Ideologia del gender: La realtà nello sguardo della donna
La teoria del gender, nella totale equiparazione tra uomo e donna al punto di annullare la realtà biologica della diversità sessuale, utilizza termini e concetti equivoci. Fabiana Cristofari presenta un'acuta analisi delle caratteristiche fisiologiche, psicologiche e spirituali della donna che non possono essere ignorate nel definire la sua missione e ruolo. Esperta in questo campo, con due dottorati e master nel curricolo, l'autrice ha pubblicato diversi saggi su famiglia e identità di genere.
di Fabiana Cristofari
Studi Cattolici n.604 giugno 2011
Della donna e sulla donna si è detto e scritto moltissimo partendo da prospettive disciplinari diverse, eppure l'identità femminile ancora fatica a emergere nella sua grandezza. Il più delle volte le indagini statistiche registrano sentimenti di frustrazione e insoddisfazione in tante donne che nell'articolarsi della loro vita stentano a definire l'oggetto della piena autorealizzazione, dal momento che oggi è difficile non solo definire la realtà dell'essere donna, ma perfino pensare a un'identità femminile che nella sua dimensione personale possa essere declinata in termini di differenza rispetto a quella maschile.
La domanda sull'identità della donna rimane spesso inevasa, dal momento che si sono erosi i presupposti concettuali per riflettere sulla differenza. Oggi parlare di identità maschile e di identità femminile è estremamente contro tendenza lì dove si sta diffondendo, non solo nell'immaginario collettivo ma, ancora di più, all'interno di gran parte dei documenti internazionali e in molti filoni del pensiero filosofico e psicologico, l'idea di un soggetto asessuato in cui ogni differenza biologica sia annullata in vista dell'indifferenziazione sessuale.
Sono le teorizzazioni del pensiero gender, fatto proprio dal femminismo americano, che permeano il linguaggio comune (facendo del concetto «unisex» la parola d'ordine), ogni struttura concettuale e molte decisioni in campo giuridico e politico dove si riscontra, sempre più di frequente, la sottolineatura dell'irrilevanza della differenza sessuale e la cancellazione di qualsiasi riferimento all'uomo e alla donna a favore di un generico riferimento alla categoria del «genere umano» come sessualmente indifferenziato (1).
Il pensiero «gender» (2) si è fatto promotore di una efficacissima battaglia ideologica secondo la quale la differenza sessuale è un dato aggirabile: il fatto che nasciamo maschi o femmine è irrilevante dal momento che ciò che conta - secondo il pensiero «gender» - è ciò che diveniamo, e il divenire dipende dalla storia, dalla società, dalla cultura e dalla propria autocomprensione psicologica.
Secondo tale prospettiva, possiamo essere/nascere donne e divenire donne o essere/nascere uomini e divenire uomini - e in questo senso i ruoli prodotti dalla cultura e dalla società e le scelte psichiche dell'individuo coinciderebbero con la natura - ma è anche possibile essere/nascere donne e divenire uomini o essere/nascere uomini e divenire donne, nel senso dell'attuazione di comportamenti e dell'identificazione di ruoli sociali, ma anche fino alla completa trasformazione del corpo.
Non esisterebbe, quindi, un legame tra sesso e genere: il genere non può e non deve essere costretto nel sesso o rispecchiarlo; il dato naturale della differenza sessuale è, piuttosto, una «trappola metafisica» da cui prendere le distanze, in quanto è ritenuta la causa principale della «cultura patriarcale». Infatti, è a partire dal dato naturale della differenza fisica sessuale che ogni individuo viene «assegnato» socialmente alla categoria maschile o femminile e, in base a ciò, ognuno diviene ciò che la cultura ritiene che sia o debba essere (uomo o donna), pensando falsamente che tale ruolo corrisponda alla sua vera natura.
È nell'ambito di tale assegnazione di ruoli sociali che il femminismo individua la distinzione tra il ruolo «privato» (riproduttivo e domestico) assegnato alle donne e il ruolo «pubblico» (politico-economico) assegnato agli uomini, con la conseguente gerarchizzazione dei generi (la superiorità del genere maschile e l'inferiorità del genere femminile, escluso dalla dimensione pubblica).
«La differenza sessuale (e dunque la natura) è vista, allora, come un elemento discriminatorio da negare e combattere, in quanto ha creato e continua a determinare la fissazione di ruoli e a costruire gerarchie di potere: la famiglia fondata sul matrimonio e la femminilità - identificata con la maternità e l'accudimento domestico — sono considerate "costruzioni maschiliste" da decostruire e di cui disfarsi per progettare una società che superi la differenza sessuale, liberando la donna dall'oppressione patriarcale» (3). L'obiettivo del femminismo di genere è quello di compiere una rivoluzione definitiva, come sostiene S. Firestone: non solo porre fine al privilegio maschile, ma «porre fine alla distinzione stessa dei sessi» (4).