Cinque milioni di buone ragioni
«Non siamo un partito ma vogliamo stringere un’alleanza sui grandi temi antropologici».
Lettera aperta del leader del Family Day
La strategia nazionale contro l’umano e la famiglia prosegue con il varo delle sue lugubri leggi.
È certamente un’onda lunga, iniziata negli anni Settanta con il divorzio e l’aborto e che giunge ai nostri giorni con il divorzio express, le unioni civili – che legittimano di fatto l’adozione dei bimbi da parte di coppie gay e lesbiche – le disposizioni anticipate di trattamento (o interruzioni programmate di vita), la legalizzazione della cannabis e l’educazione all’affettività nelle scuole italiane, ritagliata sulle linee guida delle plurime identità di genere.
In quest’elenco – ahimè, peraltro non completo – ci sono battaglie perse e battaglie ancora da combattere ma, soprattutto, c’è nascosto il grande rischio della delusione e della rassegnazione.
Soprattutto dentro il nostro mondo di credenti, si respira sempre una brutta aria, che va dall’uniformarsi al nuovo corso cultural-politico, magari ricercando mediazioni al ribasso, quasi il “male minore” rappresentasse l’apice dello sforzo etico, fino al cedere del tutto le armi e “tutti a casa”, a curare i propri affari.
Suona quanto mai attuale l’appello di san Paolo ai Romani: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo (di tenebra) in mezzo al quale dovete splendere come astri nel cielo», drammatico monito che nasce dalla parola stessa del Maestro: «Se il sale perde il sapore, con che cosa potrà essere salato; a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini».
Personalmente ritengo che fra le molte ragioni di tanta evidente “insignificanza” della cultura cristiana nel mondo politico italiano c’è certamente lo scarso impegno alla coerenza, personale e sociale, rispetto a valori non emendabili.
Eppure, anche questa “bandiera bianca” potrebbe essere figlia di un veleno che sta ancora più a monte: la corruzione delle coscienze, soprattutto di chi – avendo un ruolo di guida culturale, politica, sociale ed anche religiosa (come non ricordare l’accorato grido di allarme del Beato Paolo VI negli anni Settanta) – il compromesso ha iniziato a farlo dentro la propria anima, molto prima di essere “costretto” a farlo nell’agone civile.
Quando s’inquina la sorgente a monte, il fiume a valle non può certo essere puro e limpido.
Nient’altro che “pula al vento”
Fra i molti significati che i due straordinari eventi degli ultimi Family day hanno avuto, vorrei ricordarne almeno due, di particolare portata “politica”.
Primo: esiste un popolo numeroso, numerosissimo, che crede nella vita, nella famiglia naturale, nel patto educativo scuola/famiglia, nella pari dignità di ogni essere umano, senza distinzioni per condizioni personali o sociali, senza inventarsi ideologiche identità di genere.
Secondo: questo popolo esiste, è preoccupato ma non rassegnato, ma si sente abbandonato, “orfano” di una vera, chiara, leale rappresentanza politica.
Il 30 gennaio 2016, al Circo Massimo, chiunque avesse avuto la forza ed il coraggio di fermare quell’iniqua legge, di far cadere un governo ideologizzato ed arrogante che a colpi di fiducia chiudeva la porta ad ogni doveroso dialogo, avrebbe avuto la straordinaria opportunità di intestarsi la gratitudine e la riconoscenza di quel popolo che – come ha dimostrato al referendum istituzionale – ha la memoria lunga! E sa distinguere molto bene chi davvero lo rappresenta nei fatti e chi ha fatto delle promesse verbali nient’altro che “pula al vento”.
Questo tema dell’orfananza politica è ancora tutto aperto.
Una volta di più, il popolo del Family day lancia un appello alle forze politiche, chiedendo chi ci sta ad assumere nel proprio programma elettorale un patto di alleanza sui grandi temi antropologici della vita, della famiglia, della libertà educativa.
Così come non abbiamo mai creduto nell’opportunità di dar vita ad un nuovo partito, fondato su temi etici, altrettanto fermamente crediamo di poter giocare un ruolo di stimolo, di pressing, di virtuosa spinta sulle forze politiche esistenti perché prendano in seria considerazione il problema che oggi milioni di cittadini italiani – il “popolo del Family day” – non sa a chi assegnare il proprio voto.
Sondaggisti e statistici dicono che il 4 dicembre scorso quel popolo è valso dai quattro ai cinque milioni di voti.
Vero o falso che sia, una cosa è certa: quel popolo vale milioni di voti. Ed ha dimostrato in modo inequivocabile il profondo vallo esistente fra l’establishment politico e la società civile: l’arroganza del potere rende miopi, e il popolo, appena ne ha occasione, lo denuncia a colpi di voti, e fa cadere un governo che non ha avuto neppure quel minimo di saggezza che l’apertura di un dialogo richiede.
Nelle agende partitiche, nei programmi di governo, devono entrare scelte politiche di carattere antropologico cui il Family day non è disposto a rinunciare, che vedano nel rispetto della vita – dal concepimento alla morte naturale – della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29 della Costituzione), della libertà educativa dei genitori (art. 30), della promozione delle famiglie numerose (art. 31) – la denatalità nel nostro paese è un problema spaventoso! – lo scheletro di ogni programma economico, finanziario, sanitario, assistenziale, scolastico e culturale.
Sono temi che richiedono onestà politica, culturale ed economica.
Onestà politica e culturale: si scelga la vita, contro eutanasia, suicidio assistito, legalizzazione della droga; si scelga la famiglia, disegnando chiari confini fra questa e le unioni civili, con il diritto di ogni bimbo di crescere con mamma e papà, contro l’abominevole ed incivile pratica dell’utero in affitto e l’insensatezza dell’omogenitorialità, con un’educazione scolastica che rifugga dal gender in ogni sua manifestazione.
Onestà economica: perché introdurre la fecondazione artificiale nei Lea e aumentare il ticket sanitario, o ridurre i fondi per la disabilità? Non ci sono i fondi o piuttosto non c’è la volontà di ridurre capitoli di spesa cui non si vuole mettere mano? In Italia l’evasione fiscale delle società che gestiscono il gioco d’azzardo vale circa 90 miliardi di euro: non si può proprio far nulla? Le pensioni d’oro (288.000 cittadini italiani) valgono 13 miliardi di euro: non si può proprio far nulla?
Per non parlare delle famiglie numerose: salvo i proclami demagogici, nella realtà abbandonate a se stesse.
Basta quaquaraquà
C’è bisogno di un nuovo patto politico per la vita e la famiglia: questa è la benzina per far ripartire l’Italia.
C’è, quindi, bisogno di una grande alleanza fra partiti che si riconoscano in questo patto, al fine che diventi un “patto di governo”, anche esprimendo nelle loro liste elettorali candidati che rappresentino e sostengano quei valori.
Con il 6 o il 15 per cento non si fa nulla. Ma con il 30 si può fare molto. Una volta di più l’unione fa la forza. E il popolo della vita e della famiglia ringrazia ed apprezzerà chi ha deciso di farsi suo onesto portavoce, non mancando di tenere sotto marcatura stretta chi si è candidato come garante delle sue istanze.
Perché non se ne può proprio più di politici “quaquaraquà”, inclini al facile tradimento pur di salvarsi la poltrona.
Massimo Gandolfini, 26 giugno 2017 per
[www.tempi.it]
Massimo Gandolfini è portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli, promotore del Family Day
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) –