Da Il timone giugno 2017:
La versione di Barra
Scrive un lettore del Timone:
«[…] vorrei condividere una esperienza che mi affligge da un po’ di tempo. Sono veramente in uno stato di confusione totale, perché vedo nella Chiesa tante posizioni diverse una dall’altra su argomenti importanti per la mia vita spirituale e quindi per la fede. Da cattolico, cerco punti fermi nelle parole di Francesco, ma faccio fatica a trovarli. Alcune volta mi pare che il papa dia indicazioni di un certo tipo, altre che dia indicazioni diverse o anche opposte. Possibile, mi chiedo che ci sia questa confusione? […] Grazie [...]
P.G.Z. – e-mail »
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Caro amico,
lei disegna una posizione che conosco. Le scrivo dunque di me, convinto che qualcosa di simile alla “tempesta” ormai quotidiana nel mare agitato dell’anima mia sia sperimentato da molti altri. Tutto origina dallo scontro di “due forze” che appaiono diametralmente opposte.
La prima avanza titoli di assoluto valore e poggia sulla certissima verità di fede che il S. Padre è il Vicario di Cristo e Successore di Pietro. Ogni Papa legittimamente eletto lo è stato, e lo è – non ne dubito – anche Francesco. Così, al sorgere persino della più piccola perplessità sul suo operato, esplode nell’anima un turbinio di domande che non si acquieta: «Dubiti del papa? Lo stai contestando? Ti rendi conto del pericolo per la salvezza della tua anima? Non temi di scandalizzare E di offendere Dio?».
La seconda origina dai fatti, dalla cruda realtà. Qui, non dico “io penso”, ma piuttosto “vedo” e “leggo” (e conservo, onde assicurarmi di non avere allucinazioni) affermazioni del Santo Padre che mi appaiono inaudite proprio grazie a quella stessa fede che più sopra mi metteva in guardia: «È vero che ognuno ha una propria idea di bene e che la Chiesa deve aiutarlo a realizzarla? È vero che se una moglie luterana chiede perdono direttamente a Dio dei suoi peccati “fa lo stesso” del marito cattolico che si accosta al confessionale? È vero che Gesù si è fatto diavolo e qualche volta ha fatto il “finto scemo”? È vero che tra cattolici, ebrei, musulmani e buddisti “la sola cosa certa che abbiamo è che siamo tutti figli di Dio?».
Quando queste forze s’affrontano, contendendosi l’anima, è tempesta! Guai a me farmi giudice del Papa, con serio pericolo di deragliare nella fede, da un lato; incontestabile evidenza della bizzarria “dottrinale” di certe affermazioni, dall’altro. In me, confesso, non si conciliano.
Osservo come se la cavano alcuni amici, di fede sincera e per i quali va (meglio: deve andare!) tutto bene: testa sotto la sabbia, non “vedere”, non “sentire”, non “leggere” e, dunque, non “parlare” di certe cose.
Così non mi ci vedo, non è roba per me.
Tutto finito, dunque?
Ma neanche per sogno!
Mentre continuo ad invocare un intervento del Cielo, nell’attesa fiduciosa che la matassa si sciolga, cerco di fare al meglio il mio compito.
Consapevole – per fede – che Dio mi chiederà conto solo dei talenti che mi ha dato.
Di quelli donati ad altri – anche ai pastori della Chiesa – chiederà conto a loro, non a me.