conosce e mi ama. E santa Angela vuol farci attenti a questi segni con i quali il Signore ci tocca l'anima, attenti alla presenza di Dio, per imparare così la via con Dio e verso Dio, nella comunione con Cristo Crocifisso. Preghiamo il Signore che ci renda attenti ai segni della sua presenza, che ci insegni a vivere realmente" (Udienza Generale del 13-10-2010).
* * *
1) Cercate "Formazione" nella barra di navigazione in alto alla pagina
2) Cliccate su "Libri scaricabili gratis"
3) Cercate e cliccate la categoria "Scritti di santi francescani":
[www.totustuus.it]
* * *
* Vi ricordiamo che occorre essere registrati:
[www.totustuus.it] altrimenti la riga "Libri scaricabili gratis" e' invisibile.
* Se non vi siete ancora mai registrati cliccate invece qui:
[www.totustuus.it]
* * *
iGpM
totustuus.it
Regina Sacratissimi Rosari, ora pro nobis!
-
Ideologia del gender: La realtà nello sguardo della donna
La teoria del gender, nella totale equiparazione tra uomo e donna al punto di annullare la realtà biologica della diversità sessuale, utilizza termini e concetti equivoci. Fabiana Cristofari presenta un'acuta analisi delle caratteristiche fisiologiche, psicologiche e spirituali della donna che non possono essere ignorate nel definire la sua missione e ruolo. Esperta in questo campo, con due dottorati e master nel curricolo, l'autrice ha pubblicato diversi saggi su famiglia e identità di genere.
di Fabiana Cristofari
Studi Cattolici n.604 giugno 2011
Della donna e sulla donna si è detto e scritto moltissimo partendo da prospettive disciplinari diverse, eppure l'identità femminile ancora fatica a emergere nella sua grandezza. Il più delle volte le indagini statistiche registrano sentimenti di frustrazione e insoddisfazione in tante donne che nell'articolarsi della loro vita stentano a definire l'oggetto della piena autorealizzazione, dal momento che oggi è difficile non solo definire la realtà dell'essere donna, ma perfino pensare a un'identità femminile che nella sua dimensione personale possa essere declinata in termini di differenza rispetto a quella maschile.
La domanda sull'identità della donna rimane spesso inevasa, dal momento che si sono erosi i presupposti concettuali per riflettere sulla differenza. Oggi parlare di identità maschile e di identità femminile è estremamente contro tendenza lì dove si sta diffondendo, non solo nell'immaginario collettivo ma, ancora di più, all'interno di gran parte dei documenti internazionali e in molti filoni del pensiero filosofico e psicologico, l'idea di un soggetto asessuato in cui ogni differenza biologica sia annullata in vista dell'indifferenziazione sessuale.
Sono le teorizzazioni del pensiero gender, fatto proprio dal femminismo americano, che permeano il linguaggio comune (facendo del concetto «unisex» la parola d'ordine), ogni struttura concettuale e molte decisioni in campo giuridico e politico dove si riscontra, sempre più di frequente, la sottolineatura dell'irrilevanza della differenza sessuale e la cancellazione di qualsiasi riferimento all'uomo e alla donna a favore di un generico riferimento alla categoria del «genere umano» come sessualmente indifferenziato (1).
Il pensiero «gender» (2) si è fatto promotore di una efficacissima battaglia ideologica secondo la quale la differenza sessuale è un dato aggirabile: il fatto che nasciamo maschi o femmine è irrilevante dal momento che ciò che conta - secondo il pensiero «gender» - è ciò che diveniamo, e il divenire dipende dalla storia, dalla società, dalla cultura e dalla propria autocomprensione psicologica.
Secondo tale prospettiva, possiamo essere/nascere donne e divenire donne o essere/nascere uomini e divenire uomini - e in questo senso i ruoli prodotti dalla cultura e dalla società e le scelte psichiche dell'individuo coinciderebbero con la natura - ma è anche possibile essere/nascere donne e divenire uomini o essere/nascere uomini e divenire donne, nel senso dell'attuazione di comportamenti e dell'identificazione di ruoli sociali, ma anche fino alla completa trasformazione del corpo.
Non esisterebbe, quindi, un legame tra sesso e genere: il genere non può e non deve essere costretto nel sesso o rispecchiarlo; il dato naturale della differenza sessuale è, piuttosto, una «trappola metafisica» da cui prendere le distanze, in quanto è ritenuta la causa principale della «cultura patriarcale». Infatti, è a partire dal dato naturale della differenza fisica sessuale che ogni individuo viene «assegnato» socialmente alla categoria maschile o femminile e, in base a ciò, ognuno diviene ciò che la cultura ritiene che sia o debba essere (uomo o donna), pensando falsamente che tale ruolo corrisponda alla sua vera natura.
È nell'ambito di tale assegnazione di ruoli sociali che il femminismo individua la distinzione tra il ruolo «privato» (riproduttivo e domestico) assegnato alle donne e il ruolo «pubblico» (politico-economico) assegnato agli uomini, con la conseguente gerarchizzazione dei generi (la superiorità del genere maschile e l'inferiorità del genere femminile, escluso dalla dimensione pubblica).
«La differenza sessuale (e dunque la natura) è vista, allora, come un elemento discriminatorio da negare e combattere, in quanto ha creato e continua a determinare la fissazione di ruoli e a costruire gerarchie di potere: la famiglia fondata sul matrimonio e la femminilità - identificata con la maternità e l'accudimento domestico — sono considerate "costruzioni maschiliste" da decostruire e di cui disfarsi per progettare una società che superi la differenza sessuale, liberando la donna dall'oppressione patriarcale» (3). L'obiettivo del femminismo di genere è quello di compiere una rivoluzione definitiva, come sostiene S. Firestone: non solo porre fine al privilegio maschile, ma «porre fine alla distinzione stessa dei sessi» (4).
-
Michel Villey, Il diritto e i diritti dell'uomo, Editore Cantagalli, EAN9788882724436, Pp. 208, Euro 20,00
Sconto su:
[www.theseuslibri.it]
“I diritti dell’uomo sono irreali. La loro impotenza è evidente. È bellissimo vedersi promettere l’infinito; ma poi, come stupirsi se la promessa non è mantenuta!”
Muovendosi in direzione opposta alla grande popolarità riscossa dal concetto di “diritti umani”, Michel Villey contesta l’idea moderna che anima le Dichiarazioni Universali e attraverso uno studio critico del linguaggio ne individua errori e ambiguità.
Se il linguaggio condiziona il pensiero, è compito della filosofia mettere in discussione le espressioni di uso comune per smascherare equivoci e fare chiarezza.
Per la sua coraggiosa battaglia, Villey sceglie il metodo storico, riscoprendo le radici del concetto di diritto nell’antica Roma e nei classici del pensiero latino, da Cicerone ad Aristotele, primo filosofo del diritto in senso stretto, fino al Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, in cui ritrova l’origine del legame tra l’idea del diritto e quella di “giustizia”.
L’errore dei sostenitori dei diritti umani sta per Villey nel mescolare la natura generica dell’uomo, l’uomo al singolare, e il concetto più ampio di diritto, il quale invece ha bisogno di entità concrete a cui riferirsi e che sancisce un rapporto, una relazione tra soggetti.
Grazie a un’attenta analisi etimologica e strutturale dei due termini in gioco il filosofo francese dimostra la contraddizione che sorge dal loro arbitrario accostamento e invita a un ripensamento critico della concezione moderna di diritto.
___
Michel Villey (1914-1988)
Storico francese del diritto, specialista di diritto romano. Ha insegnato alle Università di Strasburgo e di Parigi. Con Henri Batifol ha fondato a Parigi il Centro di Filosofia del diritto ed ha diretto gli “Archives de Philosophie du droit”. Tra le sue maggiori opere: Philosophie du droit. Définitions ed fins du droit. Les moyens du droit. (Dallonz, 1986); Critique de la Pensée juridique moderne (Dalloz, 1973); La formazione del pensiero giuridico moderno) Jaca Book, 1986).
-
SANTO ROSARIO CON I VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
E AFFIDAMENTO DELL'ITALIA ALLA VERGINE MARIA
IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO DELL'UNITÀ POLITICA DEL PAESE
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica di Santa Maria Maggiore
Giovedì, 26 maggio 2011
La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città ... rispettosa della legittima laicità dello Stato, è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo. Fra questi vi sono anzitutto le istanze etiche e quindi l’apertura alla trascendenza, che costituiscono valori previi a qualsiasi giurisdizione statale, in quanto iscritti nella natura stessa della persona umana. In questa prospettiva, la Chiesa ... continua a offrire il proprio contributo alla costruzione del bene comune, richiamando ciascuno al dovere di promuovere e tutelare la vita umana in tutte le sue fasi e di sostenere fattivamente la famiglia
-
Omelia della XXI domenica del Tempo Ordinario
Letture
I Lettura: Is 22,19-23;
Salmo: Sal 137;
II Lettura: Rm 11, 33-36;
Vangelo: Mt 16, 13-20
NESSO TRA LE LETTURE
“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. La confessione di Pietro nel Vangelo di questa domenica ci porta a concentrare su di essa tutta la nostra attenzione. Pietro menziona due verità fondamentali: la messianicità e la divinità di Cristo. Egli è il Messia, colui che è venuto per salvare il suo popolo, l'Unto del Signore, il Figlio di Dio. Gesù, rivolgendosi agli apostoli, domanda loro: "la gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?" Gli apostoli, senza troppo impegno rispondono che qualcuno pensava fosse Giovanni il Battista, altri Geremia o qualcuno dei profeti. In effetti Gesù aveva fatto già vari miracoli, e parecchie predicazioni e per questo la sua fama cominciava ad estendersi.
In ogni modo, Gesù desiderava sapere quale fosse il pensiero dei suoi uomini: "E voi, chi dite che io sia?". Da questa risposta dipende il senso delle loro vite. Da questa risposta dipendeva il senso del sacrificio che avevano fatto lasciando ogni cosa per seguire Gesù. Pertanto non era una risposta che si poteva dare in modo leggero e superficiale. Bisognava meditare prima di parlare. Per ciò dobbiamo ringraziare Pietro per la sua risposta, perché questa orienta anche tutte le nostre risposte che noi possiamo offrire riguardo all'identità di Gesù. Dobbiamo ringraziare il Padre che dal cielo rivela a Pietro l'identità del suo Figlio. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Gesù è il Messia, cioè colui che Dio ha unto con lo Spirito Santo per realizzare la missione di salvezza degli uomini e per riconciliarli con Dio. Gesù è colui che viene a instaurare il Regno di Dio. L'atteso dalle nazioni. Gesù Cristo è il Figlio del Dio vivente: e nel caso di Gesù, l'espressione Figlio di Dio, a differenza del caso in cui si riferisce ad un qualsiasi essere umano, creatura di Dio, ha un senso pienamente proprio. Cioè qui Pietro riconosce il carattere trascendente della filiazione divina, e perciò Gesù afferma solennemente: "né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli" (Vangelo). Ha le idee chiare Paolo quando, dopo una lunga meditazione sul mistero della salvezza, afferma che i piani divini sono ineffabili: "o profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!" (Seconda Lettura). Effettivamente, quando uno contempla il piano della salvezza e comprende, per quanto ciò sia possibile, che Dio si è incarnato per amore dell'uomo, non può fare a meno di prorompere in un canto di gioia e in una disponibilità totale al piano divino. E così, dopo la sua confessione, Pietro riceve il primato: sarà la roccia della Chiesa e custodirà le chiavi del Regno dei Cieli.
MESSAGGIO DOTTRINALE
1. Gesù è il Messia. La parola Messia significa "unto". In Israele erano "unti" coloro che erano consacrati per una missione ricevuta da Dio. Erano re (cf. 1 Sam 9, 16; 10, 1; 16, 1. 12-13; 1 Re 1, 39), sacerdoti (cf. Es 29, 7; Lv 8, 12) e, eccezionalmente profeti (cf. 1 Re 19, 16). E per eccellenza sarebbe stato "unto" per eccellenza il Messia inviato da Dio per instaurare definitivamente il suo Regno (cf. Sal 2, 2; At 4, 26-27). Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore (cf. Is 11, 2) allo stesso tempo come re e sacerdote sacerdote (cf. Zc 4, 14; 6, 13) e però anche come profeta. (cf. Is 61, 1; Lc 4, 16-21). Gesù portò a compimento la speranza messianica di Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re (cf. Catechismo della Chiesa cattolica, 436). Gli angeli annunciarono ai pastori: "Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo (il Messia, l'Unto) Signore" (Lc 2,11). Gesù è colui che il Padre ha santificato e inviato al mondo. Questa consacrazione messianica manifesta la sua missione divina: Gesù è venuto per glorificare il Padre e salvare gli uomini, seguendo il piano divino. Molti suoi contemporanei scoprirono in Gesù il Messia che doveva venire: Simeone, Anna, la gente che lo acclamava Figlio di David.
Tuttavia lo stile di Messia che Gesù incarna cozza fortemente contro le speranze dei sommi sacerdoti, che speravano in un messianismo di tipo politico. Vedere invece un Messia umile che parla di povertà, di sofferenza, di beatitudini, risultava per loro del tutto incomprensibile. Anche gli stessi apostoli, nel momento dell'Assunzione esprimono la speranza che Gesù manifesti tutto il suo potere: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il Regno di Israele?" (At 1,6). La comprensione del messianismo di Gesù avvenne per gli apostoli in modo lento e progressivo. Essi dovevano entrare dentro se stessi e meditare tutta l'opera di Cristo, dovevano giungere a comprendere "che era necessario che Gesù soffrisse per entrare nella sua gloria". Gesù mette un impegno particolare nel purificare la concezione messianica dei suoi apostoli. La sua missione di Messia ripeterà i passi del servo sofferente, sarà necessario che il Messia sia rifiutato dagli anziani, che lo si condanni a morte e risusciti il terzo giorno. Gesù, che in tutta la sua vita era stato "riservato" a ricevere il titolo di Messia, cambia atteggiamento davanti alla domanda del Sommo sacerdote: " 'Ti scongiuro per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio'. 'Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo' " (Mt 26,63). Non è vero forse che noi, come gli apostoli, dobbiamo purificare la nostra concezione su Cristo, sulla sua missione e su come metterci alla sua sequela? Non è vero forse che, anche noi, dobbiamo entrare nel mistero di Cristo e vedere che Egli è il capo e noi siamo le sue membra e ciò che si è verificato nel capo anche i membri lo riprodurranno? In fondo si tratta di scoprire il senso della missione della propria vita, il senso della donazione per amore nel sacrificio, il senso dell'amore alla verità per dar gloria a Dio e agli uomini. "Dar gloria a Dio": questo potrebbe essere il motto della vita del cristiano. Sii innestato nella vita di Cristo, unto, fa parte del suo sacerdozio reale, sii popolo di sua proprietà, dai gloria a Dio con la tua vita, con le tue sofferenze, con le tue gioie, con la tua morte.
2. Gesù è il Figlio di Dio. "Figlio di Dio", nell'Antico Testamento è un titolo dato agli angeli (cf. Dt 32, 8; Gb 1, 6), al popolo eletto (cf. Es 4, 22; Os 11, 1; Ger 3, 19; Sir 36, 11; Sap 18, 13), ai figli di Israele (cf. Dt 14, 1; Os 2, 1) e ai suoi re (cf. 2 Sam 7, 14; Sal 82, 6). Significa una filiazione adottiva che Dio stabilisce con le sue creature, relazione di particolare intimità. Quando il Re-Messia promesso è chiamato "Figlio di Dio" (cf. 1 Cr 17, 13; Sal 2, 7), non implica necessariamente, secondo il senso letterale di questi testi, che sia qualcosa di più che umano. Quelli che designarono così Gesù, in quanto Messia di Israele (cf. Mt 27, 54), forse non poterono dire niente di più (cf. Lc 23, 47). (Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 441). Tuttavia, il caso di cui ci stiamo occupando è diverso. Quando Pietro confessa Gesù come "il Cristo, il Figlio del Dio vivo" (Mt 16, 16) fa una confessione della divinità del Messia. Perciò Cristo risponde con solennità: "né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli" (Mt 16, 17). Parallelamente, Paolo dirà a proposito della sua conversione sul cammino di Damasco: "Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani…" (Gal 1,15-16), "e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio" (At 9, 20). Questo sarà fin dal principio (cf. 1 Ts 1, 10), il centro della fede apostolica (cf. Gv 20, 31) professata in primo luogo da Pietro come fondamento della Chiesa (cf. Mt 16, 18).
Se Pietro ha potuto riconoscere il carattere trascendente della filiazione divina di Gesù Messia, questo è stato perché Egli lo ha lasciato intendere chiaramente. I vangeli ci riportano due momenti solenni, il battesimo e la trasfigurazione di Cristo, nei quali la voce del Padre lo indica come il suo "Figlio prediletto" (Mt 3,17; 17,5). Gesù definisce se stesso come "il Figlio unigenito di Dio" (Gv 3, 16) e afferma, mediante questo titolo, la sua esistenza eterna (cf. Gv 10, 36). Chiede la fede nel " Nome del Figlio unigenito di Dio" (Gv 3, 18). Questa confessione cristiana compare già nell'esclamazione del centurione, davanti a Gesù sulla croce: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15, 39), perché solamente nel mistero pasquale il credente può trarre il senso pieno del titolo "Figlio di Dio". Anche il mondo di oggi trova delle difficoltà a comprendere la divinità di Cristo. Nella comunità dei credenti pare oscurarsi questa verità fondamentale della nostra fede. Il Credo che recitiamo ogni domenica afferma la divinità di Gesù Cristo: "Credo in Gesù Cristo, Figlio Unigenito di Dio. Nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce". È importante che questa nostra predicazione aiuti le persone a scoprire le meraviglie del piano divino e la profondità dell'incarnazione. Dio, nel suo immenso amore, si è fatto uno come noi, per condurci al Padre.
SUGGERIMENTI PASTORALI
1. Importanza della catechesi sulla divinità di Cristo. I mezzi di comunicazione: periodici, libri, riviste, televisione, cinema ecc., offrono non poche volte una visione distorta di Cristo. Viene presentato come un uomo magnifico, di grandi ideali, però un semplice uomo, la cui dottrina si può paragonare con quelle degli altri grandi personaggi o leader religiosi, ma non si dice niente sulla sua divinità, la si nasconde e la si sciupa. Noi fedeli siamo esposti a tutte queste informazioni o, meglio, disinformazioni. È perciò importante, in certi casi urgente, buttar via tutti questi mezzi a disposizione, per avere un'adeguata catechesi su questi punti essenziali della fede. Una catechesi dei bambini che origina dal ventre materno, ma che incontra un momento privilegiato nella catechesi per la prima comunione. Le prime nozioni apprese in famiglia non si dimenticano, ma penetrano soavemente e definitivamente nell'anima accompagnandoci durante tutto il cammino della vita. Una catechesi dei giovani, nella quale si pongono i più seri problemi della vita e si apre il ventaglio dell'esistenza. È questo il momento in cui si scopre il proprio "io" e si stabilisce un dialogo profondo con Cristo Signore. Catechesi per adulti, quando, passate le prime età della vita, si sono cristallizzate le abitudini e le disposizioni dell'uomo e della donna, e la persona passa un momento di aggiustamento profondo della sua esistenza. Quanto bene potremo fare all'uomo mostrando Cristo, il Figlio di Dio venuto sulla terra per salvarlo e riconciliarlo con il Padre. Mostrare che Lui è la rivelazione del Padre e che grazie a Lui abbiamo accesso al cielo, alla vita eterna. Questa è la speranza che vince qualsiasi pena e la sfida della vita eterna.
2. L'amore per il Papa. La liturgia di oggi ci invita a incrementare il nostro amore e la nostra adesione al Papa, come successore di Pietro e vicario di Cristo. Vediamo in lui il Buon Pastore, la roccia sulla quale si edifica la Chiesa, colui che detiene le chiavi del Regno dei Cieli. Non lasciamolo solo nella sua sofferenza per la Chiesa, accompagniamolo, invece, non solo con la nostra preghiera, ma anche con le nostre personali sofferenze e con l'azione apostolica. È opportuno ripetere ciò che Giovanni Paolo ha detto a una religiosa di clausura all'inizio del suo pontificato: "Conto su di voi, sulla vostra preghiera e il vostro sacrificio". Che il Papa, successore di Pietro, possa contare anche con noi, per la "Nuova Evangelizzazione".
-
RADIO RADICALE ATTACCA LA CHIESA E I CRISTIANI,
MA POI RICEVE AIUTO DAI RAPPRESENTANTI DEL MONDO CATTOLICO
Clamoroso l'esempio di Eugenia Roccella (figlia del fondatore, insieme a Pannella, del Partito Radicale) la quale, pur essendo a tutt'oggi a favore del divorzio e dell'aborto è diventata portavoce del Family Day e poi editorialista di Avvenire e opinionista dell'Osservatore Romano
di Francesco Agnoli
E' bene, ogni tanto, dire le cose come stanno. Perché ci sono momenti in cui, a mio avviso, la misura è colma. In questi giorni radio radicale torna all'attacco, per incassare i suoi soliti 10 milioni di euro.
Crisi economica o meno, chissenefrega, 10 milioni di euro (all'anno, per 3 anni) sono e i radicali, quelli che si battono contro il finanziamento pubblico ai partiti (degli altri), li vogliono tutti: certo non saranno loro a preoccuparsi per i tagli che colpiscono, per esempio, le famiglie. Nessuno di loro ne ha una, e il loro unico impegno, si sa, è per distruggerne il più possibile.
Ebbene, si diceva, 10 milioni di euro! Per averli Pannella e Bonino sono andati a bussare a tutte le porte. E come sempre, le hanno trovate tutte aperte, a destra come a sinistra. E' sempre successo così. Alla fine i radicali hanno pochissimi voti, ma uomini dovunque: radicali veri; ex radicali ancora affezionati alla casa madre; radicali sotto mentite spoglie, come Della Vedova; radicali in prestito, come Daniele Capezzone...
L'elenco di queste personaggi sarebbe troppo lungo, poco meno dell'elenco incredibile di quelli che hanno prontamente firmato, come sempre, l'appello in favore della radio stessa. Tra i firmatari, come ha denunciato Danilo Quinto, molti "cattolici".
Cattolici dei miei stivali, verrebbe da dire, al cattolico rozzo e reazionario che scrive. Cattolici che ritengono essenziale che lo Stato versi milioni di euro all'uomo, Marco Pannella, che ha rovinato il paese con i suoi referendum nichilisti; alla radio che da anni e anni di batte per: aborto; divorzio; divorzio breve; "rientro dolce" dell'umanità da 6 a 2 miliardi; droga libera; eutanasia; tentativi di incriminare Benedetto XVI per pedofilia; manipolazione genetica; eliminazione seriale degli embrioni per scopi curativi; clonazione...
Li volete, questi nomi? Da Pierluigi Castagnetti a Giuseppe Fioroni, da Gianfranco Rotondi a Savino Pezzotta... E oltre a costoro: la focolarina Maria Letizia De Torre, Dario Franceschini, la prodiana Marina Magistrelli, Eugenia Roccella, Bruno Tabacci...
Se avete letto bene i nomi, forse ne avrete notati in particolare due: Eugenia Roccella e Savino Pezzotta. Qualcuno ricorderà bene: i portavoce del Family Day del 2007! Coloro che accettarono senza indugi di rappresentare oltre un milione di cattolici che manifestavano per la famiglia, contro le politiche radicali della sinistra. Queste stesse persone, che ora sostengono Pannella, Bonino e radio radicale, hanno costruito la loro carriera politica anche sul Family Day (grazie al quale sono stati in tv per lunghi mesi e dopo il quale sono entrati in Parlamento).
-
GARANTIRE LA SEPOLTURA DI TUTTI I BAMBINI NON NATI E' UNA BATTAGLIA DI CIVILTA'
Avere un luogo dove reincontrare il bambino abortito è una possibilità importante per la donna di elaborare il suo lutto
"Una violenza psicologica sulle donne". E ancora: "Scelta ideologica di natura religiosa a danno della salute della donna". Sono le critiche mosse da esponenti del sindacato Fp-Cgil Medici dopo la notizia del protocollo di intesa approvato con delibera del 22 luglio scorso tra l'Azienda Ospedaliera S. Anna e San Sebastiano di Caserta e l'Associazione Difendere la vita con Maria, con sede a Novara. In che cosa consiste questo protocollo? Il fine è quello di garantire la sepoltura di tutti i "bambini non nati", in pratica i feti abortiti. Nei fatti, a Caserta, verrà disposto nel cimitero comunale uno spazio apposito dove seppellire i bambini non nati. Sulla polemica è intervenuto anche il sottosegretario Roccella, che parla "scelta di civiltà e umanità". Di fatto, in Italia esistono già regolamentazioni analoghe, ad esempio quella della Regione Lombardia che risale al 2007 che chiede alle direzioni sanitarie di informare i genitori della possibilità di seppellire i feti di età inferiore alle 20 settimane. In caso di mancanza di richiesta da parte dei genitori, si provvede ugualmente alla sepoltura in un'area riservata dei cimiteri. IlSussidiario.net ha raggiunto il neonatologo Carlo Bellieni per un commento.
PROFESSOR BELLIENI, COME MAI TANTE POLEMICHE? IN MERITO NEL NOSTRO PAESE ESISTE UNA NORMATIVA CHIARA...
Assolutamente sì. Esistono nel nostro Paese leggi che tutelano il dritto prima di tutto per le donne che lo richiedono alla sepoltura del bambino morto prima di nascere. Il fatto poi di genitori che non richiedono di seppellire tali bambini morti per aborto volontario e voler farlo lo stesso, è un atto di umana pietà che sicuramente tutela il diritto di chi è deceduto di avere una degna sepoltura e di non essere trattato come un rifiuto. L'alternativa infatti per il bambino morto prima di nascere è di essere gettato via, e gettare via un corpo umano non è accettabile.
LE CRITICHE A TALE INIZIATIVA SONO MOTIVATE DA ACCUSE DI "VIOLENZA PSICOLOGICA SULLA DONNA".
Davanti alla critica di fare del terrorismo, violenza sulle donne, appare evidente che chi dice questo sottovaluta fortemente le donne. Perché se si dice che la donna quando abortisce fa una scelta decisa, sicura e autonoma e poi quando si tratta di vedere effettivamente quello che ha fatto, quindi guardare in faccia la realtà, questa donna che prima era autonoma adesso improvvisamente diventa pavida e incapace di accettare la realtà, c'è qualcosa che non va. O la donna è libera e autonoma sempre, oppure non aveva chiaro cosa sta veramente facendo quando abortisce.
PUÒ SPIEGARE MEGLIO QUESTO PASSAGGIO?
Se si è certi che quando si abortisce si getta via del materiale inerte, perché preoccuparsi se qualcuno vuole che non venga buttato con la spazzatura ma seppellito? Se invece non si è certi, bisognerebbe semmai riflettere, non "far finta che". Negli Stati Uniti ad esempio in molti Stati alla donna prima che abortisca le viene mostrata una ecografia in cui si vede bene il bambino che ha in pancia, in modo che sappia quello che sta per fare.
CHI CRITICA QUESTA POSSIBILITÀ DI SEPPELLIMENTO PARLA ANCHE DI FORZATURA IDEOLOGICA RELIGIOSA NELLA SALUTE DELLE DONNE.
Chiariamo questo: per legge oggi è già possibile avere il seppellimento dei feti nati morti o abortiti se i genitori lo richiedono. Se invece il genitore non richiede il seppellimento, allora farlo ugualmente è un fatto di umana pietà indipendentemente dalle credenze religiose perché non contrasta con la libertà della donna. Ma se invece pensiamo che contrasta con la sua libertà, allora la stiamo ingannando.
NEGARE LA POSSIBILITÀ DI SEPPELLIRE I FETI SEMBRA VOLER NEGARE A TUTTI I COSTI L'EVIDENZA DI CIÒ CHE SI È ABORTITO: NON MERITA L'ABORTO PERCHÉ NON ERA VITA UMANA.
Il fatto di avere un luogo dove reincontrare il bambino abortito è una possibilità molto importante per la donna di elaborare il suo lutto. Questa cosa è suggerita da studi psichiatrici che non hanno nulla di religioso. Esiste una approfondita letteratura scientifica che dimostra i drammi psichiatrici a cui va incontro la donna che ha aborrito, e non c'entra aver seppellito il feto o no. E' dimostrato scientificamente che la donna che ha abortito in modo volontario va incontro a maggiori problemi psichiatrici come la depressione della donna che ha perso il bambino spontaneamente. E' un inganno per la donna quando si nega il lutto. Allora sì crescono veramente i fantasmi. Voler negare di aver eliminato il figlio non fa bene alla mente della donna, non si tratta di discutere di diritti o meno, ma dire la verità o no alla donna, e la verità va sempre detta. Se qualcuno le dice che non era un bambino, non era un essere umano vivente, le donne che ben capiscono alla fine hanno una reazione purtroppo veramente grave.
-
Il 22 agosto 2011 è la Festa di Maria Regina: per onorare la Madre della Chiesa e proporre la verità storica, siamo lieti di offrire ai nostri utenti registrati un agile libro del celebre Leo Moulin:
L'inquisizione sotto inquisizione
Presentazione: Uno storico valido come Charles Langlois (L'Inquisition d'aprés des travaux récents, Paris, 1902, p. 84) può scrivere: "l'inquisizione non ha turbato profondamente la vita normale della società del Medio Evo, se non in qualche provincia dell'Italia del Nord e della Francia del Sud, per qualche anno del XIII secolo. Altrove, e in seguito, non sembra che la sua attività, piuttosto attenuata, abbia avuto dei risultati socialmente considerevoli". B. Hamilton (L'Inquisizione Medioevale, 1981) dice (pag. 41) che l'azione di questo tribunale era "flimsy", vale a dire "inconsistente" (e quale azione dei tribunali del passato non lo fu, a paragone di quella di certi tribunali del XX secolo?).
Sorge dunque il dubbio che, narrando dell'inquisizione, si sia cercato di colpire la Chiesa cattolica a scapito delle più semplici regole della ricerca storica: sono state ignorate le fonti; si sono proiettate la sensibilità, le illusioni, le speranze di un secolo, il XIX, su un passato certamente brutale e sanguinario, ma anche umano e luminoso; si sono utilizzati materiali appesantiti e minati da innumerevoli anacronismi per fini ideologici e, più spesso, polemici; ci si è fidati troppo delle proprie conclusioni. Noi abbiamo cercato, in questo piccolo saggio, di farci un 'immagine un po' più chiara e un po' più esatta di quali furono l'azione, i mezzi, la condizione di spirito dell'Inquisizione, mettendo la stessa sotto inquisizione, nello spirito del più esigente libero esame.
* * *
1) Cercate "Formazione" nella barra di navigazione in alto alla pagina
2) Cliccate su "Libri scaricabili gratis"
3) Cercate e cliccate la categoria "Storia - secoli cristiani":
[www.totustuus.it]
* * *
* Vi ricordiamo che occorre essere registrati:
[www.totustuus.it] altrimenti la riga "Libri scaricabili gratis" e' invisibile.
* Se non vi siete ancora mai registrati cliccate invece qui:
[www.totustuus.it]
* * *
iGpM
totustuus.it
Regina Sacratissimi Rosari, ora pro nobis!
-
Jung Chang e Jon Halliday, Mao la storia sconosciuta,editore TEA, ISBN-13: 978-8850215249, 960 pagine, Euro 12
Sconto su:
[http:www.theseuslibri.it]
Quando i comunisti mangiavano (per davvero) i bambini
La sinistra italiana ha il dispiacere di vedere fatti a pezzi i miti su cui si regge la sua stessa esistenza e i ritratti che continuano a campeggiare su bandiere e magliette che si vedono in ogni sua manifestazione. Prima Fidel Castro, ora Mao Tse-tung (1893-1976). Quarant'anni fa, nell'agosto 1966, cominciava in Cina la rivoluzione culturale, cioè la distruzione sistematica della cultura cinese. Tre milioni d'intellettuali e membri di gruppi sociali "sospetti" furono uccisi, e cento milioni di cinesi incarcerati o deportati. Bastava avere in casa un libro non marxista per rischiare la deportazione o peggio. Il clima è stato rievocato a fosche tinte anche da quotidiani di Centrosinistra. Il crimine di leso Mao Tse-tung è stato subito denunciato sui giornali della sinistra radicale, e l'onorevole Oliviero Diliberto - prendendosi una rara pausa dai suoi impegni di propagandista degli Hezbollah - ha invitato a riconoscere anche quanto di buono fu fatto da Mao in Cina.
A Diliberto si consiglia allora la lettura del capitolo sulla rivoluzione culturale della mirabile biografia Mao la storia sconosciuta (Longanesi, Milano 2006) della grande scrittrice cinese Jung Chang, scritta in collaborazione con Jon Halliday - una lettura obbligatoria nonostante la mole (960 pagine) per chiunque voglia capire il comunismo cinese -, che rimanda a un'opera, purtroppo mai tradotta in italiano, del dissidente cinese Zheng Yi, Scarlet Memorial: Tales of Cannibalism in Modern China, pubblicata nel 1996 negli Stati Uniti dall'autorevole Westview Press.
Dopo la morte di Mao, senza troppa pubblicità, alcune commissioni d'inchiesta indagarono sulle atrocità della rivoluzione culturale. Una lavorò nel 1983 sulla contea di Wuxuan. Lo stesso Zheng Yi, un giornalista comunista che aveva militato nelle Guardie Rosse, fu inviato da un giornale di partito di Pechino con lettere di accreditamento ufficiale che invitavano le autorità locali a mettersi a sua disposizione per un'inchiesta. All'epoca, Deng Xiao Ping (1904-1997), che al tempo della rivoluzione culturale era stato estromesso dalla dirigenza del partito, malmenato e mandato a lavorare in una fabbrica di trattori di provincia, dove era sfuggito per miracolo a un tentativo di assassinio, era diventato il padrone della Cina e aveva interesse sia a screditare la "banda dei quattro" che aveva promosso gli eventi del 1966, sia a far filtrare qualche cauta critica allo stesso Mao Tse-tung che non lo aveva certamente protetto.
Regnante Deng Xiao Ping, s'indaga sugli eccessi della rivoluzione culturale e migliaia di militanti che si sono resi colpevoli di atrocità sono incriminati. Il lavoro dei tribunali sembra serio, e molti vedono una franca indagine su questo orribile passato come il preludio all'inevitabile democratizzazione. Ma la classe dirigente del Partito Comunista Cinese e lo stesso Deng la pensano diversamente. La repressione del movimento degli studenti in Piazza Tiananmen nel 1989 segna la fine della breve primavera di speranze democratiche in Cina.
Dopo Tiananmen, il regime si chiude su se stesso. Su Mao, responsabile secondo Jung Chang di settanta milioni di morti, si applica la "regola delle dieci dita", che sembra usata in Italia anche da Diliberto e compagni: nove dita, insegnano i libri di scuola cinesi, lavoravano per il bene del popolo, una sfuggiva al controllo e deviava. Come ricordano Roderick MacFarquhar e Michael Schoenhals nella loro recente summa storica sulla rivoluzione culturale, Mao's Last Revolution (Harvard University Press, Cambridge [Massachusetts], 'altra opera indispensabile nonostante la mole (oltre 600 pagine) - gli storici cinesi e stranieri che indagano sulle atrocità, fino ad allora incoraggiati dal regime di Deng, improvvisamente trovano ostacoli. Gli archivi, che si erano miracolosamente aperti, si chiudono. Le istruttorie sono concluse frettolosamente e le condanne sono sorprendentemente lievi: meno di cento condanne a morte in tutta la Cina - un Paese che ha il record di pene capitali nel mondo, applicate anche a reati che non implicano la perdita di vite umane - per i massacri di massa della rivoluzione culturale, pene da cinque a quindici anni per i responsabili di autentici eccidi.
-
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI NUOVI AMBASCIATORI ACCREDITATI PRESSO LA SANTA SEDE
Sala Clementina
Giovedì, 9 giugno 2011
... il fondamento del dinamismo del progresso corrisponde all’uomo che lavora e non alla tecnica, che non è altro che una creazione umana. Puntare tutto su di essa o credere che sia l’agente esclusivo del progresso o della felicità comporta una reificazione dell’uomo, che sfocia nell’accecamento e nell’infelicità quando quest’ultimo le attribuisce e le delega poteri che essa non ha ... La tecnica che domina l’uomo lo priva della sua umanità. L’orgoglio che essa genera ha fatto sorgere nelle nostre società un economismo intrattabile e un certo edonismo, che determina i comportamenti in modo soggettivo ed egoistico. L’affievolirsi del primato dell’umano comporta uno smarrimento esistenziale e una perdita del senso della vita. Infatti, la visione dell’uomo e delle cose senza riferimento alla trascendenza sradica l’uomo dalla terra e, fondamentalmente, ne impoverisce l’identità stessa.
-
Commento al Vangelo – XIX Domenica del Tempo Ordinario
Tutto si ottiene per mezzo della Fede!
“Verbum Domini manet in aeternum”, la parola di Dio rimane in eterno. Il Vangelo di oggi sulla Fede della Cananea si può applicare interamente, fin nei suoi minimi particolari, alla nostra quotidianità. Come ottenere ciò di cui abbiamo bisogno e che chiediamo? Quale deve essere la relazione tra Fede e preghiera? Ecco alcune nozioni indispensabili alla nostra esistenza esemplarmente illustrate in queste considerazioni.
di Mons. João Scognamiglio Clá Dias
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
[www.salvamiregina.it]
La donna cananea
21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”. 23 Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”. 24 Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”. 25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: “Signore, aiutami!”. 26 Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. 27 “È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. 28 Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita. (Mt 15, 21-28).
I – Introduzione: Giudei e Cananei
I nemici di Gesù erano estremamente irritati per la predicazione di una nuova dottrina dotata di potere di attrazione e di conversione. Gesù, con la sua Sapienza infinita, per ragioni diplomatiche ha deciso di ritirarSi per qualche tempo evitando il contatto con i suoi avversari, al fine di calmarne gli animi esaltati. Era l’atteggiamento più indicato in quelle circostanze, secondo quanto si può dedurre dalla narrazione fatta da due Evangelisti (1). Attraversando la Galilea superiore, a nordest si trovava il territorio di Tiro e Sidone (nell’attuale Libano), abitato da pagani di etnia cananea, molto ostili ai giudei di allora, secondo quanto ci riferisce il famoso storico ebreo Flavio Giuseppe (2).
A proposito se Gesù sia entrato o meno in quelle città fenicie, gli esegeti discordano. Alcuni mantengono un buon margine di dubbio, considerato il senso vago delle espressioni utilizzate da entrambi i Vangeli, quando si riferiscono a questo viaggio, nonostante menzionino esplicitamente la regione. Le argomentazioni degli altri vanno in senso contrario. Questi ricordano che Elia era già stato in quei paraggi (3) e si chiedono se fosse stato conveniente per il Signore entrare in terre pagane, anche se non per esercitare il suo ministero.
La questione di fondo è legata a fatti più antichi.
Di ritorno dalla schiavitù in Babilonia, il popolo giudeo ha impiegato più di un secolo per insediarsi nuovamente in Palestina (dal 538 a.C. al 398 a.C.). Per un certo periodo (approssimativamente nel 458 a.C.), un secondo nucleo di rimpatriati ha potuto contare al suo interno su una figura di spicco: Esdra. Tra le sue numerose iniziative vi era quella che mirava a dare nuovo impulso ai costumi e ai precetti prescritti da Mosè, in modo particolare a quelli relativi ai matrimoni misti. È stata in questa occasione che sono state escluse dal popolo giudeo tutte le donne cananee, con i loro rispettivi figli (4). Oltre a ciò, un altro profeta, Neemia, spinto da santo zelo, in un periodo successivo, ha espulso da Gerusalemme i mercanti della città di Tiro, così come ha preso severe misure per separare il popolo eletto dagli stranieri (5)
-
Festa di San Lorenzo. Il cardinale Bagnasco: cattolici sempre più attenti alla vita sociale e politica
2011-08-10 Radio Vaticana
“La fede cristiana non attenta in nessun modo alla vita sociale” e “i cristiani hanno un apporto originale e necessario da portare alla vita sociale e politica”: è quanto ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, celebrando stamani a Genova la Messa per la Festa di San Lorenzo. Un martire, ha affermato ancora il porporato, che “ricorda alla società di oggi la dignità intangibile dell’uomo”, fondamentale per “una società giusta”. Il servizio di Isabella Piro:00:02:42:48
-
La chiesa alle prese con la tentazione giustizialista. Il vescovo di San Marino: “Cacciare i vescovi irlandesi non serve a nulla”. La linea dura di Weigel
La proposta avanzata dal prete e teologo Vincent Twomey di far dimettere tutti i vescovi irlandesi nominati prima del 2003 fa discutere gli uomini di chiesa. Anche in Vaticano c’è chi ritiene che la proposta sia da portare avanti, perché così si darebbe un segnale forte a un paese che dopo la pubblicazione del report governativo sulla diocesi di Cloyne vive in uno stato d’indignazione permanente. L’accusa è nota: i vescovi e le massime gerarchie cattoliche non avrebbero fatto nulla per impedire che nei decenni appena trascorsi alcuni preti diocesani commettessero abusi sessuali su minori. “Attenzione – dice al Foglio il vescovo di San Marino Luigi Negri – che il giustizialismo nella chiesa è letale tanto quanto lo è nella società. Azzerare i vertici della chiesa a cosa serve? A nulla. Ci possono essere dei vescovi che non hanno agito al meglio, ma il criterio dell’efficienza e della perfezione non può essere assunto in toto dalla chiesa. La chiesa deve rispettare gli uomini, finanche i suoi eventuali errori. La chiesa mira alla perfezione, certo, ma sa bene che questa perfezione è sempre da conquistare, da raggiungere, anche con errori e passi falsi”.
-
Come agnelli portati al macello
24 luglio 2011 / In News
di Antonio Socci
C’è un volto di bambina con degli orecchini e un piccolo crocifisso al collo. La fanciulla guarda qualcuno fuori campo, con espressione seria e interrogativa.
Sopra la foto si legge: “Perché mi perseguiti?”. Il sottotitolo recita: “Libertà religiosa negata. Luoghi e oppressori, testimoni e vittime”.
-
Avvenire 5 agosto 2011
La società «perfetta» che rinunciò a Dio
Quali romanzieri legge un Papa? Ora abbiamo una risposta su un narratore amato da Benedetto XVI. E riguarda uno scrittore inglese, convertitosi al cattolicesimo e vissuto a cavallo tra Otto e Novecento. Era figlio dell’allora primate della Chiesa anglicana, cresciuto a pane, Bibbia e liturgia, senza che davvero il suo cuore bruciasse per l’Eterno: «Teoricamente accettavo il credo cristiano, ma esso non condizionava la mia volontà o le mie emozioni, se non per brevi periodi.
-
Rao Cassarà Rosa, Una culla per Medjugorje, Chi salva una vita salva l’intera umanità, Fede & Cultura 2007, ISBN-13: 9788889913574, 64 p., Euro 10,00
Sconto su:
[www.theseuslibri.it]
PREMESSA
Il desiderio di andare a Medjugorje era maturato in me da quando avevo letto uno dei tanti messaggi della Madonna che appare ormai dal 1981 ai veggenti locali. Nel dare questo messaggio, la Madonna si presentava come se portasse un peso enorme che a stento riusciva a reggere tra le braccia e che Le incurvava le spalle. La Vergine aveva spiegato ai veggenti che erano gli aborti compiuti nel nostro tempo in ogni parte del mondo: costituivano un macigno agli occhi di Dio, così insostenibile da costringerla a chiedere a tutti gli uomini di buona volontà di pregare e di difendere la vita nascente, minacciata di morte. Conservo ancora quel messaggio. Capii subito che quella di Medjugorje era la "mia" Madonna, perché avrebbe compreso la mia sofferenza e il senso d
’impotenza che continuo a provare di fronte alla tragedia e all’ingiustizia sociale dell’aborto volontario. La invocavo tante volte e custodivo la Sua immagine. In tanti anni d’impegno a difesa della vita nascente, avevo chiesto continuamente a Maria di aumentare in me la fortezza, fisica e spirituale, e di darmi il discernimento per comprendere la differenza fra testardaggine, vanità, tenacia e volontà di Dio. La mia fiducia era stata ripagata con una serie di occasioni e coincidenze che, casuali ad occhi scettici, per me erano state provvidenziali. Benché non ami i pellegrinaggi, quasi all’improvviso decisi di recarmi a Medjugorje. Mi erano accaduti dei fatti strani, molte emozioni mi avevano stremata, allora consegnare a Maria il risultato di tanta fatica era il solo modo per chiudere un’esperienza forte come quella realizzata negli ultimi anni. La solitudine è stata la cosa che più mi ha fatto soffrire in questa avventura. Condivisione e collaborazione saltuarie mi hanno incoraggiato a proseguire, ma più frequenti sono state le sollecitazioni a demordere, a smettere di lottare, a chiudere definitivamente l’argomento "Culla". Qualcuno mi ha fatto notare che parlo della Culla come se fosse una "mia creatura", forse non a torto, a causa del mio coinvolgimento emotivo. Infatti, l’idea della Culla è passata dalla mente e dal cuore di una madre all’altra, in una catena di solidarietà che ne ha consentito la realizzazione. Ho deciso di raccontare questi episodi per rendere merito a chi ha collaborato e perché sento il dovere di testimoniare e ringraziare la Vergine Maria per la Sua intercessione . Spero che la storia della Culla, che ho voluto raccontare interamente per la prima volta, e la mia testimonianza del pellegrinaggio servano a far riflettere sul progetto che Dio ha su ciascuno di noi.
INTRODUZIONE
Un viaggio, un itinerario in pieno svolgimento, per il quale, anzi, non s’è che all’inizio. Di questo si tratta in questo "diario": si volteggia dagli asfittici ed oppressivi tuguri della burocrazia e della cultura nichilista verso una luce radiosa. Si sfiorano il duro splendore d’un cielo d’un cobalto infinito, l’asprigno sapore d’una terra violata, bagnata dall’odio, le siepi di croci di Mostar. Più stupore saprà istillare il racconto di Rosa Rao Cassarà, meno sentirà lo "smacco" narrativo il lettore avvezzo a troppo pensiero debole postmoderno. Egli, da Palermo, si ritroverà nei Balcani, per poi dunque tornare in Italia, rinnovato nella luce. Perché la storia della culla, d’una vocazione dall’Alto a compiere un assurdo agli occhi del mondo, le vicende della protagonista non seguono la miope logica dei tratti meramente umani. Ma Rosa non indulge per nulla ad una devozione sdolcinata, tutt’altro. Coglie la ragione come metodo, per inchinarsi al Mistero laddove esso si sprigiona con forza, dolcezza, imprevedibile come un piovasco infine calato sull’arsura terrestre. Non si potrà così far null’altro se non convenire che le sezioni in cui s’articola tale "diario"rispondono ad una ferrea logica. Che, se fosse qui svelata, tradirebbe fin troppo della sorpresa che si cela in queste pagine. Eppure v’è di più. Di ritorno dalla terra mariana, cosa resta? Un vago ricordo, immancabilmente destinato a sbiadirsi? Nient’affatto! E’ scritto, ma mi preme ribadirlo pure in questa sede. Il "miracolo" vissuto da Rosa nella sua pervicace, a tratti disperata, solitaria, troppo spesso incompresa battaglia, fiorisce nella speranza. Nella certezza che un impegno efficace per risolvere i drammi sociali del consorzio umano fonda la propria scaturigine nella tutela di ciò per cui ogni uomo è uomo. Ossia la vita.
Senza un concreto attivarsi in tal senso, le fondamenta della convivenza umana sono destinate ad implodere, irreparabilmente minate nel loro asse portante. Nell’attimo stesso in cui si decreta che anche una sola persona debba (o possa) essere messa a morte, la società degrada a mera congregazione di "Certi Esseri Umani", ponendo in se stessa un’esiziale contraddizione, ed ingenerando al contempo un’atroce disuguaglianza di fatto. Quando altri uomini si reputano legittimati a disporre dell’esistenza dei loro simili, si gettano le basi per qualcosa che, più o meno raffinato, non si rivela che una barbarie: la legge del più forte, del più prepotente. Guarda caso, ciò è perpetrato in modalità oggigiorno sempre più subdole: con l’aborto, l’omicidio è "nascosto", sottratto alla vista, contrabbandato sotto le mentite spoglie d’un solidarismo mefistofelico; ai malati, invece, si propone il trapasso con il carillon della compassione più bieca, e così via. Si tratta invece qui di squarciare il velo di menzogna ch’avvolge tali crimini. E Rosa, con il Movimento per la Vita, ci spinge ad urlare che "Il Re è Nudo". Che la vita va salvaguardata. Fuori da ciò, v’è solo l’omicidio, lo sterminio. E’ straordinario che un tale percorso, da Medjugorije, dal cuore dei martoriati Balcani, piombi nei nostri salotti. E ci convinca che su questo terreno sta il punto di convergenza più forte tra chi, come Rosa, ha il dono della fede e chi, da laico, si batte per l’affermazione dell’assoluta intangibilità della vita umana. Per sottrarsi finalmente, al giogo opprimente ed oscurantista del fondamentalismo laicista. Perché la vita umana è l’in sé , l’essenza, la pietra angolare della società stessa. Pietra di paragone, non pietra d’ inciampo.
-
BENEDETTO XVI
UDIENZA
AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI ALTAMURA-GRAVINA-ACQUAVIVA DELLE FONTI (ITALIA)
02.07.2011
... si corre il rischio di ridurre il tutto ad una dimensione orizzontale, che snatura l’identità della Chiesa e l’annuncio della fede e farebbe più povera la nostra vita e la vita della Chiesa. E’ importante sottolineare che la Chiesa non è un’organizzazione sociale, filantropica, come ve ne sono molte: essa è la Comunità di Dio, è la Comunità che crede, che ama, che adora il Signore Gesù e apre le "vele" al soffio dello Spirito Santo, e per questo è una Comunità capace di evangelizzare e di umanizzare ... In definitiva, l’azione pastorale deve mirare a formare persone mature nella fede, per vivere in contesti nei quali spesso Dio viene ignorato; persone coerenti con la fede, perché si porti in tutti gli ambienti la luce di Cristo; persone che vivono con gioia la fede, per trasmettere la bellezza di essere cristiani.
-
Commento al Vangelo – XIX Domenica del Tempo Ordinario
Fino a dove deve arrivare la nostra fede
La barca con gli Apostoli è in balìa della tempesta: potrebbe essere l’immagine della Chiesa in lotta, nei mari di questo mondo, in piena notte, con l’obiettivo di approdare sulle rive del Regno Eterno.
João Scognamiglio Clá Dias
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
[www.salvamiregina.it]
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!" (Mt 14, 22-33).
I – La moltitudine voleva proclamarLo re
Ecco il grande Profeta, atteso da secoli! Ecco colui che è stato annunciato da Mosè! Ecco il figlio di Davide!". Tra grida e acclamazioni, sembrava si stesse realizzando in Galilea il trionfo di Gesù. In forma sintetica, ma molto espressiva, San Giovanni è l’unico evangelista a narrare la forte impressione prodotta dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci in coloro che ne beneficiarono, come abbiamo potuto contemplare la precedente domenica, XVIII del Tempo Ordinario.
I testimoni del miracolo, oltre ad aver molto apprezzato il cibo, rimasero psicologicamente colpiti dal potere di quel Gesù di Nazaret, convinti che fosse realmente Lui il Profeta che sarebbe dovuto venire al mondo.
Altra era, invece, la realtà vista dagli occhi di Gesù. Quello che sembrava il maggiore successo della sua vita, era, nella concretezza dei fatti, il maggior pericolo che la sua opera poteva correre. Ecco perchè Egli ha impiegato la sua forza e saggezza divina per indirizzare bene questo spontaneo e frizzante entusiasmo.
Concezioni erronee riguardo al messianismo
Tutti erano convinti di trovarsi dinnanzi a quel Messia tanto commentato e anelato. E, senza dubbio, avevano ragione! Infatti era Lui il preannunciato dai Profeti, l’atteso da Patriarchi e Re, e il promesso da Dio ad Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Era il Salvatore. Ma non corrispondeva al modello creato, nel corso dei tempi, dal Popolo Eletto. Non era un leader politico nazionalista, terrestre e carnale; ma piuttosto il Messia, nel contempo uomo e Dio, celeste e spirituale.
Egli stesso dirà a Pilato che il Suo Regno non è di questo mondo e, pertanto, con nulla in comune con gli altri regni tanto dibattuti e ambiti da un’opinione pubblica obnubilata.
Era dovuto a questo equivoco il desiderio del popolo, eccitato all’estremo, di appropriarsi del Signore e di proclamarLo immediatamente re di Israele, anche se contro la Sua Divina Volontà.
A questo punto della vita pubblica di Gesù – noi ci troviamo nel quattordicesimo capitolo di San Matteo, che corrisponde al sesto di San Giovanni -, nulla portava a blandire l’infondata ambizione del popolo, nemmeno le mirabolanti idee dei dottori della legge, farisei, sacerdoti, ecc. In ogni caso, né gli uni né gli altri hanno voluto comprendere e neppure vedere o intuire, le linee generali delineate dal Signore riguardo l’annuncio della Buona Novella. Pochi presenti si sono resi conto, e comunque anch’essi in modo insufficiente, delle bellezze che il Salvatore portava.
Tali concezioni erronee riguardo il messianismo, fermentate nel corso dei secoli all’interno del popolo eletto, hanno prodotto un’incompatibilità tra le moltitudini e Gesù, rendendo più profondo, ad ogni passo, l’immenso abisso che le separava dal Vangelo. Sarebbe proprio a partire da questo punto che molti discepoli Lo avrebbero abbandonato; infatti pensieri simili, sebbene con meno acume e sostanza, si annidavano perfino nello spirito degli Apostoli.
Problema quasi insolubile per l’intelligenza umana
Incomparabilmente più dinamica di loro, accecata dalle sue idee fisse, la moltitudine non riusciva a raggiungere le vette della dottrina predicata da Nostro Signore, a proposito del vero Regno messianico, né desiderava abbandonare i suoi preconcetti distorti sulla figura del Messia.
Quegli uomini vedevano in Gesù il capo che li avrebbe portati a conquistare il potere per mezzo di miracoli portentosi e, abbacinati dagli aspetti sovrumani della moltiplicazione dei pani e dei pesci, progettavano di condurre il Signore a Gerusalemme, per proclamarLo re.
Momenti di grande perplessità e suspense: che fare? Per un’intelligenza puramente umana, la situazione era intricata, confusa e quasi insolubile. Sappiamo quanto le agitazioni popolari siano terribili quando arrivano al parossismo: ingaggiano le personalità più forti e attirano quelli più abili, con decisioni molte volte impensate, frutto di puro impulso. Ma tutto questo costituisce per Gesù un problema estremamente facile da risolvere.
Incipiente rivoluzione sventata in un sol colpo
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.
Se Gesù fosse rimasto con la moltitudine, insieme con i suoi discepoli, probabilmente questi si sarebbero lasciati influenzare dall’esaltazione di tutti. Infatti, coltivavano anche loro il sogno di essere liberati dal giogo romano e di conquistare il mondo intero.
Se, d’altra parte, Egli fosse partito con i suoi discepoli per altri luoghi, l’esaltazione della folla non avrebbe fatto altro che aumentare e, all’improvviso, sarebbe potuta sfociare in una rivoluzione nella stessa Galilea. La Storia ci insegna quanto questi momenti portino, alle volte, a veri incendi le cui fiamme divorano tutto.
Gesù constatò fino a che punto la moltitudine si lasciasse prendere dall’idea di un trionfo politico-sociale. Non c’era chi fosse in grado di frenarla da una glorificazione umana del Signore. Era convinta che proclamarLo re avrebbe portato come conseguenza la fondazione brillante dell’atteso regno terreno.
Di fronte a questo delirio popolare, la prima preoccupazione di Gesù è stata quella di salvare i suoi discepoli. E così ha proceduto senza perdere un secondo. Per questo motivo "ha obbligato i suoi discepoli a salire in barca". Don Manuel Tuya, OP commenta in questo modo: "Così facendo, disfaceva in un sol colpo tutta quella incipiente rivoluzione pseudo-messianica" (1).
Gesù mira ad irrobustire la Fede dei discepoli
Visualizzando un altro aspetto di questo procedimento del Divino Maestro, San Giovanni Crisostomo analizza l’accaduto, dal punto di vista della vita spirituale e della formazione morale dei suoi Apostoli: "Volendo il Signore dare loro l’opportunità di fare un minuzioso esame di quello che era avvenuto, ordinò che si separassero da Lui tutti quanti avevano assistito al miracolo e ricevuto come prova i cesti con gli avanzi; perché poteva sembrare che, essendo Lui presente, avesse fatto loro immaginare una cosa che di fatto non si era realizzata; invece, essendo Lui assente, era impossibile dare al miracolo questa spiegazione" (2).
Teofilatto condivide la stessa opinione, ed è assolutamente possibile che l’intenzione di Gesù sia stata quella di rendere più robusta la Fede dei discepoli. Comunque, non c’è mai una ragione soltanto per spiegare i Suoi gesti, gli atteggiamenti e le parole. Per questo Matteo e Giovanni presentano ragioni diverse per spiegare la partenza degli Apostoli verso l’altra sponda (3).
Dominio sulla moltitudine
Su questo passaggio, nelle sue omelie 50 e 51, San Giovanni Crisostomo tesse altre considerazioni a beneficio della nostra vita spirituale: "È necessario tener presente che, quando opera grandi cose, il Signore congeda le moltitudini, facendoci capire che non dobbiamo mai cercare il plauso popolare, né fare in modo che il popolo ci segua" (4).
Gesù, nel suo potere umano-divino, incantava, seduceva e dominava la moltitudine, ma non permetteva mai che essa avesse su di Lui una qualche emprise. In quei tempi di frequenti insurrezioni e agitazioni, le turbe erano abituate ad acclamare come salvatori della patria questi e quegli pseudo eroi. Con Gesù, su questa materia, non sono approdati a nulla, poiché Lui era determinato a fare la volontà del Padre; e non solo nel caso Suo, ma anche per tutti i suoi discepoli lungo i secoli, la norma sarà sempre fuggire da tutti quelli che cercano di pregiudicare o deviare il richiamo di Dio.
Preghiera in cima al monte
Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
In che cosa sia consistita la preghiera di Gesù, in cima al monte, è per noi un mistero. La Sua anima si trovava nella Visione Beatifica e, pertanto, aveva una nozione chiara di quali erano i disegni di Dio. La Sua conoscenza divina è eterna, per il fatto che Egli è la seconda Persona della Santissima Trinità. Inoltre, la sua conoscenza sperimentale umana si svolgeva in ogni momento.
Certissimo è che questa preghiera è stata fervorosa e perfetta ed è consistita in rendimenti di grazia, lode, adorazione ed anche suppliche forti e definite. Attraverso queste preghiere Egli esercitava la Sua missione di Pontefice Supremo, Sacerdote dell’Altissimo.
Che cosa avrà chiesto? Lagrange solleva un’interessante ipotesi: "Essendo il miracolo dei pani un simbolo dell’Eucaristia, non è forse da pensare che in questa occasione Gesù abbia chiesto a Suo Padre di concedere questa grazia alla Sua Chiesa, ringraziandoLo anticipatamente a nome nostro per questo beneficio?" (5).
-
Avvenire 3 agosto 2011
PROGETTO CEI
I «tesori» delle diocesi svelati dalle tecnologie
C'è una porzione di storia della Chiesa conservata nelle diocesi, nelle sedi provinciali degli enti ecclesiastici, persino nelle parrocchie. È nascosta nei registri, rinchiusa negli archivi. Schedata e classificata, magari, ma costretta comunque a una dimensione locale. E invece legando fra loro i frammenti della vita ecclesiale si può provare a riscoprire una trama che intreccia le origini dei grandi personaggi o che collega le esperienze di comunità distanti fra loro. La chiave è offerta dalle nuove tecnologie. E da un progetto destinato a sfruttarle a fondo.