Commento al Vangelo – XIX Domenica del Tempo Ordinario
Fino a dove deve arrivare la nostra fede
La barca con gli Apostoli è in balìa della tempesta: potrebbe essere l’immagine della Chiesa in lotta, nei mari di questo mondo, in piena notte, con l’obiettivo di approdare sulle rive del Regno Eterno.
João Scognamiglio Clá Dias
fondatore degli Evangeli Praecones
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Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!" (Mt 14, 22-33).
I – La moltitudine voleva proclamarLo re
Ecco il grande Profeta, atteso da secoli! Ecco colui che è stato annunciato da Mosè! Ecco il figlio di Davide!". Tra grida e acclamazioni, sembrava si stesse realizzando in Galilea il trionfo di Gesù. In forma sintetica, ma molto espressiva, San Giovanni è l’unico evangelista a narrare la forte impressione prodotta dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci in coloro che ne beneficiarono, come abbiamo potuto contemplare la precedente domenica, XVIII del Tempo Ordinario.
I testimoni del miracolo, oltre ad aver molto apprezzato il cibo, rimasero psicologicamente colpiti dal potere di quel Gesù di Nazaret, convinti che fosse realmente Lui il Profeta che sarebbe dovuto venire al mondo.
Altra era, invece, la realtà vista dagli occhi di Gesù. Quello che sembrava il maggiore successo della sua vita, era, nella concretezza dei fatti, il maggior pericolo che la sua opera poteva correre. Ecco perchè Egli ha impiegato la sua forza e saggezza divina per indirizzare bene questo spontaneo e frizzante entusiasmo.
Concezioni erronee riguardo al messianismo
Tutti erano convinti di trovarsi dinnanzi a quel Messia tanto commentato e anelato. E, senza dubbio, avevano ragione! Infatti era Lui il preannunciato dai Profeti, l’atteso da Patriarchi e Re, e il promesso da Dio ad Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Era il Salvatore. Ma non corrispondeva al modello creato, nel corso dei tempi, dal Popolo Eletto. Non era un leader politico nazionalista, terrestre e carnale; ma piuttosto il Messia, nel contempo uomo e Dio, celeste e spirituale.
Egli stesso dirà a Pilato che il Suo Regno non è di questo mondo e, pertanto, con nulla in comune con gli altri regni tanto dibattuti e ambiti da un’opinione pubblica obnubilata.
Era dovuto a questo equivoco il desiderio del popolo, eccitato all’estremo, di appropriarsi del Signore e di proclamarLo immediatamente re di Israele, anche se contro la Sua Divina Volontà.
A questo punto della vita pubblica di Gesù – noi ci troviamo nel quattordicesimo capitolo di San Matteo, che corrisponde al sesto di San Giovanni -, nulla portava a blandire l’infondata ambizione del popolo, nemmeno le mirabolanti idee dei dottori della legge, farisei, sacerdoti, ecc. In ogni caso, né gli uni né gli altri hanno voluto comprendere e neppure vedere o intuire, le linee generali delineate dal Signore riguardo l’annuncio della Buona Novella. Pochi presenti si sono resi conto, e comunque anch’essi in modo insufficiente, delle bellezze che il Salvatore portava.
Tali concezioni erronee riguardo il messianismo, fermentate nel corso dei secoli all’interno del popolo eletto, hanno prodotto un’incompatibilità tra le moltitudini e Gesù, rendendo più profondo, ad ogni passo, l’immenso abisso che le separava dal Vangelo. Sarebbe proprio a partire da questo punto che molti discepoli Lo avrebbero abbandonato; infatti pensieri simili, sebbene con meno acume e sostanza, si annidavano perfino nello spirito degli Apostoli.
Problema quasi insolubile per l’intelligenza umana
Incomparabilmente più dinamica di loro, accecata dalle sue idee fisse, la moltitudine non riusciva a raggiungere le vette della dottrina predicata da Nostro Signore, a proposito del vero Regno messianico, né desiderava abbandonare i suoi preconcetti distorti sulla figura del Messia.
Quegli uomini vedevano in Gesù il capo che li avrebbe portati a conquistare il potere per mezzo di miracoli portentosi e, abbacinati dagli aspetti sovrumani della moltiplicazione dei pani e dei pesci, progettavano di condurre il Signore a Gerusalemme, per proclamarLo re.
Momenti di grande perplessità e suspense: che fare? Per un’intelligenza puramente umana, la situazione era intricata, confusa e quasi insolubile. Sappiamo quanto le agitazioni popolari siano terribili quando arrivano al parossismo: ingaggiano le personalità più forti e attirano quelli più abili, con decisioni molte volte impensate, frutto di puro impulso. Ma tutto questo costituisce per Gesù un problema estremamente facile da risolvere.
Incipiente rivoluzione sventata in un sol colpo
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.
Se Gesù fosse rimasto con la moltitudine, insieme con i suoi discepoli, probabilmente questi si sarebbero lasciati influenzare dall’esaltazione di tutti. Infatti, coltivavano anche loro il sogno di essere liberati dal giogo romano e di conquistare il mondo intero.
Se, d’altra parte, Egli fosse partito con i suoi discepoli per altri luoghi, l’esaltazione della folla non avrebbe fatto altro che aumentare e, all’improvviso, sarebbe potuta sfociare in una rivoluzione nella stessa Galilea. La Storia ci insegna quanto questi momenti portino, alle volte, a veri incendi le cui fiamme divorano tutto.
Gesù constatò fino a che punto la moltitudine si lasciasse prendere dall’idea di un trionfo politico-sociale. Non c’era chi fosse in grado di frenarla da una glorificazione umana del Signore. Era convinta che proclamarLo re avrebbe portato come conseguenza la fondazione brillante dell’atteso regno terreno.
Di fronte a questo delirio popolare, la prima preoccupazione di Gesù è stata quella di salvare i suoi discepoli. E così ha proceduto senza perdere un secondo. Per questo motivo "ha obbligato i suoi discepoli a salire in barca". Don Manuel Tuya, OP commenta in questo modo: "Così facendo, disfaceva in un sol colpo tutta quella incipiente rivoluzione pseudo-messianica" (1).
Gesù mira ad irrobustire la Fede dei discepoli
Visualizzando un altro aspetto di questo procedimento del Divino Maestro, San Giovanni Crisostomo analizza l’accaduto, dal punto di vista della vita spirituale e della formazione morale dei suoi Apostoli: "Volendo il Signore dare loro l’opportunità di fare un minuzioso esame di quello che era avvenuto, ordinò che si separassero da Lui tutti quanti avevano assistito al miracolo e ricevuto come prova i cesti con gli avanzi; perché poteva sembrare che, essendo Lui presente, avesse fatto loro immaginare una cosa che di fatto non si era realizzata; invece, essendo Lui assente, era impossibile dare al miracolo questa spiegazione" (2).
Teofilatto condivide la stessa opinione, ed è assolutamente possibile che l’intenzione di Gesù sia stata quella di rendere più robusta la Fede dei discepoli. Comunque, non c’è mai una ragione soltanto per spiegare i Suoi gesti, gli atteggiamenti e le parole. Per questo Matteo e Giovanni presentano ragioni diverse per spiegare la partenza degli Apostoli verso l’altra sponda (3).
Dominio sulla moltitudine
Su questo passaggio, nelle sue omelie 50 e 51, San Giovanni Crisostomo tesse altre considerazioni a beneficio della nostra vita spirituale: "È necessario tener presente che, quando opera grandi cose, il Signore congeda le moltitudini, facendoci capire che non dobbiamo mai cercare il plauso popolare, né fare in modo che il popolo ci segua" (4).
Gesù, nel suo potere umano-divino, incantava, seduceva e dominava la moltitudine, ma non permetteva mai che essa avesse su di Lui una qualche emprise. In quei tempi di frequenti insurrezioni e agitazioni, le turbe erano abituate ad acclamare come salvatori della patria questi e quegli pseudo eroi. Con Gesù, su questa materia, non sono approdati a nulla, poiché Lui era determinato a fare la volontà del Padre; e non solo nel caso Suo, ma anche per tutti i suoi discepoli lungo i secoli, la norma sarà sempre fuggire da tutti quelli che cercano di pregiudicare o deviare il richiamo di Dio.
Preghiera in cima al monte
Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
In che cosa sia consistita la preghiera di Gesù, in cima al monte, è per noi un mistero. La Sua anima si trovava nella Visione Beatifica e, pertanto, aveva una nozione chiara di quali erano i disegni di Dio. La Sua conoscenza divina è eterna, per il fatto che Egli è la seconda Persona della Santissima Trinità. Inoltre, la sua conoscenza sperimentale umana si svolgeva in ogni momento.
Certissimo è che questa preghiera è stata fervorosa e perfetta ed è consistita in rendimenti di grazia, lode, adorazione ed anche suppliche forti e definite. Attraverso queste preghiere Egli esercitava la Sua missione di Pontefice Supremo, Sacerdote dell’Altissimo.
Che cosa avrà chiesto? Lagrange solleva un’interessante ipotesi: "Essendo il miracolo dei pani un simbolo dell’Eucaristia, non è forse da pensare che in questa occasione Gesù abbia chiesto a Suo Padre di concedere questa grazia alla Sua Chiesa, ringraziandoLo anticipatamente a nome nostro per questo beneficio?" (5).