Questo giorno di oggi, 12 di Marzo, è la festa di S. Gregorio Magno Papa, ed è cosa del tutto consona allo spirito della sacra liturgia quella di celebrare le feste dei Santi anche nel tempo della sacra quaresima, certo tempo forte, tempo penitenziale, tempo di preparazione alla Santa Pasqua. Ma chi mai era più discepolo della Croce di colui che è il Santo di Cristo? Vedete i Santi del Signore si sono rivestiti della potenza della Santa Croce ed hanno combattuto la santa e pacifica battaglia del Santo Vangelo. E così, cari fratelli, celebrare le feste dei Santi è ancora celebrare i trionfi di Dio nelle anime umane. E che cosa vuole il Signore se non appunto questo: trionfare sulla dura cervice nostra, avere Lui il primo posto, quel posto che gli spetta nella nostra anima e nel nostro cuore? "Ascolta, o Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo, non avrai altri dei al di fuori del Signore e amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze". Vedete, cari fratelli, la sublimità e la grandiosità della vittoria della Croce del Signore, vittoria sul peggiore nemico. I Santi tutti sapevano di essere in combattimento duro e senza tregua in questo pellegrinaggio terreno, il combattimento contro il nemico peggiore perché nemico interiore, contro la triplice concupiscenza che fa dell’anima nostra la preda del demonio.
E così, cari fratelli, proprio in questo sacro tempo della quaresima, che ci ricorda le tentazioni di Gesù nel deserto, ebbene anche noi dobbiamo comprendere noi stessi come anime in un santo combattimento, sostenuti dalla potenza trionfatrice della Croce di Cristo, morto e risorto per noi. Allora, cari fratelli, è del tutto consono, è cosa molto bella, lodevole, degna, celebrare le feste dei Santi anche in questi tempi forti, perché sempre si celebra il mistero di Dio e il mistero del suo Cristo.
Ebbene, S. Gregorio Magno di che cosa ci lascia esempio? Anzitutto del suo stesso governo della Chiesa. Egli è stato chiamato ad essere successore di S. Pietro, ad essere il Papa della Chiesa universale. Ed è con S. Gregorio che in particolare si consolidò quella giusta e legittima autorità che per volontà del Signore doveva essere proprio quella del sommo Pontefice, potestà vicariale, ma nel contempo a nome di Cristo, potestà universale, potestà di giurisdizione, potestà che si estende su tutta la Chiesa e che raggiunge ogni anima di ogni cristiano, ogni anima battezzata e sottoposta a quel potere che il Cristo ha lasciato a S. Pietro. E non solo, oserei dire che ogni ragionevole, ogni razionale creatura, come ebbe a scrivere il Papa Bonifacio VIII, ogni razionale creatura deve sottomettersi "ad nutum summi Pontificis", Perché questo? ebbene perché il Pontefice rappresenta il Cristo sulla terra. Come dice appunto Santa Caterina: "Il Papa è il dolce Cristo in terra"
Come è bello vedere proprio l’autorità pontificale, sacerdotale e anche l’autorità temporale ai suoi albori del papa S. Gregorio Magno. Cari fratelli, quello che mi stupisce sempre di più meditando sul mistero di questi uomini che si sono santificati tramite il governo o episcopale o addirittura pontificale, ebbene cari fratelli, quello che mi stupisce sempre di più è quella, diciamo così, loro autorità (come si suol dire), parola facile a dirsi , ma meno facile a comprendersi ed ancora meno da esercitarsi come realtà. Si dice spesso al giorno di oggi, che l’autorità è un servizio, ma si dimentica l’altra parte di questa verità e cioè che certamente se l’autorità è un servizio, tra tanti servizi che ci sono nella società e nella Chiesa, uno dei più significativi, anzi il primo, perché deve in qualche modo dirigere tutti gli altri servizi, è proprio quello di esercitare l’autorità. Esercitarla, cari fratelli, non di desistere da essa.
Vedete c’è stato un certo tempo, vi ricordate, non tanto lontano, negli anni sessantotto e seguenti, quando ci si diceva: "fantasia al potere! Irrazionalità al potere! Malvagità al potere, stupidità al potere!" e c’era chi si piegava, c’era chi assecondava, c’era chi diceva, anche tra i cristiani, "oh, finalmente l’autorità si fa servizio!" e non ci si avvedeva che sotto il nome di autorità a servizio si desisteva e dall’autorità e dal servizio.
Oh, cari fratelli, l’autorità è cosa molto delicata, molto preziosa, l’autorità è, direi, il sale della società. Senza l’autorità la società muore, senza l’autorità la società si dissolve, senza la società i regni diventano dei latrocini, come dice S. Agostino. Ecco, cari fratelli, quanta stima dobbiamo avere dell’autorità, persino della povera autorità umana, dell’autorità che può sbagliare e che anche sbaglia talvolta. Però sempre, cari fratelli, almeno noi cristiani, dobbiamo in virtù della fede ed anche con la virtù della penitenza, dobbiamo mantenere alta l’autorità e il diritto che essa ha a farsi ubbidire e a farsi riverire. Ma, cari fratelli, se l’autorità ha il diritto e il dovere di farsi ubbidire, noi abbiamo anche il diritto e il dovere di richiamare l’autorità ad esercitare i suoi doveri.
Vedete, cari fratelli, ciascuno nella società ha il suo dovere che gli è stato assegnato dalla provvidenza divina. Già il grande Platone diceva che la società è ordinata quando ogni cittadino si dedica a fare quello che gli spetta, ( ta …kratei traduzione greca), sembra così semplice, ma vedete come la società è sconquassata proprio perché si cerca di darsi sempre a quello che si dice "il carrierismo", la tendenza ad esercitarsi come arrampicatori sociali, la tendenza ad una falsa, sbagliata diplomazia, che non rinuncia certo alle poltrone, ma rinuncia invece alla propria responsabilità, vedete, cari fratelli. Così non ci si deve stupire se c’è una facciata ridicola, quasi buffa dell’autorità, ma non ce n’è più la res vera, la vera realtà della bellezza. Come invece erano sereni e santi quei personaggi dell’epoca patristica, in particolare il festeggiato di oggi, S. Gregorio, nell’esercizio della sua autorità.
Egli, che non si faceva mai chiamare "universalis Papa", non perché non sapesse che appunto che la sua autorità è universale su tutta la Chiesa, ma per motivi di vera e autentica umiltà, si faceva però chiamare: "Servus servorum Dei", ovvero il primo tra i servitori di Dio. Vedete, cari fratelli, come sottolineava il suo primato, giacché dice appunto il Signore: "Colui che vuole essere il primo tra voi, deve farsi il servitore di tutti". Servus servorum, non servilismo, non desistenza dall’autorità, ma l’affermazione del primato, "il primo servitore della Chiesa sono io, il vicario di Cristo". E questo non per mettere in evidenza me, non per spadroneggiare sulla fede dei fedeli, ma per amministrare il tesaurus fidelium e per condurre tutte le anime ai pascoli ubertosi del Cielo.
Vedete, cari fratelli, quello che mi stupisce sempre è come l’autorità, l’autorità vera, l’autorità robusta, l’autorità serena, l’autorità santificatrice, perché i superiori si santificano esercitandola, ebbene, cari fratelli, come l’autorità vera esclude l’autoritarismo. Basta una piccola aggiunta a quella parola, ma tutto è rovesciato. L’autoritarismo si oppone all’autorità ed è una cosa strana, paradossale, che proprio in un’epoca sconquassata dalla rivoluzione libertaria, dalla democrazia portata agli eccessi-- pensate al totalitarismo marxista, che dice che tramite la dialettica esso arriva al potere in quanto fa esplodere le contraddizioni insite alla democrazia libertaria, non dimentichiamocelo mai questo. Totalitarismo come effetto dell’anarchia. Notate bene, cari fratelli, come una democrazia che si stacca dalle sue radici soprannaturali, dal suo carattere per così dire sacro (e ogni potere o è sacro o non è), se si lascia profanare, se si lascia secolarizzare, se non pensa di dover dare proprio il conto a Dio, diventa un qualche cosa di spadroneggiante sul popolo, a nome del popolo stesso. Per ingannare chi? Ebbene ancora il popolo stesso. Vedete, cari fratelli. L’inganno del popolo perpetrato a nome del popolo.
Come è bello quello che dice S. Pietro, il primo Papa, nella sua lettera! Penso che sia il suo testamento spirituale a tutti i Papi suoi successori e a tutti coloro che hanno qualsiasi grado di autorità, di dignità nella Chiesa e anche nella società civile. Dice: "non ut dominantes in cleris, sed forma facti gregis ex animo", non come spadroneggianti in cleris, cioè nell’eredità ( voi sapete clerus dalla parola greca……cleronomia vuol dire appunto l’eredità), non come coloro che spadroneggiano sull’eredità del Signore, sul popolo santo di Dio, ma coloro che si fanno modelli del gregge, di buon animo, con amore governare la Chiesa, proponendo sé stessi, non con superbia, ma con squisita umiltà e vera autorità, proponendosi come modelli del gregge. Così dice S. Paolo, senza orgoglio alcuno: "fratelli, fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo!". Che cosa dice S. Paolo? Dice : "Fatevi miei imitatori", cioè io mi sento responsabile di dare anzitutto il buon esempio a voi. Ma notate, cari fratelli, fatevi miei imitatori solo in quanto io non sono semplicemente Saulo di Tarso, ma in quanto sono l’apostolo di Gesù Cristo, in quanto io sono l’imitatore di Cristo. Siate dunque imitatori miei in quanto io lo sono di Cristo. Ecco, cari fratelli, notate come alla radice ( e questo è il paradosso del governo, dell’autorità nell’ambito della Santa Chiesa) come alla radice dell’autorità e del potere nella Chiesa c’è questa umiltà, l’umiltà secondo cui tutti, popolo e pastori, tutti, devono rendere ragione all’unico sovrano onnipotente Iddio e al Cristo, al quale solo spetta la regalità, per tutti i secoli dei secoli, amen.
Ecco, cari fratelli. Vedete la differenza fra un governo veramente soave e dolce, che rispettava anche il valore autenticamente naturale, cioè creato da Dio e insito per natura nell’umana società, ma nel contempo ostacolava il dilagare della triplice diabolica concupiscenza nella società tramite la gratia sanans Cristi, tramite la grazia sanante di Gesù Cristo.
Vedete, cari fratelli, quanto è subdola e sbagliata quella impostazione che anche ahimè alcuni sedicenti politici cristiani hanno messo in atto, cioè quando hanno detto che intanto noi siamo dei laici, come gli altri, siamo laici quasi allo stesso modo come lo è un partito repubblicano o un partito liberale e via dicendo. Ma qui c’è un grave fraintendimento della parola "laicità", miei cari fratelli. Vedete come l’autoritarismo non è l’autorità, così il laicismo non è la vera laicità. Ebbene, se si studiasse di più S. Tommaso d’Aquino, l’insigne angelico dottore, si saprebbe che proprio la sacralità del potere non ripugna per nulla alla giusta e sana laicità della società, alla vera laicità della società, la vera laicità. Perché che cosa vuol dire la laicità della società? Vuol dire che la società ci sarebbe comunque, anche se Iddio non si fosse compiaciuto di inviarci il suo sommo dono, cioè il Verbo Incarnato di Lui, Gesù Cristo, nostro Signore, re dei secoli. Capite, cari fratelli. Quindi anche senza la regalità gratuita di grazia, regalità soprannaturale di Cristo, comunque ci sarebbe l’umana società.
S. Tommaso lo sottolinea molto bene contro ogni tentativo proprio di fideismo. C’è chi dice: "la società c’è solo come conseguenza del peccato delle origini": no, dice S. Tommaso, la società e l’autorità e il potere ci sarebbe stato anche nel Paradiso terrestre e ci sarà in una certa forma anche nel regno dei Cieli, anche in Paradiso. Vedete, cari fratelli. Quindi la società è un fatto che fa parte della stessa natura umana. E fin qui siamo d’accordo. Distinzione tra il livello di fede della rivelazione gratuita e soprannaturale e dall’altra parte distinzione della natura che è l’oggetto dell’opera di Dio Creatore. Fin qui siamo nell’ambito della laicità.
La laicità diventa invece bieco laicismo quando comincia a dire: "allora bisogna staccarsi da qualsivoglia riferimento alla legge di Cristo. Vedete, cari fratelli. Per esempio (voi sapete l’ultima diatriba squallida che ha sconvolto tutto il mondo cattolico) vedete, cari fratelli, quando si tratta di problemi come il divorzio, anche se quella battaglia doveva essere persa, andava comunque combattuta e ciò a livello politico, cari fratelli. Non scelte di sacrestia, scelte, opzioni religiose, io vado a pregare in sacrestia, intanto gli altri si arrangino. No, io vado a combattere come cavaliere di Cristo, nella società nella quale il Signore mi ha mandato a vivere e a lottare, per affermare il regno del Figlio suo unigenito! Perché tale regno, cari fratelli, non è opzione nostra o bontà nostra se lo diamo a Cristo, il Cristo ha ricevuto il regno dal Padre suo e se lo è conquistato con la sua morte in croce e la sua resurrezione per noi. Vedete, cari fratelli, quali sono allora gli equivoci riguardanti la laicità e il laicismo. Quella che si dice "scelta religiosa", non è una scelta cattolica.
E’ inutile che si agitino poi questi signori, certe frange del cattolicesimo liberale, che stranamente sono proprio quelle frange che se la prendono con la Santissima inquisizione. Ma quando quei signori sono indicati come i guastatori dell’Italia cattolica per nome e cognome, allora ricorrono al tribunale umano, anche se ecclesiastico. Non si fidano più del potere del Vangelo che farà risaltare a meridiana luce la verità.
Ma, cari fratelli, anche se il giudizio umano giudica in un modo o in un altro, non ha importanza, c’è Colui che alla fine dei tempi si siederà sul suo trono come eterno giudice e allora saranno svelate le coscienze, allora saranno citati nomi e cognomi e nessuno sfuggirà a questo momento. Non ci sarà più appello, né al tribunale inquisitoriale, né al tribunale ecclesiastico, né a qualsiasi altra istanza umana. Allora ci sarà il Cristo che verrà a giudicare e le coscienze saranno svelate e nessuno si sottrarrà.
Ecco, cari fratelli, non giudichiamo nessuno. Però giudichiamo la situazione delle cose, vediamo l’opera di guasto, vediamo l’opera della scristianizzazione, della profanazione della vita sociale. Perché la vita sociale diventa invivibile? Ebbene perché non ha più l’impronta cristiana e mancandole l’anima cristiana, mancandole la vita di grazia le manca anche l’umanità, perché senza Dio l’uomo non può essere uomo! Senza Dio l’uomo non può essere uomo. E’ proprio un assioma sapete, è un assioma dell’antropologia teologica, di ogni antropologia che voglia essere veramente umana e non bestiale. Ecco, cari fratelli.
Allora riprendiamo la mentalità proprio di S. Gregorio Papa. L’autorità, pieno rispetto per tutti. Vedete S. Gregorio aveva rispetto per tutto, anche per le istituzioni pagane. Però nel contempo sapeva: il vero re è Cristo, a Lui solo onore, a Lui solo il potere.
Così dobbiamo di nuovo (non sono solo insegnamenti, diciamo così, preconciliari, come si suol dire), no, il concilio stesso dice che bisogna iscrivere la legge di Cristo nelle istituzioni umane. D’altra parte non potrebbe dire diversamente, se dicesse diversamente sarebbe un oltraggio immenso al nostro Signore.
Ecco allora come è importante saper distinguere i valori naturali dai valori soprannaturali, ma nel contempo sapere che non si possono sciogliere, nella prospettiva di una umanità piagata dal peccato delle origini, non si possono mantenere nella loro integrità i valori sociali e morali naturali senza la benedizione e l’aiuto della grazia di Cristo.
Volevo dirvi ancora..(ahimè, no, non ce la facciamo, perché abbiamo oltrepassato i limiti di tempo), solamente alla vostra pia meditazione propongo alcuni punti di riflessione riguardanti S. Gregorio Magno Papa. Uno potrebbe essere questo, dopo aver visto proprio questo suo sereno esercizio dell’autorità, autorità non gestita in prima persona, ma autorità della quale il Papa è consapevole che dovrà rendere conto a Dio. Vedete, finché i sovrani regnavano non per propria persona, ma per grazia di Dio, sapevano che se erano ingiusti dovevano poi pagare la loro ingiustizia anche con la salvezza eterna della loro anima. Invece adesso siamo in mano a degli atei, che non credono più in nulla se non a se stessi. Ecco allora perché la società è governata in maniera così disordinata e così arbitraria.
Un secondo tema di meditazione potrebbe essere quello di S. Gregorio Magno monaco. Nella sua casa paterna (era un uomo che veniva da una famiglia piuttosto agiata) ebbene mise queste ricchezze paterne proprio a servizio di Dio, nella sua casa sul clivus Caudi, a Roma, fondò il convento di S. Andrea e si dice di lui che sempre, in tutte le sue mansioni, quando fu eletto diacono di Roma, quando fu mandato ambasciatore alla corte di Bisanzio, apocrisiario del suo predecessore papa Pelagio II, quando fu eletto persino sul soglio pontificio, ebbene sempre visse da monaco. Tutti lo ammiravano per questa caratteristica, che in ogni circostanza sempre amava anzitutto la contemplazione. Poi, cari fratelli, secondo tema di meditazione, dopo questa caratteristica, diciamo così monastica, del primato della dimensione contemplativa, un secondo punto di meditazione potrebbe essere quello della estensione del contemplativo appunto nel campo apostolico. S. Gregorio è il grande apostolo delle genti. S. Gregorio ispirò una grande missione nell’Inghilterra attuale, tra gli anglosassoni, convertì gli ariani, gli ariani sia della Spagna, sia i longobardi, tramite la regina Teodolinda.
Questo, è l’ultimo tema di meditazione, penultimo, (perché l’ultimo riguarderà la sacra liturgia, che tanto ci sta a cuore), ma il penultimo potrebbe essere questo: si dice oggi "la scelta dei poveri". S. Gregorio fece la scelta dei potenti, proprio per essere utile ai poveri, vedete, ed io penso che San Gregorio abbia avuto proprio ragione, contro tutti i demagoghi contemporanei. Vedete si dice oggi: "Noi lasciamo da parte i potenti, questo non interessa la Chiesa. Mettiamoci a lavorare alla base". Gruppi di base, democrazia, tutto nasce dal basso. Vedete, non è questo il modo di fare. Anche i gesuiti ne sapevano qualcosa, voi sapete che S. Ignazio quando mandava i suoi missionari nel mondo, anzitutto cercava di convertire i capi. Perché? Per adulare i capi? No di certo. Per mettere i capi al servizio dei popoli, vedete, cari fratelli, che così vuole il Signore. Allora sappiate anche in questo esempio di San Gregorio, sappiate quale è la vera regola pastorale e quali sono i demagoghi e quali invece sono i veri pastori che ci insegnano le cose di Dio.
E infine, miei cari fratelli, la riforma liturgica. Cosa stupenda, San Gregorio che cosa fece? Scombussolò forse la tradizione? No. Con tanto amore raccolse tutti i dati della tradizione e si fece un grande assertore di una liturgia semplice e solenne nel contempo. Difensore della venerazione alle immagini e alle sante reliquie. Vedete già allora c’erano tendenze iconoclastiche, ebbene San Gregorio sapeva che bisogna onorare e lodare Dio nella bellezza, perché alla casa del Signore si addice la bellezza. Cari fratelli, mi viene persino un certo sgomento, quando leggo certe cose, per esempio anche in quella rivista "Trenta Giorni", che pure ha un indirizzo non malvagio, ebbene si trattava delle vicende del tradizionalismo ecc. Io leggo un pochino anche tra le righe, mi interessano certe espressioni. Si diceva : "A Roma stanno deliberando sulla Messa di San Pio V, si orientano verso un certo allargamento, ma per ora non pare ci sarà una liberalizzazione" Mi è venuta la pelle d’oca per la verità, capite, cari fratelli, in fondo una Messa che abbiamo detto per dei millenni, adesso deve essere oggetto di una liberalizzazione, come se si trattasse di metadone o di droghe leggere. Non so se rendo l’idea, capite, cari fratelli. Ma queste sono cose abominevoli, sapete. Pensate un pochino che cosa diranno gli storici a distanza di cento anni, come rideranno di questa epoca che ha buttato a mare i tesori più grandi della sua tradizione, ammirati, questi tesori, persino dai nemici della Chiesa.
Oh cari fratelli, cerchiamo, sempre con obbedienza, però con tanto amore e tanta consapevolezza che la bellezza ha i suoi diritti che nessuno potrà toglierle, ebbene coltiviamo la sacra tradizione e il Papa Gregorio ci benedirà assieme a nostro Signore, re dei secoli, Gesù Cristo benedetto e così sia.