Quest’oggi ci rallegriamo per la festa della gloriosa e beata Vergine Maria venerata sotto un titolo particolare. Come è bella la liturgia secondo S. Pio V che ci consente di celebrare tante e così profonde e così liete feste mariane. Ecco, la festa di oggi è tutta dedicata al nome di Maria, Nomen Virginis Mariae, dice il vangelo di S. Luca, e la vergine si chiamava Maria. In quel nome, cari fratelli, appena lo percepiamo noi troviamo tanta gioia, tanta riconoscenza verso quel Dio che si manifestò grande nell’anima della sua ancella. Non dice forse la beata Vergine stessa cantando la lode del Signore: Magnificat anima mea Dominum, l’anima mia magnifica il Signore, perché il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva e il Signore ha fatto grandi opere in Lei.
Davvero si è manifestato Iddio in Maria, grande è Dio in tutti i santi, ma più grande è in colei che è la regina di tutti i Santi e di tutti gli angeli. Ecco, cari fratelli, con quanta devozione noi dobbiamo pronunciare questi santi nomi: il nome supremo, il nome di Gesù e poi il nome della madre sua santissima, giacché la madre è sempre associata al Figlio nella sofferenza e nel trionfo della resurrezione, sempre pronunciamo questi due nomi, cari fratelli, come nomi nei quali è sintetizzata e compendiata l’umana salvezza, i nomi di Gesù e di Maria. Giacché, come dice l’apostolo S. Paolo, a Lui è stato dato un nome al quale dovrà piegarsi il ginocchio in terra, sotto terra e nei cieli, ogni ginocchio dovrà piegarsi a quel nuovo nome che è stato proclamato su di noi, il nome di Cristo Gesù, il nome del nostro Salvatore.
Ecco, cari fratelli, bisogna che meditiamo in questa festa di Maria su alcuni aspetti particolari, direi anzitutto il significato del nome, questo è molto importante giacché oggi ci dimentichiamo un po’ di quella che era la mentalità dei nostri antenati che sapevano bene che cosa dicevano quando pronunciavano un nome, noi ahimè siamo diventati nominalisti invece di essere molto realisti filosoficamente parlando.
Secondo aspetto è Maria SS. come l’aiuto dei Cristiani. Vedete, la festa odierna è stata istituita dal grande papa Innocenzo XI per ringraziare la vergine SS. di quella grande vittoria delle anime cristiane dinanzi a Vienna, la città capitale dell’impero che minacciava di essere travolta dalle truppe musulmane. Ebbene il papa ha riconosciuto proprio in questa vittoria di Giovanni Sovieski, che fece allora l’alleanza la Polonia, sempre fedele e cattolicissima la Polonia, ebbene il re Giovanni Sovieski fece l’alleanza con l’imperatore Leopoldo e insieme Iddio ha benedetto l’esercito cristiano ed ha sgominato i nemici della santa fede. Ecco perché, per gratitudine, per riconoscenza di questa grande vittoria il papa Innocenzo XI ha introdotto questa festa del nome di Maria.
Come un terrore per i loro nemici piombarono questi cavalieri di Cristo sui turchi esclamando: Gesù e Maria! Vedete, miei cari fratelli, con il nome di Gesù e di Maria sulle labbra hanno vinto i nemici del cristianesimo.
Perciò molto importante meditare sulla potenza di quella parola, di quel nome di Maria. Il significato di quel nome, Maria, significa illuminata in sé, colei che è la portatrice di luce, colei che è illuminata nella sua anima che diventa luce per tante altre anime nel cammino verso la patria celeste.
Vedremo anche questo aspetto. Procediamo secondo l’ordine. Anzitutto il significato del nome. Vi dissi che il pericolo di oggi è il nominalismo. A che cosa mi riferisco? Mi riferisco a quel sofista, forse vi ricorderete di quel sofista che si chiamava Gorgia. Gorgia diceva così, il suo aforisma, il suo motto: non c’è nulla, distruzione dell’essere, scetticismo completo su piano filosofico, non c’è nulla. Poi si spaventa nel suo stesso dogmatismo e da bravo scettico condiziona, quindi condiziona questa sua asserzione, se però qualche cosa ci fosse, allora che cosa si potrebbe conoscere? Se qualcosa ci fosse, non si potrebbe conoscere. Secondo colpo assestato a livello della conoscenza, vedete, non si può conoscere. Terzo momento, quello della parola, anche se si potesse conoscere, comunque non si potrebbe nominare.
Invece in una sana filosofia queste tre cose si appartengono strettamente a vicenda. San Tommaso non si stanca mai di ribadire l’appartenenza del nome a quello che lui chiama intellectus, intendendo per intellectus non la facoltà mentale, ma il concetto della mente, quindi il nome è un segno del concetto ed il concetto a sua volta è un segno della cosa significata. Quindi c’è questa duplice appartenenza del nome al concetto e del concetto alla realtà.
Vedete cari fratelli, allora sbagliamo molto quando ci abbandoniamo a queste vanità di ordine fenomenico, scettico: la parola è un puro artefatto, noi parliamo, ma senza badare molto a quello di cui noi parliamo.
Ecco, cari fratelli, certi vaneggiamenti filosofici portano la loro tesi insita nei medesimi, ecco come staccando la parola dal suo significato, dalla res, che cosa è successo? È successo ad esempio nella vita sociale ci sentiamo travolti da una marea di parole che non significano. Invece ogni sana filosofia, ogni sano pensiero, pensa sempre l’essere e nomina con i nomi anche esteriormente pronunciati ancora l’essere concettualmente compreso a livello dell’intelletto.
Vedete, miei cari, non dobbiamo mai separare queste cose, anzi è molto bello vedere la Sacra Scrittura, è bellissimo, notate che ci sono degli errori spaventosi riguardo il peccato delle origini, il Signore mi perdoni solo a ripetere certe bestemmie, perché sappiate fino a che punto si può giungere nella cattiva interpretazione della scrittura, Hegel osò dire che l’uomo peccando, il Signore mi perdoni, l’uomo peccando ha preso coscienza di sé. Invece la scrittura ci parla della coscienza dell’uomo in termini ben diversi, cioè peccando l’uomo ha preso coscienza di sé, ma come di una rovina, come di un essere che dalla sua pienezza è decaduto, mentre di fatto il Signore diede l’intelligenza all’uomo nel primo momento in cui gli diede il soffio delle sue narici.
Vedete, quel soffio divino è l’anima razionale, altro che darwinismo, miei cari fratelli, il Signore ha plasmato l’uomo sì dal fango della terra, ma poi gli ha dato uno spirito che non viene dalla terra, ma viene da Dio onnipotente e Dio è spirito, ecco perché la nostra anima, imparentata come è con Dio, è a sua volta spirituale.
Poi vedete come il Signore ammaestra l’uomo, lo prende per mano nel paradiso terrestre, quel delizioso giardino che il Signore nel suo amore ha preparato per l’uomo e lo conduce a denominare tutti gli esseri del paradiso. Non è che l’uomo crea, notate bene la differenza tra il Creatore e la creatura, solo il Creatore quando nomina le cose, col solo pronunciare il nome, quando Iddio dice: fiat! Ecco che le cose sono. Solo Dio lo può fare, il nome che Dio pronuncia è talmente legato all’essere, che Dio chiamando le cose con il loro nome, le chiama dal loro nulla all’essere, alla partecipazione direbbe S. Tommaso della cosa essente. Così fa Dio. L’uomo non può produrre con il suo pensiero, anche se i rivoluzionari, gli esistenzialisti — Sartre e compagnia bella — pensano che l’uomo possa farlo, poi si stupiscono che era un grande fallimento, non poteva essere altrimenti.
L’uomo non può con il suo pensiero produrre l’essere, però può umilmente con il suo pensiero, obbedendo alla legge dell’essere, pensare alla verità dell’essere. Vedete, cari fratelli, è bellissimo vedere questo: vedere Adamo condotto per mano da Dio, nominare le cose in maniera tale che quel nome corrisponde esattamente all’essere che Dio Creatore diede a ciascuna delle cose. Quindi: nome, concetto, comprensione e la cosa coincidono in tutt’uno secondo la volontà originaria di Dio.
Così, cari fratelli, quando noi diciamo i nomi santi o il nome di Dio — non a caso c’è il secondo comandamento, non pronunciare il nome di Dio, e naturalmente per estensione non pronunciare il nome dei Santi di Dio, non pronunciare il nome di Dio invano — non pronunciamo una parola, noi poniamo uno spazio innanzi a noi, la realtà stessa di Dio onnipotente e dei suoi Santi.
Vedete, cari fratelli, come è delicato parlare di Dio, perché accennando a Dio noi non solo evochiamo il nome a sé stante, ma con il nome evochiamo la realtà stessa, la realtà santa di Dio.
Ecco, miei cari, allora quando invochiamo il nome di Maria, il nome di Gesù, il nome dei Santi del Signore, bisogna sempre farlo con la massima serietà, cioè ricordandoci di questo, che il nome non è mai isolato. Il peccato grande, la menzogna, consiste nel fatto di isolare il nome; vedete il nominalismo, che è l’inizio della rovina del pensiero occidentale, il nominalismo ha questa fondamentale struttura e menzogna, la retorica che si libera dall’obbligo di pensare l’essere. Vedete il primo liberalismo, la prima rivoluzione, consiste nel fatto che il pensiero si sente sganciato dal dover sottostare all’essere. Cosa importantissima, cari fratelli: è successo un danno irreparabile.
Invece nella volontà del Signore c’è questo stretto legame, questa pace che ci deve essere fra la realtà, la res, l’essere delle cose, il concetto e la parola. Quindi quando parliamo dobbiamo sapere ciò di cui parliamo e sapere che parlando evochiamo la stessa realtà a cui ci riferiamo con le parole. Allora, perché invocare il nome di Gesù, perché invocare il nome di Maria? Inutile che ve lo dica, vedete, perché abbiamo tanto bisogno, tanto bisogno, soprattutto in questi tempi sciagurati, cari fratelli, in questi tempi in cui l’infernale nemico si accanisce più che mai contro la santa Chiesa, abbiamo bisogno, come i nostri antenati, noi che amiamo la tradizione, cari fratelli, solo uno sciagurato rinnega le tradizioni dei padri, perché dai nostri padri abbiamo ricevuto vita.
Vedete il IV comandamento, cari fratelli, Iddio stesso, Iddio da cui ogni paternità discende, Iddio ha stabilito il diritto dei genitori sulla prole. È un parricidio, cari fratelli, è un parricidio voler rinnegare le proprie radici culturali. Allora facciamo come i grandi campioni della cristianità cattolica del passato hanno ottenuto tante vittorie nel nome di Gesù e di Maria. Pensate a Costantino, la splendida missione della Croce di Cristo e poi le parole: In hoc signo vinces, in questo segno e nel nome SS. di Gesù sarai vincitore.
Ecco, cari fratelli, con quali nomi sulle labbra i martiri affrontavano la morte e con quali nomi sulle labbra e con quali nomi i campioni della cristianità affrontavano le schiere degli infedeli. Vedete, cari fratelli, penserei quasi, sempre pensando a quel misterioso disegno di Dio nella storia dell’umanità, oserei quasi dire che il cristianesimo è stato preparato sia soprannaturalmente tramite i patriarchi e i profeti dell’antica alleanza, sia socialmente, politicamente e soprattutto culturalmente tramite quella grande cultura — e guai a chi osa toglierla, cari fratelli — la Cristianità non può che essere grecoromana, noi siamo obbligati strettamente all’eredità dell’antica Roma e dell’antica Grecia e non mi si dica che in qualche cosa di contingente, come dicono quegli sciagurati di oggi, che se la prendono con Costantino e dicono che ha inquinato la Chiesa, mentre noi adesso con i concordati che sono alquanto discordi, concorrono molto con la legge degli uomini, ma sono discordi con la legge del Signore, ebbene noi abbiamo finalmente capito la verità.
No, cari fratelli, quello che è la sciagura dei nostri tempi è il fatto di sputare sul sangue dei martiri e degli eroi. Questa è la viltà del nostro tempo. Allora si dice: Costantino ha rovinato la Chiesa. No, Costantino ha salvato la Chiesa. Vedete, quei falsi profeti vorrebbero che la Chiesa fosse quella degli Apostoli e dei Martiri, ma è facile pronunciare la parola martirio, la parola martirio invece corrisponde ad una realtà sublime, eccelsa. E la Chiesa, nella sua materna prudenza, ha sempre saputo che il martirio è una grazia del tutto particolare del Signore.
Vedete la sciagura del pacifismo, cari fratelli, il pacifismo, non mi stancherò di ripeterlo, il pacifismo è una falsa profezia, il pacifismo è imprudente nelle sue origini e delinquenziale nelle sue conseguenze. Ma noi abbiamo scoperto la non violenza, gli altri combattevano i Turchi, i Saraceni ecc.; Noialtri abbiamo scoperto la nonviolenza, noialtri porgiamo l’altra guancia, non la nostra, quella degli altri, si intende. Vedete che è cosa molto facile. Quindi noi porgiamo l’altra guancia, per noi il martirio è come fosse una cosa di tutti i giorni, capite. Mentre la Chiesa sa benissimo che c’è una distinzione fra il governo soprannaturale, di Dio sul mondo ed il governo ordinario. Vedete il Signore ordinariamente vuole che la Chiesa sia istituzione e per parlarci chiaro che sia potere temporale.
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