Ma in molte moschee viene già praticata. Tanto i tribunali non la puniscono.
E così viene minato un altro fondamento della famiglia naturale. Nei giorni Hamaz Roberto Piccardo è uscito allo scoperto. Mentre a Milano il sindaco Beppe Sala celebrava le prime unioni omosessuali, l’ex dirigente dell’Ucoii (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia) chiedeva apertamente il riconoscimento della poligamia.
In realtà tra i musulmani, che vivono in Italia, la poligamia è già una realtà. Secondo le stime del Centro Averroè, confermate da Acmid-Donna (Associazione donne marocchine in Italia), ci sarebbero già almeno 20mila casi.
Per la legge del Corano la poligamia deve essere autorizzata dalla prima moglie. In realtà, quasi mai viene chiesto il permesso della consorte. E il fedele di turno arriva a contrarre fino a quattro matrimoni.
Anche in Europa, ovviamente, perché il precetto religioso vale anche al di fuori dei confini degli Stati in cui vige la sharia. Secondo un report del Gatestone Institute, pubblicato oggi dal Messaggero, “in Gran Bretagna ci sarebbero almeno 20mila unioni poligamiche, numero che la Francia aveva già raggiunto nel 2006”.
L’Italia non è da meno. Se nel 2009 si contavano solo settemila unioni con più mogli, l’imponente immigrazione di musulmani ha moltiplicato il fenomeno. Tanto che, secondo le stime del Centro Averroè, confermate da Acmid-Donna (Associazione donne marocchine in Italia), il numero è salito a 14.500 nel 2013 fino ad arrivare alle 20mila di oggi.
Come aveva raccontato Giuseppe De Lorenzo in una inchiesta su ilGiornale, all’interno delle comunità musulmane “è abitudine sposarsi evitando il passaggio civile”.
“Nella nostra religione avere più mogli è consentito – aveva messo un islamico ai microni del nostro quotidiano – e nelle moschee italiane lo fanno fare anche se è vietato”.
Le unioni celebrate in moschea possono anche non essere registrate civilmente. Restano, però, valide per tutti i musulmani, anche se lo Stato italiano non le riconosce. Ai casi di poligamia si aggiungono, poi, i matrimoni temporanei, un istituto previsto della sharia e che garantisce un’unione segreta se celebrata davanti a un testimone e a un notaio.
In molti casi sono le stesse moschee a favorire la poligamia. “Nelle moschee – aveva ammesso un’islamica al Giornale – si organizzano incontri tra persone per poi farle sposare, senza essere certi del loro stato civile. Quindi si registrano casi di poligamia”.
Questo perché sebbene il codice penale preveda una condanna da uno a cinque anni, i giudici non muovono mai un dito.
In più di un’occasione, anche davanti a una bigamia accertata, i nostri tribunali hanno preferito guardare da un’altra parte sostenendo che l’islamico non era punibile perché “il reato era stato compiuto in altri Paesi”.
Sergio Rame per [www.ilgiornale.it]