CAP. VIII L'educazione permanente
8.1 Vera e falsa educazione permanente.
Per educazione permanente, il senso comune non può intendere altro che lapprofondimento delle nostre conoscenze nellordine della natura, la maggiore comprensione del reale così comè e la crescita nelluomo di tutto quanto favorisce la sua perfezione, specialmente e fondamentalmente con riferimento al fine ultimo per cui è stato creato, che sinnalza su tutti gli altri fini che luomo può raggiungere in questa vita e verso il quale tutti devono confluire.
Intendendo così leducazione permanente, non si può far altro che ammettere la sua bontà e necessità, perchè la vita umana deve essere un sentiero di perfezionamento, un cammino fruttuoso per raggiungere il cielo, per arrivare al quale si deve percorrere quello di questa vita terrena, cercando la propria perfezione e perseverandovi. In questo senso, leducazione permanente non è una scoperta recente, ma antica come luomo: consegnata nella Sacra Scrittura, la pratica delle virtù e il dominio delle passioni erano pure il fulcro della filosofia greca (nelle quali facevano consistere la sapienza); il Vangelo la esige, ed il cristiano deve avere come modello di condotta i santi, ai quali deve cercare di assomigliare per seguire lesempio di vita datoci da Gesù Cristo, il Dio fatto Uomo.
Daltronde, il valore e leroismo facevano parte delle virtù che luomo doveva praticare, affinchè, nel corso della sua vita, il perfezionamento umano attraverso la pratica delle virtù fosse la metà cui tendere. Da questo punto di vista, tale pratica della virtù, quel perfezionamento morale e intellettuale, non è forse una vera educazione permanente? Evidentemente sì, ed è lunica e vera che possa darsi.
Diversamente, leducazione permanente della quale oggi si parla e che si vuole
instaurare, (specialmente quando si cerca di non far capire lambiguità del termine,
si lascia credere che esso significhi quel che abbiamo appena detto, e si approfitta al
contempo della buona fede per far credere che lespressione voglia dire quanto
descritto), non è tutto questo: si tratta di qualcosa di radicalmente opposto, che a
causa della sua assoluta contrapposizione e rifiuto del senso comune, non è facilmente
percepibile da chi crede nellordine naturale, nella verità, nel bene, in Dio e
nello stesso tempo che siano evidenze che nessuno può mettere in dubbio, nè negare.
Se a ciò aggiungiamo che una delle caratteristiche principali del mondo moderno è la
crescente assenza di senso comune nelluomo, la sua trasformazione in un soggetto
passivo (un mero ricettore d'immagini, sensazioni, suoni e parole, che limita la sua
attività intellettuale alla sola ripetizione delle sensazioni e opinioni subite, senza
unanalisi delle stesse, che è cosa diversa dalla realizzazione fatta sulla base di
quanto ricevuto esternamente) non deve meravigliare che leducazione permanente sia
divenuta un fine assoluto (paradossale per un mondo che rifiuta la verità), che diviene
per continua e noiosa ripetizione un valore più indiscutibile ed immutabile della stessa
verità.
Leducazione permanente, la cui instaurazione mondiale lUnesco ha stabilito essere una delle mete per anni Settanta, conta su due circostanze o fattori primari per stabilirsi.
Il primo è la radicale opposizione al senso comune, giacchè, implicandone il rifiuto, luomo, inconsciamente, tende a rifiutare lassurdo concetto moderno delleducazione permanente, per la difficoltà a concepirla in opposizione al senso comune, identificandola piuttosto col vero perfezionamento delluomo. Di fronte alla difficoltà di accettare il significato delleducazione permanente, che ripugna al senso comune, luomo rifiuta di credervi e lo identifica col vero perfezionamento umano, mentre in realtà è il suo contrario.
In secondo luogo, leducazione permanente, che si è insinuata in numerose leggi di riforma delleducazione nazionali, fruisce di una propaganda sistematicamente favorevole, di una continua ripetizione del termine, della sua associazione allidea di giustizia, sviluppo, ecc., parole che, in se stesse, non sono da rifiutarsi e s'identificano (senza ragionare e senza definire in modo chiaro leducazione permanente), con le idee che tali termini esprimono. In un mondo in cui imperano i mezzi di comunicazione di massa, che sono considerati il veicolo - triste veicolo! - della cultura, tale propaganda sistematica fa presa sulluomo, che nella società di massa è scarsamente o per nulla abituato a pensare e riflettere per conto suo.
Oggi, il mito ritorna a proporsi nuovamente con una forza tale da far sparire la conoscenza della natura delle cose e della realtà, della sapienza, affogati dinanzi allirriflessiva imposizione del mito, di fronte al dogmatismo dei "perchè sì" in forza del quale sono imposti i criteri più assurdi "senza bisogno di dimostrare la ragione oggettiva o morale della loro superiorità" (1), ma perchè lo esige "il movimento della storia", del cui mito leducazione permanente fa parte.
I dogmi rivelati e le verità naturali sono stati sostituiti dal mito, il mito del "movimento della storia", con un significato assolutamente irreversibile. Leducazione permanente fa parte del mito e contribuisce alla sua instaurazione, senza che si rifletta su essa: la s'impone, perchè "un mondo in divenire" così esige, la s'impone "perchè sì". E lirrazionalità al massimo grado, in un mondo che ha voluto innalzare la ragione sulla cupola dalla quale e per mezzo di cui si reggerà lumanità. Ma la ragione svincolata dalla realtà, disprezzando ladeguamento dellintelletto alle cose ed in mezzo ad utopistiche e mostruose concezioni del mondo dei sogni, si trasforma nel contrario di se stessa. Sullaltare della ragione, divenuta un mito, lintelligenza delluomo scompare ed è annientata. Resta soltanto il cieco attaccamento allo sconosciuto, a quanto è ignorato, a quel che "un mondo in permanente cambiamento", per mezzo della pianificazione e centralizzazione possibilmente sovranazionali, imporrà con linconfutabile forza del mito.
Di fronte a quellirrazionale "perchè sì", nulla possono lesperienza, la ragione e la fede: il mito non può essere messo in discussione ed esige solo la totale e assoluta sottomissione. E la sostituzione, in fondo, di Dio, con tutto quanto lo estromette dallordine sociale, col più ferreo di tutti i dogmatismi possibili, quello che nega luso della ragione in tutto quanto concerne la sottomissione e accettazione di quel "perchè sì". Un dogmatismo contraddittorio e assurdo, che mentre nega la realtà della Rivelazione e dellordine naturale, non mette neppure in discussione lirrazionalità del mito, del "perchè sì".
Leducazione permanente è inserita nel mito, ne fa parte e contribuisce alla sua instaurazione, accelerando il "movimento della storia" in senso marxista. Leducazione permanente non è altro che la rivoluzione continua o la rivoluzione permanente (a seconda che si preferisca lespressione di Lenin o di Trotsky), espresse con un linguaggio più seducente. Lo vedremo risalendo alle sue fonti, cioè ai documenti dellUnesco, tra i quali faremo riferimento a quello pubblicato nel 1972 col titolo di Apprendre à être (2).
Secondo lUnesco, la verità non esiste, non cè nulla di immutabile, di permanente, di stabile: tutto cambia, ed il cambiamento è la caratteristica essenziale del mondo doggi, un mondo in perpetuo divenire. Il cambiamento permanente è perciò il fine delleducazione, che deve educare allignoto, al cambiamento continuo. E impossibile opporsi a tutto ciò, perchè il movimento della storia, al quale deve contribuire leducazione e luomo con essa, è irreversibile. Si tratta di un movimento caratterizzato dal cambiamento permanente prodotto dalla contraddizione insita nelle cose, contraddizione che ne è la dialettica ed il motore. Luomo è un soggetto permanentemente incompiuto (p. 260), un agente del cambiamento che deve essere favorito attivamente ancorchè ignoto, e nel quale lo stesso uomo è pure in cambiamento continuo. Lessere non ha realtà, non esiste; si fa e disfà continuamente, e quanto è osservabile non è altro che un aspetto parziale del cambiamento permanente. La pianificazione e la centralizzazione, dapprima su scala nazionale e poi internazionale, sono i mezzi indispensabili, irrinunciabili di questo programma.
8.2 L'Unesco, cavallo di Troia nella civiltà
8.2.1 Il rifiuto della verità: la verità non esiste
Secondo la commissione che ha predisposto il "documento" e per lUnesco,
è evidente "che la scuola di oggi subisce il peso di dogmi e di costumi ormai
superati" (3).
"La comprensione del mondo è uno dei massimi fini della scuola. Questo ovvio
concetto si traduce spesso in astratte enunciazioni di presunti principi universali,
oppure sfocia in gretto utilitarismo, altrettanto incapace a fornire risposte alle domande
dei giovani sui problemi della realtà e sulle ansie intorno al proprio destino"
(4)."Una scuola democratica è possibile solo se si libera dai dogmi della
pedagogia tradizionale, se introduce nellatto educativo un libero e permanente
dialogo che stimoli il processo individuale di consapevolezza dellesistenza e
orienti sempre lallievo verso lautodidattica. Nella scuola democratica insomma
lalunno da oggetto che era deve diventare soggetto. La scuola è democratica solo se
assume il carattere di unascensione liberamente desiderata, di una conquista, di una
creazione, cessando di essere una cosa offerta come un dono o imposta come un freno"
(5).
Cosa si deve intendere con lespressione "dogmi della pedagogia
tradizionale"? La cosa è perfettamente chiarita in una nota "Nella
pedagogia tradizionale domina la nozione di modello, cioè di un tipo duomo
esemplare" (6): questo sarebbe "superato" perchè luomo non deve
essere educato secondo un modello, non essendovi alcun modello che possa servire di
riferimento.
E cosa vuol dire "presa di coscienza esistenziale"? Lo spiega
unaltra nota: "Via via che un metodo attivo aiuta luomo a prendere
coscienza dei suoi problemi, delle sue condizioni di persona e perciò di soggetto, egli
acquisterà gli strumenti necessari ad operare delle scelte... La scienza non può essere
volgarizzata nè estesa da chi sa a chi non sa; la scienza si costruisce nei rapporti tra
luomo ed il mondo e nei rapporti di trasformazione; essa si perfeziona grazie alla
critica problematica di tali rapporti" (7).
"Linsegnante [...] è chiamato a diventare sempre più un
consigliere, un partner nella conversazione, qualcuno che aiuta a cercare in comune gli
argomenti a favore e quelli contrari piuttosto che porgere una verità bella e fatta"
(8).
Bisogna puntare alla "abolizione dei tabù ancestrali che una siffatta riforma
richiede" (9).
"La scuola deve evitare linsidia del soggiacere a situazioni acquisite e
deve rimettere continuamente in discussione i propri obiettivi, i propri contenuti"
(10).
"I fini delleducazione non possono dedursi da princìpi cosmici e non
costituiscono più un insieme di valori assoluti" (11).
Occorre andare verso un umanesimo scientifico, un "umanesimo reale nel senso che
ricusa ogni idea delluomo che sia preconcetta, soggettiva, astratta" (12);
"quella concezione ora dimenticata dellumanesimo che Marx espresse così:
Le scienze naturali assorbiranno un giorno le scienze delluomo così come
la scienza delluomo assorbirà un giorno le scienze naturali, e non vi sarà più
che una sola scienza" (13).
La regola "oggettiva" che viene proposta, si basa sullo "spirito
scientifico, che è poi il contrario dello spirito dogmatico e metafisico [...] consiste
nel sapere che ogni conoscenza acquisita è il punto di partenza di una nuova ricerca [...]
evitando di formulare giudizi senza preventiva verifica" (14). E il
nuovo "dogma" connotato dalla "esigenza fondamentale del relativismo e
della dialettica", il cui "strumento normale [...] è il pensiero
dialettico che introduce il tempo e il movimento nella dottrina", per il quale
"ciascuno dovrebbe essere condotto a non ergere sistematicamente a modello o a
regola immutabile per tutti i tempi, per tutti i tipi di civiltà, per tutti i modi di
vita, le proprie credenze, convinzioni, ideologie, i propri costumi, la propria concezione
del mondo" (15).
Si tratta della ricerca di "nuovi valori per un mondo nuovo" (16), di
"trasformare i dati di fondo del destino delluomo", di fare "un
uomo nuovo per un mondo nuovo" (17).
Dalla lettura dei precedenti paragrafi, è evidente che la verità non esiste e si deve eliminare il peso di dogmi superati. Non cè verità nè principi universali e immutabili: quelli che si pretende siano tali (fino a ieri ritenuti validi), non servono, non sono adatti al mondo doggi.
Non cè alcun tipo di modello umano. La vittoria sulle nostre passioni e lesercizio delle virtù (che sono lesempio che luomo dovrebbe vedere nel santo e nelleroe, nel sentiero tracciato da Nostro Signore Gesù Cristo), devono essere seppellite: lautodidattica diretta dalla pianificazione dovrà sostituire quel modello. Viene così rifiutato ciò in cui consiste lessenza delleducazione (18): non resta che inserirsi nella dialettica marxista, prendere coscienza e, trasformando, realizzarsi come uomo e realizzare il mondo.
8.2.2 Il cambiamento permanente, unica realtà
Se per il documento dellUnesco la verità non esiste, se leducazione e
linsegnamento non devono dare ed impartire la verità, quale sarà, allora, la sua
finalità (ammesso che di finalità si possa ancora parlare)?.
Non cè altra finalità che il cambiamento permanente, il cambiamento fine a se
stesso, giacché il cambiamento è lunica realtà esistente, lassoluto.
Leducazione deve essere un mezzo con cui si riesca a cambiare costantemente tutto,
accelerando i cambiamenti in senso marxista: infatti, laccettazione del cambiamento
come unica realtà è già marxismo, come lo sono il rifiuto d'ogni cosa permanente,
dogni stabilità, dogni possibilità desistenza di principi e verità,
di tutto lordine naturale e, pertanto, sociale e politico. Si tratta della
sostituzione della filosofia dellessere con una filosofia del divenire.
Così, nel libro di cui parliamo, si può leggere:
"è necessario ricontrollare e completare le conoscenze lungo tutto larco
della vita" (19);
"loggetto da apprendere deve essere continuamente reinventato e rinnovato"
(20);
"per la prima volta nella storia la scuola lavora consapevolmente a preparare gli
uomini per modelli di società che non esistono ancora" (21);
le società "hanno bisogno piuttosto di una scuola che, riflettendo le
trasformazioni socioeconomiche, consenta alla società stessa di adattarsi al mutamento e
addirittura di concorrervi" (22);
"la scuola influisce funzionalmente nel corso della storia" (23);
"occorre dare al ragazzo la visione del mondo nel quale è chiamato a vivere
perchè possa orientarsi in funzione dellavvenire" (24);
"linsegnamento della tecnologia, a livello concettuale, dovrebbe consentire
a ciascuno di comprendere i mezzi con cui mutare lambiente che lo circonda"
(25);
"molti individui saranno portati ad esercitare diversi mestieri nel corso della
vita e a cambiare frequentemente la sede di lavoro" (26);
"solo in rari casi la scuola riesce a preparare gli individui al mutamento e a
sviluppi non noti" (27), mentre ciò dovrebbe essere ottenuto con
leducazione nuova;
"La scuola ha avuto per secoli la funzione di preparare a tipologie di mansioni e
a ipotesi di situazioni stabili; ha operato per un periodo circoscritto
dellesistenza in vista di un determinato mestiere o di un dato impiego, ha inculcato
un sapere convenzionale definito ab antiquo. Questa concezione è
ancora, in pratica, dominante. Ma è anche vero che è caduta lidea di poter
acquisire in gioventù un bagaglio intellettuale o tecnico sufficiente per tutta la vita:
e perciò crolla uno degli assiomi di base della scuola tradizionale" (28);
"democrazia, sviluppo, mutamento, sono il domani delle nostre società e
luomo da preparare è luomo della democrazia, dello sviluppo e del mutamento a
misura duomo" (29);
"La scuola deve riconoscersi per quello che è: il prodotto della storia e della
società e non il loro zimbello. E la scuola il fattore essenziale del divenire
soprattutto ora che le compete la funzione di preparare gli uomini ad adattarsi al
mutamento che caratterizza il nostro tempo" (30);
leducazione "deve preparare il mutamento, rendere adatti ad accettarlo e a
fruirne, creare uno spirito dinamico, non conformista nè conservatore" (31);
parlando della "pedagogia istituzionale", afferma che: "Listruttore
cerca di porsi come induttore di mutamento, come fa il psicologo con il suo cliente,
mentre i membri del gruppo assumono la responsabilità delle ricerche iscritte nel
programma di studio e delle soluzioni da apportare ai problemi quotidiani della vita"
(32);
"Le strategie nuova della scuola devono emergere da una visione globale dei
mezzi e dei sistemi educativi considerati sotto il profilo dellattitudine a
rispondere ai bisogni della società in perpetuo mutamento" (33);
in merito agli insegnanti, si segnala che, oggi, una delle loro funzioni essenziali è
"quella di trasformare la forma mentis" (34);
"Raccomandiamo perciò la creazione di centri nazionali di sviluppo della scuola e
degli organi affini per realizzare una serie ininterrotta di innovazioni scolastiche nello
spirito della riforma continua" (35);
mentre le innovazioni e riforme devono "imporre un mutamento sostanziale"
(36).
Osserviamo che non si cerca di far sì che luomo acquisisca una formazione profonda e solida (specialmente in ambito filosofico, morale, religioso e tantomeno scientifico), con cui poter affrontare in adeguate condizioni la vita ed i cambiamenti tecnologici del mondo doggi, ma che principalmente e fondamentalmente scompare ogni possibilità formativa, perchè è precisamente quella formazione ad essere rifiutata. Non cè traccia di formazione filosofica, morale e religiosa radicate, perchè quel genere di formazione a costituire un ostacolo al cambiamento, alla trasformazione continua, che è considerata come lunica realtà. E, infine, proprio quel tipo di educazione a dover essere sostituita, perchè non cè filosofia, morale e religione permanenti.
8.2.3 Il movimento della storia: irreversibilità e determinismo
LUnesco, nel rapporto che
stiamo citando, ritiene che la storia non sia fatta dalluomo, anche se comunemente
è così che si pensa, ma è totalmente connotata dal determinismo. La storia si
muoverebbe in modo irreversibile e luomo deve favorire detto movimento, deve
collaborare con esso: è un movimento che si dirige inesorabilmente verso una
"società nuova" in "perpetuo cambiamento", una società marxista, se
di società si può ancora parlare.
Così, "In un tempo in cui la scuola dovrebbe avere il compito di formare
fanciulli sconosciuti per un mondo sconosciuto, la forza delle cose la costringe a
pensare, e perciò a modellare il futuro" (37);
"la celerità dellevoluzione e dei mutamenti di struttura accentua lo
scollamento tra le strutture da un lato, le infrastrutture e le sovrastrutture
dallaltro" (38);
"il fatto essenziale è tuttavia che anche là dove queste tendenze comuni (il
riferimento è a questioni quali la statalizzazione, la pianificazione, la
democratizzazione, lautodidattica, ecc., N.d.A.) non sono ancor apparse, o là dove
producono effetti contrastanti, non si avvertono spinte in senso opposto, e niente
lascia pensare ad una prossima inversione di tendenze" (39);
"Per quanto ci riguarda, pensiamo che la scuola influisce direttamente nel corso
della storia e che esiste una correlazione stretta, simultanea e differenziata, tra le sue
strutture, i suoi modi operativi e i mutamenti del contesto socioeconomico. Ma riteniamo
anche che la scuola, in quanto offre la conoscenza dellambiente in cui si esplica,
può aiutare la società a prendere coscienza dei propri problemi e può molto contribuire
alla sua trasformazione e umanizzazione, a condizione, si intende, che imperni gli sforzi
verso la formazione integrale di uomini impegnati a conseguire lemancipazione
dellindividuo e della collettività" (40);
luomo, "può e deve partecipare democraticamente alla vita della
collettività" (41);
"Si può tuttavia affermare con certezza che il movimento di partecipazione andrà
allargandosi anche se oggi possono sembrare irrealizzabili e illusorie la trasformazione
delle strutture e labolizione dei tabù ancestrali che una siffatta riforma richiede"
(42).
Dopo aver segnalato la necessità del cambiamento, imposta dallo stesso determinismo
del cambiamento e della trasformazione, si sentenzia che "troppo spesso il
dibattito sui temi a cui si è accennato sfocia in vana accademia. Vana per lo meno per i
temi che la vita stessa si incarica di risolvere, giacchè nessuna idea fuori moda può
resistere a lungo a nuovi bisogni" (43).
E dallaccettazione del piano dellUnesco, "dipende il ruolo che la
scuola è chiamata a svolgere nellattuale momento storico a seconda che vorrà
orientare il pensiero umano verso il passato o verso lavvenire, verso
limmobilismo o verso il mutamento, verso la ricerca della falsa sicurezza di chi
pretende di resistere al mutamento, o verso la scoperta della vera sicurezza di chi
aderisce al movimento" (44).
"La scuola sarà domani un tutto coordinato, con settori strutturalmente
integrati; sarà universale e continua; sotto il profilo dei singoli sarà totale e
creativa, individualizzata ed autogestita. Supporto e forza traente della cultura, essa
sarà il motore della promozione professionale. E un movimento irresistibile ed
irreversibile: la vera rivoluzione del nostro tempo" (45).
8.2.4 Luomo, strumento e risultato del cambiamento
Cosè luomo, secondo
lUnesco? Un mero strumento del cambiamento, nellambito del quale anch'egli non
è altro che cambiamento permanente (46): "si potrebbe dire che luomo non
raggiunge mai la vera maturità giacchè la sua vita è un processo senza fine di
acquisizione e di apprendimento. [...] Perciò egli deve apprendere continuamente
per sopravvivere e modificarsi" (47).
"Nelle società attuali, grazie allesperienza e ai mezzi esistenti o
potenziali, è possibile [...] aiutare luomo ad attuarsi in tutte le sue
dimensioni come protagonista dello sviluppo, del mutamento, dellautocompimento
marciando così, per le vie del reale, verso lideale delluomo completo".
(48).
Tuttavia, il modo con cui si libera luomo non è facendo la volontà di Dio, ma si
tratta "di rafforzare listanza di democrazia che appare ormai come
lunico mezzo per impedire alluomo di diventare lo schiavo della macchina e
come la sola condizione compatibile con la fede nella dignità testimoniata dai traguardi
intellettuali conseguiti dalla specie umana" (49). "Lo scopo della scuola
è quello di consentire alluomo di essere se stesso, di farsi" (50); "per
la prima volta nella storia la scuola lavora consapevolmente a preparare gli uomini per
modelli di società che non esistono ancora" (51); "si tratta di formare
fanciulli sconosciuti per un mondo sconosciuto" (52); leducazione deve
"preparare gli individui al mutamento e a sviluppi non noti" (53), ed
essendo luomo un essere incompiuto, "può realizzarsi solo con un
apprendimento continuo" (54).
Prima di continuare, dopo aver riproposto quanto si propone lUnesco, si deve
rilevare che nel testo che stiamo analizzando non si ragiona e ci si limita ad elencare,
una dietro laltra, le affermazioni più inverosimili, senza dimostrarne (e neppure
tentare una dimostrazione) la verità. Ponendo come presupposti incontrovertibili la sola
realtà del cambiamento ed il movimento della storia, tutte le altre affermazioni sorgono
e si stabiliscono da quelle (e sembra che per molti sembra questo sia un modo che toglie
ogni dubbio), che sono poi ripetute continuamente ed avvallate dallUnesco.
8.2.5 La moderna educazione permanente
In conseguenza delle precedenti considerazioni, leducazione permanente può essere definita come la pianificazione di tutto il sistema deducazione, dallinsegnamento prescolare fino alla morte delluomo, per mezzo della quale egli è diretto nel verso gradito al potere centralizzatore che verifica la pianificazione.
Luomo sarà perciò obbligato, dalla più tenera infanzia (e prescindendo assolutamente dalla sua volontà) sino al momento della sua morte, ad essere il soggetto delleducazione permanente. Non cè alcuna possibilità di rifiuto: sarà schiavizzato nel corso di tutta la sua vita ed in ogni momento, non solo fisicamente ma anche intellettualmente, giacchè leducazione permanente ed i progetti che la sviluppano ed instaurano hanno di mira lintero uomo, ed in particolare la sua interiorità (che sino alla comparsa dei moderni metodi psicologici e psichici era rimasta fuori della portata delle forze esteriori alluomo, rimanendo una ridotta impenetrabile) 55.
8.3 I mezzi dell'educazione permanente
Per tale assoluto dominio sulluomo e del genere umano, leducazione permanente fa affidamento su una serie di mezzi, tra i quali vanno posti in risalto i seguenti. 1) Gli asili nido e le scuole materne; 2) leducazione dei genitori, sia attraverso istituzioni a ciò appositamente dedicate che, in continuazione, attraverso i mass media; 3) la rieducazione o recyclage degli adulti; 4) lindottrinamento continuo e permanente coi mezzi di comunicazione di massa, per completare lattività svolta dai centri scolastici; 5) i moderni metodi della psicologia.
8.3.1 I giardini d'infanzia e le scuole materne
La propaganda (56) largamente utilizzata da gran parte dei governi, facendo appello alleguaglianza e alla liberazione della donna ed allaumento della qualità della vita, hanno portato alla creazione ed alla messa in pratica di quanto può essere raggruppato sotto la denominazione d'insegnamento prescolare; un concetto secondo cui i bambini devono essere lasciati negli asili e nelle scuole materne, seguiti da persone estranee alla cornice familiare, mentre la madre va a lavorare. Sulla sua base, la morte della vita familiare, della stessa famiglia, diviene un fatto. Non si commette soltanto un crimine verso il bambino, ma anche ai genitori stessi e, quindi, verso la società.
Non esiste nulla di migliore delleducazione familiare (57), nè si può
sopprimere il diritto inalienabile dei genitori ad educare i propri figli e ad essere i
direttori della loro formazione; ma neppure si può sostituire lobbligo paterno di
vigilare che ai figli sua impartito - da parte d'altri enti o persone che li sostituiscano
- un insegnamento consonante alla verità.
Tuttavia, leducazione permanente mira a sottrarre i bambini alle famiglie con motivi
dobbligatorietà. Non si può certo obiettare se i figli, in determinate circostanze
(malattia, incapacità, ecc.), come un male minore, non sono educati dai genitori o
passano poco tempo in casa. Quel che è da combattere è il principio secondo cui si
ritiene opportuno (oggi, in molti paesi, cè lobbligo, che forse un domani
sarà esteso a tutto il mondo) abbandonare i bambini negli asili nido o nelle scuole
materne.
LUnesco, che su questo come su altri punti è il propagandista più potente, può
illuminarci assai bene sul significato degli asili nido.
Così, stabilisce come "principio" che "Leducazione dei fanciulli
nelletà prescolare è presupposto essenziale di ogni politica educativa e culturale"
(58); "Lo sviluppo delleducazione dellinfanzia di età prescolare
dovrebbe costituire obiettivo prioritario delle strategie educative degli anni settanta"
(59).
E molto chiaro. Si propone, e la cosa è rivolta agli Stati (considerati gli unici
responsabili ed incaricati dellinsegnamento), che i bambini in età prescolare,
quelli cioè di due o tre anni, siano "educati" al di fuori dellinfluenza
della famiglia. A questo scopo si propongono come esempi o "illustrazioni"
niente più e niente meno che i paesi nei quali vige il totalitarismo più duro, la più
completa schiavitù sinora conosciuta. Così, lUnesco porta come esempi da seguire e
cui mirare le seguenti "illustrazioni".
La Repubblica Democratica del Vietnam in cui, nel piccolo villaggio di Cam Binh, "il
95% dei fanciulli dai 3 ai 6 anni frequentano i giardini dinfanzia e le scuole
materne" (60);
la Cina comunista, dove "le madri possono affidare i figli, per un giorno o per
tutta una settimana, ad asili molto accoglienti" (61);
LUnione Sovietica, in cui dodici milioni di bambini ricevono leducazione
prescolare (62);
Cuba, con oltre 50.000 bambini in asili dinfanzia (63).
Facendo riferimento allUnione Sovietica, dice: "Leducazione impartita
mira a procurare larmonioso sviluppo fisico, intellettuale, morale ed estetico dei
bambini" (64). Se non si fosse davanti ad un totalitarismo davvero orribile,
converrebbe riflettere sulla scarsa accoglienza delle madri cinesi i figli nella Cina
comunista, e nella totale inettitudine delle mamme ad educare nella Russia comunista.
Ma proseguiamo: "[...] sviluppare leducazione dei bambini in età
prescolare, cercando a tale scopo la più fattiva collaborazione delle famiglie e della
comunità" (65); "Lo sviluppo delle qualità affettive e del rapporto con
gli altri è oggetto di una educazione specifica. Attraverso incontri sistematici i
singoli apprendono a comunicare e a superare lopacità reciproca" (66).
Rispetto a queste espressioni, si può aggiungere poco: ogni argomentazione è inutile. La
vita naturale è distrutta: non solo la famiglia non educa, ma per giunta lamore
deve essere insegnato a scuola, ed in essa si devono cercare forme più corrette della
famiglia.
Si può accettare tutto ciò? Le mamme preferiranno "andare al lavoro"
allamore e alla cura dei propri figli?
Leducazione permanente, di cui fanno parte le aberrazioni segnalate, mira direttamente alla distruzione della famiglia: è la messa in pratica del marxismo, nel quale, senza alcun ritegno, cerca i suoi esempi. Come per Mao, la famiglia è una "ferita" borghese del passato, un qualcosa da distruggere, pena limpossibilità della rivoluzione.
Così sostengono i marxisti Gérard Mendel y Christian Vogt (67), per i quali il
raggiungimento del "socialismo autogestionario" passa necessariamente attraverso
"la gioventù come classe ideologica in formazione, contrapposta
allideologia sociale borghese dominante ed alla società capitalista" (68),
con laiuto di una "scuola socialista" che inizia dagli "asili
nido", i quali costituiscono "una struttura scolastica indispensabile
allinstaurazione di una società socialista" (69). La famiglia "non
è altro che un mito fascisteggiante la cui missione è di mascherare le contraddizioni
sociali. Per la coppia, la lotta di classe direttamente originata dalle relazioni di
produzione e la spoliazione del potere operaio nellimpresa; per i bambini,
lassenza di potere collettivo (legato agli atti educativi) nella scuola"
(70).
Pertanto, "la scuola per la prima infanzia costituisce uno strumento
essenziale per unautentica socializzazione del bambino, lunico mezzo e
lunico luogo affinchè in forma collettiva, le coppie da un lato ed i bambini
dallaltro, possano progressivamente unire le proprie relazioni allinterno di
questo insieme catalizzante" (71). E nella scuola socialista, asili nido
compresi, "le coppie vengono coinvolte in quanto cittadini, ma in quanto genitori
non hanno nessun diritto diretto, perchè esso non potrebbe che compromettere le relazioni
tra professori, alunni e amministrazione locale" (72).
La conclusione è chiara: la rinuncia ai doveri ed obblighi paterni in conseguenza della frequenza obbligatoria agli asili nido, dai quali si procederà a formare la gioventù come classe ideologica rivoluzionaria, sintrodurranno elementi di lotta di classe tra bambini, giovani ed adulti, per finire in un mondo reso schiavo sotto limpero del socialismo autogestionario, del quale non si conoscono le caratteristiche ma si afferma che costituisce una prospettiva del futuro.
Il fatto è che lerrore di base consiste nel considerare come cose logiche e buone la generalizzazione delle scuole materne, dei giardini dinfanzia, dellinsegnamento prescolare: è un errore che consiste in una inversione di valori che viene nascosta.
Così, non si esita ad affermare che "le scuole materne e i nidi dinfanzia per i quasi appena nati sono logiche aspirazioni di chi considera più appropriato possedere un lavoro ben remunerato piuttosto che dedicarsi alla cura della prole" (73). Ma lobbligo principale è inverso: solo in casi di vera necessità - e non solo per migliorare il proprio tenore di vita - si possono lasciare i bambini negli asili nido o nelle scuole materne; diversamente, si ha una negligenza colpevole da parte dei genitori nei confronti dei loro obblighi verso i figli.
Così, in definitiva, a causa del considerare il primato della scuola rispetto alla
famiglia, si è portati ad affermare che - nella scuola moderna - "leducazione
prescolare deve estendersi a tutti gli studenti. Lungi dallessere una prematura
sottomissione ad alcune esigenze assurde, essa può essere il luogo in cui
lesperienza si arricchisce e nella quale sorgono autentiche motivazioni per
indirizzi scolastici posteriori. Tale necessità è ancora più urgente per i bambini di
bassa estrazione sociale, più bisognosi di stimoli ambientali per lulteriore
acquisizione di cultura. Non si dimentichi che le precoci deficienze sono responsabili di
successivi disastri attualmente irrecuperabili. Lapplicazione di un giusto principio
di eguaglianza dopportunità, del quale sappiamo la scuola non esser lunica
responsabile, esige uneducazione compensativa - sovraeducazione - per gli alunni che
sono meno dotati a causa delle loro origini familiari" (74).
Di conseguenza, la famiglia è soppressa sullaltare di una mostruosa eguaglianza
dopportunità: la scuola non è lunica responsabile dellesistenza
dellineguaglianza, ed è la famiglia lorigine delle diseguaglianze. Come
avverte Aldo Agazzi, "leducazione extra-familiare non ha che rimedi
inadeguati e carenti: che quindi il problema non si risolve presumendo di
surrogare la famiglia, togliendole i figlioli, ma solamente dando alla
famiglia i mezzi della sua sussistenza, sicurezza ed integrità, educandola, insieme, ad
essere educatrice" (75).
Ma oggi si preferisce "dare soluzione" ai problemi rivoltandoli in modo radicale; cosa diremmo se, per far sparire i delinquenti, si abrogassero ed eliminassero le leggi penali? Se per far sparire le malattie si uccidessero i malati o si inoculassero batteri della malattia a persone sane? E questo, nella realtà delle cose, quanto si prevede in ambito educativo, dellinsegnamento e culturale: la generalizzazione (che finirà col divenire frequenza obbligatoria) delle scuole materne, degli asili nido e dellinsegnamento prescolare.
Ma perchè proprio gli asili nido? E perchè e con quale fine sottrarre i bambini alle famiglie? Il motivo è straordinariamente chiaro, e lo si deve enunciare per quanto duro possa essere: si deve sottrarre il bambino al proprio ambiente familiare ed allambiente a lui più prossimo, perchè è nei primi anni di vita, è nei gruppi umani vicini, che si formano le convinzioni più profonde, radicati e durature; solo se si controllano i bambini dalla più tenera età sarà poi possibile che corrispondano alle direttive che saranno loro proposte per compiacere quanti dirigono la società.
Come segnala Brown, "i tratti del carattere, che sorgono nei primi anni di vita, sono straordinariamente resistenti al cambiamento" (76) ed "il gruppo primario è quello che dà coesione alle attitudini e alle opinioni e, di conseguenza, il centro che può essere attaccato con maggiore speranza di risultato: è per questo che tutti i movimenti rivoluzionari hanno combattuto la famiglia" (77). Ecco il motivo della generalizzazione degli asili nido e delle scuole materne: il dominio della società (che pure avrà cessato d'essere tale), la formazione d'individui docili ad ogni ordine, la massificazione degli uomini e la costruzione di un mondo "perfetto" di uomini-massa, non già di schiavi, perchè questi ultimi erano almeno coscienti della loro condizione.
8.3.2 Leducazione dei genitori
Anche i genitori, essendo listituto familiare quello che con più forza si oppone
alla propria distruzione, dovranno ovviamente essere educati in modo conveniente per
ammettere - e persino arrivare ad assentire compiaciuti - a che siano loro strappati i
figli.
Leducazione permanente non dimentica di prestare attenzione alleducazione dei
genitori, con lo scopo di far sì che non si oppongano a una così grande violazione del
diritto naturale.
Che i genitori conoscano le questioni relative alligiene, allalimentazione ed
altre simili, non cè dubbio che sia una cosa conveniente; tuttavia, abbiamo visto
che quanto cè di fondamentale nelleducazione è acquisito nel seno della
propria famiglia, attraverso lamore, la tradizione e leredità.
Nei confronti dei genitori, leducazione permanente mira non già a fornire
nozioni sulle questioni segnalate od altre analoghe, quanto piuttosto ad insegnare loro ad
essere "educatori", sia attraverso i mass media sia in istituti costruiti
appositamente allo scopo.
I legami che esistono nella famiglia - ogni giorno con una nuova dimensione e più ricche
sfumature, cullati dallamore familiare -, coi quali il bambino cresce e viene
educato a poco a poco, devono essere distrutti per essere sostituiti da "altri"
stabiliti dai pianificatori e dagli psicologi. Ci può essere qualcosa di più assurdo di
una scuola permanente, generale e obbligatoria, concreta e diffusa ovunque per
"educare" i genitori a fare genitori?
Leducazione permanente riserva un capitolo speciale a questo problema, il che è
comprensibile: solo "frastornando" i genitori è possibile che si sottomettano
allarbitrarietà delle pianificazioni. E luomo nella sua totalità, in
tutti i suoi aspetti, a dover essere permanentemente educato, al di fuori della cornice
naturale della vita familiare.
"Ladulto - dice la Commissione dellUnesco - che partecipa alleducazione continua è un individuo concreto nelle sue dimensioni di produttore, di consumatore, di cittadino, di padre di famiglia, di persona felice o infelice" (78).
Con quale fine? Ricordiamo che per lUnesco esiste solo il cambiamento, la
rivoluzione continua. Nessun fine soprannaturale e neppure dordine naturale.
LUnesco, peraltro, riconosce la difficoltà di imporre linsegnamento
prescolare ed a questo fine dovrà provvedere alla "preparazione delle famiglie
con scuole per i genitori ed altre istituzioni simili" (79).
La funzione della famiglia scompare, perchè "si impone" (è limpero del
mito) linsegnamento prescolare. Ma non si pensi che lUnesco sia il
"babau" che porta via i nostri figli. Assolutamente no! Al contrario è
unistituzione tutta di carità. Non stabilisce forse, al posto della vera funzione
della famiglia, una funzione "dausilio"?
E proprio un compito ausiliare quello riservato dallUnesco ai genitori. Si
portano loro via i figli, ma gli si possono attribuire dei compiti "ausiliari":
così, "Alle madri si possono affidare incarichi di correggere copie, di annotare
redazioni o discorsi, di leggere a piccoli gruppi di ragazzi, di confezionare del
materiale, di sorvegliare gli alunni sul terreno di gioco o alla refezione, di aiutare il
maestro in ogni altro modo" (80).
Linversione di ruoli è chiara e palese: i maestri non sono più il prolungamento delleducazione familiare, ma è il ruolo di genitori ad essere relegato alla "importantissima" mansione dessere daiuto al professore.
Così avviene a Cuba, dove, negli asili nido per i minori di cinque anni, i genitori
forniscono ulteriori "aiuti" e "partecipano ai lavori di manutenzione,
falegnameria, decorazione, sartoria, giardinaggio, ecc." (81).
"Fino agli inizi del XX secolo leducazione era dispensata principalmente
dalla famiglia, dalle istituzioni religiose [...]. Oggi [...] la
responsabilità ricade essenzialmente sullo Stato e sui poteri pubblici" (82).
E tutto chiaro. Il ruolo educativo della famiglia, dei genitori verso i loro figli, era qualcosa che apparteneva al passato. Leducazione dei bambini, oggi, non spetta più ai genitori, ma allo Stato; a questo fine i genitori devono essere educati perchè "acconsentano" a che gli vengano portati via i figli. Il mondo di robot verso cui ci porta lUnesco è palese. Sarà vicino? Solo opponendovisi sarà possibile evitarlo. Ma dovè, oggi, una vera opposizione al mito dellirreversibilità del movimento della storia?
Per quanto concerne la famiglia - scrive la Commissione dellUnesco -, si tratta dintegrare i genitori nella struttura scolastica, associandoli nellelaborazione delleducazione, specialmente nelle "scuole comunitarie" o "scuole per genitori" (83). Ma si tratta di unintegrazione in cui i genitori avranno smarrito il senso del loro vero compito e grazie alla quale si pretende di rendere suggestiva la perdita dei figli, per fare sì che dalla più tenera età divengano un duttile strumento maneggiabile a piacere da quanti detengono il potere statale.
8.3.3 Leducazione degli adulti
Leducazione degli adulti è rivolta ad ogni uomo, a ciascun uomo nella sua
totalità e nel corso di tutta la sua vita. In questo modo leducazione permanente
è, in realtà, una rivoluzione permanente (84).
Essa non ha di mira la sola eliminazione dellanalfabetismo, ma si estende a tutti i
professionisti, laureati, professori, ecc., che potranno e dovranno essere educati
permanentemente.
Per lUnesco (come anche per Paulo Freire), lalfabetizzazione è il modo di
innestare luomo nel cambiamento, nella trasformazione del mondo: "Una
campagna intensiva di lotta contro lanalfabetismo trova la sua vera giustificazione
nella misura in cui abilita le popolazioni a concorrere alla trasformazione
dellambiente" (85).
Pertanto, il fine dellalfabetizzazione non è il perfezionamento delluomo
in quanto persona e, attraverso questo, della società, bensì il trasformare, cambiare,
partecipare al cambiamento dellambiente, al cambiamento delle strutture: se non si
ottiene questo, lalfabetizzazione non si giustifica.
LUnesco affronta leducazione avendo di mira tutto luomo e, a questo
fine, leducazione permanente degli adulti è giustificata a causa dei cambiamenti
economici e tecnologici, per aumentarne successivamente la portata a tutti gli ambiti
umani. E chiaro che, se si esponesse la sua vera finalità - trasformare luomo
in un perfetto robot, che a sua volta si trasforma permanentemente -, sarebbe difficile
ammetterne i postulati.
"Il progresso tecnico trasforma i mestieri dun tempo, crea nuove categorie professionali, esige larghi mezzi di formazione e di aggiornamento" (86). Linsieme della formazione deve essere completato con "una educazione ricorrente e un recyclage" (87), che faccia sorgere "lattitudine allindefinito perfezionamento" (88) e "alladattamento a compiti diversi" (89), necessari in conseguenza del cambiamento permanente, alladattamento dello "insegnamento alle esigenze delleconomia" (90).
Ma nelleducazione degli adulti non si tratta solo di operare per favorire un recyclage
tecnico - nulla di più lontano dagli obiettivi dellUnesco -, al quale anche i
docenti sono soggetti (91), bensì di impartire contemporaneamente "una formazione
complementare" (92).
"Il punto di arrivo della scuola deve essere leducazione delladulto.
Leducazione degli adulti risponde a varie finalità. Essa funge da surrogato della
prima educazione per una larga parte degli adulti nel mondo; funge da complemento della
istruzione elementare o professionale per chi ha ricevuto a scuola un insegnamento
incompleto; funge da prolungamento educativo per quanti devono essere aiutati a
fronteggiare le nuove esigenze, funge da perfezionamento per quelli che possiedono già
una formazione ad alto livello; costituisce infine, per tutti, un mezzo per la piena
attuazione della personalità individuale" (93).
E luomo, sono tutti gli uomini, quelli che nel corso della loro vita
saranno loggetto obbligato di questa educazione degli adulti; non nel nome
dell "essere", bensì del "divenire": la modifica permanente è
lunica realtà. Come dice lUnesco: "luomo è un essere che può
realizzarsi solo con un apprendimento continuo" (94). Questa concezione
delleducazione degli adulti e della loro educazione permanente presuppone il rifiuto
del fondamento stesso delleducazione.
Luomo, il maggiorenne, resta paradossalmente legato mani e piedi dal potere
onnipotente dello Stato o del Super Stato, che gli impone uneducazione per tutta la
durata della vita. E la schiavitù completa e permanente; il rifiuto delluomo,
annullato nella bestialità di un mondo di robot, il quale pretende di dar vita ad un
gruppo di uomini che ritengono dessere superiori e dirigenti del restante genere
umano, che si considerano onnipotenti e onniscienti.
A questo scopo tutti mezzi sono buoni, e lUnesco non esita a raccomandare persino
luso di "misure draconiane". Lapplicazione delleducazione
permanente giustifica ogni genere di mezzi e sistemi.
"Uno stato povero di risorse può essere indotto a imporre una rigorosa ed austera
disciplina in campo scolastico contrastando così il concetto che ispira questo Rapporto
con il risultato di limitare gravemente la libertà individuale di scelta. Non è questo
il problema. Limportante è che le limitazioni imposte dalla necessità vengano
concepite non come regole e valori assoluti. Le limitazioni devono essere usate
dialetticamente come mezzi intesi a realizzare, a breve o medio termine, condizioni
oggettive che cancellino o almeno attenuino le limitazioni stesse" (95).
Non è questo il problema, dice lUnesco: lessenziale è che tali misure siano
imposte perchè poi spariscano.
Ma lUnesco va ancora più oltre nella giustificazione di ogni genere di mezzi:
"Ci sono circostanze in cui misure draconiane possono apparire indispensabili, per
esempio quando la edificazione delle infrastrutture dello sviluppo richiede disciplina,
austerità, uniformità (che si stia pensando alla Cina di Mao?, N.d.A.). La giusta
morale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, può essere cercata nellarmonia
liberamente accettata tra la creatività e la disciplina, nel preparare lopulenza
della felicità personale attraverso la privazione imposta dalla penuria dei mezzi"
(96).
E tutto chiaro: il processo rivoluzionario giustifica ogni genere di misure, anche draconiane, ma è chiaro che in questo caso non cè "imposizione" nè "autoritarismo", bensì "libero consenso"; ancora più, anche se il concetto è espresso in forma dubitativa, tali misure giungono ad essere il "giusto" dal punto di vista morale. Si arriva, così, allinversione totale della giustizia e della ragione.
8.3.4 I mezzi di comunicazione di massa
Per coronare e completare tutto ledificio delleducazione permanente, si deve continuarla attraverso i mezzi dei mezzi di diffusione, complementari ai centri scolastici.
Le campagne dalfabetizzazione, dice lUnesco, "debbono essere
precedute, appoggiate, accompagnate e seguite da larga propaganda esplicativa della radio
e della televisione" (97).
Ciò potrà sembrare innocuo o persino benefico e necessario, ma, se si ricorda quanto
detto sinora, non lo è poi tanto.
Cosa non potrà fare lo Stato dopo aver unito il potere culturale a quello politico, aver
assorbito quello con questo?
Avendo alla sua portata tali mezzi, che spesso penetrano la coscienza delluomo senza
che questi possa analizzarli e ne ritiene i messaggi in modo quasi automatico, la libertà
residua scomparirà completamente.
Come segnala Vallet, i mezzi tecnologici "possono servire sia per
immagazzinare, trasmettere e comunicare dei saperi reali e delle esperienze vissute, che
per sfigurarli, squilibrarli - esagerando e minimizzando o, in altro modo, alterandone
limportanza -, togliere loro valore e farci vivere in un mondo irreale, truccato,
falsificato, come lo trucca e falsifica lo stregone della tribù allo stato naturale"
(98).
Non si deve dimenticare, osserva Vallet de Goytisolo (99), che "i mezzi di
comunicazione di massa accumulano notizie che impongono unimmagine degli
avvenimenti, ai quali aggiungono un commento dorientamento di
quanto in ogni notizia è dinteresse. Le immagini visive abituano a non approfondire
e ad esprimere opinioni più per ragioni di sensibilità che di ragionamento"
(100).
Così è anche per la manipolazione della coscienza, realizzata con le nuove tecniche ed
il mito dellopinione pubblica, dalla quale derivano gli effetti qui di seguito
segnalati da Sciacca e Vallet: "Impediscono ogni attività creativa che non sia
compresa nei loro calcoli e piani (di coloro che li fanno); sfibrano la cultura per
mezzo di un falso concetto di democratizzazione, il quale impone una cultura di massa che
soffoca ogni personalità di rilievo (è così favorito un maggior dominio tecnocratico,
dato le persone geniali turbano i piani e lazione massificante); sostituiscono la
formazione personale e la ricerca della verità con un genere dinformazione che
rende chi la riceve succube della moda; adulterano i valori invece di contemplarli nella
complessiva armonia, sostituendo i più elevati con valori dordine inferiore (che è
il modo per distruggerli tutti, a cominciare dai più elevati); rendono luomo
schiavo delle cose, della loro gestione, dei relativi risultati economici" (101).
Leducazione permanente è, in definitiva, il dirigismo e la pianificazione più assoluta e completa delluomo, la schiavitù totalmente disumana, giacchè sono rese schiave, soprattutto, le intelligenze. Luomo smetterà di pensare da sè o lo farà solo nella prospettiva auspicata da coloro che gestiscono lapparato delleducazione permanente: si tratta di una nuova élite la cui venuta, se si seguono le raccomandazioni dellUnesco, non è lontana.
8.3.5 La minaccia della psicologia
8.3.5.1 Pericoli della psicologia nellinsegnamento
Lintroduzione della psicologia nellinsegnamento è unaltra delle
"esigenze" delleducazione contemporanea. Ma anche questa, come le altre
"esigenze" del mondo moderno, in continuo cambiamento, già segnalate, sono
volte a costruire un "perfetto" mondo di robot.
Lintroduzione della psicologia nellinsegnamento, i suoi metodi e gestori, si
erge come una spaventosa minaccia su tutto il genere umano, dietro alla quale si possono
intravedere le rovine di una civiltà costruita sul senso comune, sul diritto naturale e
sulla legge di Dio, oggi è fatta a pezzi e distrutta soprattutto a causa
dellinattività e passività di quelle che dovrebbero essere le sue élite e per gli
attacchi dei suoi più accaniti nemici.
Rafael Gambra, con la finezza e la perspicacia che lo caratterizzano, lo ha messo in risalto in un articolo che non ha esitato ad intitolare La minaccia della psicologia. Leggiamolo:
"Mi hanno ripetutamente spiegato la gran convenienza di dotare tutti gli
Istituti dInsegnamento di un laboratorio di psicologia, nel quale, per mezzo di
complicati test, si consegue un rigoroso controllo del livello intellettuale d'ogni
alunno. Le nuove Leggi Generali delleducazione "Made in Unesco"
consacrano tale esigenza mediante i sistemi di "valutazione continua"
degli scolari.
"Determinare il livello intellettuale o fare i conti in tasca alle persone sono cose
che mi sono sempre sembrate un "preoccuparsi troppo", ed il fatto che qui
si tratti di bambini indifesi non credo che sminuisca ma, piuttosto, aggravi il delitto.
"Ma se prescindo da queste ragioni di sensibilità e pudore per attenermi solo a
motivi oggettivi e pedagogici, trovo che essi confermano pienamente quel che mi ha dettato
listinto.
"Cè una prima ragione teorica: quel che chiamiamo intelligenza è una cosa
assai complessa che ingloba fattori molto diversi. Coloro che dimostrano sagacia in
determinati ordini del sapere, risultano spesso essere delle vere nullità in altri;
inoltre, ogni intelligenza individuale possiede un ritmo di maturazione proprio, non
uniformabile nè prevedibile. Quel che gli psicologi misurano è un complesso di
penetrazione, memoria, stabilità e rapidità mentale, dal quale risulta avventato trarre
conseguenze. Gli psicologi stessi discutono eternamente su cosa sia quel fattore specifico
sia dicono di misurare. Dentro di me non posso non pensare che, probabilmente, Aristotele,
da bambino, avrebbe raggiunto un livello poco brillante.
"Cè una seconda ragione pratica: non raggiunge il dieci per cento il numero
degli istituti che, tra linsieme dei docenti, conti su un laureato in filosofia (che
sono gli unici che sinora abbino studiato psicologia). Tra costoro, non arriva al dieci
per cento il numero di quelli che si sono dedicati specificatamente alla psicologia
sperimentale e alla psicometria. A rigore non conosco più di tre o quattro casi, in tutto
il corpo degli psicologi, davvero capaci di dirigere un laboratorio psicometrico, e non se
si trovano nei centri dinsegnamento. Insomma, se si tentasse questo controllo nella
totalità delle scuole e collegi, non si farebbe che in malo modo, col che, a tutti i suoi
probabili inconvenienti, si dovrebbe aggiungere quello della sua imperfezione o irrealtà.
"Cè una terza ragione, dordine pedagogico: sino a che punto è
conveniente informare un alunno - o i suoi genitori - del fatto che la sua intelligenza è
superiore o inferiore alla media? Nel primo caso, il risultato sarebbe probabilmente
scarso, giacchè ciascuno già possiede un alto concetto dei suoi lumi o di quelli di suo
figlio, anche se potrebbe invece incrementare il contingente degli aspiranti a quelle
"minoranze direttive" di cui soffriamo. Nel secondo caso, ossia se è inferiore
al livello medio, gli effetti sarebbero molto più gravi. Se un maestro dà dello stupido
ad un alunno, mentre gli molla uno scapaccione, di solito non provoca grandi conseguenze:
lalunno deduce che il maestro è di cattivo umore oppure che deve applicarsi un po'
di più, e qui finisce il conflitto. Ma se uno specialista dice allo stesso alunno, dopo
pressanti esperimenti e con tutto il peso della scienza, che è stupido o inferiore alla
media, questo può dar vita ad un complesso dinferiorità e di risentimento cosmico
che non sarà possibile rimuovere per tutta la vita.
"Cè, infine, una quarta ragione dordine sociale. Ai partigiani del
controllo scolastico psicometrico e dellorientamento professionale si può proporre
questo caso, peraltro molto reale: se si dice ad un uomo semplice (come un agricoltore, un
commerciante o un artigiano) che suo figlio - il quale lo aiuta ed a cui lascerà il
mestiere o il negozio - ha unintelligenza brillante e che deve dedicarsi allo
studio, vedendo frustrato il suo lavoro o le sue speranze, quegli molto legittimamente
potrebbe replicare che suo figlio applicherà tale intelligenza al lavoro in cui si trova.
Ma gli psicometristi ed i pianificatori professionali sogliono rispondere a questa
obiezione con lesigere il sacrificio degli interessi particolari a pro
della società, della nazione, del bene comune o d'altre astrazioni. Generalmente, il
nostro argomento riscuote maggiore fortuna se lo si espone dandogli una formulazione
inversa: se ad un professionista o ad un uomo in carriera che vive da generazioni in un
ambiente di città, si comunica ufficialmente che il livello mentale di suo figlio e le
sue attitudini psicofisiche lo rendono particolarmente indicato per fare lo scaricatore di
porto o il palombaro in acque tropicali, ciò sarà causa di una situazione imbarazzante,
difficile daffrontare" (102).
8.3.5.2 Lapplicazione della psicologia: libertà o manipolazione?
Per Gambra, lapplicazione della moderna psicologia è una conseguenza dello
"statalismo dirigista", della "tecnocrazia totalitaria",
dell"epoca del socialismo". Rimangono soltanto "lo Stato
tecnicizzato e gli individui, tutti eguali, suscettibili di essere messi in fila e formare
una coda indistinta. Lo schema della società socialista è costituito da un universo
centralizzato ed uniforme, governato da circolari inviate per telescrivente. In tale
società, un cervello elettronico potrà idealmente sostituire il libero arbitrio e la
provvidenza divina" (103).
Lapplicazione della psicologia, secondo i piani delle riforme delleducazione,
non è altro - scrive Gambra - che "la manipolazione delle menti infantili a
piacimento" da parte degli "psicologi statali".
"Per perquisire labitazione di un cittadino serve un mandato giudiziario - scrive lo stesso autore - , mentre non solo si autorizza, ma si impone con carattere generale la perquisizione delle menti. I test psicotecnici, esoterici, per definizione incomprensibili a chi li subisce, sono, infatti, grimaldelli destinati a violare (sdegnando i legittimi limiti proposti dalla ragione e dalla volontà della vittima) il privato campo della coscienza (Comè lontano il tempo dellInquisizione, che si limitava a giudicare le dottrine professate pubblicamente!)" (104).
Non ci sono esagerazioni d'alcun genere nel paragrafo del professor Gambra che abbiamo
trascritto. Anzi, la prospettiva che lUnesco ci presenta in merito alla psicologia e
alla pedagogia, rende un mero abbozzo quel che segnala lillustre professore.
Lapplicazione della psicologia che si cerca dintrodurre (e si sta
introducendo), infatti, è cattiva in sè stessa, anche qualora fosse destinata ad un fine
buono (il che è preventivabile solo per ipotesi perchè, nel campo dei principi, è una
violazione dellanima umana, cosa che non è mai ammissibile): la si deve invece
inserire nel quadro delleducazione permanente, della pianificazione, della
statalizzazione e di tutte le altre "esigenze" delle riforme educative
patrocinate dallUnesco.
La "valutazione continua" non è un metodo innocuo, più adeguato di quello
degli esami, ma simile ad esso. E unintromissione permanente e continua nella
mente, nellessere intimo del bambino, per dirigerlo nel senso voluto dalla
pianificazione, in accordo col "movimento della storia" di natura assolutamente
marxista. Ma quandanche fosse usato per farlo diventare santo, sarebbe inammissibile
ed incompatibile con la natura umana, che richiede nella sua attività la volontarietà e
la riflessione personale.
Il fatto che tutto ciò sia terribile, non fa sparire la realtà del fatto. Non si può
nascondere la testa come fa lo struzzo, oppure pensare - ingenuamente e irriflessivamente
- che "non può essere così cattivo", che "nessuno può volere un tale
orrore": "leducazione permanente - scrive nel suo libro la
Commissione dellUnesco - si configura come un sistema cibernetico complesso,
centrato su un meccanismo sensibile alle risposte, e costituito da questi elementi: un discente
la cui condotta può essere valutata e modificata; un docente con funzioni di
educatore; delle fonti di conoscenza strutturata, da presentare al discente o da
lasciar esplorare da lui stesso; un insieme preparato per consentirgli di
apprendere il dato che gli interessa; dispositivi di valutazione e di controllo che
registrano la reazione e i nuovi comportamenti prodotti dalla reazione stessa"
(105).
Il processo è chiaro: è il "perfezionamento" delle esperienze di Pavlov
(volte a creare una determinata condotta provocata dai riflessi condizionati), ora
applicate agli esseri umani. Quali spaventose conseguenze sorgeranno da un tale sistema?
Lintelligenza umana è sostituita dalla risposta adatta ad un determinato stimolo:
lazione delluomo non consegue più alla sua intelligenza, ma risponde in modo
pertinente a stimoli determinati.
A questo scopo, qualsiasi metodo è valido: così, nel libro tante volte citato
dellUnesco, possiamo leggere: "Oggi si può controllare lo stato del
cervello e la sua funzionalità con impulsi elettrici ed agire direttamente su certi
neuromeccanismi con l'uso di sostanze chimiche" (106). Il che potrebbe essere
utile se fosse applicato con responsabilità e cognizione di causa... ai malati di mente,
ma è del tutto inammissibile se usato nel campo dellinsegnamento. "Perciò
le attuali ricerche - aggiunge subito dopo la commissione dellUnesco - non
tendono a sostituire la educazione con una farmacopea ma ad offrire alla scuola
lausilio delle risorse della biochimica". Luomo diviene un mero
strumento che può essere manipolato dai pianificatori, pedagogisti ed esperti psicologi
statali. Se questo si avvera, lera dei robot in carne ed ossa è certamente vicina.
"La dottrina psicopedagogica a cui lo scienziato sovietico L. S. Vygotski ha legato il suo nome - continua lUnesco - si fonda sul concetto che il lavoro e lattività strumentale creano nel soggetto un tipo di comportamento determinato dal carattere dellattività stessa. Tale carattere si rivela indirettamente attraverso i segni adoperati (simboli, parole, cifre, ecc.). Lo sviluppo delluomo si effettua in rapporto con lassimilazione di sistemi di segni nel processo di apprendimento. Perciò il segno si colloca al centro del sistema di organizzazione della vita del fanciullo al cui sviluppo psichico presiede. Muovendo da qui la psicologia sovietica ha elaborato una strategia della formazione attiva della facoltà del conoscere e della personalità. La facoltà riflessiva non è innata nelluomo: lindividuo apprende a pensare e a controllare le operazioni riflessive. Leducatore deve imparare a dirigere questi processi, a controllare non solo i risultati dellattività mentale, ma anche il suo svolgimento" (107).
E certo, e lo abbiamo segnalato nella prima parte, che linsegnamento
(fondamentalmente allinizio) deve insegnare a pensare. Non è perciò questo che si
mette in discussione, ma piuttosto lintroduzione di tecniche e metodi coi quali
leducatore può manipolare a piacimento la mente umana, controllandone lo sviluppo.
Prima si davano ai bambini degli elementi coi quali era la loro stessa intelligenza a
trovare la soluzione, mentre il bambino ne faceva buon uso. Ora è nellintelligenza
stessa, nella stessa mente, che entra la manipolazione e che resta - scientificamente -
alla mercé del pedagogista o dello psicologo. La differenza consiste nel fatto che,
invece di insegnare a ragionare, si costruiscono i "ragionamenti" in modo
condizionato, dal di fuori del soggetto - per il che smettono dessere veri
ragionamenti -, con la manipolazione di un agente estraneo alla persona.
Lapplicazione della psicologia allinsegnamento diventa vera psicoanalisi.
E qualcosa rilevato dallo stesso Rafael Gambra, che osserva "la psicoanalisi
è cosa buona - sempre che sia accettata volontariamente - per la cura delle
anormalità. Tuttavia, come terapia obbligatoria ed applicata a tutti i cittadini, è la
più scandalosa violazione del più sacro dei diritti: quello del foro interno"
(108).
La Commissione dell'Unesco, trattando della psicologia istituzionale, segnala: "Listruttore
cerca di porsi come induttore di mutamento, come fa il psicologo con il suo cliente"
(109).
Si tratta, dunque, di una violazione dellintimità delluomo, mai ammissibile,
fatta col proposito di indurre al cambiamento: non per renderlo migliore, in accordo con
le regole del diritto naturale (che già sarebbero violate facendolo contro la sua
volontà), bensì di indurlo al cambiamento, obiettivo ripetuto più volte nel documento
dellUnesco.
Dunque, pensare agli innumerevoli vantaggi della moderna applicazione della psicologia
senza vedervi alcun genere di conseguenza, è chiudere gli occhi alla realtà e permettere
la schiavitù assoluta del genere umano per lavvenire. Una schiavitù non già
fisica (dalla quale uno potrebbe sfuggire attraverso la sua intimità ed intelligenza, per
amore di Dio e la conseguente accettazione di tutte le sventure, col considerarla come una
prova in questo mondo per conseguire la vita eterna), ma dellintelligenza, per mezzo
della quale sarà diretto e manipolato come se fosse completamente carente
dintelligenza.
8.3.5.3 Rifiutare la psicologia o farne un uso ponderato e prudente?
Quanto abbiamo detto implica che la psicologia debba essere rifiutata
nelleducazione e nella pedagogia? Ovvero che non la si deve tenere in
considerazione?
Nei confronti della pedagogia, la psicologia è una scienza ausiliaria (110); è per
questo che non si deve rifiutare la psicologia in quanto tale, quanto piuttosto solo il
suo cattivo utilizzo: la psicologia applicata alla pedagogia deve essere circoscritta ai
suoi giusti limiti. Come segnala Aldo Agazzi, "si deve accogliere la psicologia,
ma reagire alla psicologia senzanima e al tecnicismo, per una psicologia
del concreto e del vivente; e, più ancora, opporsi allo psicologismo pedagogico, che
presume ridurre leducazione a unapplicazione pura e semplice della psicologia
sperimentale" (111); e più avanti: "anche la psicologia va bene, purchè
non sostituisca uno schema astratta al fanciullo vero, vivo e concreto, e ricordi che i
suoi dati non valgono che in quanto interpretati. La pedagogia non è figlia della
psicologia; essa deriva dal concetto che si ha delluomo e della sua destinazione; la
psicologia, per la pedagogia, nn è che una scienza ausiliaria" (112).
Il fatto è che, persino per lo studio della personalità, la psicologia non è qualcosa
dinfallibile; come osserva Emile Planchard, "è una misura prudenziale il
rendersi conto dei limiti della psicologia sperimentale (intesa nel senso abituale della
parola) e ricorrere eventualmente ad altre fonti per studiare la personalità"
(113).
"In un futuro molto prossimo - scrive Gambra -, già previsto nella
legislazione e dotato di propri meccanismi inesorabili, quei test e valutazioni che
nei collegi doggi non sono altro che folclore più o meno irritante, si
trasformeranno nel verdetto del destino personale: un implacabile e (ufficialmente)
infallibile calcolatore elettronico riceverà il dato e lo conserverà per sempre,
comè capace di fare. Ogni volta che nel corso della vita del bambino, poi del
giovane, quindi delluomo maturo, ci sarà bisogno di un certificato o duna
informazione, gli stessi numeri deformi e fatidici saranno invariabilmente vomitati dalla
macchina". E conclude: "E supponendo che ci sia un errore (non già il
colossale errore di principio, ma un errore tecnico) nel risultato duno di quei test,
come trovarlo e impugnarlo se si presuppone che i concetti e le cifre siano scientifici ed
estranei al sapere comune?" (114).Come osserva Emile Planchard, "i test
sono un utile strumento per una miglior soluzione di molteplici problemi scolastici. Ma
non altro che uno strumento e non si possono imporre come una tecnica esclusiva".
E, più avanti, aggiunge: "Infine, si deve dire che, pur con tutte queste
precauzioni e condizioni restrittive, non esiste un diagnostico psicologico infallibile.
Ci possiamo ancora ingannare frequentemente, come il medico coi suoi malati. Svariate
esperienze ci hanno confermato che le relazioni rilevate da un test mentale non
sono determinate esclusivamente dal fattore intelligenza. In certe prove, linfluenza
dellambiente culturale, delle abitudini, della classe sociale, della razza, ecc., si
manifesta abbastanza chiaramente" (115).
8.3.5.4 Orientamento statale?
Ma, oltre a tali errori, ci sono degli altri pericoli.
Ricordiamo quanto si è detto a proposito delleducazione permanente, della
pianificazione e della statalizzazione. Con tali presupposti, attraverso la
classificazione informatica dei dati ricavati dallapplicazione della psicologia,
grazie alla "valutazione continua", chi gestisca la società disporrà di tutti
i dati della persona, a tutte le sue sfumature, qualità, personalità, convinzioni, ecc.
Per lo Stato o il Super Stato, in questo modo, non ci sarà nessuna difficoltà
nellorientare, dirigere ed eliminare da ogni dove nella società quanti si mostrano
restii ad accettare la sua volontà: non resterà che consegnarsi al potere dello Stato
per il resto della vita.
Non dimentichiamo, infatti, che lapplicazione della psicologia sin qua descritta,
prende in considerazione non solo ciò che prima cadeva sotto il nome di "voti",
bensì tutto quanto riguarda lalunno: personalità, famiglia, convinzioni, ecc. E
che i test includono domande destinate a verificare tutto quanto ha relazione con
lalunno, dalle sue fede in Dio fino a quel che pensa della società, della
giustizia, ecc.
Daltronde, lorientamento professionale che si cerca dottenere - dicono -
con lapplicazione della psicologia (nel senso che abbiamo visto) e con la
valutazione continua, può essere legittimamente esercitata dallo Stato? Sarà soltanto
orientamento o supporrà, in un momento non molto lontano, la coercizione?
Anche prescindendo dalla manipolazione della coscienza già segnalata, o supponendo che
tale manipolazione non vi fosse, a cosa mirano le direttive dellUnesco, fedelmente
osservate in alcuni Stati? Qual è loggetto dellorientamento? Chi orienta?
La valutazione viene frequentissimamente presentata come il modo di orientare gli alunni
negli studi superiori, verso la preparazione ad una professione.
Lorientamento che si vuole fornire negli studi superiori presuppone la sostituzione
e soppressione della famiglia e dellambiente in cui il vive bambino: soppresso
lorientamento di questi, sarà la programmazione statale ad orientare lo studente.
Orientamento che misconosce lalunno concreto, incomparabilmente peggiore e parziale
di quella che può fornire lambiente in cui vive.
Chi orienta sarà lo Stato, che non ha titolo per farlo legittimamente. Desideri,
vocazione e inclinazioni sono cose naturali che non possono essere misconosciute, mentre
saranno le stesse necessità sociali ad autoregolare - senza bisogno di pianificazione
statale - le diverse funzioni che gli uomini devono esercitare nella società.
Chi garantisce che lo Stato non spinga gli alunni nella direzione voluta dai suoi "piani"? E ingenuo pretendere che uno Stato che si appropria d'ogni potere sociale ne farà buon uso e si fermerà davanti a dei principi morali, posto che esordisce con lo stabilire quegli stessi principi.
Detto orientamento (a parte altre considerazioni che - si dice - tendono ad aiutare
lalunno, orientandolo nelle sue future funzioni), si basa sulla misurazione spesso
obbligatoria del livello intellettivo, realizzata attraverso dei test. Si dimentica
così che il livello intellettivo, in se stesso, non vuol dire granchè, essendo più
importanti le qualità morali e gli abiti acquisiti dalla persona. E tale misurazione ha
un doppio fine: classificare gli alunni in due "classi" - quella degli alunni
intellettualmente dotati e quella "degli altri" -, ed esigere di più da quanti
hanno un quoziente intellettivo alto, in rapporto al loro coefficiente.
Con ciò si apre un abisso incolmabile fra gli uni e gli altri, creato artificialmente
dalla misurazione scientifica del livello intellettivo. Un abisso disumano e, spesso,
erroneo nella misurazione stessa, che apprezza luomo soltanto per la sua
intelligenza.
E una misurazione che, da una parte, dipende da chi realizza e programma i test,
dalla di lui mentalità e concezioni di vita e, dallaltra, è sempre incompleta -
molto incompleta -, mancando dei fattori dindole personale dai quali non è
possibile prescindere e che fanno luomo responsabile.
NOTE