L’Italia si accorge di avere avuto un ministro con delega alla Famiglia solo il giorno delle sue dimissioni.
L’ex esponente di Area Popolare Enrico Costa in oltre un anno mezzo di mandato non ha lasciato alcun segno se non legare in maniera indissolubile il suo nome a quello dell’approvazione delle Unioni Civili.
Proprio sotto il suo mandato si sugellò infatti lo storico accodo tra i moderati di Ndc guidati dall’allora Ministro degli Interni, Angelino Alfano, e il Partito Democratico di Renzi per far votare la legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso, privata però della Stepchild Adoption, ovvero la possibilità di adozione del figlio del partner.
L’intesa arrivò dopo che il testo si era impantanato in Senato per via della marcia indietro dei grillini e dei mal di pancia dei centristi e dei cattolici del Pd. A lanciare il salvagente fu quindi Alfano. “Se si tolgono le adozioni, la legge la votiamo anche domani”, disse l’ex delfino di Berlusconi a metà febbraio del 2016, mentre il ddl Cirinnà sembrava avviato su un binario morto.
In realtà Renzi aveva preparato il terreno al compromesso qualche settimana prima, esattamente alla vigilia dal grande Family day del 30 gennaio con oltre un milione di persone al Circo Massimo. In pratica, il 29 di quello stesso mese l’ex premier propose al Presidente della Repubblica la nomina di Enrico Costa come Ministro agli Affari regionali con delega alla Famiglia. Il tutto avvenne nella cornice di un piccolo rimpasto dell’esecutivo, che permise all’Ncd di ottenere una manciata di ulteriori poltrone. La mossa non passò inosservata e tutti i commentatori la legarono al patto in vista del voto sulle unioni civili.
Le cose in aula poi andarono come previsto da Renzi e Costa è stato il primo ministro alla Famiglia (prima di lui Guidi, Bindi, Giovanardi, Riccardi e varie deleghe tenute dalla presidenza del Consiglio) ad assistere inerme allo smantellamento del diritto famigliare, che vede venire meno il primato della differenza sessuale tra i coniugi e dell’apertura alla genitorialità.
Insomma se tutto è famiglia niente è più famiglia, come poi confermeranno le sentenze della giurisprudenza creativa che legittimano anche il presunto diritto di ottenere un figlio che per forza di cose sarà, fin dal suo concepimento, orfano della madre o del padre.
E cosa faceva Costa mentre avveniva tutto questo?
Al di là della diffusione di qualche comunicato in cui richiamava i giudici a rispettare la legge e non far rientrare per via giurisprudenziale quello che era uscito dalle proposte in Parlamento, l’esponente di Ncd non ha mai voluto rischiare la sua posizione per difendere quella visione pre-politica e antropologica della famiglia, riconosciuta anche dalla Costituzione italiana.
Lo stesso Costa ha raccontato che a pesare sulle sue dimissioni sono state infatti le tensioni sullo ius soli e la riforma penale voluta dal ministro della Giustizia Orlando, non le numerose proposte di legge già depositate in parlamento dal Pd con cui si chiede il matrimonio egualitario, le adozioni per le coppie dello stesso sesso e persino la legalizzazione dell’utero in affitto.
D’altra parte nessuno si aspettava di aver trovato un alleato contro la deriva antropologica che minaccia la cellula fondamentale della società.
In un’intervista rilasciata a Repubblica Tv pochi giorni prima dell’approvazione definitiva delle unioni civili nel maggio 2016, incalzato dalla giornalista sul diritto di filiazione dei gay, Costa spiegò che le adozioni furono eliminate per dare “un percorso più rapido alla legge”.
Tutto qui, questione di mero calcolo politico. Il ministro della famiglia non spese una parola sul diritto dei bambini ad avere un padre e una madre e sul ruolo sociale della famiglia naturale benché la giornalista chiedesse a lui motivi delle divisioni nella maggioranza. Non solo, ma Costa per non apparire “conservatore” ci tenne anche a sottolineare che quando sedeva al Consiglio regionale del Piemonte fu il primo a presentare una proposta sul registro delle unioni civili.
In effetti è una medaglia da appuntarsi sul petto se si parla negli studi del giornale fondato da Eugenio Scalfari.
"L'estremismo di centro può essere appassionante, ma rischia di essere velleitario", dice ora Costa facendo un esercizio di gattopardismo.
I risultati delle ultime amministrative hanno dato uno slancio quasi insperato ad un redivivo centro destra che adesso richiama sé anche i tanti che hanno fatto da stampella prima ai governi Renzi, poi Gentiloni. Costa probabilmente si prepara quindi a tornare nelle file di Forza Italia tra le quali ha militato fin dai primi anni 2000 o a dare vita a qualche sigla centrista da portare in dono a Berlusconi per una federazione moderata.
Si sappia però che alle urne i conti si faranno con le famiglie che hanno dato già prova di avere una memoria di ferro nelle ultime tornate elettorali.
Costa ci ricorderemo.
Marco Guerra, 21-07-2017 per
[www.lanuovabq.it]