Per un cattolico è sempre un buon segnale quando cala la popolarità di un Papa: significa che quel Pontefice guida la barca di Pietro dove al mondo non piace.
Ma che a dirlo sia il quotidiano che più avversa la fede cattolica fa sorgere qualche sospetto? vediamo perchè.
Innanzi tutto sospetto verso chi ha fatto quel sondaggio: ?Demos?, società ? guarda caso – partner proprio di Repubblica e Gazzettino? come a dire che i laicisti se la cantano e se la suonano da soli.
Secondo. Per il metodo, che NON viene esplicitato e rimanda ad acronimi criptici: e quando non si dichiara qual è il campione, né come è stata svolta l?indagine, nè quali domande sono stati poste… si tratta di una cosa sola: fake news, ovvero notizie costruite a scopo politico.
Terzo. I risultati, che contraddicono niente meno che i dati Istat sull?8 per 1000, secondo i quali solo il 24,84% degli italiani destina l?8×1000 alla Chiesa Cattolica. Questi sono dati certi, in base ai quali lo Stato restituisce denaro alla Chiesa Cattolica.
Mentre (per Repubblica-Demos) la “fiducia” in Veneto-FVG di Papa Francesco sarebbe scesa dal 93% del 2013 all?80% del 2017 .
E’ vero che l’8×1000 esprime una generica fiducia nella Chiesa e non la “fiducia” verso il Papa: ma il 60% di differenza tra i due indicatori fa venire qualche dubbio sulla serietà del lavoro di Repubblica.
Quarto. La “popolarità” di Papa Francesco (secondo Repubblica) sarebbe superiore a quella di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Come già detto, questa affermazione contraddice quella dell?8×1000, ma viene smentita anche dai dati delle Udienze del mercoledì (diramati dal Vaticano stesso), nonchè dal semplice accostare le fotografie di Piazza San Pietro all?Angelus domenicale.
Pertanto, anche questo è un falso: la “popolarità” di San Giovanni Paolo II non è stata eguagliata da nessuno. Durante il Pontificato di San Giovanni Paolo, nel 2005, l’8×1000 ha sfiorato il 90% dei firmatari. Oggi siamo al 79% e, rispetto al 2011, di 2 milioni di italiani hanno tolto l’8×1000 alla Chiesa Cattolica.
Insomma, che purtroppo ci sia un calo di “popolarità” o di “fiducia” è fuor di discussione, qualunque cosa si intenda con “popolarità”.
Infine: la tesi più clamorosa, le ragioni della disaffezione, che sarebbero da ricercare in un presunto? favore del Papa verso i migranti!
Quindi (sempre secondo Repubblica) il calo di “popolarità” di Papa Francesco sarebbe colpa di? Matteo Salvini!
Si tratta chiaramente di un’affermazione capziosa: sarebbe come dire che i cattolici del Veneto abbiano smesso di credere in Dio per credere nella Lega!
Il quotidiano di Scalfari-Renzi delira: rileggiamo cosa scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante del 2015: «?difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare [?] è necessario scongiurare, possibilmente già sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla povertà, dalla violenza e dalle persecuzioni».
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No, a nostro avviso questo “calo” ha altre ragioni: innanzi tutto, il fatto che non si capisce mai cosa il Papa voglia dire (per meglio dire: ciò che dice Papa Francesco non è sempre univocamente interpretabile): un giorno sembra contraddire quello che ha detto il giorno prima. Si pensi non solo ai migranti, ma ai rapporti sessuali fuori dal matrimonio, alle relazioni contro natura o, di recente, alla incomprensibile modifica in tema di pena di morte.
Sono temi che provocano laceranti litigi tra i fedeli e ?costringono? a cercare risposte nel Magistero precedente: regola che esiste da sempre, ma che richiede tempo e fatica.
L?altro aspetto inerisce il modo di porsi, quell?ostentazione davanti ai media di una improbabile povertà, quell'”abbassarsi” per cercare di voler sembrare ?uno di noi? attraverso mille gesti e particolari. Si tratta forse di uno stile forse troppo preoccupato dei massmedia, che non è ciò di cui molti cattolici sentono il bisogno per fare la volontà di Dio.
Sicuramente è uno stile che che viene a noia.
Questi due aspetti hanno una conferma ?vicina a ciascuno di noi?, cioè nella nomina di tanti dei nuovi vescovi che insipientemente cercano di imitare il Pontefice (meglio: ciò che i massmedia vogliono far credere del Pontefice) e allontanano così il loro gregge.
Conclusione. Lasciamo perdere i manipolatori di Repubblica e guardiamo ai dati Istat.
Il calo dell?8×1000 è un dato certo e bruttissimo sia perché certifica l?allontanamento dalla fede, sia perchè rende la Chiesa più povera (in senso materiale): proprio il risultato voluto da chi vuole distruggerla.
Su questo occorre riflettere: più sotto si propongono i dati forniti dall’Istat.
Dunque, il trucco di Respubica non ha funzionato: i dati vaticani delle “Udienze del Mercoledì”, Piazza San Pietro quasi vuota e il crollo dell?8×1000 lo contraddicono.
Così come anche le ragioni del calo della (indefinita) ?popolarità? sono radicalmente diverse e più profonde.
totustuus.it
8 agosto 2018, festa di San Domenico
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L’obolo del cittadino alla Chiesa. Alti e bassi con i tre ultimi papiOgni anno lo Stato italiano devolve l’8 per mille del proprio gettito fiscale alle confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa per beneficiarne.
Tra queste la Chiesa cattolica fa la parte del leone. Lo Stato le devolve circa un miliardo di euro all’anno. È molto, ma si tenga presente che in Germania la Chiesa cattolica tedesca, la cui dimensione è la metà di quella italiana, riceve dallo Stato ogni anno cinque volte di più, in forza della “Kirchensteuer“, la tassa sulle affiliazioni religiose in vigore in quel paese.
In Italia, invece, la ripartizione dell’ammontare dell’8 per mille tra le varie denominazioni religiose è decisa ogni anno dai contribuenti, liberi o no di indicare, con una firma, a chi vogliono sia devoluto il beneficio. E dal 1985 a oggi, da quando cioè è stato introdotto questo meccanismo, le firme a favore della Chiesa cattolica sono state una maggioranza schiacciante, che nel 2005, anno record, ha sfiorato il 90 per cento dei firmatari, per l’esattezza l’89,82 per cento.
Il 2005 era l’ultimo anno di papa Giovanni Paolo II. E vari commentatori associarono alla sua popolarità il picco raggiunto dall’8 per mille.
Così come nel 2013, anno finale di Benedetto XVI, fu facile associare all’impopolarità di quest’altro papa la caduta all’80,91 per cento delle firme a favore della Chiesa cattolica.
Ma oggi, dopo cinque anni di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, di nuovo popolarissimo, come stanno le cose?
Dopo una timida risalita all’81,23 per cento delle firme nel 2014, con papa Francesco il seguito è stato tutto in discesa:
– 81,09 per cento nel 2015;
– 79,94 per cento nel 2016;
– 79,36 per cento nel 2017, ultimo dato noto e record negativo nella storia dell’8 per mille.
Ma attenzione. Se invece che alle percentuali di voto si guarda alle cifre assolute, cioè al numero delle firme a favore della Chiesa cattolica, la musica cambia.
Si scopre, ad esempio, che il record di sempre nel numero delle firme fu raggiunto durante il pontificato non di Giovanni Paolo II ma di Benedetto XVI: nel 2011, con 15 milioni 604 mila 034 firme.
Non solo. In tutti gli ultimi sei anni di Benedetto XVI le firme a favore della Chiesa cattolica furono sempre superiori ai 15 milioni, come mai era accaduto nel pontificato di Giovanni Paolo II.
E così nei primi due anni di papa Francesco. Seguiti però da un calo netto e continuo:
– 14 milioni 437 mila 694 nel 2015;
– 13 milioni 944 mila 967 nel 2016;
– 13 milioni 762 mila 498 nel 2017.
È azzardato trarre da queste cifre misurazioni del successo o no di un pontificato. E neppure è agevole collegare questi dati alla generale avanzata della secolarizzazione in un paese etichettato “cattolico” come l’Italia.
Piuttosto, è singolare in Italia il favore raccolto dalle Chiese valdesi e metodiste, seconde classificate tra le varie denominazioni religiose nella ripartizione dell’8 per mille, con un numero di firme una dozzina di volte superiore alla loro reale presenza nel paese:
– 469 mila 071 nel 2015;
– 523 mila 504 nel 2016;
– 515 mila 829 nel 2017.
In continua crescita, in questi ultimi anni, è anche il numero delle firme a favore dell’Unione buddista italiana:
– 125 mila 786 nel 2015;
– 173 mils 023 nel 2016;
– 164 mila 934 nel 2017, alle quali vanno aggiunte le 52 mila 777 firme per i buddisti Soka Gakkai, entrati da quest’anno nella ripartizione.
I contribuenti possono anche firmare perché una quota dell’8 per mille resti allo Stato italiano. E queste firme sono da qualche anno anch’esse in leggera crescita:
– 2 milioni 493 mila 431 nel 2015, il 14,03 per cento delle firme;
– 2 milioni 535 mila 404 nel 2016, il 14,54 per cento;
– 2 milioni 576 mila 882 nel 2017, il 14,86 per cento.