La notizia che arriva da Londra, trasmessa sottotraccia dalle agenzie, è invece una di quelle che dovrebbe far riflettere profondamente. Si tratta di uno studio estremamente significativo condotto sulle circa sessantamila donne che hanno abortito nel 2016 nelle cliniche del British Pregnancy Advisory Service (Bpas), il servizio che riunisce circa 40 cliniche inglesi e che fornisce informazioni sulla “salute sessuale” e assistenza alle donne che decidono di abortire.
Nel 2016, emerge dai dati, il 51% delle 60.592 donne che si sono rivolte al Bpas per abortire stava utilizzando almeno una forma di contraccezione quando è rimasta incinta. E il 24%, circa 15.000, ovvero un quarto, stavano usando quelli che sono considerati i metodi contraccettivi più efficaci, ovvero quelli ormonali come la pillola, il cerotto o l'anello vaginale.
Inoltre chi ha utilizzato questi metodi ha avuto in media aborti in una fase successiva della gravidanza rispetto ad altre donne, poiché non si aspettava che la contraccezione fosse fallita. Nessun metodo, sottolinea il report, è efficace al 100%. Eppure le pillole contraccettive sono considerate di gran lunga il modo più popolare di “proteggere” contro una gravidanza indesiderata tra le donne, ma la loro efficacia è valutata dagli esperti intorno al 91%: ovvero su 100 donne che la usano 9 restano comunque incinta.
Ancora più bassa, come noto, l'efficacia dei preservativi, stimata intorno all’82%. Insomma: incinta nonostante la pillola, questo è il dato epidemiologicamente incontrovertibile che viene dalla Gran Bretagna, dove accade in un caso di aborto su quattro.
Per anni la propaganda cristianofobica si era accanita sulla Chiesa Cattolica, “rea” di non fare abbastanza per la prevenzione dell’aborto col suo veto sulla contraccezione artificiale. Ora invece abbiamo uno studio che dimostra scientificamente che le preoccupazioni della Chiesa sulla diffusione della contraccezione farmacologica erano più che fondate. La pillola offre una falsa sicurezza, e quando fallisce, non resta che l’aborto per “ovviare” a questo fallimento.
Come non andare col pensiero a Paolo VI e alla sua enciclica del 1968, quella Humanae Vitae che fu anche l’ultima enciclica pubblicata da papa Montini, la cui voce venne poi schiacciata dal furore dei “cattolici adulti”, teologi, preti, vescovi, suore, laici “illuminati”, che si schierarono con il pensiero mondano invece che con il Magistero della Chiesa.
Durante il pontificato di Paolo VI oltre mille scienziati allarmati e scandalizzati dalla posizione contraria agli anticoncezionali della Chiesa firmarono un manifesto per accusarla esplicitamente di essere “responsabile di un genocidio di vaste proporzioni condannando a morte milioni di esseri umani che nasceranno in condizioni da non poter avere né cibo né medicinali”.
Scosso dalle accuse, Paolo VI convocò una commissione di esperti chiamandone a far parte scienziati, teologi, porporati ed esperti vari. La commissione concluse i suoi lavori raccomandando al Papa di eliminare i divieti, ritenendo che non esistevano motivi morali né religiosi desumibili dalla Scrittura che imponessero il divieto e terminò i propri lavori raccomandando al Papa di legittimare l’uso degli anticoncezionali, pillola e preservativo compresi.
Ciononostante, Paolo VI con un atto di grande coraggio ribaltò le conclusioni della commissione e confermò il divieto, motivandolo con una precisione e un dettaglio straordinari sia dal punto di vista medico-scientifico sia teologico sia antropologico.
Ora, mentre ci si avvia a celebrare il 50° anniversario della pubblicazione della Humanae Vitae, nel 2018, ci sono fior di teologi che vorrebbero “superarla”, ovvero rottamarla. Forse farebbero meglio a leggere con attenzione lo studio uscito in Inghilterra, per meglio valutare gli effetti di quell’“immenso progresso che si è verificato, nel corso della modernità”, che sembra affascinare e conquistare molti cristiani, incapaci di vedere come questo progresso si sia tradotto nel tentativo di esercitare un dominio sul mondo e sulla persona da parte dell'uomo, che rivela forse in un grado mai prima raggiunto, la multiforme sottomissione alla caducità e al male.
E speriamo che questo documento susciti un analogo interesse anche nel campo medico, dove la prescrizione di anticoncezionali viene fatta anche con leggerezza, e dove i metodi naturali non vengono nemmeno presi in considerazione e se non addirittura derisi. Infine, per tutti, la consapevolezza che la medicina deve essere intesa anzitutto come prendersi cura, farsi carico della salute da salvaguardare e della sofferenza che incontra, della malattia e della morte, in tutte le circostanze del suo lavoro.
Paolo Gulisano, 17/7/2017 per
[lanuovabq.it]