[...] perché vi ha dato principi di spiritualità molto solidi e molto domenicani, Santa Caterina da Siena. Io vorrei proporvi tre punti fondamentali sui quali meditare, poi vorrei sapere soprattutto da coi che cosa ne pensate della vostra vita domenicana e cateriniana. Quindi io vi proporrei questi tre aspetti particolari, sempre nel contesto, come si dice oggi (ahimè un contesto un pochino discutibile) il contesto del così detto profetismo. Vedremo un po’, cercheremo di chiarire, di precisare il significato di questa parola e come lo si può vivere e applicare al giorno di oggi e soprattutto come la stessa Santa Caterina ci ha dato l’esempio di un profetiamo molto realistico, per così dire.
Orbene, cominciamo da questo: Santa Caterina anzitutto è nota per il suo particolare amore a Gesù Cristo, nostro Signore. Direi che il fondamento della sua spiritualità è un fondamento essenzialmente cristocentrico, è tutta orientata verso il Cristo. Il suo cristocentrismo però non toglie nulla alla caratteristica tipicamente, squisitamente domenicana del teocentrismo, perché ovviamente Ella vede il Cristo, come descrive lei stessa, vede in Lui il ponte, cioè il Mediatore tra gli uomini e Dio. Il Mediatore assolutamente imprescindibile, necessario: senza il Cristo non si accede al Padre, è l’unica via di salvezza, la via, la verità e la vita, come dice Gesù stesso. All’infuori di Lui, all’infuori di Gesù non c’è salvezza, quindi per condurre le anime a Dio bisogna innanzi tutto condurre le anime a Gesù, questa è la prima istanza cateriniana, condurre le anime a Dio significa condurre, nel fuoco del Divino Spirito, a Gesù, perché nel Sangue di Gesù le anime si redimano, si purifichino e accedano, tramite quel ponte che è l’umanità beata del nostro Salvatore, accedano alla Trinità Santissima.
Vedete, è una teologia estremamente profonda ed estremamente attendibile, San Tommaso direbbe: ecco, Santa Caterina ha capito perfettamente che cosa è la strumentalità universale, ma comunque strumentalità dell’umanità del Verbo. Il Verbo che ha assunta la nostra umanità, l’ha assunta per costituirla strumento universale di salvezza. E’ la dottrina ripresa anche recentemente dal concilio vaticano II, questa bella idea del Cristo, sia storico che mistico, che è sacramento universale di salvezza, segno e strumento. Segno che significa la salvezza e strumento che efficacemente la produce, però Colui che santifica è sempre e solo Dio. Però nel santificare, Iddio santifica sempre e solo tramite il Cristo. E’ la grazia di Cristo redentore quella che noi riceviamo e questo a causa del nostro peccato. Santa Caterina, come voi ben sapete, aveva questa spiritualità intensa del Sangue di Gesù. Al giorno di oggi ahimè questa spiritualità tende a perdersi, persino la festa del Sangue prezioso di Gesù non è più festeggiata come una volta, invece è una cosa molto importante questa, il Sangue di Gesù è proprio il mezzo universale di salvezza del genere umano. Gesù ha pagato sulla Croce il prezzo del nostro riscatto, redemptio, vedete la parola redemptio significa proprio redimere, riscattare. Ecco allora molto domenicanamente, per quanto concerne l’impostazione teologica, Santa Caterina fa eco alla nostra teologia tomistica, secondo la quale la redenzione è proprio il motivo specifico per cui il Verbo si fece carne.
Noi non neghiamo quello che affermano i francescani, la scuola di Dum Scoto, non neghiamo che Gesù di fatto, con la sua natura umana assunta ricapitola in sé anche tutte le creature, tutte le creature umane, persino tutte le creature, tutto il mondo. Certo non potremmo negare, d’altra parte è una verità rivelata da Dio. Quello che diciamo è che Iddio avrebbe potuto manifestarsi all’uomo, se non avesse peccato, in tanti modi, liberamente, ma il modo più conveniente di salvare l’umanità dopo il peccato era quello dell’incarnazione e delle morte del Figlio di Dio in Croce. Così Dio ha realizzato perfettamente e la sua infinita misericordia e la sua severa, austerissima giustizia. Come dice ancora San Tommaso, "solo il Cristo poteva e doveva redimerci, in quanto Dio poteva, solo Lui, perché nessun uomo, per quanto soffrisse, per quanto volesse espiare, per quante penitenze facesse, per quanto amasse, (perché poi l’anima della penitenza, l’anima del merito è l’amore soprannaturale), ma nessuna creatura umana, con un amore solamente umano avrebbe potuto ottenere la salvezza del genere umano, non era possibile. Solo Dio, con il suo infinito amore, era in grado di espiare un’offesa infinitamente malvagia rivolta contro Dio infinitamente buono.
E Gesù nel contempo, non solo poteva come Dio, ma doveva come uomo, si rese, come si dice oggi, solidale con gli uomini (anche se la parola non mi piace molto perché se ne abusa un tantino), comunque si rese simile a noi, in tutto al di fuori del peccato. Vedete come la sua natura umana fu assunta proprio in vista della Pasqua, della morte e della resurrezione, in vista di quello spargimento salutare di Sangue che è la nostra redenzione.
E allora si capisce questo elemento cristocentrico essenziale nella spiritualità cateriniana. Voi sapete bene che Lei, da bambina, ebbe questa stupenda visione di Gesù che le apparve assieme agli apostoli e in questa visione Lei ha capito anche la sua missione, cioè condurre le anime a Gesù, Gesù uomo, ponte tra l’umanità e Dio, l’unico imprescindibile mediatore tra noi e Dio. Perciò la sua carità apostolica consisteva proprio in questa impostazione cristocentrica, cioè nel dire a tutti coloro che Lei incontrava, che solo ed esclusivamente in Cristo si trova la nostra salvezza. Oggi si dice: è integralismo, no, non è integralismo, è cristianesimo. E’ così semplice, il cristianesimo non può essere che integro, perché, come dice l’amico San Tommaso d’Aquino: "bonum ex causa integra, malum ex quocumque detectur", il bene sorge da una certa integrità della cosa, ma basta un solo difettuccio, perché la cosa non sia più buona. Quindi è una cosa strana, questa tendenza del bene ad essere qualcosa di totale, il male può essere parziale (anzi, sempre è parziale, se il male fosse totale lo sa già San Agostino e lo descrive molto bene, se il male fosse assoluto, come pensavano i manichei, quel male non ci sarebbe più. Il male assoluto è il non essere assoluto, quindi non potrebbe darci fastidio, il male ci dà fastidio proprio perché è un male relativo, cioè la privatio boni debiti).
Quindi in questo senso la bontà ha una certa sua esigenza di totalità, questo sia nella fede che nella carità. Noi aderiamo a Cristo in questo duplice modo, soprannaturale si capisce, tramite la virtù della fede, con l’intelligenza, e tramite la virtù della carità con l’affetto della volontà. Entrambe queste adesioni hanno una certa esigenza di totalità. Inutile che lo spieghi, perché lo sapete già benissimo. La fede è –in che cosa peccano gli eretici? Peccano non solo perché escludono alcune verità della fede, ma proprio perché loro vogliono sostituirsi a Dio per giudicare quello che è di fede e quello che non è di fede. La presunzione è molto più grave di quello che potrebbe apparire a prima vista. L’eretico, diciamo, è quello che crede la metà del credo e l’altra metà la lascia in disparte. A questo punto uno potrebbe dire: "Bé, poverino.."Invece no, c’è una malizia molto peggiore, c’è una superbia veramente satanica, è per quello che i nostri antenati hanno avuto un tale ribrezzo per gli eretici, perché sapevano che sono dei corruttori della fede, corruttori quindi delle anime e anzitutto dei superbi che si mettono al posto di Dio. Perché la regula fidei, il motivo formale per cui noi crediamo, non è che a noi piace credere, no, può anche non piacerci ( generalmente ci piace, per fortuna), però anche se non ci piacesse, non è quello che è importante, importante che Dio lo ha rivelato e noi in oboedientia fidei, obbedendo, sottomettiamo il nostro intelletto a questo canone, a questa regola della fede. La fede è quella, non è opinare, come si pensa al giorno di oggi. "A me piacciono tutti i dogmi tranne quello dell’inferno!". Certo quello dell’inferno è un dogma un po’ antipatico, sorelle care, però bisogna credere a tutti, anche a quelli un po’ antipatici, non solo a quelli che ci piacciono, come si dice. Oggi si crede molto a questo spontaneismo: "Mi va" quando sento dire così già sono un poco in apprensione, "mi va che così sia". Non c’è: mi va o me la sento, ecc. : le cose stanno così, perché Dio le ha rivelate. Allora in questo senso è necessario mirare all’integrità della fede.
Integrità della carità, fin troppo evidente, ancora dice San Tommaso che contro la carità si pecca con tutti i peccati, anche con i più piccoli, stranamente, contro la virtù più grande si pecca anche con i peccatucci più piccoli. Perché? Perché la carità riassume in sé tutte le altre virtù. Perché questo? Perché ogni particolare virtù realizza una finalità particolare, mentre la carità realizza la finalità ultima, cioè il nostro ordine a Dio. Ora le virtù che realizzano dei fini particolari non sarebbero perfette se non conducessero in ultima istanza a Dio. Quindi ogni disordine rispetto ad un valore particolare è sempre implicitamente un disordine rispetto al valore globale che è quello della carità, adesione al fine ultimo. Anche questo i nostri moderni stentano a capirlo, perché loro pensano: "io amo il Signore, poi per il resto mi arrangio io", per quanto concerne i comandamenti del Signore ecco qui ho delle opinioni molto personali, per quanto concerne il mio affetto, il mio amore (sorelle, ahimé c’è da stare molto attente, perché Gesù dice il Vangelo: "non chi mi dice Signore, Signore", non chi dice "Signore ti amo" con una professione puramente verbale, "ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli"). Quindi c’è un’esigenza di una globale adesione a Dio, sia tramite la fede, sia tramite la carità. Come la fede non può escludere nessun dogma, così la carità non può escludere nessun precetto del decalogo. Non si può dire: "A me piacciono quegli o quegli altri precetti, ma quegli altri non mi piacciono". Per la carità mi devono piacere tutti, anche se non mi piacessero, con l’ubbidienza devo appunto piegare la mia dura cervice a quello che il Signore mi insegna.
Ora questa è la consapevolezza profondamente cateriniana, cioè la necessità di aderire con tutto l’animo, integralmente a Cristo, al di fuori del Quale non c’è salvezza. Santa Caterina lo fa, non facendosi crociata, (c’è sempre questa obiezione contro il medio evo, tempo delle crociate), eppure Santa Caterina non era affatto nemica delle crociate, seppure non era questo il suo modo di evangelizzare, così pure il nostro Santo Padre Domenico era ben amico dei crociati, che il Papa ha convocato contro gli albigesi, però il suo modo di predicare la fede era ben diverso. Però non era, come si pensa oggi, che San Domenico avesse condannato l’istituzione della crociata. Noi spesso ci vergogniamo di queste cose, invece non abbiamo ragione di farlo, perché poi la verità storica è ben diversa da quella che si pensa oggi. Si pensa quasi che questi albigesi fossero degli agnellini innocenti, povere vittime di un potere ecclesiastico spietato, mentre erano degli assassini e dei suicidi, un movimento estremamente cruento.
Ora Santa Caterina certamente non procedeva manu militari, però nella sua pacifica, evangelica predicazione, c’è la virtus fortitudinis, quella che lei stessa chiama "la virilità", la tenacia, l’irriducibilità il non fare dei compromessi su questa verità: in Cristo e solo in Cristo c’è la salvezza. Il vero profetismo, care sorelle, sta in questa umile, tranquilla, pacata, ma nel contempo ferma, tenace, cocciuta, irriducibile affermazione davanti al mondo, a cui magari anche non piace, ma bisogna dirgli: "Solo in Cristo c’è la salvezza!"
Non è detto che non ci si possa salvare anche al di fuori di Cristo, perché anche quelli che hanno la così detta "fede implicita", chi si salva al di fuori del cristianesimo, diciamo così, esplicitamente professato, non si salva senza il Cristo. Ovviamente la via ordinaria della salvezza è quella di una fede esplicitamente professata. Anche noi dovremmo avere questo unico vero profetismo che non consiste in stravaganze. Al giorno di oggi quello che veramente (voi mi conoscete, sorelle care, io sono molto sensibile a queste cose, mi viene talvolta non so se da ridere o da piangere, sono sentimenti tragicomici davanti a certi atteggiamenti, sbandierati come profetiamo). Già quello di sbandierare il profetiamo è una cosa pericolosa, sapete, perché quelli che facevano propaganda al profetiamo non erano Ezechiele, Isaia, Geremia ecc., erano quei profeti di corte che adulavano i sovrani del tempo. Quindi è una cosa molto pericolosa, poi anche parlare di profeti al plurale, è una cosa che mi lascia un pochino allibito, perché se c’è un profeta in un secolo, vuol dire che il Signore ha benedetto il suo popolo, mentre se ce ne sono due in un secolo, è già una grazia del tutto particolare, non so se mi spiego. Invece sembra adesso che ci sia tutta un’inflazione di profeti.
Allora anche questo numero troppo elevato di profeti mi fa venire una qualche apprensione. Allora bisogna naturalmente capire che cosa è il profetismo nel senso evangelico della parola. Cioè nella prospettiva del vangelo la profezia non può configurarsi nello stesso senso dell’antico testamento, per il semplice motivo che viviamo nel tempo della pienezza, non più nel tempo della parzialità. Quindi la nostra profezia non è qualcosa che aggiunge qualcosa al deposito di fede, no. Quando prima di Ezechiele gli israeliti ascoltavano la sua predicazione, il deposito rivelato si aumentava, perché ogni parola, ogni parola di Dio, (e lui giustamente diceva "oracolo del Signore"), ognuno di quegli oracoli del Signore era un’aggiunta del deposito rivelato. Quando invece San Giovanni apostolo evangelista, il prediletto discepolo del Signore, ha chiuso gli occhi, nel pacifico e beato sonno della morte, da quel momento in poi il deposito di rivelazione pubblica non si accresce più, ma per nulla. Qui si vede una profonda differenza fra il profetiamo antico e quello moderno. Esistono certo carismi profetici, esiste la profezia nella chiesa come carisma particolare, nella Chiesa delle origini si parlava di apostoli e di profeti, di profeti che abitavano in mezzo a loro, però era un carisma del putto particolare, straordinario, forse più frequente nella Chiesa delle origini, come la grazia di fare miracoli era più frequente in quel tempo prima della diffusione della Chiesa e in vista della sua diffusione. Comunque se si tratta di un carisma particolare, allora è un dono di Dio, del quale noi non disponiamo. Uno non può dire: adesso da domani in poi mi faccio profeta. Se il Signore mi manda il dono del suo Santo Spirito, allora sì dovrò pure fare il profeta, se invece non è così, allora vuol dire che la volontà di Dio è diversa. E guai quei profeti, che corrono mentre il Signore non ha parlato, come dice la Scrittura.
Allora c’è un solo modo in cui si può vivere il profetismo in genere è proprio quello cateriniano, cioè in ubbidienza umile, semplice, non nelle stravaganze (il Signore non manda le stravaganze) in ubbidienza umile, semplice alla Santa Chiesa e alle sue sante e beate tradizioni, vedete care sorelle. In obbedienza a quello che la Chiesa da sempre ci ha insegnato. Nella Chiesa non ci sono sconvolgimenti, vedete "i profeti", tra virgolette, quelli che a volta corrono e mi viene paura che il Signore non li ha mandati, ci insegnano sempre novità. Vedete questo gusto delle novità mi mette un pochino in allarme, perché le novità vere sono quelle che accadono quasi inavvertitamente, non sono quelle che in qualche modo uno istaura perché gli piace o perché lui se la sente, come dicono i giovani spontaneisti, ma perché quelle novità il Signore le pianta in mezzo al suo popolo, quasi all’insaputa del suo popolo, un po’ come Gesù parla nel Vangelo di quella messe che và tutta nei campi all’insaputa dell’agricoltore. Anche lì veramente la sinistra non deve sapere quello che fa la destra, altrimenti è giornalismo.
Guai se la Chiesa assume (non la Chiesa che è sempre immacolata sposa di Gesù), ma diciamo se gli uomini di chiesa assumono dei modi mondani ed ancora peggio del giornalismo contemporaneo, fare lo scoop, come si dice oggi in inglese, fare il colpo giornalistico, non è cosa . Allora bisogna appunto i questa prospettiva badare, come diceva già San Ireneo, che la Chiesa è un grande mistero, perché la Chiesa è antica e giovane nel contempo, è quello che è bello. Coloro che pensano di ringiovanire la Chiesa non capiscono che la Chiesa non ha bisogno, per così dire, di cure cosmetiche, non hanno capito che la chiesa è da sempre giovane, anche se ha già quasi duemila anni, quindi la Chiesa è vecchina, ma nel contempo giovanissima, quindi non c’è bisogno di noi per rinnovarla. Ed è lì che si vede la differenza fra il vero e il falso riformatore. Il Maritain scrisse molto bene sui riformatori, ad esempio analizzando la figura di Lutero, c’è una gran differenza fra un riformatore come era San Pier Damiani e Santa Caterina da Siena, che in secoli diversi hanno davvero riformato la Chiesa cattolica, e un preteso riformatore come poteva essere Martin Lutero, che distruggeva la fede. La differenza è una sola: l’umiltà e l’obbedienza, non ce ne sono altre.
Quindi il profetismo che pensa di potersi sottrarre all’umiltà e all’obbedienza è un profetismo falso in partenza, potete essere sicure che è così . Il profetismo vero è quello che in maniera non appariscente dice quelle belle cose che la Chiesa da sempre diceva. Certo lo dice nel tempo proprio, con le parole appropriate, ma sono sempre quelle.
Un altro grande santo, San Vincenzo di Lerins diceva proprio questo: " la regula fidei, la regola della fede cattolica, quale è? Ciò che da sempre, da tutti e in ogni luogo è stato creduto". Semplice, il magistero ordinario, la Chiesa è infallibile da sempre: "ciò che da tutti, sempre in ogni luogo è stato creduto". Quindi senza pretese di aggiungere delle novità, delle stravaganze, di fare delle obiezioni fiscali o altro, senza gesti clamorosi, con molta semplicità ripetere quello che la Chiesa da sempre diceva e che sono verità sempre nuove e sempre belle.
Se uno si stanca della verità eterna, non è adatto alla vita eterna, perché i Santi per l’eternità non si stancano e però il Signore non cambia ed è sempre quello che i Santi vedono. Mi pare che siamo noi che dobbiamo fare la propedeutica per entrare nel regno dei Cieli, piuttosto che pretendere di insegnare ai Santi del Cielo come aggiornarsi e come modificare i loro punti di vista troppo antiquati. Va bene, care sorelle?
Allora l’umiltà del profetismo di Santa Caterina.
Un altro aspetto è il realismo del suo profetismo. Proprio in congiunzione con questa mediazione cristica: Gesù ponte, l’unico ponte, con umiltà, ma con tenacia, perché non erano parole sue, Santa Caterina diceva: "Al di fuori di Gesù non c’è salvezza". Ora notate bene una tentazione gravissima del nostro secolo, è proprio quella di dissociare lo Spirito Santo di Dio dalle istituzioni ecclesiali. Anch’io, non voglio essere critico, voi sapete quanto io ami la Santa Chiesa, anche io tuttavia farei qualche fatica a vedere spirare immediatamente e direttamente lo Spirito Santo in tutti i dicasteri vaticani, in tutte le minuzie burocratiche che ci sono nei medesimi. Ma non è quello, capite care sorelle, quello che è importante, questo va preso proprio con spirito un po’ umoristico, domani abbiamo la festa di un grande santo umorista, non penso che questo sia il caso di applicare, invece per il resto bisogna dire che è lo Spirito Santo di Dio che ha fondato la Chiesa. Invece ci sono di questi profeti dei tempi moderni, ahimè anche in maniera un po’ surretizia verso la Santa Chiesa di Dio, che dicono "evviva lo Spirito Santo, abbasso le istituzioni!". Non è questa la spiritualità vera: evviva lo Spirito Santo e perciò evviva le istituzioni, evviva il Papa, evviva i vescovi e via dicendo. (Persino i dicasteri vaticani, ufficiali dei medesimi) ecc.
E’ cosa molto importante questa, vedere come lo Spirito Santo fonda la sua Chiesa e la fa vivere fino ad oggi, Gesù non pianta in asso la sua sposa e Gesù è davvero con noi fino alla fine dei tempi. Talora bisogna fare davvero un atto di fede per crederlo, però bisogna credervi.
Ora notate una cosa importante: nella spiritualità contemporanea si insinua una mentalità pseudospiritualistica. Che cosa intendo dire? Ho letto recentemente, qualche mese fa, il libro di uno scrittore inglese, Huxley, sulla persona di un ecclesiastico, un po’ controverso, una eminenza grigia ….Joseph, il segretario del cardinale Richelieu. Orbene questo autore descrivendo la spiritualità del tempo, del seicento, parla anche del tipo di misticismo che c’era in quell’epoca e dice appunto che questo … Joseph e gli altri mistici della sua corrente, non hanno capito, secondo Huxley, quello che le religioni orientali capiscono ( una tentazione orientalistica che c’è anche oggi e come, tutte quelle sette un po’ orientaleggianti). Che cosa dice questo Huxley? Dice: "Voi cristiani", perché lui cristiano ormai non era, dice " voi cristiani fate un grande torto a Dio, perché oscurate la sua pura e nuda divinità, cioè il suo essere Dio, con la mediazione di Cristo e addirittura con la mediazione di Maria e dei Santi". Vedete l’obiezione contro il cattolicesimo? Quanti falsi profeti ci dicono proprio questo: "Bisogna disfarsi oggi dal culto dei Santi, alla Madonna non dobbiamo pensarci più di tanto" e persino l’umanità beata del nostro Salvatore viene messa in disparte. Invece in questo le nostre due dottoresse della Chiesa, la nostra cara Santa Caterina e Santa Teresa sono perfettamente d’accordo, che la vera impostazione mistica consiste certo nel teocentrismo, ma proprio per raggiungere Dio increato, bisogna servirsi non dei mezzi di cui noi superbamente pensiamo di poter disporre, ma di quell’unico mezzo, di quel veicolo dell’anima verso Dio, che Dio stesso ha disposto, cioè il Cristo suo Figlio, l’umanità assunta del Verbo.
Guai, questo è il messa di Santa Caterina, chi non conosce l’umiliazione del Verbo nella sua kenosis, chi non conosce l’assunzione dell’umanità del Verbo, non conoscerà mai il Verbo nella sua gloria divina, questo è il mistero. Invece la tendenza di questi pseudospirituali odierni (una tentazione che accompagna già da tempo la Chiesa) è quella di dire: "No, sbarazziamoci di tutte le cose esterne, i Santi, Gesù stesso, la Madonna andiamo direttamente a Dio". Questa è superbia e chi ci prova in questo modo non ci arriva mai. Questa è la punizione: pensano di arrivarci per delle scorciatoie, e non ci arrivano mai, proprio perché pensano di prendere delle scorciatoie inventate da loro, anziché prendere l’unica strada maestra, la strada regale che è il ponte, l’umanità beata del Salvatore nostro.
Quindi realismo, stare con i piedi per terra, care sorelle, questo è profetismo di Santa Caterina, non dire : "andiamo a Dio, con lo Spirito, la Trinità Santissima" senza dire andiamoci per quella via che è Gesù, per quei mezzi concretamente disposti che sono i sacramenti che danno la vita, tramite la mediazione della parola del Signore. Non ci sono altre vie di accesso. Oggi la cristianità tende un pochino a snobbare, a mettere in disparte queste mediazioni, come se fossero cosa umana, invece sono cose di Dio. Il grosso pericolo proprio del riformismo luterano è quello che ha detto che sono cose umane, anche quelle che erano cose divine. Santa Caterina invece ha un rispetto grandissimo.
Cosa bellissima, si dice oggi di Lutero che in fondo non aveva tutti i torti, perché vedeva tutto il clero corrotto e depravato ed è vero (anche se poi lui ne faceva parte, non della parte più edificante), ma senza entrare in polemiche poco eucumeniche, comunque il fatto è che certo Lutero aveva dei motivi per criticare il clero contemporaneo, ma, vedete la critica e la critica? Che cosa fa Santa Caterina? Scrive delle lettere, delle lettere anche estremamente violente (che Santa Caterina mi perdoni) contro i preti depravati, ma nel contempo bacia il suolo ove il sacerdote ha messo il suo piede. Perché? Perché distingue, fra che cosa? Tra il prete uomo e il prete alter Christus. Ma dite oggi, anche in ambito ecclesiastico, che il Prete è un alter Christus, come già Santa Caterina sapeva e vi rideranno in faccia, (per lo più, non sempre per fortuna).
Allora c’è questa necessità di essere estremamente umili nei riguardi di Dio. Il Signore ha istituito il sacerdozio. Non sempre l’istituzione del sacerdozio è coltivata da coloro che ne sono rivestiti in maniera adeguata, ciò non toglie che bisogna mantenere il sacerdozio nella sua obiettività, per quanto poi ovviamente si aspirerà ad una riforma dei costumi, ad una riforma della vita morale e spirituale del clero. Questo solo per darvi un esempio di come Santa Caterina era realista, un umile realismo sottomesso a quella che era la volontà delle istituzioni derivate da Cristo.
Un altro amore di Santa Caterina era quello alla Chiesa e questo è un discorso un tantino delicato, perché non è facile, con la prudenza e l’equilibrio che la Santa ci insegna, non è facile metterlo in pratica al giorno di oggi, perché si corre il rischio di esagerare da una parte o dall’altra. Mi raccomando veramente, bisogna essere prudentissimi. Ora ho intitolato questo capitolo riguardante l’amore di Santa Caterina per la Chiesa, l’ho intitolato così: "Papalina, più del Papa" Ovvero era attaccata al Papa, cioè al papato, più di quanto non lo fosse il Pontefice del tempo. E’ questo il problema delicato. Ma mentre qualche profeta stravagante sarebbe entrato in polemiche dirette, si sarebbe costituito come i COBAS di protesta contro il Papa in Avignone, che cosa fa Santa Caterina? Non fa queste proteste clamorose, che cosa fa? Prega, fa penitenza, medita, supplica il Signore e poi sì, si dà da fare, perché contemplativa in azione, scrive delle lettere, quante lettere ha scritto! Tutto quasi il santo collegio è stato bombardato dalle lettere di Santa Caterina. E come sono belle le sue lettere! Come sono piene di due atteggiamenti: amore per la Chiesa, ma nel contempo anche il coraggio di dire la verità, anche scomoda. Quando alcuni cardinali hanno pensato di eleggere un antipapa, Santa Caterina non ha avuto dubbi di scrivere a loro dando loro il titolo di "diavoli rossi", alludendo al tipo di vestimento: diavoli! è terribile l’espressione. Vedete proprio in questa critica che sembra anche eccessiva, poco rispettosa, ma c’è il rispetto della santa Chiesa. Santa Caterina rispetta i chierici, dal Papa fino all’ultimo chierico, ma li rispetta in quanto servono la santa Chiesa di Dio, questo è l’amore più grande che dobbiamo a loro.
Certo bisogna che le correzioni farle con fermezza, con espressioni che talvolta non risparmiano nulla, però nel contempo sempre con amore per la Chiesa. Penso che quei cardinali, che si sono smarriti, ci hanno pensato due volte dopo aver letto questa lettera di Santa Caterina.
Santa Caterina esorta gli uomini di chiesa ad un altro atteggiamento e davvero è quasi commovente, in questa figliola, forte di spirito, ma piuttosto gracile e molto femminile, esorta appunto i chierici ad essere più virili, vedete è la virilità che fa difetto, che faceva difetto (e tuttora oggi fa difetto), nella Santa Chiesa di Dio. La virilità, è cosa importantissima, la virtus fortitudinis, la fortezza è persino un dono dello Spirito Santo. E dice ancora San Tommaso che la fortezza ha questi due aspetti: uno è l’aspetto della pazienza, che è prevalente, l’altro è l’aspetto di una modica e prudente, (chiamiamola pure aggressività, ma non è un’aggressività malvagia), quella che San Tommaso chiama audacia, quella di affrontare il male per toglierlo di mezzo, là dove è possibile farlo ordinatamente.
Ora Santa Caterina aveva questa virilità, questo coraggio in entrambe le sue sfumature, tanta pazienza, però anche il coraggio di affrontare la situazione e di risolverla con esortazioni talvolta anche molto audaci, molto energiche. Ora è molto importante, care sorelle, che noi ci impegniamo non in cose sciocche, (è cosa curiosa quanta energia noialtri, anche per me, anche io sono peccatore, noialtri di chiesa sprechiamo per delle cose assolutamente inutili. Se vi faccio un esame di coscienza mi viene quasi la paura) allora vedete noi abbiamo tanta energia per tante vicende, per tante cose particolari, ma quella energia andrebbe applicata soprattutto per l’edificazione della santa Chiesa di Dio, questa dovrebbe essere la nostra preoccupazione giorno e notte, questa dovrebbe causarci l’insonnia, e buttarci davanti alla Croce di Gesù, come Santa Caterina, supplicare Gesù di aver pietà della sua Chiesa, avere il sensus Ecclesiae, un senso che si è smarrito molto, non nascondiamocelo. Santa Caterina non era una di quelle che proprio per non aver paura, si nasconde su certe verità. Io vedo nella cristianità odierna una tendenza a trattare –da un lato ci sono le critiche spietate, quelle dei COBAS, per così dire, ma accanto a questo sussiste una specie di viltà, di nasconderci davanti alla realtà. Si dice: "Macché, divisione nella chiesa non ce n’è per nulla, non potrebbe esserci". Invece no, al tempo di Santa Caterina la crisi c’era e Santa Caterina l’ha riconosciuto. Al giorno d’oggi c’è e noi, se siamo dalla parte della verità, lo riconosceremo pure, capito care sorelle.
C’è in padre Bolivier, voi lo conoscete senz’altro, perché i confratelli francesi ne hanno parlato senz’altro, intitola molto bene un suo libro e dice appunto questo, che caratterizza molto la spiritualità cateriniana: " le courage d’aver pauer", il coraggio di aver paura. Solo i coraggiosi possono permettersi il lusso, ogni tanto, di guardare la verità davvero paurosa in faccia. Santa Caterina aveva appunto quel tipo di virilità.
Ora papalina più del Papa, perché? Perché da un lato scrive al Papa, chiamandolo "dolce babbo, dolce Cristo in terra", quindi parole di estrema tenerezza, di estrema dolcezza, ma nel contempo gli scrive anche : "dolce Cristo in terra, siate forte, siate forte!", quindi anche a lui, anche al Santo Padre Santa Caterina aveva il coraggio di dire che in fondo non è tanto forte quanto Gesù lo vorrebbe. Quindi non solo scriveva queste cose ai chierici di gerarchia inferiore, ma persino al vertice, al Papa, scrive: "Santo Padre, abbiate coraggio, siate forte!". Uno potrebbe dire: "Ma è presunzione che quella figliola che in fondo non ha nessun titolo per farlo, scrive in Avignone al Papa che torni a Roma. Era proprio tutta l’opera, tutta la vita di Santa Caterina, far tornare Pietro nella città di Pietro.
Allora Santa Caterina si fece coraggio, non badava alle critiche se qualcuno diceva: "E’ presuntuosa, non presuntuosa", persino i chierici dicevano che era disobbediente al Santo Padre. No, tranquillamente scriveva: "Dolce Cristo in terra, siate forte, tornate a Roma".
Allora notate bene, care sorelle, bisogna avere sempre questo: una grande sentita, profonda ubbidienza al Papa. E si vede come Santa Caterina, per quanto esorti anche il Pontefice in alcune sue lettere, però lo tratti meglio di alcuni cardinali, tuttavia si vede che c’era un particolare riguardo e guai a noi se non l’avessimo. Però è una cosa molto importante servire, nel Santo Padre, anzitutto quella funzione alla quale Iddio lo ha chiamato, senza pretendere di essere più del Papa. Quando dicevo "più papalina del Papa" non intendevo che Santa Caterina giudicasse, come si dice, la suprema sede, il vaticano, però nel contempo è vero che la suprema sede non può essere giudicata da alcuno, ma la suprema sede, con umiltà, in qualche modo può ricevere suggerimenti da tanti cristiani. Come anche San Pietro con umiltà ricevette i suggerimenti di San Paolo. Era chiaro il distacco gerarchico tra San Pietro e San Paolo, San Pietro con umiltà dice: "Hai ragione, ho sbagliato a mangiare prima con tutti e poi segregarmi, mangiare solo con gli ebrei, non facendo più caso ai pagani."
Io direi questo: dobbiamo avere un grande amore cateriniano al Papa nella funzione del papato, sempre. C’è un attaccamento anche alla persona del Santo Padre, per carità, ma soprattutto tramite la persona, alla persona di Pietro che vive nei secoli. Vedete, io ho molta paura, care sorelle (il Santo Padre poverino, voi lo sapete bene come soffre, bisogna pregare tanto, il Papa è sempre un Cristo in Croce, soprattutto ai tempi di oggi, il dolce Cristo in terra è davvero crocifisso), allora bisogna amare il Santo Padre, ma bisogna, guardando alla situazione odierna, alla divisione degli spiriti, da un lato il Santo Padre ha tanti, moltissimi nemici, acerrimi nemici, al di fuori della chiesa e ahimé, con dolore bisogna dirlo, anche dentro la Chiesa. Poi ha molti adulatori, ma pochissimi veri amici. Allora con vera umiltà, con vero amore al papato, bisogna saper essere in alcune cose più papalini del Papa, certo studiando bene quello che il Santo Padre vuole.
Come ogni buon religioso, dice San Tommaso, quasi anticipa i comandi del suo superiore, cioè non aspetta che il superiore gli dica: "Tu devi fare così", no anticipa la volontà del superiore, perché talvolta il superiore, poverino, può trovarsi davvero in condizioni tali da non poter comandare. Allora il religioso intelligente anticipa i suoi voleri. Ovviamente badando bene a non dare delle interpretazioni soggettive. Quanto più ciò deve animarci nei riguardi del Santo Padre. Talvolta mi si dice: "tu vuoi essere più papalino del Papa, quindi anticipi, presumi di anticipare quello che il Papa pensa senza essere sicuro di questo". Invece no, sorelle, stranamente, paradossalmente quando è apparso il rapporto sulla fede del cardinale Ratzingher, tutte quelle cose che, (non per vantarmi, tanto per dirvi), tutte quelle cose che dicevo dieci anni fa, si sono puntualmente verificate. Allora se uno fa un’analisi veramente prudente della situazione e cerca in qualche modo di essere ubbidiente, anche al di là della stretta lettera del comando che riceve, allora fa proprio la volontà dei suoi superiori, con una ubbidienza ancora più eroica. In questo senso voglio dire per esempio, voi sapete quanto Paolo VI soffrì per le vicende olandesi, è cosa risaputa che in Olanda hanno introdotto la Comunione in mano proprio per capricci propri. Il Santo Padre ha subito il ricatto perché non succedesse di peggio, e che cosa faceva? Ammetteva la Comunione in mano, pur piangendo, capite quello che voglio dire. Si dice che durante gli esercizi spirituali il Papa proprio scoppiò in lagrime. Santa Caterina, che cosa avrebbe fatto? Flagellazioni, penitenze. Allora i buoni che cosa facevano in Olanda? Certo, c’era il permesso di dare la Comunione in mano, ma la davano in mano? No, perché non è detto che tutto quello che è permesso va fatto. Allora bisogna dire in questo senso (si capisce con molta umiltà), bisogna sempre stare dalla parte del Santo Padre, dalla parte della mens Pontificis.
Ultima cosa (ahimè, ho parlato fin troppo), ultima, ultimissima cosa: l’amore delle anime, vedete, care sorelle, l’amore delle anime. Si dice che Santa Caterina abbia avuto la visione della bellezza di un’anima in stato di grazia. Questo l’ha impressionata tanto che non si stancava mai di parlare di quel Sangue di Gesù che asperge nel sacramento della penitenza le anime. Ora in questo si manifesta la sua profonda spiritualità domenicana, cioè il senso apostolico coincide con il senso della verità, cioè per amare le anime davvero, bisogna amarle nella verità, conducendole alla verità, cioè al Sangue di Gesù, conducendo le anime alla Chiesa, unica vera arca di salvezza, al di fuori della Chiesa non c’è salvezza, davvero. Certo basta l’unione spirituale, basta …la comunione piena, certo è sufficiente la comunione spirituale con la Chiesa, anche se invisibile, però se non c’è quella, non ci si salva. Voi lo sapete bene, perché è catechismo, quando si è uniti visibilmente alla Chiesa tramite la fede esteriormente professata, tramite il battesimo, non è quello che basta per salvarci, bisogna anche avere l’adesione della carità, che è l’unione invisibile alla Chiesa.
Invece per uno che non ha avuto la fortuna di conoscere la predicazione apostolica, certo è sufficiente per salvarsi che aderisca alla Chiesa tramite una fede implicita e tramite la carità. Però anche lui non si salva senza il Cristo e senza la Chiesa. Quindi amare le anime significa condurre le anime alla verità. Il fuoco che è lo Spirito Santo, (abbiamo visto nella festa di pentecoste), "docebit vos omina", vi insegnerà ogni cosa, è cosa bellissima. Mi piace tanto, a San Tommaso piaceva non poco, il fatto che l’amore introduce alla contemplazione intellettiva della verità. Lo Spirita Santo amore, fuoco, impossessandosi di un’anima e introduce quell’anima e attraverso quell’anima anche di altre anime, a che cosa? Alla pienezza della verità di Cristo. Allora Santa Caterina era davvero una buona figliola, una santa figliola di San Domenico in questa sua passione per le anime, appassionata della salvezza delle anime.
Tre cose non la lasciavano mai tranquilla: l’Umanità e il Sangue di Gesù, la Chiesa, il corpo mistico del Signore e il papato, e poi la salvezza delle anime. Quanto è importante anche oggi avere questi tre amori di Santa Caterina! Da un lato l’amore di Gesù, Verbo incarnatosi per la nostra salvezza, Gesù uomo che ha sparso il Sangue della redenzione sulla Croce e l’amore per lla Chiesa, per il sacerdozio, per le istituzioni ecclesiastiche, che non possono essere depravate dalla malizia degli uomini, l’amore per il Santo Padre, l’ubbidienza, tutta ispirata ad una soprannaturale saggezza nei riguardi del Santo Padre. E poi l’amore per le anime, guai se siamo insensibili alle anime!
C’è il centenario di Don Bosco, mi piace tanto nello stemma salesiano,questo detto : "da mihi animas, cetera tolle", dammi le anime e poi togli tutto il resto. Questa è la mentalità domenicana e cateriniana. Chiediamo al Signore una sola cosa: "dacci, Signore, le anime e togli pure tutto il resto, che così ci basta", perché la nostra vera gloria (che poi non è nostra, ma è quella di Dio) è appunto condurre a Dio le anime. Non c’è gloria maggiore dell’uomo vivente di grazia, l’uomo che è salvato tramite il Sangue di Gesù.
Allora, care sorelle, lasciamoci appassionare da questa carica apostolica, che certamente non può proliferare là dove c’è la mentalità, in qualche modo, falsamente indifferentistica. Ve lo dissi, ricordate, anche nell’ultima omelia (naturalmente prendete sempre cum grano salis quelle cose che vi dico, perché sembrano un po’ enfatiche, però sotto sotto c’è sempre un’istanza vera, nel senso che, certamente come diceva il Santo Padre nel discorso di Loreto, è necessario che la carità introduca la verità, ma nel contempo che la verità si rivesta della dolcezza della carità). Questo in Santa Caterina proprio in questo suo amore per le anime..(finito un lato della cassetta)
Proprio per questo si è dolci con coloro che devono essere condotti alla verità, quindi in questo senso quando me la presi con la tolleranza, con l’indifferentismo, non intendevo dire che bisogna essere duri, che bisogna essere maleducati con il prossimo, guai. La verità se non è affabile, se non è cortese, se non ha questi buoni modi non attrae nessuno, non so chi disse, mi pare San Francesco di Sales, che una goccia di miele vale più di un recipiente pieno di aceto, quindi bisogna essere molto affabili e dolci con le anime, però nel contempo il traguardo deve essere sicuro. Ora la grande tentazione degli apostoli di oggi è quella di essere da un lato, è cosa curiosa, si comincia così, mettere in dubbio, anche in nome della carità, si comincia a mettere in dubbio la verità, si dice: "se debbo amare tutti, non ha importanza che cosa loro pensano, la verità divide, la carità unisce, quindi uniti nella carità, ciascuno la pensa a modo suo". Chi comincia a pensare così, finisce poi, paradossalmente, a distruggere anche la carità. Perché? Perché chi è intransigente con la verità, proprio sente la superiorità della verità a sé stesso, cioè sente che la verità non è un prodotto del suo cervello, sente la che la verità è lì, io posso negarla e allora peggio per me, posso anche accettarla e allora l’anima mia si eleva, si nutre davvero. Però la verità non è manipolabile, è lì indipendentemente da me. Invece chi comincia in nome della carità a negare la verità, finisce con dire: "La verità è quello che vi dico io" non quello che c’è indipendentemente da quello che io penso e dico. E’ indipendente da quello che penso o dico io. Ecco perché c’è spesso, sotto la camuffata tolleranza, c’è tanta violenza e tanta prevaricazione, basta aprire gli occhi per vederlo.
Allora sorelle, molto importante mantenere questa dualità: intransigente adesione alla verità nella sua pienezza e nel contempo grande dolcezza ed amabilità nel condurre le anime alla verità.
Bene, sorelle mie, finisco qui, ho parlato fin troppo, ora tocca a voi, voglio sentire sopra tutto se mi sono spiegato, soprattutto i miei modi professorali, il parlare difficile, talvolta succede.
Domanda: se c’è salvezza nel Cuore di Cristo, se non vi è nelle vie ordinarie della Chiesa, però vi è attraverso Cristo. Ce lo può chiarire? Come si può spiegare agli altri, perché se diciamo che non c’è salvezza se non in Cristo, allora si dice: "allora i buddisti che colpa ne hanno?". Ci saranno anche dei santi buddisti, della gente che va in Paradiso buddista, però in che modo?
Risposta: ecco, sorella cara, a questo punto c’è una certa intemperanza della nuova teologia, che mi da tanto fastidio. Quando uno nega un dogma, sfacciatamente, io ci soffro, c’è poco da fare. Ora che cosa è successo? Quel dogma proclamato da un mucchio di Papi, dal Concilio di Firenze, ma non solo, ce ne sono tanti, quel dogma che dice "Extra Ecclesia, nulla salus". Quella dottrina patristica secondo cui la Chiesa è l’arca di Noè, tutti soffocano nel diluvio universale, tranne che Noè e la sua famiglia, perché sono entrati nell’arca. Non c’è dubbio, questa è una dottrina assolutamente rivelata e irriformabile. Non è che la Chiesa si vanti, no, il privilegio che il Signore le ha dato, di essere il sacramento universale di salvezza. Gesù è quello che è per volontà del Padre. E’ Lui stesso che lo dice agli ebrei che lo contestavano anch’essi per motivi simili a quelli dei moderni che contestano la chiesa, "la Chiesa si insuperbisce". Gli dicevano: "E tu, chi ti credi di essere?". Diceva: "Io credo di essere quello che il Padre mi considera, non ve lo dico a nome mio, ma a nome di Chi mi ha mandato". La Chiesa è questo strumento universale di salvezza non per superbia sua, ma proprio per volontà del Padre. Certo questo non esclude la salvezza dei così detti (sarebbe sbagliato dire dei non credenti, questo sarebbe già un’eresia, perché abbiamo detto, San Paolo ce lo dice, che non ci si salva per mezzo della fede) allora non bisogna dire "salvezza dei non credenti", bisogna dire: "salvezza degli implicitamente credenti", questa è la formula giusta, che è già stata elaborata, se non vado errato, all’inizio del secolo dal Papa San Pio X. Il Papa si pronunciò, bisogna essere molto prudenti a giudicare: "quello si salva, quell’altro non si salva", solo Dio lo sa. Ma una cosa possiamo dire, che si salva anche chi non crede esplicitamente in Cristo e la sua Chiesa, anche chi non è esplicitamente battezzato, però, se si salva, non si salva senza il Cristo e la Chiesa. Allora quale è la sua adesione al Cristo e alla Chiesa? Non è l’adesione esterna, visibile. Alcuni dicono: "non appartiene al corpo della Chiesa, ma bensì è un’appartenenza invisibile", quindi apparterrebbe all’anima della Chiesa, è un modo metaforico di parlare. Però comunque in un modo deve appartenere alla Chiesa, se non visibilmente, come capita, fortunati noi tramite il battesimo, la fede esplicitamente professata, tramite i sacramenti della Chiesa, deve però avvenire questo attaccamento al Cristo e alla sua Chiesa tramite la fede implicita e tramite la carità.
Notate una cosa: non si ha (mentre si può avere la fede senza la carità, perché può succedere che uno creda, però con il peccato mortale abbia perso la vita soprannaturale, la fede è già un invito a convertirsi, è importante credere anche se uno è in peccato mortale), invece viceversa non vale il discorso inverso, non si ha mai la carità senza la fede, come non si ha mai il più senza il meno. D’altronde non si può amare ciò che non si conosce e noi amiamo Dio soprannaturalmente solo se lo conosciamo soprannaturalmente tramite la fede. Allora anche quei fratelli non esplicitamente cattolici, che aderiscono al Cristo e alla Chiesa invisibilmente, devono avere una forma di fede. Quale fede? Non certo la nostra, perché un buddista non dice "credo in Deum unum Patrem ommnipotentem..", però deve avere un certo suggerimento dato dallo Spirito Santo, che parla pure al suo cuore, in modo che Dio solo conosce, deve avere in qualche modo una fede implicita soprannaturale in queste due dimensioni della nostra fede, cioè in Dio, nel mistero di Dio e nel mistero del Salvatore, anche se magari non sa che il Salvatore è Gesù. Però deve avere una sincera attesa della salvezza che Dio si compiacerà di dare all’uomo. Quindi Dio è il Salvatore, spesso sono aspetti strettamente legati, più o meno differenziati, a secondo delle religioni. Però bisogna che un’anima che si salva, si salvi proprio tramite questo apostolato, se volete, dello Spirito Santo, che in questo caso non si serve più degli apostoli uomini. Però la via ordinaria è effettivamente quella missionaria.
San Francesco Saverio non sbagliava affatto, se pensava: "Quei poverini lì in Giappone si salvano lo stesso perché hanno la fede implicita", allora le missioni cristiane non ci sarebbero. Invece Gesù manda i suoi apostoli nel mondo intero, proprio sottolineando che quell’ insegnamento di fede è proprio la via ordinaria per la quale Iddio si compiace di condurre le anime a Sé.
Mentre da un lato dobbiamo giustamente dire che Iddio (san Tommaso lo esprime in questa bella parola, dice "Deus non alligavit misericordiam suam sacramentis", cioè Dio non ha legato la sua misericordia ai soli sacramenti, ma quella grazia che ordinariamente agisce nei sacramenti, in un modo che solo Dio conosce, può agire in anime che nemmeno sanno che ci sono i sacramenti. Però ciò non toglie che dobbiamo dire: queste sono vie straordinarie, a quelle ci penserà il Signore, noi dobbiamo pensare al nostro dovere "eundes ad gentes", cioè andando verso tutte le genti, ammaestrarle e battezzarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
E’ un discorso molto delicato, ci sono altre sfumature, ma come sostanza va bene. E’ vero che succede spesso una domanda del genere.
Domanda……anche i Testimoni di Geova…
Risposta: ci può essere anche in questi eretici, ci può essere anche in loro quella che si dice l’ignoranza irriducibile, la buona fede, quello che San Tommaso chiama "l’eretico materiale"……