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IL PAPA E IL DIALOGO: QUALCHE NOTA SUI FATTI DI FRANCIA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 11 gennaio 2014
C’è chi chiede al Papa di interrompere il dialogo interreligioso con l’Islam: una pretesa assurda. Le dichiarazioni del card. Tauran e degli imam francesi, il messaggio del card. Vingt-Trois – Un’omelia di papa Benedetto XVI – Rispettare i sentimenti religiosi - La libertà di stampa non è libertà di offesa
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Il Papa chiede ai leader musulmani di condannare il fanatismo religioso
di Matteo Matzuzzi | 12 Gennaio 2015 ore 12:07
"Quest'oggi desidero far risuonare con forza una parola a noi molto cara: pace!". Il Papa inizia così il suo lungo e tradizionale discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa sede. Tanti i temi toccati, dalla crisi della famiglia alla condizione dei migranti, "costretti ad affrontare anche il dramma del rifiuto". Per questo, ha aggiunto, "è necessario un cambio di atteggiamento nei loro confronti, per passare dal disinteresse e dalla paura a una sincera accettazione dell'altro". Tutte le tematiche toccate, a ogni modo, hanno a che fare con "i racconti della Natività che ci mostrano il cuore indurito dell'umanità, che fatica ad accogliere il Bambino". Parla di Parigi, Francesco, quando tuona contro "la dimensione personale del rifiuto", cui si associa "inevitabilmente una dimensione sociale, una cultura che rigetta l'altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte". Talvolta, "l'essere umano da libero diventa schiavo, perfino di forme fuorviate di religione".
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Tango in San Pietro mentre la barca va alla deriva
(di Roberto de Mattei su Il Foglio del 03/01/2015)
Forse gli storici di domani ricorderanno che nel 2014 in piazza san Pietro si ballava il tango, mentre i cristiani venivano massacrati in Oriente e la Chiesa era sull’orlo di uno scisma. Questa atmosfera di leggerezza e di incoscienza non è nuova nella storia. A Cartagine, ricorda Salviano di Marsiglia, si ballava e si banchettava alla vigilia dell’invasione dei Vandali e a San Pietroburgo, secondo la testimonianza del giornalista americano John Reed, mentre i bolscevichi conquistavano il potere i teatri e i ristoranti continuavano ad essere affollati. Il Signore, come dice la Scrittura, acceca chi vuole perdere (Gv 12, 37-41).
Il dramma principale del nostro tempo non è tuttavia l’aggressione che viene dall’esterno, ma quel misterioso processo di autodemolizione della Chiesa che sta giungendo alle ultime conseguenze, dopo essere stato per la prima volta denunciato da Paolo VI nel famoso discorso al Seminario Lombardo del 7 dicembre 1968. L’autodemolizione non è un processo fisiologico. E’ un male che ha dei responsabili. E i responsabili sono in questo caso quegli uomini di Chiesa che sognano di sostituire il Corpo Mistico di Cristo con un nuovo organismo, soggetto a una perpetua evoluzione senza verità e senza dogmi.
Un quadro impressionante della situazione è stato offerto alla fine del 2014 da due dossier sulla Chiesa rispettivamente pubblicati dal quotidiano francese “Le Figaro” e dal quotidiano italiano “La Repubblica”.
“Le Figaro”, un giornale di centrodestra, noto per la sua moderazione, ha dedicato il suo supplemento di dicembre, “Figaro Magazine”, a Guerre secrète au Vatican. Comment le pape François bouleverse l’Eglise: 11 pagine, a cura di Jean-Marie Guénois, considerato uno dei vaticanisti più seri e competenti.
“Qualcosa sembra ribaltarsi nella Chiesa dopo il Sinodo sulla famiglia dell’autunno 2014 – scrive Guénois – e l’accumulazione degli indizi autorizza a interrogarsi: la Chiesa non rischia diaffrontare una tempesta alla fine del 2015, dopo la seconda sessione del Sinodo sulla famiglia?” Guénois rivela l’esistenza di una “guerra segreta” tra cardinali che non ha come fine la conquista del potere. Quella in corso è una battaglia di idee, che ha come principale oggetto la dottrina della Chiesa sulla famiglia e sul matrimonio. Papa Francesco è accusato all’interno della Curia di una gestione autocratica del potere che il giornalista francese riassume nella formula: “Quand il tranche, le Pape ne met pas de gants” (Quando il Papa decide, non usa i guanti), ma il vero problema è la sua visione ecclesiale, ispirata e consigliata dalle correnti più progressiste del Vaticano. Secondo Guénois, tre teologi definiscono i nuovi obiettivi: il cardinale tedesco Walter Kasper, il vescovo italiano Bruno Forte e l’arcivescovo argentino Victor Manuel Fernandez. “E’ questo trio che ha dato fuoco alle polveri in occasione del Sinodo sulla famiglia!” Kasper, detto per inciso, è la testa di ariete per l’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, Forte è fautore della legalizzazione dell’omosessualità e Fernandez esponente di spicco della teologia peronista del popolo.
Guénois ha intervistato quindi sul Sinodo il cardinale Burke, che, come è suo costume, si è espresso con cristallina chiarezza: “Il Sinodo è stata un’esperienza difficile. C’è stata una linea, quella del cardinale Kasper, potremmo dire, con la quale si sono allineati coloro che avevano in mano la direzione del Sinodo. Di fatto il documento intermedio sembrava essere stato già scritto prima degli interventi dei Padri sinodali! E secondo una linea unica, a favore della posizione del cardinale Kasper… Inoltre è stata introdotta la questione omosessuale – che non ha niente a che vedere con la questione del matrimonio – cercando in essa elementi positivi. (…) È stato quindi molto sconcertante. Come pure il fatto che nella relazione finale sono stati mantenuti i paragrafi sull’omosessualità e sui divorziati risposati che però non erano stati adottati secondo la maggioranza dei vescovi richiesta. (…) Sono molto preoccupato – ha aggiunto il card. Burke – e chiamo tutti i cattolici, laici, sacerdoti e vescovi, ad impegnarsi, da oggi fino alla prossima Assemblea sinodale, al fine di mettere in luce la verità sul matrimonio”.
Che le preoccupazioni del cardinale Burke siano giustificate lo dimostra il supplemento settimanale “Il Venerdì di Repubblica” del 27 dicembre 2014 interamente dedicato a una Inchiesta sulla Chiesa: 98 pagine con 20 articoli, in cui si descrive “la nuova era di Francesco, tra avversari, santi, perseguitati e peccatori”.
Il campione de “La Repubblica” è il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, che conferma la sua apertura ai divorziati risposati e alle coppie omosessuali, nega la decadenza morale dell’Occidente, e afferma che “la cosiddetta secolarizzazione è uno sviluppo necessario della libertà. E una società libera è un progresso, secondo il vero punto di vista del Vangelo”. Francesco, spiega “vuole condurre la Chiesa alla forza originaria della sua testimonianza. Ha una chiara visione di quel che vuole, ma non segue un piano fisso, personale o prestabilito, né un programma di governo. Lancia segnali e dà esempi, come ha fatto nel Sinodo dedicato al matrimonio e alla famiglia”.
All’interno dello stesso dossier, Marco Ansaldo, in un’intervista dal titolo Franzoni, la rivincita dell’ex abate rosso, dà ampio spazio a Giovanni Franzoni, ex abate della Basilica di San Paolo fuori le Mura, sottolineando come le posizioni per cui fu condannato si avvicinano ora a quelle del Vaticano. Franzoni fu dimesso dallo stato clericale, per il suo sì alla legge sul divorzio e sull’aborto, e per le sue dichiarazioni di voto a favore del partito comunista. Sposato con una giornalista atea giapponese, oggi non rinnega le sue idee e afferma di avere “scoperto la sessualità come arricchimento totale e non come deprivazione di energie che potrebbero essere dedicate al Signore”.
Secondo alcune indiscrezioni Papa Francesco avrebbe intenzione di ammettere al sacerdozio alcuni laici sposati (i cosiddetti viri probati) e di reintegrare nell’amministrazione dei sacramenti preti già sposati, ridotti allo stato laicale, come lo stesso Franzoni o l’ex francescano e teologo no-global Leonardo Boff, che vive attualmente in Brasile con una compagna.
Il 17 dicembre Boff, che è passato dalla teologia della liberazione alle eco-teologia, ha confermato all’Ansa di avere mandato al Papa, su sua richiesta, materiale per la prossima enciclica, e il 28 dicembre, in polemica con Vittorio Messori, ha espresso su Noi siamo chiesa il suo Appoggio al Papa Francesco contro uno scrittore nostalgico, con queste parole: “E’ sommamente importante una Chiesa aperta come la vuole Francesco di Roma. Bisogna che sia aperta alle irruzioni dello Spirito chiamato da alcuni teologi “la fantasia di Dio”, a motivo della sua creatività e novità, nelle società, nel mondo, nella storia dei popoli, negli individui, nelle Chiese e anche nella Chiesa Cattolica. Senza lo Spirito Santo la Chiesa diventa un’istituzione pesante, noiosa, senza creatività e, ad un certo punto, non ha niente da dire al mondo che non siano sempre dottrine sopra dottrine, senza suscitare speranza e gioia di vivere”.
Chi può negare l’esistenza di una confusione assoluta? Il tango ballato a San Pietro il 17 dicembre 2014 per il compleanno di papa Francesco, ricorda un’altra musica: quella che si suonava sul Titanic la notte della tragedia. Ma allora la punta dell’iceberg, apparve all’improvviso, e i danzatori erano inconsapevoli del disastro imminente. Oggi l’iceberg è visibile e c’è chi brinda all’impossibile naufragio della Barca di Pietro. Tante persone però sono in allarme e hanno la forte sensazione, come ha detto il cardinale Burke, che la Chiesa sia una nave alla deriva. Noi siamo tra questi e per questa ragione non abbiamo salutato il 2015 con balli e fuochi di artificio, ma con la ferma decisione di raccogliere l’appello dello stesso cardinale Burke a combattere, da oggi fino al prossimo Sinodo, e oltre, per difendere la verità del Vangelo sul matrimonio.
(di Roberto de Mattei su Il Foglio del 03/01/2015)
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Avvenire 22-12-14
DAL 1964 I MATRIMONI SONO CALATI DEL 75%: SOLO COLPA DELLA LEGGE SUL DIVORZIO?
Per tornare al principio dell'indissolubilità del matrimonio occorre ripartire da mortificazione e purezza, verginità e onore
di Andrea Galli
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LE SCELTE DI FRANCESCO
I dubbi sulla svolta di Papa Francesco
Bergoglio è imprevedibile per il cattolico medio. Suscita un interesse vasto, ma quanto sincero?
di Vittorio Messori
Corriere della Sera, 24 dicembre 2014
Credo sia onesto ammetterlo subito: abusando, forse, dello spazio concessomi, ciò che qui propongo, più che un articolo, è una riflessione personale. Anzi, una sorta di confessione che avrei volentieri rimandata, se non mi fosse stata richiesta. Ma sì, rimandata perché la mia (e non solo mia) valutazione di questo papato oscilla di continuo tra adesione e perplessità, è un giudizio mutevole a seconda dei momenti, delle occasioni, dei temi. Un Papa non imprevisto: per quanto vale, ero tra quelli che si attendevano un sudamericano e un uomo di pastorale, di esperienza quotidiana di governo, quasi a bilanciare un ammirevole professore, un teologo sin troppo raffinato per certi palati, quale l’amato Joseph Ratzinger. Un Papa non imprevisto, dunque, ma che subito, sin da quel primissimo «buonasera», si è rivelato imprevedibile, tanto da far ricredere via via anche qualche cardinale che era stato tra i suoi elettori.
Una imprevedibilità che continua, turbando la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a meno di pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a «seguire il Papa». Già, ma quale Papa? Quello di certe omelie mattutine a Santa Marta, delle prediche da parroco all’antica, con buoni consigli e saggi proverbi, con persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci tende il diavolo? O quello che telefona a Giacinto Marco Pannella, impegnato nell’ennesimo, innocuo digiuno e che gli augura «buon lavoro», quando, da decenni, il «lavoro» del leader radicale è consistito e consiste nel predicare che la vera carità sta nel battersi per divorzio, aborto, eutanasia, omosessualità per tutti, teoria di gender e così via? Il Papa che, nel discorso di questi giorni alla Curia romana, si è rifatto con convinzione a Pio XII (ma, in verità, a san Paolo stesso) definendo la Chiesa «corpo mistico di Cristo»? O quello che, nella prima intervista a Eugenio Scalfari, ha ridicolizzato chi pensasse che «Dio è cattolico», quasi che la Ecclesia una, sancta, apostolica, romana fosse un optional, un accessorio da agganciare o meno, a seconda del gusto personale, alla Trinità divina? Il Papa argentino consapevole, per diretta esperienza, del dramma dell’America Latina che si avvia a diventare un continente ex cattolico, con il passaggio in massa di quei popoli al protestantesimo pentecostale? O il Papa che prende l’aereo per abbracciare e augurare buoni successi a un amico carissimo, pastore proprio in una delle comunità che stanno svuotando quella cattolica e proprio con il proselitismo da lui condannato duramente nei suoi?
Si potrebbe continuare, naturalmente, con questi aspetti che paiono - e forse sono davvero - contraddittori. Si potrebbe, ma non sarebbe giusto, per un credente. Questi, sa che non si guarda a un Pontefice come a un presidente eletto di repubblica o come a un re, erede casuale di un altro re. Certo, in conclave, quegli strumenti dello Spirito Santo che, stando alla fede, sono i cardinali elettori condividono i limiti, gli errori, magari i peccati che contrassegnano l’umanità intera. Ma capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e onnisciente che sa un po’ meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al suo temporaneo rappresentante terreno. Una scelta che può apparire sconcertante alla vista limitata dei contemporanei ma che poi, nella prospettiva storica, rivela le sue ragioni. Chi conosce davvero la storia è sorpreso e pensoso nello scoprire che - nella prospettiva millenaria, che è quella della Catholica - ogni Papa, consapevole o no che lo fosse, ha interpretato la sua parte idonea e, alla fine, rivelatasi necessaria. Proprio per questa consapevolezza ho scelto , per quanto mi riguarda, di osservare, ascoltare, riflettere senza azzardarmi in pareri intempestivi se non addirittura temerari. Per rifarci a una domanda fin troppo citata al di fuori del contesto: « Chi sono io per giudicare?». Io che - alla pari di ogni altro, uno solo escluso - non sono certo assistito dal «carisma pontificio», dall’assistenza promessa del Paraclito. E a chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta - a voce e per iscritto - dell’attività di Francesco da parte di quel «Papa emerito» pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?
Terribile è la responsabilità di chi oggi sia chiamato a rispondere alla domanda: «Come annunciare il Vangelo ai contemporanei? Come mostrare che il Cristo non è un fantasma sbiadito e remoto ma il volto umano di quel Dio creatore e salvatore che a tutti può e vuole dare senso per la vita e la morte?». Molte sono le risposte, spesso contrastanti.
Per quel poco che conta, dopo decenni di esperienza ecclesiale, io pure avrei le mie, di risposte. Avrei, dico: il condizionale è d’obbligo perché niente e nessuno mi assicura di avere intravisto la via adeguata. Non rischierei forse di essere come il cieco evangelico, quello che vuole guidare altri ciechi, finendo tutti nella fossa? Così, certe scelte pastorali del «vescovo di Roma», come preferisce chiamarsi, mi convincono; ma altre mi lascerebbero perplesso, mi sembrerebbero poco opportune, magari sospette di un populismo capace di ottenere un interesse tanto vasto quanto superficiale ed effimero. Avrei da osservare alcune cose a proposito di priorità e di contenuti, nella speranza di un apostolato più fecondo. Avrei, penserei: al condizionale, lo ripeto, come esige una prospettiva di fede dove chiunque anche laico (lo ricorda il Codice canonico) può esprimere il suo pensiero, purché pacato e motivato, sulle tattiche di evangelizzazione. Lasciando però all’uomo che è uscito vestito di bianco dal Conclave la strategia generale e, soprattutto, la custodia del «depositum fidei». In ogni caso, non dimenticando quanto Francesco stesso ha ricordato proprio nel duro discorso alla sua Curia: è facile, ha detto, criticare i preti, ma quanti pregano per loro? Volendo anche ricordare che egli, sulla Terra, è il «primo» tra i preti. E, dunque, chiedendo, a chi critica, quelle preghiere di cui il mondo ride ma che guidano, in segreto, il destino della Chiesa e del mondo intero.
24 dicembre 2014 | 08:29
[www.corriere.it]
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di Roberto de Mattei
Il Papa, in quanto supremo pastore della Chiesa universale, ha il pieno diritto di rimuovere dalla sua carica un vescovo o un cardinale, anche insigne. Celebre fu il caso del cardinale Louis Billot (1846-1931), uno dei maggiori teologi del Novecento, che il 13 settembre 1927 rimise il berretto cardinalizio nelle mani di Pio XI, con il quale era entrato in contrasto sul caso dell’Action Française, e finì la sua vita, quale semplice gesuita, nella casa del suo ordine a Galloro.
Un altro caso eclatante è quello del cardinale Josef Mindszenty, che fu rimosso da Paolo VI dalla carica di arcivescovo di Esztergom e Primate di Ungheria, per la sua opposizione alla ostpolitk vaticana. Molti vescovi inoltre, negli ultimi anni, sono stati destituiti per essere stati coinvolti in scandali finanziari o morali. Ma se nessuno può negare al Sovrano Pontefice il diritto di dimettere qualsiasi prelato, per le ragioni che ritenga più opportune, nessuno può togliere ai fedeli il diritto che essi hanno, come esseri razionali, prima ancora che come battezzati, di interrogarsi sulle ragioni di queste destituzioni, soprattutto se esse non siano esplicitamente dichiarate.
Questo spiega lo sgomento di molti cattolici di fronte alla notizia, formalmente comunicata dalla Sala Stampa vaticana l’8 novembre, del trasferimento del cardinale Raymond Leo Burke dalla sua carica di prefetto della Suprema Segnatura Apostolica a Patrono dell’Ordine di Malta. Quando infatti, come in questo caso, lo spostamento concerne un cardinale ancora relativamente giovane (66 anni) e avviene da una posto della massima importanza ad un altro puramente onorifico, senza neppure rispettare il pur discutibile principio promoveatur ut amoveatur, ci si trova evidentemente di fronte ad una punizione pubblica. Ma in questo caso è lecito chiedersi quali sono le accuse mosse contro il prelato in questione.
Il cardinale Burke, infatti, ha svolto in modo encomiabile il ruolo di Prefetto della Suprema Segnatura Apostolica ed è stimato da tutti come un eminente canonista e un uomo di profonda vita interiore, ed è stato recentemente definito da Benedetto XVI come «un grande cardinale». Di cosa è colpevole?
Gli osservatori vaticani delle più diverse tendenze hanno risposto a questa domanda con chiarezza. Il cardinale Burke sarebbe reo di essere «troppo conservatore» e in disaccordo con Papa Francesco. Dopo la sciagurata relazione del cardinale Kasper al Concistoro straordinario del 20 febbraio 2014, il cardinale americano ha promosso la pubblicazione di un libro in cui cinque autorevoli porporati e altri studiosi esprimono le loro rispettose riserve verso la nuova linea vaticana, aperta all’ipotesi della concessione della comunione ai divorziati risposati e al riconoscimento delle unioni di fatto.
Le preoccupazioni dei cardinali sono state confermate dal Sinodo di ottobre, in cui le tesi più arrischiate, sul piano dell’ortodossia, sono state addirittura raccolte nella sintesi dei lavori che ha preceduto la relazione finale. L’unica ragione plausibile è che il Papa abbia offerto su di un piatto la testa del card. Burke al cardinale Kasper e, per lui, al cardinale Karl Lehmann, ex presidente della Conferenza episcopale tedesca. È noto a tutti, infatti, almeno in Germania, che chi ancora tira le fila del dissenso tedesco contro Roma è proprio Lehmann, antico discepolo di Karl Rahner. Il padre Ralph Wiltgen, nel suo libro Il Reno si getta nel Tevere, ha messo in luce il ruolo di Rahner nel Concilio Vaticano II, a partire dal momento in cui le conferenze episcopali svolsero un ruolo determinante.
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Corrispondenza Romana
San Bonaventura: I prodigi della notte di Natale
San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.
Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.
Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.
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«Non c’è amore più grande...»
culturacattolica.it
Autore: Saro, Luisella
Si chiama Veronica anche lei, come la mamma di Loris Andrea. La Veronica a cui mi riferisco è mamma di Alice, 5 anni, e di Matilde, che ha compiuto un anno a novembre.
Ma nel minestrone sempre più indigesto dei nostri palinsesti non c’è (stato) spazio per lei. Un accenno in qualche telegiornale, e via. Notizia archiviata. Non fa audience come l’altra, quella che solletica i nostri istinti peggiori.
E allora la racconto io, la sua storia.
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Il Foglio
Touche pas à ma crèche
di Matteo Matzuzzi | 16 Dicembre 2014
Non toccatemi il presepio. Le comunità cattoliche di Francia si mobilitano. Un sondaggio dice che il settanta per cento dei francesi è per il presepe negli spazi pubblici. Tolosa e la croce occitana
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Avvenire 17/12/14
Pakistan: «il nostro 11 settembre»
Talebani minacciano nuovi attacchi
Dopo la strage di ieri nella scuola di Peshawar, i talebani pachistani hanno minacciato oggi nuovi attentati come "vendetta" per le operazioni dell'esercito nel nord-ovest e hanno esortato i civili a evitare scuole e altre sedi militari. La minaccia è contenuta in un comunicato inviato a giornalisti all'indomani della strage contro la scuola di Peshawar costata la vita a 141 persone. Nel documento di quattro pagine, il gruppo armato estremista Tehrik-e-taleban Pakistan (Ttp) ha chiesto ai civili e ai loro bambini di non frequentare scuole e istituzioni gestite dai militari.
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Fonte www.chiesa.espresso.it
LA PROPOSIZIONE N. 52 DEL SINODO STRAORDINARIO SULLA FAMIGLIA
di Velasio De Paolis
Il tema dell'accesso ai sacramenti, specialmente all'eucarestia, da parte dei divorziati risposati é stato oggetto di riflessione nel sinodo straordinario dei vescovi dello scorso mese di ottobre. A questo fa riferimento la proposizione n. 52 della "Relatio" finale, che dice:
"Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia. Diversi padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che 'l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate' da diversi 'fattori psichici oppure sociali' (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735)".
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«L’aborto è un bene sociale. Ci ha fatto risparmiare miliardi non facendo nascere gli emarginati»
Tempi.it dicembre 11, 2014 Redazione
Lo scrisse in un articolo Jonathan Gruber, l’architetto dell’Obamacare. Secondo lui l’interruzione di gravidanza è una «selezione positiva»
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Avvenire 11-12-14
Il messaggio
«Globalizzare la fraternità»
“Globalizzare la fraternità” per sconfiggere “l’abominevole fenomeno” della schiavitù: questo il cuore del Messaggio del Papa per la 48.ma Giornata mondiale della pace, che ricorre il prossimo primo gennaio. Il documento - intitolato “Non più schiavi, ma fratelli” – descrive le cause profonde della tratta, tra cui “le reti criminali che ne gestiscono il traffico” ed esorta gli Stati ad applicare “meccanismi efficaci di controllo” per non lasciare spazio a “corruzione ed impunità”.
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Francia. Fatma, musulmana, contro il tribunale che vieta il presepe: «La natività rappresenta il Natale. È adorabile»
Tempi.it - dicembre 6, 2014 Redazione
Via le statuine dagli spazi pubblici della Vandea. Il presidente del Consiglio provinciale obbedisce ma promette battaglia legale e scrive: «Le istituzioni francesi si radicano nella cultura cristiana, bisogna essere ciechi per non vederlo»
«Io sono musulmana e trovo che il presepe sia una cosa adorabile. Rappresenta le festività del Natale molto meglio di tutto il marketing che cerca di promuovere gli acquisti». Così ha scritto Fatma H. al Le Figaro in una delle centinaia di lettere che sono state scritte al giornale e al Consiglio generale della Vandea, che è stato obbligato dal tribunale di Nantes a togliere il presepe dall’edificio pubblico.
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Asia Bibi, gli sposi arsi nel forno e la storia del bicchiere d’acqua. «La legge sulla blasfemia serve a perseguitarci»
Tempi.it - dicembre 5, 2014 Leone Grotti
Intervista a Sardar Mushtaq Gill, avvocato della donna in carcere da quasi 2000 giorni e condannata a morte. «Hanno crivellato la mia casa di colpi di arma da fuoco»
Sardar Mushtaq Gill (al centro nella foto), cristiano pakistano di 33 anni, sposato con tre figli, è uno degli otto legali di Asia Bibi ma più che l’avvocato voleva fare il tecnico. Ha cominciato a cambiare idea quando in prima media, all’età di 11 anni, si è trovato in classe con 70 musulmani e due cristiani. Un giorno d’estate, quando il caldo supera i 40 gradi, uno dei suoi compagni cristiani si è alzato per bere un bicchiere d’acqua dal refrigeratore presente in classe. Alla fine della giornata il preside ha preso i tre cristiani da parte: “Quell’acqua non è per voi. Se la bevete i vostri compagni musulmani si offendono”, ha detto loro.
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il Foglio
Separare pastorale e dottrina è “sottile eresia”, dice il cardinale Müller
di Matteo Matzuzzi | 04 Dicembre 2014 ore 06:30
Roma. Sappiano, i padri sinodali che tra poco meno d’un anno si ritroveranno a Roma per la grande assemblea ordinaria sulla famiglia cui seguiranno le decisioni papali, che il confine tra ciò che è conforme all’insegnamento di Cristo e l’eresia è sottile. E’ stato chiaro, il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, aprendo la sessione plenaria della commissione teologica internazionale di cui è presidente. E’ inconcepibile, ha detto, separare la dottrina dalla pastorale, dicendo che la prima nessuno la discute mentre sulla seconda si può agire allo scopo di svecchiarla e adeguarla alle esigenze mutate della società contemporanea. “Ogni divisione tra la teoria e la prassi della fede sarebbe il riflesso di una sottile eresia cristologica di fondo”, ha avvertito Müller, aggiungendo che ciò “sarebbe frutto di una divisione nel mistero del Verbo eterno del Padre che si è fatto carne. Sarebbe l’omissione della dinamica incarnazionista di ogni sana teologia e di tutta la missione evangelizzatrice della chiesa”. Non è sfuggito, ai presenti, che il più autorevole sostenitore della liceità di operare quella divisione sia il cardinale Walter Kasper, autore della relazione concistoriale sulla famiglia dello scorso febbraio e lodato pubblicamente dal Papa perché capace di fare quella “teologia in ginocchio” senza la quale si rischia di “dire tante cose senza capire niente” (parole pronunciate da Francesco solo due giorni fa nella consueta omelia a Santa Marta).
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Avvenire - Analisi
Il flop del Giappone lezione per l’Europa che non fa figli
Pietro Saccò
2 dicembre 2014
Immaginiamo che la Germania smetta di fare la Germania. Che nella zona euro, cioè, i "falchi del rigore" si arrendano e accettino di somministrare all’Unione monetaria le cure anticrisi che in questi anni hanno sempre osteggiato.
E che a quel punto, finalmente libera dalle briglie dell’austerità, l’eurozona si lanci al galoppo in tutte quelle avventure economico-monetarie che da decine di mesi le sono negate: grandi piani di spesa pubblica per rianimare l’economia, deficit nei conti nazionali ben superiori al 3% del prodotto interno lordo, una banca centrale che stampa moneta per comprare debito pubblico e privato. Potrebbe funzionare, e la zona euro magari troverebbe una ripresa come quella degli Stati Uniti, non entusiamante ma almeno capace di ricostruire i posti di lavoro persi in questi anni.
Però potrebbe anche non funzionare, e qui il rischio sarebbe quello di fare come il Giappone, che spende soldi pubblici, stampa yen e prova anche a fare le riforme, ma alla fine è sempre più in crisi. Se in Europa Mario Draghi si è limitato a promettere che la Banca centrale europea è pronta a «qualsiasi cosa serva» per salvare l’euro, in Giappone il primo ministro Shinzo Abe e il governatore della Banca centrale Haruhiko Kuroda hanno già fatto di tutto per riportare la crescita in un’economia che ha messo in pausa il Pil ormai venticinque anni fa, quando lo scoppio della baburu keiki, la bolla speculativa nipponica, ha annientato la propensione all’investimento delle imprese e la voglia di consumi delle famiglie.
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L’intervista
«Ai divorziati niente comunione Credo che il Papa deciderà così»
Il cardinale Angelo Scola: necessaria la fedeltà alla dottrina. Salvini? La paura è una cattiva consigliera
Aldo Cazzullo
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Non ci potranno cacciare dalle scuole!
Autore: Mangiarotti, Don Gabriele Curatore: Saro, Luisella
Fonte: CulturaCattolica.it
Sembra proprio che insegnare religione sia diventato un «mestiere pericoloso». Mai come in questi giorni gli occhi sono puntati sui docenti, passati al vaglio di una critica impietosa e spesso pretestuosa. Oramai è chiaro il progetto. Dopo che la CGIL ha tentato in tutti i modi di cacciare dalla scuola quell’insegnamento che avrebbe portato l’influenza della Chiesa tra i giovani, dopo che si sono tentate tutte le strade (fino a giustificare l’«ora del nulla» nell’illusione di tenere fuori dalle lezioni quei giovani che avrebbero preferito un’ora di libertà alle lezioni dei preti e dei loro tirapiedi) per chiudere la vicenda, e avendo visto che erano «sentieri interrotti», ora si tenta la nuova via, che si spera vincente.
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Tempi.it
I nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di adulti affamati di verità e bellezza
novembre 26, 2014 Massimo Camisasca
«Diventare mamma e papà significa somigliare di più a Dio, ma anche diventare più figli». Spettacolare discorso del vescovo di Reggio Emilia. Dal gender all’eterologa, dal senso del dono a Chiara Corbella
Di seguito pubblichiamo il “discorso alla città” pronunciato da Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, il 24 novembre in occasione della festa del patrono san Prospero. È un discorso lungo e meraviglioso, con alcuni passaggi spettacolari.