Questo inimicus homo che secondo il vangelo semina la zizzania e che addirittura entra nello spazio sacro della chiesa per seminare appunto la confusione — giacché il suo nome "diabolus" significa proprio questo, il confusionario per eccellenza — guardandoci attorno e vedendo la confusione strabiliante delle idee, dei pensieri, ("tot capita, tot sententiae"), ebbene possiamo veramente dire che il suo lavoro purtroppo sia largamente riuscito; ebbene questo inimicus homo ha cercato di seminare zizzania soprattutto anche in quel baluardo che ogni singolo uomo ha dinanzi alle prevaricazioni della grande società, della società civile, baluardo di difesa contro ogni forma di collettivismo.
Questo baluardo contro la società che subisce un collasso dialettico per la sua esasperazione e per il suo passaggio appunto tramite l’esasperazione dello Stato che tende ad invadere il singolo ed assorbirlo a sé, ebbene per difendersi da questa invadenza della società, invadenza collettivistica, vi è il baluardo della famiglia, famiglia vera società domestica, famiglia, la grande speranza in vista della futura restaurazione della società secondo i dettami e delle esigenze della regalità sociale del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Cari fratelli, non c’è altra via, la società potrà essere restaurata in Cristo, secondo il motto evangelico, che ha fatto suo anche il Papa S. Pio X, "instaurare omnia in Christo", ebbene la società potrà essere restaurata nella regalità di Cristo solo tramite la famiglia, non c’è altra via. Questo è uno strumento potentissimo nelle nostre mani e bisogna adoperarlo, concretamente, come ci è stato suggerito. Dice infatti S. Tommaso che l’uomo prudente è colui che delibera a lungo, pondera, cerca di informarsi per farsi un giudizio pratico corretto, però quando poi si tratta di agire, agisce con grande decisione. E dice appunto che la prudenza non sarebbe virtù perfetta e che si peccherebbe gravemente di omissione se non ci fosse quel momento applicativo della prudenza, cioè il momento pratico, il momento di passaggio all’azione. Ora qualche cosa lo possiamo e lo dobbiamo fare tutti noi, cominciando da noi stessi, dalla nostra persona e cominciando socialmente dalle nostre famiglie. Un’altra via per la restaurazione della nostra società non esiste.
Orbene la famiglia "società domestica". Voi ben sapete che la famiglia si fonda sul matrimonio e il matrimonio a sua volta getta le basi di una vera e propria societas domestica, società della casa, società che vive in una casa. Società non perfetta, perché società che ha bisogno della grande società per la sua serena sopravvivenza, però società naturale, cosa estremamente importante da sottolineare, la famiglia è una società naturale, nella famiglia noi nasciamo dentro, non abbiamo scelto noi la nostra famiglia, non abbiamo scelto i nostri genitori, ci siamo nati nella nostra famiglia. Quindi la nostra famiglia ci è stata data dalla natura e la natura ci è stata data dal Creatore, quindi la famiglia è una societas naturalis, è una società naturale.
Due dunque sono le società naturali: una perfetta ed una imperfetta, nel senso che vi ho esposto la volta scorsa, vi ricordate bene, al giorno di oggi quando si dice: la Chiesa è una società perfetta, c’è subito un’agitazione fra coloro che non capiscono che societas perfecta non vuol dire una società di santi, capite, ma vuol dire semplicemente una società che ha a sua disposizione tutti i mezzi per il conseguimento del suo fine. La Chiesa, società soprannaturale, ha ricevuto dal suo fondatore divino tutti i mezzi, i sacramenti, la dottrina, la Santa Messa, le grazie necessarie per conseguire il suo fine che è la salvezza delle anime. Ecco quindi la Chiesa è società soprannaturale perfetta, società, per così dire, sufficiente a sé stessa. Lo Stato, società civile è società non soprannaturale ovviamente, perché ciò che specifica le nostre azioni è sempre il fine, la ratio formalis obiecti, l’oggetto del nostro agire, lo stato ovviamente non si propone un fine soprannaturale, almeno non immediatamente, quindi si tratta di una società naturale, però si tratta di una società perfetta, perché lo stato sovrano come è dispone di tutti i mezzi per promuovere quella pace sociale che è il suo fine prossimo e quel progresso della virtù che è il suo fine remoto. Quindi anche lo Stato dovrebbe contribuire, è proprio il suo dovere connaturale, dovrebbe contribuire alla crescita personale, morale dell’uomo e così almeno indirettamente condurlo a quella stessa salvezza soprannaturale che è il fine della Chiesa. Lo stato ha tutti i mezzi per farlo.
La famiglia non è una società perfetta, perché non può sopravvivere da sola, nel contempo però è una società naturale, non è cioè radunata per volontà di uomini, che trovano qualche interesse particolare per incontrarsi, per parlarsi, per fondare un’associazione, la famiglia è una società fondata da Dio stesso ed insita nella stessa natura dell’uomo. Società naturale alla quale si applicano perfettamente tutti i connotati e tutte le esigenze della società. Ritorniamo a quella definizione che abbiamo già annunciato, perché repetita iuvant, è molto importante rendersi conto di che cosa sia ciò di cui si parla.
Che cosa è la società? Quale ne è la definizione? Ebbene, societas est moltitudo hominum, è una moltitudine di uomini, ad aliquid unum perficiendum adunata, radunata per fare qualcosa di uno, cioè per formare qualche cosa di uno, ma anche per realizzare una qualche finalità precisa. Così è anche della famiglia, una società, perché è una adunatio moltitudinis, nella famiglia ci sono almeno i due coniugi, moltitudine molto particolare perché sessualmente differenziata, quindi una moltitudine diversa da quella che fonda la società civile. Moltitudine di uomini radunata per formare qualche cosa di uno, questa è appunto la societas domestica, la società della casa, che vive nella casa, ma anche per realizzare qualcosa di uno, che è quella prole che Dio vuole che ogni famiglia cerchi da Lui.
Pensate al profeta Malachia: quando parla dell’unità degli sposi, l’unità dei coniugi, si rifà a quanto dice il libro della genesi, "i due non sono più due, ma sono una sola carne", e che cosa cerca quella una cosa sola da Dio se non la prole? Vedete, la finalità naturale trascendente della famiglia, del coniugium, il matrimonio ha una precisa finalità trascendente che è dare la vita. Quindi il bonum prolis, il bene della prole. Quindi vedete come la famiglia è perfettamente definibile nei termini di società: moltitudine di uomini radunata per natura, non per volere di uomini, per formare qualche cosa di uno, la convivenza pacifica in una casa e per accogliere in quella casa ciò che è il fine specifico della famiglia, cioè una vita umana che nasce.
Quindi società naturale, alla quale si applicano perfettamente tutti i requisiti della socialità. Dice S. Tommaso: siccome tramite il matrimonio gli uomini sono ordinati ad una generazione ed educazione della prole, e così pure ad una sola vita domestica, è evidente che nel matrimonio si verifica una certa congiunzione, una certa associazione. Tale unione o congiunzione matrimoniale è di natura sua stabile, indelebile ed indissolubile. Cosa estremamente importante da sottolineare, voi cari amici che siete buoni cristiani, non ne dubitate, però bisogna saper proclamare questa verità messa in dubbio un po’ da per tutto, bisogna saperla proclamare con argomenti buoni e fondati sì anche nell’ordine soprannaturale della sacramentalità del matrimonio, ma prima ancora che in questo nella stessa natura della famiglia. Vedete, la ragione per cui il fatto di insorgere, come è nostro dovere, contro una politica divorzista dello stato, contro delle leggi divorziste, questo nostro insorgere contro simili leggi è un nostro preciso dovere non solo di cattolici, ma di uomini, di cives, di cittadini viventi in quella data società. Perché possiamo dire questo? Perché il matrimonio prima di essere consacrato dal suo carattere sacramentale, dal vincolo che si istituisce tramite la grazia di Cristo, il matrimonio è un istituto naturale, che poggia sulla lex naturalis Dei, sulla legge naturale di Dio.
È cosa bellissima e commovente, miei cari, leggere nel vangelo come il Signore Gesù dice appunto agli Ebrei: all’origine, prima che Mosè vi desse il libello di ripudio, prima di questo non era così, perché all’origine, all’inizio Dio creò l’uomo e la donna e ha detto che i due non sono più due, ma una cosa sola, ciò che Dio ha legato, l’uomo non osi sciogliere. Vedete, cari fratelli, quindi vedete quel legame della famiglia è fondato non già sulla proclamazione di qualche diritto soprannaturale da parte di nostro Signore e Salvatore, Gesù quando proclama le beatitudini o quando proclama lo spirito del Vangelo, carta magna del vangelo, capitoli 5 e seguenti in S. Matteo, Gesù dice: voi avete udito dagli antichi che fu detto così, ma Io però vi dico, vedete cari fratelli come cambia la legislazione, la legislazione antica non c’è più il Signore ha mandato il suo Spirito ed ecco, tutte le cose sono diventate nuove. Invece per quanto concerne il matrimonio, il Signore non dice: Mosè vi ha dato il libello di ripudio, ma io Cristo che non debba essere più così. Allora sì che il matrimonio come istituto indissolubile obbligherebbe solo i cattolici. Invece no, il matrimonio nella sua indissolubilità obbliga tutti gli uomini di buona volontà, in quanto uomini creature di Dio. Anche se non battezzati, anche se non, ahimè, redenti concretamente da Cristo tramite i sacramenti, anche se non appartenenti visibilmente alla Chiesa.
Vedete, l’uomo in virtù della sua natura è stato creato da Dio in un modo tale da vivere in una famiglia indissolubile, nemmeno per diritto divino soprannaturale, né tanto meno ecclesiastico positivo, ma per diritto naturale di Dio, sancito dal Creatore stesso e promulgato nella posizione dell’essere della stessa natura umana. Orbene perché noi sosteniamo che il matrimonio sia un istituto indissolubile? Per un motivo molto importante, per la sua connaturale finalità. Il matrimonio, lo abbiamo già visto in base alla divina scrittura, ma lo sappiamo anche in base all’umana ragione, ebbene il matrimonio è specificamente proteso verso la donazione della vita, è proteso alla procreazione, alla generazione della prole. Ora voi ben sapete, fratelli cari, che la natura dell’uomo è diversa dalla natura degli animali inferiori. Certo quel darvinismo attuale cerca in qualche modo di cancellare queste sottili differenze, ma a me modestamente, non c’è bisogno di avere la fede nel Vangelo per capirlo, a me modestamente pare che la differenza fra essenza ed essenza, tra idea e idea, fra sostanza e sostanza, tra forma e forma è una differenza abissale. Quindi capite fra l’uomo ed ogni altro essere non dotato di razionalità, non dotato di un’anima immateriale, spirituale e per conseguenza immortale, la differenza fra l’uomo e ogni altro animale è una differenza abissale, una differenza che non si può superare semplicemente tramite l’evoluzione della materia per adattamento, per selezione, per mutazione e via dicendo.
Quindi solo l’intervento del Creatore stabilisce la differenza tra l’uomo creato, come dice la scrittura ad immagine e somiglianza di Lui, e tutto il resto del creato. La razionalità della nostra natura umana, la nostra spiritualità, la nostra libertà, il fatto che noi siamo soggetto di diritto e di dovere, cari fratelli, è cosa assolutamente essenziale e imprescindibile. Perciò oserei dire, ciò che c’è di paradossale nell’uomo, ma molto bello, consiste nel fatto che l’uomo è per natura sua, per natura creata da Dio, di natura tale da essere un essere culturale. Cioè l’uomo ha una cultura per natura, per natura è proteso verso una cultura. Non è determinato per natura ad unum, ad un’unica operazione determinata, per esempio non è determinato soltanto a procurarsi il cibo e a trasmettere la vita, l’uomo vive anche spiritualmente. Ecco perché tutti gli antropologi non possono fare a meno di constatare che nell’uomo, data la sua razionalità, gli istinti non sono determinati. Mentre gli animali imparano dai genitori pochi accorgimenti per sopravvivere e poi dopo si rendono indipendenti, l’uomo, essendo per natura un essere spirituale, che trascende cioè la natura non di ciò che è, cioè dell’essere, ma la natura dell’uomo materiale, l’uomo trascendendo la phisis, la fisicità delle cose materiali, l’uomo per la sua indole spirituale è un essere sempre da perfezionare. O in altre parole l’uomo è un essere sempre da educare. Ecco la ragione per cui l’uomo ha il diritto sovrano, santo diritto stabilito e sancito da Dio Creatore, ha il diritto ad avere i suoi genitori come punto di riferimento per tutta la sua via, i suoi genitori non devono mai mancare all’uomo se non proprio tramite la morte, allora è volontà del Signore. Altrimenti i genitori finché la morte non li separi, come si dice appunto, devono vivere uniti formando una sola famiglia per rispettare appunto il diritto della prole ad avere una famiglia.
Vedete appunto l’indissolubilità del matrimonio si fonda sul fine connaturale del matrimonio che è questa: dare una vita e non già una vita animale, ma una vita umana, una vita spirituale, una vita sempre educabile e sempre da educare, quindi una vita che ha sempre il diritto ad avere i propri genitori, finché la morte non li separi. Vedete, cari fratelli, come in qualche modo l’indissolubilità del matrimonio non è solo un capriccio della Santa romana Chiesa, ma è uno ius naturae, un diritto di natura fondato appunto nell’essenza stessa dell’uomo.
Ora la Santa Chiesa di Dio è consueta distinguere nelle finalità sociali del matrimonio, della famiglia un duplice fine. Per la verità il fine è triplice, ma quello del "remedium concupiscentiae" è un fine negativo. I fini positivi sono due: il fine primario è appunto il bonum prolis, cioè la trasmissione della vita, la famiglia è anzitutto finalizzata a questo, dare la vita. C’è un altro fine, detto fine secondario, ma a scanso di equivoci bisogna dire che quando la Chiesa usa la parola finis secundarius, non vuol dire un fine accidentale, un fine marginale, un fine che potrebbe anche non esserci, no, è un fine sempre essenziale, un fine sempre necessario, ma secondario, perché meno specifico quale fine, è mutuum adiutorium, il reciproco aiuto che gli sposi si danno. Ovviamente nel reciproco amore, quindi l’amicizia coniugale subentra in questo secondo posto. Quindi vedete due sono le finalità del matrimonio, una più specificamente biologica, procreazione, donazione della vita, il bene della prole. L’altra per così dire a servizio di questa, è la buona intesa dei coniugi, la pace della societas domestica, la pace della casa che accoglie la vita nascente. Vedete fine secondario, ma necessario, perché l’amicizia dell’umano genere può verificarsi anche senza la famiglia, senza il matrimonio. Invece ciò che il matrimonio ha di particolare, di peculiare, di specifico, ciò che lo definisce come matrimonio, come amicizia coniugale e quindi lo distingue da tutti gli altri tipi di amicizia è proprio questo suo essere proteso a donare la vita, a trasmettere la vita. Ecco dunque la ragione per cui S. Tommaso adopera una parola molto bella rispetto al matrimonio, all’amicizia coniugale, cioè dice: matrimonium est maximum quid in genere coniunctionis, il matrimonio è qualche cosa di supremo, qualche cosa di massimo, qualche cosa di eccellente nel genere della congiunzione e coniunctio significa nel contesto anche socialità. Quindi vedete il matrimonio è la società più alta che ci possa essere, vedete la società più umana, più connaturale all’uomo che ci possa essere. Perché la società, come diceva già Aristotele, deve essere animata più che da rapporti di giustizia, anche questo certamente, questi rapporti di giustizia come vedremo in seguito sono assolutamente fondamentali, il campo della vita sociale è anzitutto il campo in cui si esercita la virtù cardinale della giustizia, con tutte le virtù che le appartengono, tuttavia, prima ancora della giustizia, la società deve essere animata da quella che abbiamo già definito la volta scorsa come amicizia sociale, la filia degli antichi greci. Ora nel matrimonio la coniunctio est maxima, cioè la congiunzione è massima e perciò massima è nel matrimonio anche l’amicizia. Occorre sottolinearlo molto questo punto. Vedete, il matrimonio, ripetiamolo, è cosa importantissima ed oggi del tutto inconsueta, il matrimonio anzitutto è una società che poggia su una amicizia e siccome la congiunzione in quella società è la congiunzione massima, massima è anche l’amicizia che la fonda. Matrimonio è un che supremo nel genere della congiunzione e quindi dell’amicizia. Cosa interessante notare come l’amor benevolentiae, che quello che si esprime appunto nell’amicizia se è reciproco, vedete l’amicizia non è altro che un amor benevolentiae reciproco e di cui si è reciprocamente consapevoli. Così si definisce l’amicizia. Ora questo amor benevolentiae è una vis unitiva, una virtù, una forza di unione e dato che nel matrimonio quell’unione è connaturalmente l’unione somma, suprema, necessariamente anche l’amicizia matrimoniale è la somma di tutte le amicizie, la suprema di tutte le amicizie. Perché? Perché nel matrimonio, come sottolinea appunto S. Tommaso, nel matrimonio data la sua finalità procreativa, non c’è solo la congiunzione degli animi, ma anche la congiunzione individuante dei corpi. Vedete tutto l’uomo, questo non ha luogo in un’altra amicizia, solo nell’amicizia coniugale, data la specificità del suo fine procreativo, solo nell’amicizia coniugale avviene una unione completa, di tutto l’uomo sul piano spirituale e fisico e somatico. Vedete e questa unione a sua volta è individunte, nel senso dell’individuo che è come di un ché indiviso in sé e diviso da tutte le altre realtà. L’unità consiste in questa individualità se l’unità si porta all’estremo, vedete la perfetta unità è un’unità individuata, cioè un’unità che è indivisa in sé e divisa da ogni altra realtà.
Così deve essere, miei cari, secondo la volontà di Dio anche il matrimonio, tale deve essere la societas domestica. Ora siccome la famiglia secondo il diritto di Dio, secondo il diritto sancito dal Creatore, è ordinata connaturalmente alla procreazione, ebbene essa è regolata non solo, anche ma non solo, dal diritto positivo umano, ma prima di tutto ha già in sé alcuni dettami della lex naturalis Dei e questo differenzia la famiglia dalle altre società, associazioni, da altre forme della vita sociale umana che però non è vita sociale naturale, bensì artificiale. Vedete quindi la famiglia, e in questo lo stato moderno è estremamente inadempiente rispetto a questa realtà, la famiglia porta in sé determinate esigenze contro le quali lo stato non può prevaricare, compie un’ingiustizia se prevarica, diventa come abbiamo visto la volta scorsa, un corruttore della legge, non uno che promulga delle leggi, ma uno che corrompe le leggi in quanto tramite leggi positive si oppone al diritto naturale fondato da Dio.
Quindi manteniamo questo punto data la finalità naturale della famiglia, la famiglia forma una società altrettanto naturale, dotata di leggi che precedono (questo concetto di precedenza lo vedremo adesso molto spesso nel magistero della Chiesa, la famiglia ha delle leggi che precedono le leggi positive dello Stato. Ci sono determinate leggi che lo Stato non dà alla famiglia, lo Stato non può far altro e non deve fare altro che riconoscere queste leggi e promuoverle ulteriormente. Purtroppo non sempre questo succede).
Nella sua enciclica Casti Connubi il Papa Pio XI dichiara in base al catechismo romano ed anche in base al catechismo del concilio di Trento, dichiara che l’amore coniugale detiene, nell’ambito della famiglia, un certo primato di nobiltà. Questo contro l’accusa del fisicismo, perché spesso la morale cattolica viene accusata di fisicismo, voi cattolici vi fondate sulla legge naturale ed intendono per natura appunto la fisis, qualche cosa di materiale, mentre ovviamente non si tratta di questo, la natura nel contesto è piuttosto essenza, cioè natura come materia. Comunque questi tali accusano i cristiani di essere dei biologisti, dei fisicisti, che si fondono su cose materiali e che hanno perso la capacità di intravedere la elevatezza della vocazione umana al matrimonio, come un ché di spirituale. Ora Pio XI ribadisce che da un lato il primato di fondazione spetta ancora alla procreazione. Quindi indubbiamente il fine procreativo continua ad essere il fine primario in ordine di fondazione. Dall’altro lato però, per quanto concerne l’ordine di nobiltà, cioè l’ordine di perfezione, ordo perfectionis, precede invece l’amore coniugale, quell’altro fine che abbiamo visto nell’altro ordine era secondario. Ora il Papa ribadisce la necessità che la famiglia e la vita coniugale sia veramente una vita amicale. Sottolinea che il matrimonio non è fondato né su considerazioni di tipo dilettevole, amore passionale, sentimentale e tanto meno ancora su considerazioni di tipo utile, ci si sposa perché conviene per qualche motivo, no, ci si sposa onestamente per un solo motivo, non per trasporto passionale, non per qualche capriccio di sentimento che qualche giorno c’è e un altro giorno non c’è più e nemmeno per qualche meschina utilità. Ci si sposa per amor benevolentiae mutus et mutuo cognitus, cioè ci si sposa ancora per amicizia coniugale. Questo dovrebbe essere il fondamento del matrimonio. Purtroppo siamo ben lontani nell’educazione dei giovani a così alti ideali.
L’amicizia coniugale, questa amicizia ultimamente deve essere protesa alla cultura soprannaturale della carità e al perfezionamento dei coniugi nella loro vita spirituale. Il sacramento del matrimonio dà ai coniugi tutte le grazie necessarie per vivere bene questo loro stato di vita e come tutti i sacramenti, anche quello del matrimonio è finalizzato ad accrescere la vita spirituale di coloro che lo hanno ricevuto. Quindi i coniugi devono santificarsi a vicenda nel loro vivere famigliare e coniugale. Quindi il loro amore naturale, notate bene, non bisogna confondere le due dimensioni, famiglia, istituto naturale, è ulteriormente santificato dall’amore soprannaturale della carità, dalla vita di grazia, dalla vita dunque della perfezione cristiana, che ogni famiglia dovrebbe sommamente promuovere. Ora nell’ambito della famiglia, istituto naturale, elevato però questo istituto ad essere sacramento di Cristo e della sua Chiesa, S. Paolo, l’avete ben presente nella lettera agli Efesini, ci dice chiaramente che quale è rapporto tra marito e moglie, tale è il rapporto per analogia tra il Cristo e la sua Chiesa, quindi c’è una sacramentalità del matrimonio che si riferisce all’unione del Cristo e la sua Chiesa. Ora come la Chiesa è sottomessa al Cristo e come il Cristo ama la Chiesa, così S. Paolo chiama le mogli ad essere sottomesse ai loro mariti e i mariti ad amare le mogli. Tema al giorno d’oggi alquanto difficile da trattare, voi ben lo sapete miei cari, perché quando uno osa in ambienti anche solo un po’ femministi sollevare qualche dubbio che per natura dovrebbe essere così come ci dice sua Santità Pio XI nell’enciclica Casti Connubi e cioè che la moglie dovrebbe essere sottomessa al marito e i figlioli ad entrambi i genitori, quando si sente dire questo si trova scarsa accettazione presso coloro che ascoltano simili principi.
Ebbene, io so bene che voi in queste cose ci credete, c’è comunque un profondo malinteso fondamentale. Il Papa si premura di chiarirlo: non si tratta, come il mondo di oggi continuamente sospetta (vedete il mondo di oggi è stato tutto turbato da quella che oserei chiamare l’invidia sociale, l’invidia sociale è il motore di tutte le rivoluzioni, non direi che ne è il motivo, i motivi sono forse diversi, ma ne è comunque il motore, ecco perché le rivoluzioni sono così seguite, perché questo vizietto, anzi vizio tremendo, dell’invidia sociale è estremamente, largamente diffuso, è difficile difendersi davanti ad esso) allora questo uomo contemporaneo invidioso e geloso come è delle sue prerogative sociali, che cosa fa? Sospetta sempre di essere ingannato, di essere oppresso, di essere messo in disparte, capite miei cari. Allora quando si sente: voi mogli sottomettetevi ai vostri mariti, allora ecco le femministe subito pensano che saranno schiavizzate, sottoposte ad una truce schiavitù e via dicendo. Non è questo, S. Paolo stesso nella lettera agli Efesini lo dice con estrema chiarezza, parla di un amore di amicizia, di un amore reciproco, nel quale però non è affatto escluso un ordine.
Vedete, miei cari, è questo il punto fondamentale. La mentalità contemporanea, come giustamente ci è stato ricordato da sua Santità Pio XII, è la mentalità luterana. È iniziato con questo, o la Chiesa o il Cristo, sei con il Cristo, sei contro la Chiesa, poi o con Dio o con Cristo, se sei con Dio dovevi essere contro il Cristo, perché il Cristo non permette ovviamente che tutte le religioni si incontrino nell’unica indifferenza relativistica, vedete. Allora si esclude anche il Cristo, poi si esclude infine Iddio, vedete la mentalità dialettica dell’aut- aut. Invece la mentalità cattolica è la mentalità analettica del "et-et", e una cosa e l’altra, e Cristo e Dio, e Cristo e la Chiesa, e amore e sottomissione. D’altra parte cardinal Caietano dice una cosa molto bella rispetto al rapporto che c’è fra l’uomo e Dio. Perché noi chiamiamo nella più bella preghiera che sia mai stata composta su questa terra, la preghiera che lo stesso Salvatore ci ha dato in eredità, in quella preghiera perché noi ci rivolgiamo a Dio chiamandolo: Pater noster, qui es in coelis? È nostro padre. Allora dice appunto il Gaetano, come tra padri e figli non c’è rapporto di schiavitù, perché appunto già gli antichi romani già distinguevano tra appunto servi e liberi, liberi equivalenti appunto a bambini, perché i bambini si chiamano liberi? Perché pur essendo appunto sotto la patria potestà, non sono però schiavi. Vedete quindi che la sottomissione non significa schiavitù, checché ne dicano tutte le ideologie rivoluzionarie? C’è una sottomissione santa che avviene nell’ambito dell’amore e proprio per realizzare perfettamente l’amore. Così un uomo che pretendesse di essere amico di Dio, senza essergli figlio, sarebbe un prevaricatore e cesserebbe di essere anche amico del Signore. Quindi è cosa estremamente importante che ci sia nel matrimonio da un lato una profonda reciproca amicizia, proprio quel volersi bene a vicenda, però nel contempo che ci sia anche la reciproca sottomissione. Reciproca perché anche gli uomini devono amare le mogli, le mogli devono sottomettersi nell’amore ai loro mariti e i figlioli devono essere sottomessi ad entrambi i genitori.
Ora dice appunto sua Santità Pio XI che questa sua affermazione che d’altronde non è altro che la stessa di S. Paolo agli Efesini, non toglie quella giusta libertà che spetta alla donna in virtù della sua intrinseca dignità e in virtù altresì dei suoi elevatissimi offici di sposa e di madre. Se le femministe fossero più attente alla lettura del compendio dei dogmi della Santa Romana Chiesa di Schent…. Si sarebbero rese conto che non c’era nemmeno bisogno della Mulieris Dignitatem, per dichiarare che la Chiesa ha dato da sempre alla donna un ruolo preminente nella famiglia, anche al di fuori della famiglia, ma soprattutto nella famiglia. Quindi dice appunto il Santo Padre Pio XI che tutto quel discorso della sottomissione non toglie per nulla la dignità intrinseca della donna, né tanto meno i suoi offici elevatissimi di sposa e di madre, vuole però togliere di mezzo illam licentiam, quae familae bonum non curat, quel modo licenzioso che trascura il bene della famiglia, vetat in hoc familiae corpore cor separari a capite, la nostra dottrina cattolica vieta che in questo corpo sociale della famiglia, società domestica, il cuore sia separato dal capo e il capo sia separato dal cuore. Vedete, cari fratelli, come il capo ha una preminenza per così dire di governo, così però il cuore ha una preminenza di fondazione, il cuore è più fondamentale per quanto concerne...
( finita la cassetta)