Rao Cassarà Rosa, Una culla per Medjugorje, Chi salva una vita salva l’intera umanità, Fede & Cultura 2007, ISBN-13: 9788889913574, 64 p., Euro 10,00
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PREMESSA
Il desiderio di andare a Medjugorje era maturato in me da quando avevo letto uno dei tanti messaggi della Madonna che appare ormai dal 1981 ai veggenti locali. Nel dare questo messaggio, la Madonna si presentava come se portasse un peso enorme che a stento riusciva a reggere tra le braccia e che Le incurvava le spalle. La Vergine aveva spiegato ai veggenti che erano gli aborti compiuti nel nostro tempo in ogni parte del mondo: costituivano un macigno agli occhi di Dio, così insostenibile da costringerla a chiedere a tutti gli uomini di buona volontà di pregare e di difendere la vita nascente, minacciata di morte. Conservo ancora quel messaggio. Capii subito che quella di Medjugorje era la "mia" Madonna, perché avrebbe compreso la mia sofferenza e il senso d
’impotenza che continuo a provare di fronte alla tragedia e all’ingiustizia sociale dell’aborto volontario. La invocavo tante volte e custodivo la Sua immagine. In tanti anni d’impegno a difesa della vita nascente, avevo chiesto continuamente a Maria di aumentare in me la fortezza, fisica e spirituale, e di darmi il discernimento per comprendere la differenza fra testardaggine, vanità, tenacia e volontà di Dio. La mia fiducia era stata ripagata con una serie di occasioni e coincidenze che, casuali ad occhi scettici, per me erano state provvidenziali. Benché non ami i pellegrinaggi, quasi all’improvviso decisi di recarmi a Medjugorje. Mi erano accaduti dei fatti strani, molte emozioni mi avevano stremata, allora consegnare a Maria il risultato di tanta fatica era il solo modo per chiudere un’esperienza forte come quella realizzata negli ultimi anni. La solitudine è stata la cosa che più mi ha fatto soffrire in questa avventura. Condivisione e collaborazione saltuarie mi hanno incoraggiato a proseguire, ma più frequenti sono state le sollecitazioni a demordere, a smettere di lottare, a chiudere definitivamente l’argomento "Culla". Qualcuno mi ha fatto notare che parlo della Culla come se fosse una "mia creatura", forse non a torto, a causa del mio coinvolgimento emotivo. Infatti, l’idea della Culla è passata dalla mente e dal cuore di una madre all’altra, in una catena di solidarietà che ne ha consentito la realizzazione. Ho deciso di raccontare questi episodi per rendere merito a chi ha collaborato e perché sento il dovere di testimoniare e ringraziare la Vergine Maria per la Sua intercessione . Spero che la storia della Culla, che ho voluto raccontare interamente per la prima volta, e la mia testimonianza del pellegrinaggio servano a far riflettere sul progetto che Dio ha su ciascuno di noi.
INTRODUZIONE
Un viaggio, un itinerario in pieno svolgimento, per il quale, anzi, non s’è che all’inizio. Di questo si tratta in questo "diario": si volteggia dagli asfittici ed oppressivi tuguri della burocrazia e della cultura nichilista verso una luce radiosa. Si sfiorano il duro splendore d’un cielo d’un cobalto infinito, l’asprigno sapore d’una terra violata, bagnata dall’odio, le siepi di croci di Mostar. Più stupore saprà istillare il racconto di Rosa Rao Cassarà, meno sentirà lo "smacco" narrativo il lettore avvezzo a troppo pensiero debole postmoderno. Egli, da Palermo, si ritroverà nei Balcani, per poi dunque tornare in Italia, rinnovato nella luce. Perché la storia della culla, d’una vocazione dall’Alto a compiere un assurdo agli occhi del mondo, le vicende della protagonista non seguono la miope logica dei tratti meramente umani. Ma Rosa non indulge per nulla ad una devozione sdolcinata, tutt’altro. Coglie la ragione come metodo, per inchinarsi al Mistero laddove esso si sprigiona con forza, dolcezza, imprevedibile come un piovasco infine calato sull’arsura terrestre. Non si potrà così far null’altro se non convenire che le sezioni in cui s’articola tale "diario"rispondono ad una ferrea logica. Che, se fosse qui svelata, tradirebbe fin troppo della sorpresa che si cela in queste pagine. Eppure v’è di più. Di ritorno dalla terra mariana, cosa resta? Un vago ricordo, immancabilmente destinato a sbiadirsi? Nient’affatto! E’ scritto, ma mi preme ribadirlo pure in questa sede. Il "miracolo" vissuto da Rosa nella sua pervicace, a tratti disperata, solitaria, troppo spesso incompresa battaglia, fiorisce nella speranza. Nella certezza che un impegno efficace per risolvere i drammi sociali del consorzio umano fonda la propria scaturigine nella tutela di ciò per cui ogni uomo è uomo. Ossia la vita.
Senza un concreto attivarsi in tal senso, le fondamenta della convivenza umana sono destinate ad implodere, irreparabilmente minate nel loro asse portante. Nell’attimo stesso in cui si decreta che anche una sola persona debba (o possa) essere messa a morte, la società degrada a mera congregazione di "Certi Esseri Umani", ponendo in se stessa un’esiziale contraddizione, ed ingenerando al contempo un’atroce disuguaglianza di fatto. Quando altri uomini si reputano legittimati a disporre dell’esistenza dei loro simili, si gettano le basi per qualcosa che, più o meno raffinato, non si rivela che una barbarie: la legge del più forte, del più prepotente. Guarda caso, ciò è perpetrato in modalità oggigiorno sempre più subdole: con l’aborto, l’omicidio è "nascosto", sottratto alla vista, contrabbandato sotto le mentite spoglie d’un solidarismo mefistofelico; ai malati, invece, si propone il trapasso con il carillon della compassione più bieca, e così via. Si tratta invece qui di squarciare il velo di menzogna ch’avvolge tali crimini. E Rosa, con il Movimento per la Vita, ci spinge ad urlare che "Il Re è Nudo". Che la vita va salvaguardata. Fuori da ciò, v’è solo l’omicidio, lo sterminio. E’ straordinario che un tale percorso, da Medjugorije, dal cuore dei martoriati Balcani, piombi nei nostri salotti. E ci convinca che su questo terreno sta il punto di convergenza più forte tra chi, come Rosa, ha il dono della fede e chi, da laico, si batte per l’affermazione dell’assoluta intangibilità della vita umana. Per sottrarsi finalmente, al giogo opprimente ed oscurantista del fondamentalismo laicista. Perché la vita umana è l’in sé , l’essenza, la pietra angolare della società stessa. Pietra di paragone, non pietra d’ inciampo.