Omelia su san Girolamo

30 settembre
Continuità fra Antico Testamento, Cultura latina e Nuovo Testamento.
Bellezza nella traduzione e fedeltà alle Sacre Scritture.

Cari fratelli e sorelle in Cristo Gesù Signore e Salvatore nostro, oggi sabato 30 settembre si festeggia un grande padre e dottore della Chiesa, san Girolamo, che ha dato alla Chiesa l’immenso dono della traduzione in latino delle Sacre Scritture, la famosa traduzione detta anche Vulgata, adottata in tutto l’orbe cattolico. Le Scritture sono state così bene, così profondamente, così — oserei dire — soprannaturalmente tradotte da costituire una solida colonna sulla quale poggia la tradizione cattolica, quella tradizione che noi abbiamo la grazia di amare e coltivare.

Le Scritture, che leggiamo nella sacra liturgia secondo il rito di san Pio V, sono tratte dalla Vulgata. Non intendo parlare male dei tentativi di riforma e di aggiornamento, ma, ahimè, talvolta l’uomo moderno, preso dalla vertigine di dover progredire comunque, non si preoccupa dove progredisce. Non ci si preoccupa della strada che si percorre, pur di progredire, non ci si preoccupa dell’essere, delle essenze, ma solo del divenire, del progredire. Però bisognerebbe vedere che cosa è il progresso, dove si và. Vi confesso sinceramente che quella traduzione dei Salmi, che adesso adoperiamo invece della Vulgata, è sì più critica, più scientifica, più aggiornata, ma non è più bella, lasciatemelo dire con chiarezza. Pensate a quel bellissimo salmo che recitiamo nella traduzione di san Girolamo. Esso dice: Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam (Ps 43 [42], 4): verrò all’altare del Signore, a quel Signore che è la gioia della mia giovinezza! Come è bella quella traduzione! Il testo ebraico è perfettamente rispettato. Nelle moderne traduzioni, la giovinezza e la gioia scompaiono misteriosamente, a causa di scrupoli critici e scientifici. Così tutta la poesia delle Scritture scompare.

Invece san Girolamo ebbe da Dio il dono particolare di essere non solo un grande filologo, un grande critico, un grande esegeta, ma soprattutto un’anima poetica, un’anima sensibile e più ancora un’anima credente, soprannaturalmente credente.

Il testo sacro è parola del Signore, di Dio infinitamente bello, gioia degli angeli, splendore di verità! Dice ancora il Salmo: " Alla tua casa, Signore, si addice la bellezza per tutta la lunghezza dei giorni ". Dio è bellezza. La sua casa e i riti con cui lodiamo, celebriamo, onoriamo e proclamiamo il Signore devono essere belli. La parola del Signore, essendo bellissima in sé, deve essere bella anche nelle sue traduzioni.

È cosa commovente vedere come Dio ha dato a san Girolamo il particolare dono di essere elegantissimo nell’espressione latina, con reminiscenze poetiche vergiliane, ovidiane e oraziane. Non solo, ma gli ha dato anche lo "spirito dei riti". San Girolamo rispetta i semitismi e li traduce fedelmente. Proprio per questo entra nella mentalità del popolo eletto, al quale il Signore ha rivolto queste parole. Non bisogna temere la fedeltà nelle traduzioni. Al giorno d’oggi ci si improvvisa traduttori e si diventa traditori. San Girolamo, nel tradurre, dimostrò umiltà, lui che aveva tutt’altra indole. Disciplinato e guidato dal Signore, seppe farsi umile dinanzi alla sua parola e il Signore, amante degli umili, lo esaltò, dando, tramite lui, alla Chiesa la traduzione latina delle Sacre Scritture, detta Vulgata versio.

Circa nel 347, Girolamo nacque in Dalmazia, a Stridone (non si sa esattamente dove fosse questo luogo). Veniva da famiglia cristiana di agiata condizione. Come era allora usanza, non fu battezzato sùbito. All’età di sette anni fu mandato a Roma per iniziare i suoi studi e là ricevette il battesimo. Roma allora godeva la fama di essere una città cólta, dove si poteva acquisire un’accurata formazione latina e greca. Qui scoprì la sua vocazione allo studio ed ebbe un rapporto abbastanza tormentato con la cultura. San Girolamo studiò grammatica con Elio Donato, retorica e filosofia. Ebbe un sogno premonitore, in cui gli apparve Gesù che gli chiese: " Sei cristiano tu? ". " Sì, mi pare di sì ". " No, ciceroniano sei! ". Girolamo non si sbarazzò mai del fascino che le lettere latine e greche esercitavano su di lui. Quindi amava — molto più che la parola rude dei Profeti — l’eloquenza e l’eleganza stilistica. Quando si parla di S. Girolamo nel contesto della patrologia, si osserva che egli rimase sostanzialmente un retore e un grammatico, a differenza di sant’Agostino, che fu piuttosto un filosofo.

Benché Gesù gli avesse detto in sogno "ciceroniano sei!", tuttavia San Girolamo capì che non doveva abbandonare Cicerone. Avrebbe piuttosto dovuto mettere Cicerone, Vergilio, Ovidio, Quintiliano, insomma tutto lo splendore delle lettere latine, al servizio di Cristo, che, essendo il re del mondo, sottomette a sé tutto quello che è buono, vero e bello, perché tutto gli appartiene.

Considerate, cari fratelli, il rapporto tra fede e ragione, fra la Chiesa e lo stato, tra la grazia e la natura, tra il livello soprannaturale e quello naturale: la natura non è distrutta dalla grazia, ma è modificata, purificata, sublimata, è portata alla sua pienezza e oltre! S. Girolamo è il santo della continuità della civiltà romana nel cristianesimo. Questa grande idea non è umana, ma divina. Perché Dio ha voluto che la sede del papato fosse Roma? Per un motivo semplice, perché Roma era la sede dei Cesari. Il Signore stesso ha predisposto che ci fosse quella oggi tanto deprecata alleanza costantiniana tra trono e altare, tra l’imperatore e il papa. Tale continuità fu ispirata da Dio stesso e rappresenta la provvidenziale collaborazione fra potere civile e autorità religiosa, tra stato e Chiesa.

Per San Girolamo la cultura latina era imprescindibile; il cristianesimo doveva farla propria. Il cristianesimo d’occidente non poteva che esprimersi in quella veste erudita, splendida, elegante. Siccome alla provvidenza di Dio nulla sfugge, anche la prodigiosa cultura greco-latina era certamente una praeparatio evangelii secundum voluntatem Dei. Per noi oggi sia l’antichità classica nel senso più nobile della parola, sia il cristianesimo sono due idee strettamente legate l’una all’altra: Roma e la Chiesa, imprescindibilmente. Oggi ci si vergogna della propria romanità e del latino. Perché tanto odio verso il latino che S. Girolamo amava, ammirava e coltivava? Perché quest’odio viscerale, irrazionale? Perché il latino deve essere cancellato e fatto oggetto di una damnatio memoriae? Perché tanto accanimento? La cultura latina e cristiana rimane un grande monumentum, cioè un monito alla mente. " State attenti a quel che fate! " ci dicono i nostri antenati, imbevuti di cultura latina e cristiana. " State attenti a quel che fate! Annientando la latinità, non dissolvete forse anche la cristianità? Vergognandovi delle vostre radici culturali, non uccidete forse spiritualmente voi stessi? ".

Cari fratelli, chiediamo a San Girolamo che ci dia il coraggio di proclamarci cattolici cristiani romani, amanti della grande, sublime, splendida cultura latina e della sua lingua!

Una seconda vocazione di San Girolamo fu quella di vivere da monaco. Fece un viaggio in Gallia (la Francia attuale) e conobbe la vita monastica. Allora, assieme ad alcuni suoi amici, fondò vicino ad Aquileia il così detto " Coro dei Beati " (mi piace il nome di questa comunità monastica). Disse che chiudendosi in un monastero per fare vita ascetica, per studiare e per pregare, si diventava beati e non si poteva non cantare le lodi del Signore. Le biografie di S. Girolamo sottolineano questo duplice aspetto della sua vita: la vita monastica e lo studio come preghiera. Sono due elementi che si compenetrano vicendevolmente. Quando ci si ritira in solitudine, che cosa si fa? Ebbene anzitutto si prega il Signore. E la preghiera, a sua volta, di che cosa si nutre? Della divina parola, amata, approfondita, studiata con passione.

Per il resto della sua vita San Girolamo viaggiò in Oriente, fece vita ascetica nel deserto vicino ad Antiochia, ascoltò a Costantinopoli le lezioni di Gregorio di Nazianzo, il quale gli fece leggere gli scritti di Orìgene, esortandolo a tradurne in latino le opere. San Girolamo ammirò molto Orìgene per il suo greco raffinato, per la sottigliezza del suo pensiero neoplatonico, ma con lui entrò poi in un’appassionata polemica per certe affermazioni in eretiche. San Girolamo fu un polemista straordinario. Applicò il detto di san Paolo: " Devi esortare opportunamente e inopportunamente ". In effetti, Girolamo esortava anche inopportunamente. Direi quasi più inopportunamente che opportunamente. Si inimicò moltissime persone, essendo uno spirito irascibile e passionale. Però (ecco la pedagogia di Cristo!) quella sua passionalità, quella sua irascibilità, quel suo orgoglio, quel suo spirito vendicativo, furono da lui vinti con l’aiuto del Signore Gesù e quello che vi era di buono nella sua passionalità fu messo al servizio del Vangelo.

Nel 382 il papa Damaso (366-384) lo chiamò a Roma e in quell’occasione gli conferì l’incarico di rivedere la versione latina del Nuovo Testamento [detta Vetus Latina o Itala] sull’originale greco e di correggere sul testo dei Septuaginta la versione corrente dell’Antico Testamento. Nasceva così quella redazione della Bibbia che per la sua celebrità si chiamò Vulgata e che, per quanto non immune da mende, può essere tuttora considerata come uno dei più insigni monumenti letterari dell’antichità cristiana. Nel 391, quando erano passati sette anni dalla morte di Damaso I, San Girolamo decise di intraprendere la traduzione dell’Antico Testamento sull’ebraico, lavoro che lo tenne impegnato fino al 406: non si trattava più di una revisione, ma di una versione ex novo. Così San Girolamo poté dire di aver ottemperato totalmente all’ordine del pontefice, in spirito di perfetta obbedienza.

San Girolamo pensava addirittura di poter succedere a papa Damaso, di cui era stato segretario: aveva buone speranze. La tradizione dice che fu persino ascritto al Sacro Collegio, tant’è vero che in arte S. Girolamo è spesso rappresentato in vesti cardinalizie. Egli apparteneva al clero di Roma e quindi poteva essere eletto papa. Condusse vita ascetica e ben presto attorno a lui si radunarono altri desiderosi di perfezione, specialmente un gruppo di dame dell’alta nobiltà romana, come le vedove Marcella e Paola con le rispettive figlie Blesilla ed Eustochia. Ma il clero romano, al quale San Girolamo non risparmiò gli attacchi, lo avversò fieramente e, alla morte di papa Damaso (384), prese pretesto dal decesso della giovane Blesilla per suscitare una sollevazione di popolo contro San Girolamo, che sdegnato abbandonò Roma e prese la via di Gerusalemme, dove presto lo raggiunse il gruppo degli asceti romani. Egli era troppo ascetico per i gusti romani di quel tempo, era molto amico del Papa San Damaso, desideroso di costumi più severi:da qui la reazione ostile contro di lui, che dovette fuggire da Roma, temendo per la sua incolumità fisica. Dopo alcuni pellegrinaggi ad Antiochia e nei deserti della Nitria, nel 387 si stabilì con la sua piccola comunità nei dintorni di Betlemme. Furono anni d’intenso lavoro e di studio, in vista dei quali SanGirolamo si era preparato uno strumento prezioso nella ricca biblioteca raccolta durante le sue peregrinazioni.

In arte san Girolamo è spesso rappresentato non solo in vesti cardinalizie, ma anche in abiti poveri e logori, per sottolineare la sua anima monastica. Talora viene raffigurato con un leone ai suoi piedi. Perché mai? Si racconta che un giorno egli trovò un leone con una spina nella zampa; gliela tolse e lo medicò. Il leone gli si affezionò e rimase accanto a lui fino alla morte. Questa è una leggenda. Può darsi però che l’episodio sia vero. Comunque è bello vedere in questa bestia feroce, che ferita si lascia medicare e diventa docile, il simbolo del santo stesso. San Girolamo non era timido, anzi era un vero leone, che però divenne mite dinanzi al Maestro, divenne mansueto dinanzi al Signore.

S. Girolamo: che anima bella! Ci induce a pensare che, anche se vediamo in noi degli eccessi, delle tendenze passionali e disordinate, non c’è da temere: il Signore ci medica, come medicò Girolamo e lo rese mansueto, considerando quello che c’era di buono in lui.

Circa il rapporto di S. Girolamo con le Scritture, cito un brano del suo Commento al profeta Isaia:Si enim iuxta apostolum Paulum Christus Dei virtus est Deique sapientia, ignoratio scripturarum ignoratio Christi est " [= Se secondo l’apostolo Paolo il Cristo è la potenza e la sapienza di Dio, l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo]. Mi piace molto questo sillogismo. Se san Paolo afferma che Cristo è la sapienza e la potenza di Dio e se Gesù dice ai sadducei che non conoscendo le Scritture non conoscono la potenza di Dio (Mt 22, 29), ciò vuol dire che le Scritture sono vere. Perciò tutto l’Antico Testamento è visto da S. Girolamo come non è visto da certi nostri esegeti contemporanei, cioè come una pedagogia in vista del Cristo.

Per S. Girolamo Isaia è stato non solo un profeta, ma anche un apostolo e un evangelista. I profeti chi annunciano? Annunciano Colui che è annunciato anche dagli apostoli, il Cristo. Questo è il punto cruciale verso cui converge tutta la storia dell’Antica Alleanza.

Oggi siamo in scarsa consonanza con la sensibilità del popolo ebraico. Ma questo non ci interessa più di tanto, perché non siamo laicisti. Ci preme solo la vita dello spirito, la religione, non le etnie. Se uno perde di vista queste due cose, tutto si confonde. Nella religione le cose stanno così: la pienezza della verità è solo in Cristo. Quindi non c’è nessun dubbio che tutte le Scritture convergono verso il Cristo. Pensate alla trasfigurazione di Gesù: Mosè ed Elia stanno ai lati del Signore. Allora rispettiamo pure la sensibilità di tutti, ma rispettiamo anzi tutto l’onore dovuto a Dio! E Dio ha voluto che il mondo fosse redento nel Cristo.

Le Scritture contengono il Cristo. Infatti S. Girolamo dice: " Nel volume di Isaia è contenuto tutto quello che la lingua umana può pronunciare, tutto quello che la debole mente umana può concepire. Tutta la filosofia, la metafisica, la cosmologia, l’etica sono contenute nelle Scritture ".

Ebbene, sull’esempio di S. Girolamo manteniamoci fedeli all’interpretazione obbiettiva, secondo verità delle Sacre Scritture, perché la parola del Signore sia il nutrimento delle anime nostre e così sia.