Lo scorso 1° giugno, avvicinandosi il gay pride nella sua città Mons. Thomas Tobin ha twittato un insegnamento molto chiaro:
«Ricordo ai cattolici che non dovrebbero sostenere o collaborare alle iniziative che si svolgeranno in giugno, ?mese dell?orgoglio? LGBTQ. Esse promuovono una cultura e incoraggiano attività contrarie alla fede e alla morale cattolica. Esse sono particolarmente dannose per i bambini».
Nel giro di poche ore, il post è stato ritwittato oltre 7.000 volte, ha ricevuto più di 28.000 ?mi piace? e quasi 95.000 commenti: altissimo il numero di insulti, ingiurie, minacce e offese al vescovo.
L?attivismo degli attivisti LGBT ha fatto vedere tutta la sua forza nell?imporre il gender diktat: trovatosi nell?occhio del ciclone, Sua Eccellenza ha cercato il dialogo, ma è stato tutto inutile? anzi controproducente: a distanza di dieci giorni, Google News riporta oltre 20.000 attacchi sui mass-media.
Unica consolazione: la solidarietà di un confratello nell?episcopato, Mons. J. Strickland, vescovo di Tyler.
Eppure, questi buoni vescovi non hanno fatto altro che ribadire l?insegnamento della Chiesa: «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l?insegnamento della Chiesa» (Congr. per la Dottrina della Fede, istruz. La cura pastorale delle persone omosessuali)
Ricordiamo che pochi giorni fa, il vescovo di Modena Mons. Erio Castellucci, ha reso pubblica una nota con gli stessi contenuti, esprimendo un inequivocabile ?sostanziale dissenso dai contenuti e dal metodo che anima il Gay pride?.
Come mai il buon vescovo emiliano non è stato sottoposto al fuoco di fila della setta LGBT? la risposta non può essere che una: dove la setta LGBT sta nascendo ed è ancora debole, dove c?è un laicato convinto e determinato che difende il Pastore, non osa attaccare frontalmente i cattolici. Ma lo farà appena possibile. Questa partita oggi si gioca sulle capacità di propaganda e comunicazione: questi fatti dimostrano che la Chiesa e i suoi uomini sono totalmente impreparati a questo genere di battaglia.
Laici e Pastori è necessario riflettano su questi episodi, per ricavarne qualche idea. Ad esempio:
- I vescovi e sacerdoti fedeli all?insegnamento della Chiesa sono molto più numerosi di quello che i mass-media ci fanno credere
- Questi presbiteri non si aiutano vicendevolmente, finiscono col credere di essere soli e divengono vittime della ?logica della maggioranza? delle Conferenze Episcopali e delle Unità Pastorali:
- Nessun cristiano è obbligato al martirio, tantomeno è compito dei presbiteri andare alla guerra
- È, invece, compito dei laici quello di combattere per rendere cattolica la società, mentre i presbiteri hanno il dovere ? dopo quello sacramentale ? di tenere unito nella verità il gregge
- Cristianizzare la società è il miglior aiuto che i laici possono dare ai presbiteri e ai problemi interni della Chiesa
- La dittatura gender, la cultura di morte, la diffusione dell?islam sono tutti progetti politici, ed è quindi compito del laicato contrastarli: con, senza o nonostante il clero
- I presbiteri possono aiutare formando il laicato, in particolare tornando alla ?cura dei migliori?, cioè dei generosi, pensanti e dotati di attributi
- Nell?attuale contesto storico la difesa dei Pastori è efficace se fatta da agenzie indipendenti dell?autorità ecclesiastica; il collateralismo D.C. ha provocato tutti i mali che patiamo
- I laici vivono in una società relativista: se non ricevono aiuto almeno indiretto, i presbiteri saranno sempre più massacrati dai mass-media
- È come il gatto che si morde la coda: da questa situazione si uscirà solo con un laicato forte nella vita interiore, con convinzioni incrollabili in materia di fede e morale.
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