Commento al Vangelo – XXV Domenica del Tempo Ordinario
Il verme roditore dell’invidia
Veleno che corrode le anime, l’invidia è ancor peggiore quando si rivolta contro i favori spirituali concessi da Dio al prossimo. A questo vizio morale si attribuisce il nome di invidia della grazia fraterna.
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
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Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi (Matteo 20, 1-16).
Non raramente, il brano del Vangelo da commentare guadagna in prospettiva, quando lo situiamo nel suo contesto di tempo e luogo, osservando il comportamento del pubblico e le ripercussioni psicologiche dei protagonisti.
L’ambiente nel quale Gesù ha esposto la parabola
La parabola dei lavoratori della vigna fu proferita dal Divino Maestro nel suo ultimo viaggio, quando ritornava a Gerusalemme. Era un momento cruciale. Attingendo l’apice dei suoi miracoli, prova inequivocabile della sua divinità, Gesù aveva resuscitato Lazzaro e, per ragioni di prudenza (prevedendo le reazioni irate dei suoi nemici), aveva deciso di andarsene da Gerusalemme. Passato del tempo riprese il cammino verso la Città Santa, dove sarebbe entrato solennemente la Domenica delle Palme. Ed è in quest’ultimo viaggio che andiamo a incontrarLo.
In quell’epoca, molto precedente a Guttenberg, non esisteva evidentemente la stampa, e meno ancora si poteva pensare alla radio, televisione e internet. Abituati come siamo a tutti questi mezzi di comunicazione, facciamo fatica a immaginare come le notizie potessero diffondersi. In verità, sebbene fossero trasmesse di bocca in bocca, non per questo era lenta la loro divulgazione, soprattutto se erano rivestite di un carattere spettacolare. Così, per esempio, le notizie sull’intensa attività di San Giovanni Battista, il cui operato di poco aveva preceduto quello di Gesù, erano corse per tutto il paese e anche oltre frontiera, causando grande mormorio tra il popolo e profonda preoccupazione nel Sinedrio. Era stato solo l’inizio. Dai giorni in cui il Precursore aveva battezzato i suoi primi penitenti, Israele non aveva più smesso di esser assalito da una crescente ondata di avvenimenti inusitati e perturbatori. E questa successione di fatti sarebbe culminata nella resurrezione di una persona morta da quattro giorni.
Tuttavia, tanto quanto i miracoli — e anche più di loro —, erano sorprendenti gli insegnamenti del Divino Maestro. Le sue parole cadevano come rinfrescante pioggia su un arenile assetato, com’era il mondo di allora, includendo il popolo eletto. Ci troviamo qui in una prospettiva psicologica piena di curiosità e inquietudine, che portava le persone a interessarsi nei minimi dettagli dei sermoni di Gesù di Nazareth. Di qui il gran numero di quelli che si riunivano intorno a Lui, al punto che gli evangelisti parlano a volte di “grande moltitudine”, come avvenne nella traversata del Giordano (Mt 19, 1-2), al tempo del ritorno dalla Galilea alla Giudea. D’altra parte, la dottrina di Gesù e i suoi movimenti erano motivo di grande inquietudine per scribi, farisei e dottori della legge. La progressiva fama del Divino Maestro li aveva portati a presentarGli questioni apparentemente insolubili e sempre più capziose, ma l’unico risultato dei loro attacchi era darGli l’opportunità di esporre i suoi divini insegnamenti, che costituiscono il fondamento della Dottrina Cattolica. E l’insegnamento di una dottrina nuova creava il clima per la spiegazione di un’altra, in una concatenazione naturale straordinaria.
Dottrine concatenate
Vediamo questo capitare nel suddetto viaggio di ritorno a Gerusalemme, antecedente alla Domenica delle Palme. In quest’occasione avviene il pronunciamento di Nostro Signore sulla indissolubilità del vincolo matrimoniale e la bellezza della verginità (Mt 19, 3-12). Con questo, fu creato l’ambiente favorevole in modo che Gesù chiamasse tutti a far parte della sua futura Chiesa.
Nella sequenza del racconto evangelico, è presentato il Suo incontro con i bambini: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli” (Mt 19, 14).
Subito dopo, Nostro Signore dice che il primo nel Regno dei Cieli sarà colui che si farà come un bambino, indicando la necessità che gli uomini assomiglino ai bambini per entrare nel Regno dei Cieli.
Segue l’episodio del ragazzo ricco. Con questo, è reso palese a tutta la Storia uno dei maggiori ostacoli per l’adesione piena e totale alla Chiesa: l’attaccamento ai beni di questo mondo (Mt 19, 16-26). È stato l’insegnamento di Gesù, causato dal rifiuto del giovane di rispondere alla chiamata del Maestro, che ha provocato un intervento di Pietro. Con il suo carattere estremamente comunicativo, egli non ha resistito a chiedere: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?” (Mt 19, 27). Attraverso la risposta a questa domanda, vediamo come Gesù stava preparando l’opinione pubblica a ricevere la sua chiamata. Ed Egli risponde con divina chiarezza: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19, 29). Come il “centuplo” si riferisce alla vita presente, la frase di Nostro Signore ci conduce alla facile conclusione che ci sono promessi due premi differenti: uno sulla terra, l’altro nell’eternità. Si tratta di un grande incoraggiamento a tutti i seguaci di Cristo, che li aiuta a mantenersi incrollabili nel cammino da percorrere.
Precisamente su questo punto del Vangelo inizia la parabola dei lavoratori della vigna, con la quale Gesù conclude per così dire un’ulteriore fase d’istruzione dei suoi seguaci, includendo quelli del futuro.