In libreria: Dalla sodomia all’omosessualità.
Storia di una “normalizzazione”
In Gender diktat (edito da Solfanelli nel 2014), Rodolfo de Mattei, responsabile del sito web osservatoriogender.it, aveva analizzato le radici ideologiche e le ricadute sociali della teoria del gender. Con il nuovo saggio Dalla sodomia all’omosessualità. Storia di una “normalizzazione” (Solfanelli, Chieti 2016, p. 168, € 13) ricostruisce invece il processo storico di “normalizzazione” dell’omosessualità.
Le continue pretese – pardon! rivendicazioni – della sparuta ma potente galassia LGBTQIA (ai “classici” invertiti gay, lesbiche, bisessuali e trans adesso si sono aggiunti queer – cioè “strani”: bestialisti, feticisti, sadomasochisti, coprofili, pedofili… – intersessuali e asessuati!), fanno sì che, a causa di un costante avvelenamento mentale che sta infettando la parte sana della società, poco alla volta, quelli che una volta erano bollati come “sodomiti” (ma le varie parlate italiane sono ricche di vocaboli più coloriti e comunemente utilizzati) siano definiti (e percepiti) come “omosessuali”, vocabolo normalizzatore che li mette sullo stesso piano degli “eterosessuali”. Probabilmente, l’utilizzo del binomio invertiti/normali ripristinerebbe la giusta gerarchia.
Invece, l’imposizione di un linguaggio politicamente corretto e la debordante presenza mediatica fa sì che il numero degli invertiti sia percepito come enormemente superiore – fino a venti volte! – alla loro effettiva presenza nella società dei normali. L’excursus storico tracciato dall’autore dimostra come questo processo di “normalizzazione”, sia il frutto di una precisa scelta ideologica e strategica attuata grazie all’impegno di intellettuali, militanti e movimenti organizzati al fine di trasformare in valore positivo ciò che la tradizione aveva sempre considerato come una delle più gravi violazioni della legge naturale e cristiana.
Nella seconda parte dell’opera, basandosi sugli studi scientifici più recenti, Rodolfo de Mattei smonta alcuni ricorrenti luoghi comuni riguardo la presunta “normalità” omosessuale, mettendone in evidenza la totale inconsistenza.
Si può guarire dall’inversione sessuale? Certo: gli studi dello scienziato genetista Neil Whitehead (1956-2012) sottolineano che «gli ex gay superano per numero gli attuali gay» e Obama, mettendo al bando le cosiddette “terapie riparative”, volte ad aiutare ragazzi ed adolescenti con problemi di identità sessuale, ha indirettamente confermato che una delle affermazioni più perentorie della propaganda omosessualista, quella secondi cui l’omosessualità non possa essere curata, è del tutto falsa.
Allora perché combattere una forma di cura? Perché, il discorso va oltre la semplice inversione sessuale: «alla radice della rivendicazione della “normalità” omosessuale vi è una assoluta esaltazione delle libertà individuali, svincolate da qualsiasi legame etico e trascendente, se infatti non esiste un criterio che trascende i soggetti, non vi sarà più un’etica, ma tante etiche quanti sono i soggetti, dunque nessuna» (p. 153). Come a dire che la mentalità liberale (in questo caso nella sua variante libertina) è alla radice di ogni male.
Infatti, sintetizza de Mattei: «La “genderfluidità” (…) rappresenta l’approdo logico e coerente di una ideologia schizofrenica che rifiuta, per principio, etichette o categorizzazioni sessuali. In questa ottica, qualsiasi schema sessuale, dall’eterosessualità all’omosessualità, viene visto come una limitante gabbia socio-culturale da cui liberarsi. (…) La promozione della “genderfluidità” da parte degli ideologi del gender costituisce, in ultima analisi, l’applicazione alla sfera sessuale della “teoria del caos”, il cui fulcro è la negazione del principio di ordine e casualità presente in ogni ambito dell’universo. Il risultato finale non può che essere la dissoluzione della sessualità, ma anche dell’individuo e della società» (p. 90).
(di Gianandrea de Antonellis per
[www.corrispondenzaromana.it]
__________
Qual’è stato il processo storico che ha portato all’odierna “normalità” omosessuale ? Rodolfo de Mattei cerca di rispondere a tale quesito nel suo secondo libro, dopo “Gender Diktat“, edito da Edizioni Solfanelli intitolato “Dalla sodomia all’omosessualità. Storia di una normalizzazione”. Il saggio si propone di delineare alcuni passaggi chiave di quello che l’autore definisce appunto il “processo di normalizzazione” dell’omosessualità, del quale la teoria del gender è una delle due facce della stessa medaglia.
Il termine “omosessualità” – si legge sulla quarta di copertina – è stato utilizzato, a partire dalla fine del XIX secolo, per “normalizzare” quelli che fino ad allora erano identificati come “atti contro natura” o, secondo la terminologia biblica, “sodomitici”.
L’excursus storico tracciato dall’autore, dimostra come questo processo di “normalizzazione”, sia il frutto di una precisa scelta ideologica e strategica attuata grazie all’impegno di intellettuali, militanti, e movimenti organizzati, al fine di trasformare in valore positivo ciò che la tradizione aveva sempre considerato come una delle più gravi violazioni della legge naturale e cristiana.
Nella seconda parte dell’opera, basandosi sugli studi scientifici più recenti, Rodolfo de Mattei smonta alcuni ricorrenti luoghi comuni riguardo la presunta “normalità” omosessuale, mettendone in evidenza la totale inconsistenza.
Per ordinare il libro scrivere a info@osservatoriogender.it .
[https:]
Di seguito proponiamo per i lettori dell’Osservatorio Gender, il primo paragrafo del capitolo I del libro, intitolato: “Omosessualità: una invenzione moderna“.
Il processo di “normalizzazione” dell’omosessualità”
La teorizzazione dell’omosessualità, e quella della indistinzione dell’identità sessuale, costituiscono infatti due facce della stessa medaglia, condividendo i medesimi obiettivi, volti ad abbattere la legge naturale, in nome della illimitata auto-determinazione sessuale.
Se il movimento omosessuale rappresenta il volto sfrontato e duro delle rivendicazioni LGBTQIA (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, Intersex, Asexual), il movimento gender costituisce la retroguardia, il lato nascosto e, per così dire, “soft” di questo epocale processo di sovvertimento. Il primo adotta una strategia di azione schietta e “frontale”, rivendicando apertamente i propri presunti diritti, mentre il secondo opta per una tattica subdola e “trasversale”, ma non per questo meno efficace e violenta, al fine di raggiungere i propri scopi, attraverso ambigui programmi politici e profonde infiltrazioni all’interno dei più influenti organismi internazionali.
Come risultato di questa duplice manovra a tenaglia, negli ultimi tempi il processo di normalizzazione dell’omosessualità ha conquistato larghi strati dell’opinione pubblica e del sentire comune, e si fa strada l’idea secondo cui mascolinità e femminilità non sarebbero categorie date e immutabili, quanto ruoli da scegliere ed “apprendere” in famiglia e nella società in generale. Secondo i teorici dell’omosessualismo e dell’ideologia del gender, la virilità, la femminilità, la paternità, la maternità sono mere categorie socio-culturali che vengono costruite e plasmate all’interno di dinamiche famigliari e sociali.
Infatti, il processo di normalizzazione dell’omosessualità come tutti i falsi processi è costruito sull’inganno e sulle menzogne.
Tra quest’ultime, due in particolare spiccano per sedimentazione nell’indottrinata ed anestetizzata coscienza dell’odierna opinione pubblica: che gli omosessuali siano ovunque e che il comportamento omosessuale sia del tutto normale ed equivalente a quello eterosessuale. Due bugie che, nonostante fossero enormi, grazie all’influente appoggio mass-mediatico e dell’establishment “culturale” o dell’intellighenzia alla moda,, sono state in grado di attecchire nella mentalità comune, attraverso il rodato meccanismo descritto a suo tempo dal celebre pensatore cattolico Joseph de Maistre (1753-1821):
«Le bugie somigliano alle monete false: coniate da qualche malvivente sono poi spese da persone oneste, che perpetuano il crimine senza saperlo. Così la bugia, soprattutto se detta da persona autorevole o di successo, corre in tutte le direzioni e lentamente si trasforma in verità, se non ci sottomettiamo alla fatica della verifica e della critica».
Recenti sondaggi hanno infatti dimostrato come la maggior parte degli americani pensano che gli omosessuali siano molto più numerosi di quanto effettivamente lo siano nella realtà.
Secondo “Gallup”, il noto istituto statunitense per le ricerche statistiche, la maggior parte della popolazione ritiene che il 25% della popolazione sia omosessuale, cifra che, tra i cosiddetti “millennials”, ossia i giovanissimi, coloro che sono più confusi e bombardati dalla martellante propaganda omosessualista, arriva addirittura al 30%. Numeri da far impallidire Alfred Kinsey (1894-1956), il sessuologo americano che, con i suoi tanto sbandierati quanto scientificamente inattendibili studi, si era fermato ad un “misero” 10%.
La lettura di studi seri ed onesti riporta tutt’altro. Austin Ruse, presidente dell’Istituto di ricerca statunitense, “C-FAM” (Center for Family & Human Rights), a tale proposito, in un articolo pubblicato sul quotidiano on-line “Crisis Magazine”, sottolinea come la “Ricerca Laumann”, condotta dalla University of Chicago nel 1994, ed un altro recente studio realizzato dai “Centers for Disease Control and Prevention”(CDC), delineino un quadro completamente differente.
Secondo “CDC”, importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, nota infatti Austin Ruse, «vi sono 1,8 % di uomini omosessuali e 1,4 % di donne lesbiche, corrispondenti, rispettivamente a 2,1 milioni di uomini e 1,7 milioni di donne. Una cifra che è meno della metà del numero dei metodisti presenti negli Stati Uniti».
Dati analoghi sono stati rilevati nel Regno Unito nel 2014 dall’“Office for National Statistics”, che nel suo “Integrated Household Survey’’, un’indagine sull’identità sessuale che ha coinvolto 178,197 persone, ha ottenuto i seguenti risultati: il 93,5% si è dichiarato “eterosessuale”, l’1,1% ha affermato di essere “gay” o “lesbica”, un 0,4% si è detto bisessuale, mentre la frazione rimanente non ha risposto o ha detto di non avere un’opinione in proposito.
Data per acquisita la prima bugia, ossia che gli omosessuali siano “ovunque”, il secondo automatico e logico passo è stato la successiva metabolizzazione sociale dei rapporti tra persone dello stesso sesso, grazie al cambiamento e all’“evolversi” della mentalità comune, in conseguenza della sempre più frequente ed invadente “sovraesposizione omosessuale”.
Lo scrittore americano Robert R. Reilly, nel suo interessante libro Making Gay Ok, ha ben descritto tale metamorfosi, frutto del “potere di razionalizzazione” dell’omosessualità, raccontando l’emblematica vicenda dello storico attivista gay, Franklin Kameny (1925-2011), accolto con tutti gli onori alla Casa Bianca, il 29 giugno 2009, assieme ad altri 250 leaders LGBT, e insignito di un premio speciale dal presidente Barack Obama con le seguenti parole: «Noi siamo orgogliosi di te, Frank, e ti siamo infinitamente grati per la tua leadership».
La storia personale di Kameny, noto per aver coniato il celebre ed efficace slogan “gay is good”, è un paradigma della straordinaria parabola ascendente vissuta dall’omosessualità, passata nello spazio di pochi decenni, da un comportamento immorale e illegale, giustamente censurato socialmente, alla sua completa legittimazione pubblica.
Proprio nei dintorni della Casa Bianca, precisamente all’interno di “Lafayette Park”, luogo di ritrovo per omosessuali in cerca di avventure, Kameny era stato infatti arrestato nel 1957; portato di fronte alla Corte Suprema, l’imputato si era difeso e aveva rivendicato la moralità e la normalità degli atti omosessuali, dichiarando:
«Sotto il nostro sistema, la moralità è una materia di opzione personale e credenza individuale sulle quali il cittadino americano può avere qualsiasi visione vuole e sulla quale il governo non ha, in alcun modo, né potere né autorità. Per questo, nella mia visione, l’omosessualità non solo non è immorale ma affermativamente morale».
Oggi Kameny, scomparso nel 2011, è presentato e ricordato come un “eroe” dei diritti umani e nessuno osa criticare le sue ultime esternazioni (2008) al sito statunitense “American for Truth”:
«Lasciateci avere più e migliori soddisfazioni di sempre maggiori e nuove perversioni sessuali, di qualsiasi tipo, da sempre di più adulti consenzienti […] Se la bestialità con animali consenzienti dà felicità ad alcune persone, lasciatele avere questa felicità. Questo è l’Americanismo in azione».
“Americanismo” inteso quindi come rivendicazione di uno stile di vita svincolato da qualsiasi freno o limite morale, così come espressamente dichiarato anche dall’attivista lesbica indio-americana, Urvashi Vaid: «Noi abbiamo un’agenda che prevede la creazione di una società nella quale l’omosessualità è ritenuta come salutare, naturale e normale. Per me questo è il punto più importante dell’agenda».
L’incoronazione dell’icona gay Kameny presso la Casa Bianca rappresenta dunque l’emblematica chiusura di un cerchio ideologico che, nello spazio di qualche decennio, ha portato alla completa accettazione e metabolizzazione sociale dell’omosessualità.
In realtà, sebbene individui con tendenze e inclinazioni verso persone dello stesso sesso siano sempre esistiti, la dicotomia eterosessuale/omosessuale, come la intendiamo oggi – per non parlare del poco decifrabile, e sempre più lungo e “inclusivo”, acronimo LGBTQIA – è sempre stata, nel corso della storia, qualcosa di sconosciuto e inconcepibile. L’unico comportamento sessuale accettato e considerato normale era l’eterosessualità. Tutto il resto, seppur fosse più o meno presente nella società, secondo la decadenza dei tempi, rientrava, in quanto contro natura, nelle categorie della perversione e della devianza sessuale.
La normalizzazione sociale delle unioni tra persone dello stesso sesso costituisce non solo una novità, ma un fenomeno, oltre che inedito, perfino più scandaloso dell’introduzione del divorzio e dell’aborto nella società, entrambi “accettati” nell’ordinamento legislativo, ma presentati come “soluzioni estreme”, ossia “mali minori” da tollerare ma pur sempre mali.
Al contrario, la legalizzazione dell’omosessualità viene fatta in nome della sua pretesa bontà e normalità intrinseca, trasformando dunque un male assoluto in un bene assoluto da diffondere e promuovere nella società come modello pienamente positivo.
Oltre a ciò, la gravità inedita della legittimazione dell’omosessualità, che ha il suo punto di approdo nel cosiddetto “matrimonio omosessuale”, è rappresentata dal suo carattere pubblico e permanente.
In questo senso, l’omosessualità è uno scandalo pubblico senza precedenti, proprio perché sdogana e promuove come “buoni”, comportamenti perversi che vanno contro la natura dell’uomo e che perciò possono essere legittimamente definiti “anormali”. Uno scandalo, per così dire, alla luce del sole, che si perpetua e manifesta ogni giorno attraverso legami pubblici e stabili rappresentati dalle “famiglie” same-sex. Per questo, nessuna società, nel corso di più di duemila anni di storia, ha mai legittimato o legalizzato l’unione tra persone dello stesso sesso.
(tratto da Dalla sodomia all’omosessualità. Storia di una “normalizzazione” – Rodolfo de Mattei, Solfanelli, Chieti 2016)