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Scaricato: aprile 9, 2011, 11:47am CEST
Guardarci dal contendere ostinatamente, dal contraddire
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO IV. DELL'UNIONE E CARITÀ FRATERNA
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CAPO XI. Che ci abbiamo da guardare dal contendere ostinatamente, dal contraddire, dal riprendere e da altri simili difetti
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1. Il contendere è contrario alla carità.
2. Ha colpa maggiore chi comincia a contraddire.
3. Chi è contraddetto fa bene a cedere.
4. Non riprendere altri quando non ci spetta.
5. Esempi di Socrate e di Platone.
6. Altri esempi sacri.
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1. Abbiamo ancora da guardarci dal contendere ostinatamente con un altro, o contraddirgli, perché questa è cosa molto contraria all'unione e carità fraterna. L'Apostolo S. Paolo ce ne avverte, scrivendo al suo discepolo Timoteo: «Fuggi le dispute di vane parole, che non servono a nulla, fuorché a rovina degli uditori». E poco oltre soggiunge: «Non conviene che il servo di Dio contenda, ma che sia benigno con tutti, pronto ad insegnare, paziente» (Tim. 2, 14, 24).
E così i Santi ci raccomandano grandemente questa cosa, e da essi la prese il nostro S. Padre e ce la pose nelle regole. S. Doroteo dice, che più tosto vorrebbe che non si facesse la cosa, anzi che vi avessero da nascere contese tra i fratelli; e soggiunge: «ve lo dico per la millesima volta» (S. DOROTH. Doctr. 4, n. 11). S. Bonaventura dice che è cosa molto indegna dei servi di Dio il contrastare e contendere, come fanno le donnicciuole e le rivendugliole (S. BONAV. in spec. disc. p. 1, c. 20, n. 6). S. Giovanni Climaco aggiunge: Quegli che è ostinato e contenzioso in sostenere la sua opinione, benché sia vera, tenga pure per certo che il demonio lo muove a farlo (S. IO. CLIM. Scala Parad. gr. 4). E la ragione è, perché quello che a ciò suole muovere è il soverchio appetito che gli uomini hanno d'onore umano, e perciò procurano di riuscire colla loro, per parer savi ed intelligenti e restar vincitori; ovvero per non parere da meno degli altri; e così lo spirito maligno della superbia è quello che a ciò li muove.
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Scaricato: aprile 2, 2011, 6:55am CEST
Guardarci dalle parole mordenti
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO IV. DELL'UNIONE E CARITÀ FRATERNA
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CAPO X. Che ci dobbiamo guardare assai dalle parole mordenti che possono offendere o disgustare il nostro fratello
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1. Parole offensive e pungenti.
2. Sono gran male, massime in religione
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1. Per la prima cosa abbiamo da guardarci assai dal dire parole mordenti. Vi sono alcune parolette le quali sogliono mordere ed offendere un altro; perché, sotto apparenza di tutt'altro, lo tacciano o in riguardo alla condizione, o in riguardo al giudizio, o in riguardo all'ingegno non tanto acuto, o in riguardo a qualche altro difetto naturale, o morale. Queste sono certe parole molto pregiudiziali e molto contrarie alla carità. E alcune volte si sogliono dire come per termine grazioso e per facezia; e allora sono peggiori e più pregiudiziali: e tanto più, quanto con maggior grazia si dicono; perché restano più impresse nella mente di quelli che le odono, i quali si ricordano poi meglio di esse. E il peggio è, che alle volte suole restarsi con gran gusto colui che le dice, parendogli di aver detto qualche bella facezia, e di aver mostrato buon giudizio e bell'ingegno. Ma s'inganna assai; perché in questo mostra più tosto cattivo giudizio e peggior animo, poiché impiega l'intelletto, che Dio gli ha dato per servir lui, in dire motti acuti che offendono e scandalizzano i suoi fratelli e turbano la pace e la carità.
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Scaricato: marzo 26, 2011, 7:36pm CET
Le buone parole aiutano a conservare la carità
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO IV. DELL'UNIONE E CARITÀ FRATERNA
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CAPO IX. Che le buone e piacevoli parole aiutano grandemente a conservare l'unione e la carità; e quelle che non sono tali le sono contrarie
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1. Le buone parole fomento di carità.
2. Quali sono?
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1. Una delle cose che aiuteranno grandemente a conservare e a maggiormente promuovere l'unione e carità fraterna sono le buone e piacevoli, parole. «La parola dolce moltiplica gli amici, e calma i nemici» (Eccli. 6, 5) dice il Savio, e per contrario, «una parola cruda accende il furore» (Prov. 15, 1). Le parole aspre e disgustose eccitano risse e sono cagione di discussioni, perché essendo noi uomini, ci risentiamo di simili parole, e restando uno risentito e disgustato non guarda più il suo fratello con quell'occhio di prima; gli par male delle cose di lui, e forse dice male di esse. Perciò importa grandemente che le nostre parole abbiano sempre un poco di sale, di grazia e di soavità di maniera che cagionino amore e carità, secondo quel detto dell'Ecclesiastico: «Il saggio si rende amabile con le sue parole» (Eccli. 20, 13).
E primieramente bisogna qui avvertire una cosa, come fondamento per tutto quello che si ha da dire, che niuno s'inganni con dire: i miei fratelli sona uomini di molta virtù, e non si scandalizzeranno, né si lasceranno alterare per una paroletta un poco alta, o ruvida, né ci staranno a fare commenti sopra. Non trattiamo adesso di quel che siano, o abbiano da essere i tuoi fratelli, ma di quello che devi esser tu e della maniera nella quale ti hai da portare con loro. Dice molto bene S. Bernardo (S. BERN. Serm. 29 in Cant. n. 5) a questo proposito: Se dirai che l'altro non si offenderà per cosa tanto leggiera, ti rispondo: «Quanto più leggiera è la cosa, tanto più facilmente avresti tu potuto farne di meno». E S. Giovanni Crisostomo (S. IO. CHRYS. Hom. 78 in Matth. n. 1) dice, che anzi questo aggrava più la tua colpa; poiché non ti sapesti vincere in una cosa tanto leggi era.
Non perché il tuo fratello sia buono hai tu da esser tristo. «O è cattivo il tuo occhio, perché io sono buono?» (Matth. 20, 15). Or io ti dico che abbiamo da stimare assai tutti, e non pensare che siano come di vetro, sicché si abbiano a risentire per ogni minimo tocco; ma con tutto ciò nel modo di trattare abbiamo da procedere con essi tanto circospettamente, come se davvero fossero di vetro, e la cosa più fragile del mondo, non dando loro occasione dal canto nostro, onde si possano alterare o disgustare, per fragili ed imperfetti che fossero. E questo primieramente per quello che tocca a noi altri; perciocché l'aver quell'altro molta virtù e perfezione, non toglie né fa che lasci di esser manchevole la nostra. Secondariamente per quel che tocca ai nostri fratelli; perché non tutti né tutte le volte stanno tanto disposti, né tanto preparati, che lascino di séntire i mancamenti che si fanno con essi.
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Scaricato: marzo 12, 2011, 9:32am CET
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