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Avvenire 25 giugno 2011
FAMIGLIA SOTTO ATTACCO
New York approva le nozze gay
I vescovi: «Delusi e turbati»
Lo Stato di New York è da oggi il sesto Stato americano in cui una coppia omosessuale ha il diritto di sposarsi. Il Senato statale ha infatti approvato nella notte con maggioranza bipartisan il Marriage Equality Act,un provvedimento proposto dal governatore, Andrew Cuomo, che riconosce alle coppie omosessuali il diritto di contrarre matrimonio. Il provvedimento è passato con 33 voti a favore (tra cui quelli di quattro repubblicani), e 29 voti contrari (tra cui quelli di un democratico). Essendo già stato approvato dalla Camera, il provvedimento attende ora solo la firma del governatore Cuomo per essere tradotto in legge. Entrerà in vigore esattamente un mese dopo la firma. Significa che a New York agli inizi di agosto le prime coppie potranno sposarsi.
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Avvenire 25 giugno 2011
FAMIGLIA SOTTO ATTACCO
New York approva le nozze gay
I vescovi: «Delusi e turbati»
Lo Stato di New York è da oggi il sesto Stato americano in cui una coppia omosessuale ha il diritto di sposarsi. Il Senato statale ha infatti approvato nella notte con maggioranza bipartisan il Marriage Equality Act,un provvedimento proposto dal governatore, Andrew Cuomo, che riconosce alle coppie omosessuali il diritto di contrarre matrimonio. Il provvedimento è passato con 33 voti a favore (tra cui quelli di quattro repubblicani), e 29 voti contrari (tra cui quelli di un democratico). Essendo già stato approvato dalla Camera, il provvedimento attende ora solo la firma del governatore Cuomo per essere tradotto in legge. Entrerà in vigore esattamente un mese dopo la firma. Significa che a New York agli inizi di agosto le prime coppie potranno sposarsi.
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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
ALLA DELEGAZIONE DELLA "MARIANISCHE MÄNNER-CONGREGATION ‘MARIÄ VERKÜNDIGUNG’" DI REGENSBURG
Sala dei Papi
Sabato, 28 maggio 2011
... da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per la Madre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore.
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Rino Cammilleri, Come fu che divenni CCP (cattolico credente e praticante), Ed. Lindau 2011, ISBN: 978-88-7180-905-2, pp. 208, euro 16,50
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«Il libro che tenete in mano è il racconto della mia conversione al cattolicesimo romano. Non che prima fossi protestante o giainista, no. Come quasi tutti gli atei e gli agnostici d’Italia odierni sono stato battezzato nel rito di Santa Romana Chiesa ma poi, come spesso accade, ho smarrito la via. Per ignoranza. Per noncuranza. Perché il battesimo ti fa, sì, diventare cristiano, ma per mettersi a fare il cristiano ci vuole, appunto, una conversione. Perché raccontarla, domandate? Potrei rispondere come fece Manzoni quando gli chiesero come mai avesse deciso di scrivere il suo capolavoro: “Per fare un po’ di bene”.
Non so quale bene potrà fare, e a chi, questo libro. So solo, e lo garantisco, che la lettura non è noiosa. Infatti, quantunque sia uno dei tanti outing di convertiti (l’ultimo, a mia scienza, è Joe Eszterhas, lo sceneggiatore del celebre film Basic Instinct), non è uguale – e neanche simile – a nessun altro. Come diceva Chesterton (altro convertito): “La Chiesa è una casa con cento porte e nessun uomo vi entra mai con la stessa identica angolazione di un altro”.»
Rino Cammilleri
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Commento al Vangelo della Solennità del Corpus Domini
di Monsignor Giovanni Scognamilio Clá Dias, fondatore degli Evangeli Praecones
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Un insuperabile dono...
L’amore di Dio per gli uomini, manifestato nell’Incarnazione, ha raggiunto un apice inimmaginabile con l’istituzione dell’Eucaristia. Qual è la nostra risposta ad un così grande dono?
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
Vangelo
"In quel tempo, Gesù disse alle moltitudini dei giudei: 51 ‘Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo’.
52 Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’. 53 Allora Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno’" (Gv 6, 51-58).
I – Dio Si dà interamente
Esistendo da tutta l’eternità, la Trinità non aveva bisogno della creazione. Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo bastavano del tutto a se stessi, godendo una felicità perfetta e infinita. In questo consiste la gloria intrinseca e insuperabile delle Tre Persone Divine. Tuttavia, creando, Dio ha voluto rendere le creature partecipi della sua felicità, e queste, nell’assomigliare al Creatore, Gli avrebbero reso la gloria estrinseca, realizzando così la più alta finalità del loro essere. La creazione è stata, dunque, un atto di donazione, di dedizione e di generosità supreme (1), arricchito in seguito dall’Incarnazione del Verbo, quando Dio Si è assoggettato ad assumere la povera natura umana allo scopo di redimerci dal peccato dei nostri primi padri.
L’Uomo-Dio avrebbe dovuto prolungare la sua presenza sulla Terra
Ma l’amore incommensurabile di Dio per noi non si è limitato solo a questo: per aprirci le porte del Cielo, è arrivato al punto da soffrire una dolorosa Passione, morire sulla Croce e risorgere. E lo avrebbe fatto, se fosse stato necessario, per riscattare un uomo soltanto. Ora, dobbiamo chiederci: dopo aver espresso questo amore incredibile per noi, Egli avrebbe semplicemente dovuto salire al Cielo e abbandonare la comunione con gli uomini la cui redenzione Gli era costata così cara? Sarebbe possibile immaginare, dopo una tale unione con noi, che si verificasse questa irrimediabile separazione?
La meravigliosa soluzione a questo problema, che ci lascia perplessi, solo Dio poteva trovarla. Commenta bene, a tal proposito, il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira:
"Non voglio dire che la Redenzione e il sacrificio della Croce imponessero a Dio, a rigor di logica, l’istituzione della Sacra Eucaristia. Ma si può dire che tutto invocava, tutto urlava, tutto supplicava perché Nostro Signore non Si separasse così dagli uomini. Una persona con un po’ di immaginazione dovrebbe intravvedere che Nostro Signore avrebbe trovato un mezzo per essere sempre presente, con ciascuno degli uomini da Lui redenti, in modo tale che, dopo l’Ascensione, Egli fosse sempre in Cielo, sul trono di gloria che Gli è dovuto, ma allo stesso tempo, seguisse passo passo la via dolorosa di ogni uomo qui sulla Terra, fino al momento estremo in cui ognuno dicesse, a sua volta ‘Consummatum est’ (Gv 19, 30)" (2).
Conclude con questa pia confidenza: "Credo che se io avessi assistito alla Crocifissione e avessi saputo dell’Ascensione, anche se non avessi saputo dell’Eucaristia, avrei cominciato a cercare Gesù Cristo in tutta la Terra, perché non sarei riuscito a convincermi che Lui avesse smesso di convivere con gli uomini. Questa comunione veramente meravigliosa di Gesù Cristo con gli uomini si fa, esattamente, per mezzo dell’Eucaristia" (3)
Il fatto che Dio abbia operato la Creazione per darSi a Se stesso già ci riempie di meraviglia. Molto di più, tuttavia, è il fatto che Lui abbia assunto la natura umana per propiziarci, con la sua morte, l’infinito dono della vita soprannaturale e aprirci le porte del Cielo. Tuttavia, portare l’amore al punto di darSi agli uomini in alimento, supera qualunque capacità di immaginazione! Si può dire a ragione che l’apice di questa donazione, si trova nel Sacramento dell’Eucaristia.
Apparente semplicità della Santa Cena
Come avvenne l’istituzione del più eccellente e sublime dei Sacramenti, il fine a cui si ordinano tutti gli altri apparentemente, in un modo molto semplice. Per gli Apostoli, si trattava di una delle solite cene, celebrate ogni anno dai giudei secondo il plurisecolare rito indicato dettagliatamente da Dio a Mosè e Aronne, come qualcosa da esser perpetuato di generazione in generazione (cfr. Es 12, 1-14). Essa ricordava ai giudei la Pasqua del Signore, la morte dei primogeniti dell’Egitto e la traversata del Mar Rosso. I discepoli erano, pertanto, dell’idea che si trattasse di una semplice commemorazione religiosa, quando di fatto si sarebbe realizzato nel Cenacolo quanto era stato prefigurato nell’Antica Legge: il sacrificio di animali avrebbe ceduto il posto all’olocausto dell’Agnello Divino che tra breve sarebbe stato immolato sull’altare della Croce, per la nostra salvezza. Le vittime materiali simbolizzavano il corpo di Cristo che sarebbe stato nel contempo sacerdote e vittima nel Nuovo Sacrificio, eterno e di valore infinito.
Secondo quanto riferiscono gli Evangelisti, dopo che Gesù ebbe istituito l’Eucaristia e dato la Comunione agli Apostoli, essi cantarono i salmi e uscirono alla volta del Monte degli Ulivi (cfr. Mc 14, 26; Mt 26, 30). Costituivano questi salmi il canto di rendimento di grazie intitolato Hallel – "Lodate Javé" –, proprio della liturgia ebraica per la celebrazione della Pasqua (5) e particolarmente simbolico in quella circostanza: mentre gli uni rendevano grazie per essersi comunicati, il Messia rendeva lode al Padre per l’istituzione dell’Eucaristia, che rappresentava la concretizzazione dell’anelito manifestato all’inizio della Sacra Cena: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione" (Lc 22, 15).
Se avessero saputo con anticipo la grandezza di quello che sarebbe stato istituito quel giorno – non solo l’Eucaristia, ma anche il Sacerdozio –, c’è da supporre che gli Apostoli avrebbero preparato una cerimonia all’altezza, ma in quel momento, chi aveva nozione di quanto stava succedendo?
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Il 24 giugno di 30 anni fa la prima apparizione. Il racconto e le perplessità nella Chiesa
Quei dialoghi con la Madonna
Il dilemma di Medjugorje
Così gli occhi dei sei giovani seguivano la stessa visione
di VITTORIO MESSORI
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Il Papa a San Marino, elogio dell'inquietudine
di Andrea Tornielli
Benedetto XVI sta concludendo la sua visita alla diocesi di San Marino-Montefeltro. Una visita ben preparata, culminata questa mattina con la messa nello stadio di San Marino. Il vescovo Luigi Negri, nel suo saluto, ha chiesto che il Papa confermi i sanmarinesi nella fede, ma ha anche chiesto che Benedetto XVI oltre a incoraggiare, dia indicazioni e se necessario corregga Non ricordo di averlo sentito dire tante altre volte in occasioni simili. Vi copio qui sotto alcuni passaggi del discorso preparato da Papa Ratzinger all’incontro con i giovani della diocesi a Pennabilli, durante il quale ha meditato il Vangelo del giovane ricco. Durante l’incontro Benedetto XVI ha più volte tralasciato il testo scritto, facendo digressioni e integrazioni.
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Avvenire 17 giugno 2011
ARTE SACRA
Matisse e l’inno alla Vergine
Qualcuno l’ha definita la «Cappella Sistina del Novecento ». Certo non per le proporzioni, ma il paragone, almeno per la portata storica, regge. E pare segno del destino che tra pochi giorni la Chapelle du Rosaire realizzata da Henri Matisse per le suore domenicane del Santissimo Rosario a Vence, in Provenza, stia per diventare 'vicina di casa' del precedente michelangiolesco. Mercoledì 22 giugno, nella «marescalcia», un vasto locale adiacente alla Sistina, i Musei Vaticani inaugureranno la Sala Matisse, interamente dedicata ai bozzetti e ai cartoni realizzati dall’artista francese tra il 1948 e il 1952 per quello che può essere considerato il suo grande, estremo capolavoro, «il compimento – come egli stesso scrisse – di tutta una vita di lavoro e la fioritura di uno sforzo enorme, sincero e difficile».
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bioFILES N. 6 | 17 giugno 2011
PILLOLA DEI CINQUE GIORNI DOPO:
“SOLO” UN CONTRACCETTIVO?
a cura di Lucio Romano
CHE COS’È “ELLAONE®”?
EllaOne® è il nome commerciale della “pillola dei cinque giorni
dopo”. Contiene ulipristal acetato (CDB-2914), molecola a
spiccata azione antiprogestinica. E’ un composto sintetico che si
lega ai recettori del progesterone così come l’RU486, molecola in
uso per l’aborto chimico entro la 7a settimana di gravidanza.
Com’è noto, l’ormone progesterone è indispensabile per lo
sviluppo della gravidanza: prepara l’utero all’annidamento
dell’embrione. L’ulipristal acetato si lega ai recettori del
progesterone e ne impedisce l’azione. Quindi interferisce, tra
l’altro, con l’annidamento dell’embrione svolgendo azione
intercettiva - abortiva. I primi studi sono stati realizzati proprio
confrontando l’azione dell’ulipristal acetato con quella
dell’RU486, molecole che appartengono allo stesso gruppo
farmacologico.
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Alessandro Gnocchi-Mario Palmaro, L’ultima Messa di Padre Pio. L’anima segreta del santo delle stigmate, Edizioni Piemme, 2010, pp. 236, € 15.
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Con questo saggio-inchiesta: “L’ultima Messa di Padre Pio” (Edizioni Piemme), Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro hanno cercato di scandagliare in profondità “l’anima segreta del santo delle stigmate” , come recita il sottotitolo del libro.
Significativa è la scansione del ritmo dell’indagine che, già dal prologo, evidenzia luoghi, date, festività collegate, come un resoconto-diario di un viaggio di due pellegrini sulle tracce di un santo che, nonostante la sua umiltà, i suoi patimenti,la sua riservatezza, ha fatto molto parlare di sé.
Questo percorso di ricerca della verità incontra così tappe inedite ed impreviste, come il santuario di Santa Maria del Monte a Campobasso, dove un quadro del 1971 del pittore Amedeo Trivisonno
dal titolo: “L’apparizione della Madonna a Padre Pio” commissionato da padre Pellegrino da Sant’Elia a Pianisi, ha riprodotto l’apparizione della Vergine a padre Pio nel giorno dell’Assunzione nel lontano 1905. Fu in quell’occasione che padre Pio accettò, come ricordano gli Autori, di essere l’Alter Christus che tutti noi abbiamo conosciuto.
Nella cronologia-biografia del santo di Pietrelcina, stilata a fine libro da Gnocchi e Palmaro, è possibile rinvenire che, precedentemente all’apparizione della Vergine del 1905 sopra menzionata, padre Pio ebbe tre visioni nel 1903, nelle quali gli venne prospettato il suo futuro.
Nella nostra mentalità secolarizzata di uomini post-moderni increduli ed indifferenti, diventa assai difficile cogliere il senso autentico e potente di queste visioni, nelle quali cielo e terra comunicano e corrispondono ben oltre i nostri mondani progetti, ben oltre i nostri fini terreni.
Avendo ridotta tutta la realtà ad un “problema” che l’uomo può decifrare con le sole sue forze, si è compiuta una duplice operazione negativa: da una parte si è sottratto il “mistero” dalla stessa realtà e, dall’altra, si è eretta una palizzata egocentrica e soggettivistica alla comprensione oggettiva. In altre parole, ci si è resi refrattari all’azione della grazia, che proviene dallo spirito di Dio e che illumina, fortifica, sostiene la nostra ragione, perfezionandone così l’umanità.
Ecco perché, io credo, padre Pio ci rimandi al sostanzialmente altro, appunto alter Christus, poiché lui non si è opposto alla grazia ed ha corrisposto totalmente al progetto ed alla volontà di Dio fino alla condivisione della croce con il ricevimento delle stigmate.
L’ultima Messa di padre Pio suggella così, secondo le indicazioni degli Autori, l’adesione alla Passione di Cristo riproposta nella Santa Messa; è lì, dove il sacerdote consacra il pane e il vino, che si comprende il valore immutabile di quel rito, del sacrificio di Cristo.
Si possono così ancora percepire quelle parole di padre Pio che gli Autori hanno finemente riproposto lungo tutto il loro itinerario sulle tracce del santo di Pietrelcina: “Il mondo potrebbe stare anche senza sole, ma non senza la Santa Messa”.
Come ben recita l’antico detto: “Chi cerca trova”, Gnocchi e Palmaro, nella loro ricerca appassionata, si sono imbattuti, con grande sorpresa, in un’autentica miniera d’oro, costituita da un archivio di un figlio spirituale di padre Pio, l’industriale padovano Giuseppe Pagnossin.
Da questa ingente mole di documenti rinvenuti, lettere e fotografie inedite, autentico patrimonio e testimonianza della fede di padre Pio, Gnocchi e Palmaro hanno potuto così ulteriormente desumere come effettivamente il santo di Pietrelcina arginasse l’Anticristo, preservando la Santa Messa, facendo proprie le parole di Sant’Ireneo, che nel suo trattato Contro le eresie, citando il profeta Daniele, ebbe a considerare: “Il santuario sarà desolato: è stato offerto il peccato al posto del sacrificio e la giustizia è stata gettata a terra … verranno soppressi il sacrificio e la libagione e nel tempio si verificherà l’abominio della desolazione e sino alla fine del tempo sarà dato compimento alla desolazione”. Ecco perché l’ultima Messa di padre Pio assume un significato emblematico: l’abominio della desolazione profetizzato da Daniele è un mondo senza Messa e la riproposizione del sacrificio di Cristo, così come l’assunse padre Pio, è l’antidoto contro il veleno del Nemico, dell’Anticristo.
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SANTO ROSARIO
CON I VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA E
AFFIDAMENTO DELL’ITALIA ALLA VERGINE MARIA
IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ POLITICA DEL PAESE
26.05.2011
La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale!
In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità. A ragione l’Italia [...] può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa. Essa non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche [...] è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo. Fra questi vi sono anzitutto le istanze etiche e quindi l’apertura alla trascendenza, che costituiscono valori previi a qualsiasi giurisdizione statale, in quanto iscritti nella natura stessa della persona umana.
In questa prospettiva, la Chiesa [...] continua a offrire il proprio contributo alla costruzione del bene comune, richiamando ciascuno al dovere di promuovere e tutelare la vita umana in tutte le sue fasi e di sostenere fattivamente la famiglia; questa rimane, infatti, la prima realtà nella quale possono crescere persone libere e responsabili, formate a quei valori profondi che aprono alla fraternità
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FESTA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Ragioni della festa e della sua tarda istituzione.
Abbiamo visto gli Apostoli nel giorno della Pentecoste ricevere lo Spirito Santo e, fedeli all'ordine del Maestro (Mt 28,19) partire subito per andare ad ammaestrare tutte le genti, e battezzare gli uomini nel nome della Santissima Trinità. Era dunque giusto che la solennità che ha per scopo di onorare il Dio unico in tre persone seguisse immediatamente quella della Pentecoste alla quale è unita da un misterioso legame. Tuttavia, solo dopo lunghi secoli essa è venuta a prender posto nell'Anno liturgico, che si va completando nel corso del tempo.
Tutti gli omaggi che la Liturgia rende a Dio hanno per oggetto la divina Trinità. I tempi sono per essa così come l'eternità; essa è l'ultimo termine di tutta la nostra religione. Ogni giorno ed ogni ora le appartengono. Le feste istituite per commemorare i misteri della nostra salvezza finiscono sempre ad essa. Quelle della Santissima Vergine e dei Santi sono altrettanti mezzi che ci guidano alla glorificazione del Signore unico nell'essenza e triplice nelle persone; quanto all'Ufficio divino della Domenica in particolare, esso offre ogni settimana l'espressione formulata in modo particolare, dell'adorazione e dell'omaggio verso questo mistero, fondamento di tutti gli altri e sorgente di ogni grazia.
Si comprende così perché la Chiesa abbia tardato tanto ad istituire una festa speciale in onore della Santissima Trinità. Mancava del tutto la ragione ordinaria che motiva l'istituzione delle feste. Una festa è la fissazione di un fatto che è avvenuto nel tempo e di cui è giusto perpetuare il ricordo e la risonanza: ora, da tutta l'eternità, prima di qualsiasi creazione, Dio vive e regna, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Questa istituzione non poteva dunque consistere se non nel fissare sul Calendario un giorno particolare in cui i cristiani si sarebbero uniti in un modo per così dire più diretto nella solenne glorificazione del mistero dell'Unità e della Trinità in una stessa natura divina.
Storia della festa.
Il pensiero si presentò dapprima ad alcune di quelle anime pie e raccolte che ricevono dall'alto il presentimento delle cose che lo Spirito Santo compirà più tardi nella Chiesa. Fin dal secolo VIII, il dotto monaco Alcuino, ripieno dello spirito della Liturgia, credette giunto il momento di redigere una Messa votiva in onore del mistero della Santissima Trinità. Sembra pure che vi sia stato spinto da un desiderio dell'apostolo della Germania, san Bonifacio. La Messa costituiva semplicemente un aiuto alla pietà privata, e nulla lasciava prevedere che ne sarebbe derivata un giorno l'istituzione di una festa. Tuttavia la devozione a questa Messa si estese a poco a poco, e la vediamo accettata in Germania dal Concilio di Seligenstadt, nel 1022.
Ma a quell'epoca in una chiesa del Belgio era già in uso una festa propriamente detta della Santissima Trinità. Stefano, vescovo di Liegi, aveva istituito solennemente la festa della Santissima Trinità nella sua Chiesa nel 920, e fatto comporre un Ufficio completo in onore del mistero. A quei tempi non esisteva ancora la disposizione del diritto comune che riserva alla Santa Sede l'istituzione delle nuove feste, e Richiero, successore di Stefano nella sede di Liegi, tenne in piedi l'opera del suo predecessore.
Essa si estese a poco a poco, e pare che l'Ordine monastico le sia stato subito favorevole; vediamo infatti fin dai primi anni del secolo XI, Bernone, abate di Reichenau, occuparsi della sua propagazione. A Cluny, la festa si stabilì abbastanza presto nel corso dello stesso secolo, come si può vedere dall'Ordinario di quel monastero redatto nel 1091, in cui essa si trova menzionata come istituita già da un certo tempo.
Sotto il pontificato di Alessandro II (1061-1073), la Chiesa Romana, che ha spesso sanzionato, adottandoli, gli usi delle chiese particolari, dovette esprimere un giudizio su questa nuova festa. Il Pontefice, in una delle sue decretali, pur costatando che la festa è già diffusa in molti luoghi, dichiara che la Chiesa Romana non l'ha accettata per il fatto che ogni giorno l'adorabile Trinità è senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto, e in tante altre formule di lode.
Tuttavia la festa continuava a diffondersi, come attesta il Micrologio; e nella prima parte del secolo XII, l'abate Ruperto affermava già la convenienza di quella istituzione, esprimendosi al riguardo come faremmo oggi noi: "Subito dopo aver celebrato la solennità della venuta dello Spirito Santo, cantiamo la gloria della Santissima Trinità nell'Ufficio della Domenica che segue, e questa disposizione è molto appropriata poiché subito dopo la discesa di quel divino Spirito cominciarono la predicazione e la fede e, nel battesimo, la fede, la confessione del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Dei divini Uffici, l. xii, c. i).
In Inghilterra l'istituzione della festa della Santissima Trinità ebbe come autore principale il martire san Tommaso di Cantorbery. Fu nel 1162 che egli la istituì nella sua Chiesa, in ricordo della sua consacrazione episcopale che aveva avuto luogo la prima Domenica dopo la Pentecoste. Per la Francia troviamo nel 1260 un concilio di Arles presieduto dall'arcivescovo Florentin, che nel suo sesto canone inaugura solennemente la festa aggiungendovi il privilegio d'una Ottava. Fin dal 1230 l'ordine dei Cistercensi, diffuso nell'intera Europa, l'aveva istituita per tutte le sue case; e Durando di Mende, nel suo Razionale, lascia concludere che il maggior numero delle Chiese latine, durante il secolo XIII usava già la celebrazione di questa festa. Fra tali Chiese ve ne erano alcune che la ponevano non alla prima bensì all'ultima Domenica dopo la Pentecoste e altre che la celebravano due volte: una prima all'inizio della serie delle Domeniche che seguono la solennità di Pentecoste, e una seconda volta alla Domenica che precede immediatamente l'Avvento. Questo uso era mantenuto in modo particolare dalle Chiese di Narbona, di Le-Mans e di Auxerre.
Si poteva sin d'allora prevedere che la Santa Sede avrebbe finito per sanzionare una istituzione che la cristianità desiderava di vedere stabilita dappertutto. Giovanni XXII, che occupò la cattedra di san Pietro fino al 1334, completò l'opera con un decreto nel quale la Chiesa Romana accettava la festa della Santissima Trinità e la estendeva a tutte le Chiese.
Se si cerca ora il motivo che ha portato la Chiesa, guidata in tutto dallo Spirito Santo, ad assegnare così un giorno speciale nell'anno per rendere un solenne omaggio alla divina Trinità, quando tutte le nostre adorazioni, tutti i nostri ringraziamenti, tutti i nostri voti salgono in ogni tempo verso di essa, lo si troverà nella modificazione che si andava introducendo allora nel calendario liturgico. Fin verso il 1000, le feste dei santi universalmente onorati erano molto rare. Da quell'epoca appaiono in maggior numero, ed era da prevedere che si sarebbero moltiplicate sempre di più. Sarebbe giunto il tempo - e sarebbe durato per secoli - in cui l'Ufficio della Domenica che è consacrata in modo speciale alla Santissima Trinità, avrebbe ceduto spesso il posto a quello dei Santi riportati dal corso dell'anno. Si rendeva dunque necessario, per legittimare in qualche modo questo culto dei servi nel giorno consacrato alla suprema Maestà, che almeno una volta nell'anno la Domenica offrisse l'espressione piena e diretta di quella religione profonda che l'intero culto della santa Chiesa professa verso il sommo Signore, che si è degnato di rivelarsi agli uomini nella sua unità ineffabile e nella sua eterna Trinità.
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Avvenire 15 giugno 2011
INEDITO
Io, Asia Bibi, muoio: ascoltate la mia voce!
In carcere i giorni e le notti sono uguali. Non so più dire che cosa provo. Paura, questo è sicuro... ma non mi opprime più come all’inizio. I primi giorni arrivava a farmi battere un tamburo in petto. Ora si è un po’ calmata. Non è più un soprassalto continuo. Le lacrime no, non mi hanno mai lasciata. Scendono a intervalli regolari. I singhiozzi, invece, sono cessati. Le lacrime sono le mie compagne di cella. Mi dicono che non mi sono ancora arresa, mi dicono che sono vittima di un’ingiustizia, mi dicono che sono innocente.
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AsiaNews - VATICANO - CINA
Mons. Savio Hon: Vescovi cinesi, non abbiate paura di dire no alle pretese di Pechino
di Bernardo Cervellera
Il governo prepara ordinazioni episcopali senza il mandato del papa. Preti, candidati, vescovi sono sotto la pressione dell’Associazione patriottica. Il segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, pur nella comprensione, chiede a sacerdoti e prelati cinesi di “resistere” con “la schiena dritta”. Gli appelli del Vaticano per la liberazione dei vescovi cinesi imprigionati a cui il governo cinese non dà risposta. La beatificazione del card. Gong Pinmei e dei martiri cinesi sotto il comunismo.
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il Foglio
Tendenza Vallini. Nella diocesi di Roma crescono i battesimi tra gli adulti
14 giugno 2011 - La città eterna, sede del successore di Pietro e centro della cristianità mondiale, tiene ancora. Lo dicono i dati relativi ai battesimi e alle conversioni diffusi dal vicariato ieri, nelle ore in cui Papa Benedetto XVI apriva il Convegno ecclesiale diocesano con una catechesi dedicata proprio al tema chiave della trasmissione della fede: “L’impegno per una rinnovata stagione di evangelizzazione è compito non solo di alcuni ma di tutti i membri della chiesa” ha detto il Papa.
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UDIENZA
AI DIRIGENTI, DOCENTI E STUDENTI
DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
NEL 90° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE
21.05.2011
La cultura umanistica sembra colpita da un progressivo logoramento, mentre l’accento viene posto sulle discipline dette ‘produttive’, di ambito tecnologico ed economico; si riscontra la tendenza a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile, a eliminare dal sapere sistematico e critico la fondamentale questione del senso. La cultura contemporanea, poi, tende a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità: nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato.
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Roberto Marchesini, Martirio al Santuario. Angelo Minotti e l’Avanguardia cattolica, D'Ettoris Editori, Crotone 2011, pagine 100, isbn 978-88-89341-19-3, €11.90
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Estratto fornito dall'autore.
A partire dalla fine della guerra, all’ostilità che la Chiesa subiva da parte dello Stato liberale si aggiunsero le violenze socialiste dapprima e fasciste poi.
Finita la Grande Guerra, era opinione diffusa tra i socialisti che la rivoluzione fosse imminente; questo clima psicologico, unito ai disordini sociali che sfociarono nel “biennio rosso”, portò ad un crescendo di violenza socialista nei confronti dei cattolici, che aveva assunto un tono particolarmente preoccupante nella diocesi di Milano: frequenti tentativi di invasione delle Chiese e di incendio dei circoli e sedi delle associazioni, assalti alle processioni, sacerdoti e giovani cattolici vilipesi, parodie blasfeme erano all’ordine del giorno. I cattolici vivevano in un clima di paura e, forse come mai in precedenza, il rischio era quello di una rinuncia alla testimonianza pubblica della fede.
Il cardinal Ferrari, che aveva promosso in tutte le parrocchie gli oratori maschili e femminili, dopo la chiusura dell’Opera dei congressi diede impulso ai circoli giovanili maschili, federati nel 1906 nell’Unione Giovani Cattolici Milanesi. E fu a questi giovani che il cardinal Ferrari si rivolse per porre un freno alle violenze: uno “sparuto gruppo di giovani, 6 o 7 in tutto, si ritrovavano ogni giovedì sera in Arcivescovado per conoscere dove era necessaria la loro presenza la domenica successiva”. Fu questo il primo nucleo dell’associazione denominata Avanguardia Cattolica, “la spada dietro l’armadio” dei cattolici milanesi, secondo una definizione del cardinale Montini.
I giovani avanguardisti venivano scelti tra quelli più attivi, con una intensa vita spirituale e dotati anche di una certa prestanza fisica; avevano come compito principale la difesa fisica delle celebrazioni religiose e delle istituzioni cattoliche, ma venivano curate anche la formazione culturale e la vita spirituale dei membri: “Sorti in un contesto di violenza, la loro azione fu giudicata necessaria per lo svolgimento delle manifestazioni religiose. Avrebbero potuto facilmente degenerare, ma sin dall’inizio si puntò ad una formazione particolare di questi gruppi: essi dovevano essere i più sensibilizzati a riguardo della necessità degli aspetti pubblici della fede. Il loro motto «O Cristo o morte!» doveva investire tutta la loro esistenza e corrispondere ad una vita esemplare e ad un modo radicale di vivere la propria fede, quale riferimento per tutti gli altri giovani. Negli avanguardisti si vide la figura del cristiano totalmente e prontamente disponibile alle esigenze del popolo di Dio e capace di nutrire con questo servizio e questo spirito eroico la propria spiritualità; un modo quindi tipico di aderire alla Gioventù cattolica, condividendo gli stessi ideali ma accentuandone la dimensione pubblica. In seguito ad essi si affidò l’organizzazione e lo svolgimento delle più importanti riunioni; praticamente, secondo il loro statuto, dovevano rappresentare all’interno della gioventù cattolica il gruppo trainante”.
Ecco la testimonianza di un vecchio avanguardista: “Eravamo […] quell’insieme di giovani […] che non nascondeva, praticandolo, il suo cattolicesimo, sempre assiduo alle pratiche di pietà, che voleva sempre essere nello stato di grazia, che sfilavano dignitosamente e compostamente fieri a testa ben dritta e fronte alta, senza torcicolli, nelle Processioni, di quelle processioni che finalmente poterono svolgersi indisturbate grazie all’Avanguardia. […] Quasi sempre è bastata la nostra presenza, il nostro fermo contegno a raffreddare o a far rinsavire gli animi dei provocatori. Quante volte si è dovuto usare più forza verso noi stessi per tenere le mani a posto, che non dar libero sfogo al sangue che ci bolliva nelle vene, al giusto risentimento che ci infiammava”.
Il loro motto, “O Cristo o morte”, era ricamato sui gagliardetti bianchi, bordati di nero, con una croce nel centro. Il cardinale Schuster dettò il “Decalogo dell’Avanguardia”:
Scopo: la tutela dei diritti dei Cattolici Italiani coi mezzi autorizzati dalle Leggi.
Membri: i più generosi, già spiritualmente formati entro le file dell’AC.
Requisiti: senza macchia e senza paura.
Aiuti: l’uso frequente del Pane dei forti.
Armi: «Forti nella Fede», illuminati nella cultura religiosa, onorati nella vita.
Posto: sempre avanti.
Metodo: organizzazione compatta e che ben funziona agli ordini dei Capi.
Spazio vitale: in Chiesa e fuori; nei Sindacati e nell’AC; nella vita politica e civile della Patria; nel Senato e nella piazza.
Vantaggi: intervenire e farsi rispettare. “Gli assenti hanno sempre torto”.
Premio: Dio, ed il proprio diritto.
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Commento al Vangelo della solennità di Pentecoste
di Monsignor Giovanni Scognamilio Clá Dias,
fondatore degli Evangeli Praecones
"Formiamo un solo corpo, e tutti noi beviamo da un solo Spirito"(1 Cor 12,13).
Chi è lo Spirito Santo, come sono state le circostanze e quali le principali grazie concesse a Maria e ai discepoli in occasione della Pentecoste?
Ecco gli insegnamenti che la Liturgia ci mette a disposizione nella festa di oggi, facendoci comprendere dove si trova la vera pace.
Vangelo della solennità di Pentecoste
19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi". 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 19-23).
I – La Chiesa in occasione delle Pentecoste
Preghiera in una atmosfera di armonia e concordia
Come tante altre feste liturgiche, la Pentecoste ci fa ricordare uno dei grandi misteri della fondazione della Chiesa da parte di Gesù. Si trovava infatti in uno stadio ancora quasi embrionale – allegoricamente, si potrebbe paragonarla ad una bambina di tenera età – riunita intorno alla Madre di Cristo. Lì nel Cenacolo, conforme quanto ci descrivono gli Atti degli Apostoli nella prima lettura, si verificarono fenomeni mistici di eccelsa grandezza, accompagnati da manifestazioni sensibili di ordine naturale: rumore come di un vento impetuoso, lingue di fuoco, i discepoli che si esprimevano in lingue diverse senza averle mai prima apprese. L’alto significato simbolico dell’insieme di questi avvenimenti, come di ognuno in particolare, ha costituito materia per innumerevoli e sostanziosi commenti di esegeti e teologi di grande valore, come risulta chiaro da precedenti osservazioni da noi svolte in un articolo pubblicato nel 2002. Oggi, è opportuno mettere in rilievo altri aspetti di non minore importanza collegati alla narrazione fatta da San Luca (At 2, 1-11), per meglio intendere così il Vangelo in questione e, pertanto, la stessa festività di Pentecoste.
In quanto figura esponenziale, si distacca Maria Santissima, predestinata da tutta l’eternità a essere Madre di Dio. Si diceva che avesse attinto la pienezza massima di tutte le grazie e di tutti i doni, quando invece, nella Pentecoste, Le sarebbe stato concesso molto di più. Così come era stata eletta per l’insuperabile dono della maternità divina, doveva ora diventare Madre del Corpo Mistico di Cristo e, proprio come era avvenuto nella Incarnazione del Verbo, è sceso sopra di Lei lo Spirito Santo, per mezzo di una nuova e ricchissima effusione di grazie, al fine di adornarLa con virtù e doni appropriati e proclamarLa "Madre della Chiesa".
Seguono poi gli Apostoli; essi costituiscono la prima scuola di araldi del Vangelo. Rispettavano le condizioni essenziali per essere adatti all’alta missione che aveva loro destinato il Divino Maestro, come ci riferisce la Scrittura: "Tutti costoro perseveravano concordi nella preghiera con le donne e con Maria, Madre di Gesù, e con i fratelli di lui" (At 1, 14). Questa perseveranza nella preghiera si è realizzata in forma continuata e nel silenzio, nella solitudine e nel chiuso del Cenacolo. L’atmosfera era di massima concordia, armonia ed unione tra tutti, di vera carità fraterna. San Luca nel suo racconto ci tiene a far risaltare la presenza di Maria, certamente per rendere evidente quanto Lei stessa si rallegrasse di essere una fedele partecipante della Comunità. Un segnale evidente è la sottomissione e l’obbedienza al Vicario di Cristo come traspare nei versetti successivi, che riferiscono sul primo atto di governo e giurisdizione di San Pietro (At 1, 15-22).
In sintesi, la vera efficacia dell’apostolato è evidenziata lì, sotto il manto della Santissima Vergine, nell’unione effettiva di tutti con la Pietra sopra la quale Cristo ha edificato la sua Chiesa.
L’efficacia dell’azione si trova nella contemplazione
Questo grande avvenimento è stato preceduto non solo dai dieci giorni di preghiera continua, ma anche da molti altri momenti di raccoglimento. Il trauma avuto in occasione della drammatica Passione del Salvatore esigeva ore e ore di isolamento e riflessione. Oltre a ciò, il timore di nuove persecuzioni e tradimenti imponeva a tutti loro prudenza, a parte l’abbandono delle attività comuni dell’apostolato anteriore.
Curiosamente, in generale, Cristo Risorto sceglieva occasioni come questa – di riflessione e compenetrazione da parte di tutti – per apparire loro, così come lo Spirito Santo, per infondere in loro i suoi doni. Questa è una importante lezione che la Liturgia di oggi ci offre: la vera efficacia dell’azione si trova nella contemplazione. Lo stesso Apostolo per eccellenza, che è giunto ad esclamare: Vae enim mihi est, si non evangelizavero! – Guai a me se non annunciassi il vangelo" (I Cor 9,16), trascorse un lungo periodo di preghiera nel deserto al fine di prepararsi per la predicazione.
Chi assume il compito di analizzare passo passo le attività di un uomo zelante e apostolico può giungere a sbagliarsi se le giudica semplice frutto della sua personalità intraprendente, o del suo carattere dinamico, o addirittura della sua costituzione psicofisica. Sono numerosi gli uomini operanti e proficui che tirano fuori dal proprio essere l’inimmaginabile. Dove si trovano, di fatti, le energie impiegate da questi leoni della fede e dell’ efficenza? Più ancora ci potremmo chiedere: come riescono loro, in mezzo alla valanga di attività, a conservare un cuore mite e soave nel trattare gli altri?
Ricordiamoci del consiglio dato da San Bernardo di Chiaravalle al papa dell’epoca, Eugenio III: "Temo che in mezzo alle tue occupazioni ti disperi per non poterle portare a termine e si indurisca la tua anima. Agiresti con buon senso se le abbandonassi per qualche tempo affinché esse non ti dominino né ti trascinino verso dove non desideri arrivare. Forse mi chiederai: ‘Verso dove?’ (...) All’indurimento del cuore. Vedi dunque dove ti possono trascinare queste occupazioni maledette se continui a dedicarti totalmente ad esse, come hai fatto finora, senza riservare niente per te".
Si tratta di un dottore della Chiesa che consiglia il Dolce Cristo nella terra di quei tempi, nell’esercizio della più alta funzione: il governo di questa istituzione divina. Bene, secondo il suo parere, tanto elevate occupazioni, senza l’ausilio della vita interiore, sono maledette. Questa sempre è stata la postura d’animo dei santi, spiritualisti e Padri della Chiesa. Sant’Agostino afferma, per esempio: "Ogni apostolo, prima di sciogliere la lingua, deve elevare a Dio con brama la sua anima, per esalare ciò che deve, e distribuire la sua pienezza" (De civitate Dei XIX 13: PL 41, 640)
Fatte queste considerazioni emergenti da una prima lettura (At 2, 1-11) ci sentiamo più preparati a contemplare le bellezze del Vangelo della presente Liturgia.
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Il cedimento dei cattolici all’omosessualismo
Il 17 maggio, ci informa la news agency catto-comunista Adista, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia diverse città italiane e straniere hanno visto lo svolgersi di veglie di preghiera «per ricordare le vittime dell’omofobia». In spregio alle direttive della Congregazione per la Dottrina della Fede, (1) in più di un'occasione i momenti di preghiera collettiva sono stati ospitati da parrocchie cattoliche: a Milano, dove la Curia ha concesso per il terzo anno consecutivo la disponibilità di una chiesa, a Padova, Genova, Firenze, Bologna e Cremona, dove l’anno passato la veglia fu addirittura presieduta dal vescovo locale. (2)
Occorre davvero una massiccia dose di ingenuità per non comprendere la portata, la profondità e l’incisività del graduale mutamento del senso comune e della mentalità dei cattolici apportate da simili iniziative. La crescente legittimazione dell’omosessualità all’interno della Chiesa non è ovviamente una novità del giorno d’oggi, ma si inserisce all’interno di un processo di «lunga durata» di cui chi scrive non ha la minima pretesa di fornire un resoconto esauriente, nemmeno a grandi linee, ma che nondimeno è palese ed evidente. (3)
Un collasso episcopale
Forse ancora più clamoroso, trattandosi di un principe della Chiesa, è però il cedimento dottrinale all'ideologia – per non dire il vero e proprio collasso – palesato nel corso degli anni da parte di monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ex presidente di Pax Christi, già cantore delle «benemerenze» del comunismo. (4)
Già nel 2000, in occasione del Gay Pride svoltosi provocatoriamente a Roma in sfregio all’anno giubilare, tanto da essere significativamente bollato da Giovanni Paolo II come «affronto» e «offesa» ai valori cristiani della città, il presule si lanciava in queste sconcertanti dichiarazioni: «La dottrina della Chiesa ritiene che la sessualità debba essere rivolta soltanto alla procreazione. Forse però non si è tenuto conto che la sessualità ha anche altre espressioni, come quelle che possono manifestarsi verso persone dello stesso sesso. E anche la dottrina potrebbe evolversi». (5)
Nel 2008 Bettazzi si è invece espresso a favore delle unioni omosessuali: «Per tanto tempo abbiamo detto che il fine primario del matrimonio è la procreazione, fino al punto di negare il sacramento a chi è impotente, ma io credo che il fine del matrimonio sia l’amore. E se ci sono due persone dello stesso sesso che si amano, pur non chiamando la loro unione matrimonio, dobbiamo aiutarle a stare insieme» (6).
L'insidia dell'ideologia
La forza e la capacità di penetrazione delle «parole d'ordine» dell'ideologia gay in seno al mondo cattolico non devono certo stupire. Come ha mostrato Alain Besançon, è proprio delle moderne ideologie, gnostiche e totalitarie, imporre «le proprie classificazioni, il proprio linguaggio e il proprio modo di affrontare i problemi». (7) Quelle «macchine di pensiero» che sono le moderne ideologie creano la realtà, non contemplano un ordine dell'essere poiché «l'attività contemplativa e l'attività morale dello spirito sono ormai sublimate nella sola attività che sia «veramente» umana: l'attività poetica (dal greco poiein: fare) o l'attività costruttrice di un mondo nuovo, di un uomo nuovo, di un dio nuovo». (8)
La cifra filosofica delle ideologie di ieri, oggi e domani è il relativismo. Si ha relativismo quando si nega la presenza di essenze e nature immutabili e, conseguentemente, l’esistenza di atti «intrinsecamente cattivi». (9) George Orwell ha sottolineato infatti che «l'aspetto più terrificante del totalitarismo non sono le sue “atrocità”, ma il fatto che esso attacca il concetto di verità oggettiva» (10).
Il precedente tedesco
Una volta incorporati i contenuti veicolati dall'artificioso linguaggio ideologico, la battaglia culturale è già persa in partenza. È sempre Besançon a ricordare come sotto il nazismo molti vescovi tedeschi avessero accettato alla stregua di un dato «naturale» quella che era in realtà un prodotto dell'ideologia nazista, ovvero la «codificazione razziale» dell'umanità, la sua fondamentale divisione in ariani ed ebrei. Ciò diede adito a numerosi «tentativi di imitazione» da parte cattolica, nei confronti dei quali meglio sarebbe stato diffidare. (11)
L'idea soggiacente era quella di individuare degli elementi «naturali» nella dottrina nazionalsocialista, mostrando al tempo stesso come il pensiero cattolico avesse già «tutto quello che può offrire la concorrenza, ma di qualità migliore». (12) Rasse, Blut und Boden (razza, sangue e suolo) diventarono così «beni naturali preziosi creati da Dio e affidati da Lui a noi tedeschi» mentre manuali pubblicati sotto il controllo dell'episcopato difendevano «il diritto di ogni popolo di salvaguardare la purezza della propria razza adottando a questo scopo misure moralmente ammissibili» e insegnavano che «la razza e il cristianesimo non sono concetti in contraddizione l'uno con l'altro: sono due ordini di natura differente che si completano a vicenda». (13)
Non mancarono le numerose conseguenze pratiche di questi «adattamenti» dottrinali, non ultima delle quali l'indifferenza pubblica manifestata nei confronti degli assassinii di molte figure del mondo cattolico avverse ai nazisti. Tra le più curiose e comiche, ma non meno tragiche anche se in apparenza più «innocue», vanno annoverate le preoccupazioni «pastorali» del cardinale Bertram, arcivescovo di Berlino, che arrivò a consigliare ai fedeli di origine ebraica di frequentare le funzioni di culto nelle ore di minor afflusso, così da non infastidire o urtare i loro correligionari ariani. (14) «Fin dall'istante in cui questa concezione del mondo veniva accettata come un dato di fatto, - scrive nuovamente Besançon - come una base razionale oggettiva dalla quale bisognava determinarsi moralmente, la volontà della Chiesa non era più libera, ma condizionata dal quadro aberrante in cui si era rinchiusa». (15)
La capitolazione dottrinale consegue all’adozione delle parole-talismano dell’ideologia. (16) Una volta ammessa come «esistente» la «realtà» della lotta di classe, al massimo si può chiedere che i «borghesi», o coloro che il potere indicherà come tali, siano trattati con moderazione e decenza. Si può cercare di «battezzare» la società senza classi o di edificare un «comunismo cristiano». Allo stesso modo, una volta «metabolizzata» l’esistenza di un fenomeno di nome «omofobia» senza riconoscerne l'origine ideologica, le conseguenze sono quelle sopraelencate: l'omofobia diventa un'«odiosa discriminazione» e opporvisi un «valore cristiano», perseguito oltretutto col ridicolo ed eccessivo zelo del neoconvertito alla causa. (17)
L'eterna tentazione del clericalismo
Al fondo di questi atteggiamenti remissivi si trova, con ogni probabilità, l’antica e mai sopita tentazione del clericalismo e la sua ansiosa ricerca di un «accordo con l’«ala marciante» della storia» nel tentativo di inserirvisi. (18)
Nel frattempo, mentre le parrocchie si stracciano farisaicamente le vesti, organizzano veglie e deplorano le «discriminazioni» omofobiche, monta una campagna intimidatoria contro gli avversari dell’ideologia omosessualista. L’ultimo episodio, l’irruzione di un gruppo «antagonista» nella parrocchia milanese di san Giuseppe Calasanzio durante la celebrazione della Messa. (19)
Trova così conferma la profonda verità, ben nota a G.K. Chesterton, secondo la quale il cristianesimo autentico, non certo quello sfigurato dagli idoli e inneggiante alle ideologie dominanti, «è sempre fuori di moda perché è sano, e tutte le mode sono insanità». (20)
di Andreas Hofer (E.F.)
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Finanziata dalle corporation Usa, presente nel Parlamento europeo, coccolata dall’economia. È ormai una realtà che impone le sue leggi. Persino Obama ha pagato molto cara la difesa del matrimonio
Come il peggiore dei luoghi comuni, si rafforza negandolo. Più i gay ripetono «non siamo un potere forte, né occulto», più il mondo etero si convince che «sono una lobby potentissima».
Potere gay. Quando Benedetto XVI, parlando ai nunzi apostolici dell’America Latina nel febbraio 2007, ribadì il ruolo centrale del matrimonio nella società contemporanea, «che è l’unione stabile e fedele tra un uomo e una donna», lamentando come la famiglia «mostra segni di cedimento sotto la pressione di lobby capaci di incidere sui processi legislativi», l’universo gay, sentendosi chiamato in causa, rispose sdegnato che la vera lobby, semmai, era quella vaticana... Ma l’opinione pubblica ebbe confermato, ex cathedra, un sospetto magari tendenzioso ma radicato.
In Italia, per ben note questioni storiche, il «potere» dei gruppi omosessuali è ancora sotto traccia. Ma nel resto del mondo occidentale, soprattutto nei Paesi anglosassoni dove i termini gay e lobby non hanno alcuna connotazione negativa, l’omosessualità, oltre che una ragione di orgoglio, pride, è anche una questione di potere, power.
E se recentemente è stato lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a fare i conti con il peso politico della comunità gay (in occasione del referendum sul matrimonio omosessuale nello stato della California è stato aspramente criticato per le sue affermazioni sul matrimonio come «un’unione sacra, benedetta da Dio, tra un uomo e una donna»), è soprattutto nel mondo degli affari e dell’economia che le quotazioni della «gay corporation» sono in costante aumento: una dettagliata inchiesta pubblicata su Corriere Economia nel marzo 2008 metteva in evidenza la straordinaria capacità da parte dei gay di «fare rete». E sottolineava come, mentre aveva fatto discutere la decisione della banca d’affari Lehman Brothers di dedicare una giornata di selezione a Hong Kong solo per gli omosessuali per accaparrarsi i talenti migliori, per tante società americane la cosa non presentava nulla di speciale. Negli Usa esiste un’associazione, Out&Equal, con sede a San Francisco - capitale storica della liberazione (omo)sessuale - che promuove il diritto all’uguaglianza degli omosessuali nei luoghi di lavoro. E in tutte le grandi banche, in Ibm, in Johnson&Johnson, esistono gruppi organizzati di «Glbt», l’acronimo utilizzato per riferirsi a gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Ed è attraverso organizzazioni come queste che la comunità omosessuale «fa network», cioè lobby.
Una lobby potente e ricca. Anzi, secondo un dossier del 2006 della rivista Tempi, ricchissima: la lobby omosessuale internazionale, che ha le sue roccaforti a New York, Washington, San Francisco e Bruxelles, è sempre più influente. Riceve finanziamenti sia dalle grandi corporation americane, sia dai governi e dalle istituzioni internazionali, spesso sotto forma di donazioni a Ong o fondi per la lotta all’Aids. Uno tra i più influenti gruppi che appoggiano le battaglie per i diritti delle comunità gay e bisessuali negli Usa come in America Latina e in Europa è quello dei «Catholics for a Free Choice», un’organizzazione che assieme all’«International Lesbian and Gay Association» (presente in 90 Paesi con oltre 400 organizzazioni affiliate) lavora a Bruxelles per far pressione sui legislatori affinché agiscano contro gli Stati che non riconoscono le unioni omosessuali.