La gerarchia ecclesiastica italiana sembra ormai aver definitivamente divorziato dal popolo cattolico.
È l’impressione netta che si ricava dalle reazioni alla formazione del nuovo governo, e in particolare, per la nomina della senatrice PD Valeria Fedeli al ministero dell’Istruzione. Chi sia la senatrice Fedeli è noto, così come le sue crociate pro-gender nella scuola (noi ne abbiamo parlato ieri). E infatti dal momento dell’annuncio del nuovo governo si è creata una immediata agitazione nel mondo delle associazioni che hanno dato vita ai Family Day e tra i genitori già impegnati ad evitare che le scuole siano trasformate in campi di rieducazione, per usare un’espressione di papa Francesco.
«Questa scelta – ha detto per esempio Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli - ha chiaramente i toni della provocazione, se non della vendetta, verso le Famiglie del Comitato per il No, colpevoli di aver vinto il referendum». Gandolfini «assicura collaborazione per iniziative contro ogni forma di odiosa discriminazione, violenza o bullismo», ma consapevole di cosa significhi la Fedeli al Miur assicura allo stesso modo anche battaglia contro «qualsiasi tentativo di trasformare i nostri figli in cavie di sperimentazioni ideologiche».
Che a una battaglia più aspra per la libertà di educazione e per difendere i figli bisogna prepararsi (come prima e più di prima) è chiaro anche ai parlamentari che hanno già sperimentato il “metodo Renzi-Boschi”. La deputata Eugenia Roccella, di Idea, ha parlato ad esempio – e sempre riferendosi alla scelta della Fedeli - di «stesso marchio di fabbrica del precedente sui temi etici e antropologici».
Si potrebbe continuare, ma a fare più notizia in effetti è il silenzio dei vescovi italiani, o per essere più precisi della Conferenza episcopale italiana che, per statuto, si occupa dei rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano. Nulla da dire sul neo-ministro. Come interpretare questo silenzio? Sorpresa? Costernazione? Tentativo di riordinare le idee dopo un duro colpo?
Niente di tutto questo: pura e semplice connivenza con questo governo e con questa maggioranza parlamentare che – come abbiamo dimostrato nei giorni scorsi – è la più laicista e anti-famiglia della storia repubblicana. Per capire basta prendere in mano la surreale edizione di ieri del quotidiano Avvenire, organo ufficiale della CEI. Il caso Fedeli non è neanche menzionato, per Avvenire è un semplice avvicendamento che non merita più di tre parole.
In compenso l’editoriale del direttore Tarquinio, dietro al solito linguaggio clericale, esprime pieno appoggio al governo di un Gentiloni dallo «stile misurato e consapevole» (tradotto in linguaggio corrente vuol dire “siamo tutti con te”). “Il governo dei doveri” viene definito, ma invano cerchereste tra i doveri elencati dal direttore di Avvenire un pur qualche riferimento alla famiglia (peraltro scomparsa dall’orizzonte dei ministeri) o alla libertà di educazione.
Ricordiamolo quando alla prossima occasione il direttore di Avvenire cercherà di accreditare il suo giornale in prima linea nella battaglia contro l’indottrinamento gender nella scuola o a difesa della famiglia. Balle, sono ben altre le preoccupazioni che albergano da quelle parti. Né si pensi che si tratta di una scelta autonoma del direttore. Soprattutto su certi temi a decidere è l’editore nella persona di monsignor Nunzio Galantino, segretario della CEI e plenipotenziario per i media legati alla Conferenza episcopale.
La controprova? L’altrettanto surreale comunicato dell’altra creatura affidata alle soffocanti mani di monsignor Galantino: il Forum delle Famiglie. Nessuna preoccupazione emerge dal comunicato stampa che riporta le dichiarazioni del vice-presidente del Forum Maria Grazia Colombo, solo ringraziamenti al ministro uscente Stefania Giannini (quella che “la teoria gender non esiste e se lo dite ancora vi denuncio”) e grande spirito di collaborazione con il ministro Fedeli da cui ci si attende una scuola che valorizzi tutte le sue componenti. Per concludere che «siamo a sua disposizione e le auguriamo buon lavoro». Stesi a tappetino.
La gerarchia ecclesiastica dunque va per la sua strada, ci diranno che loro non fanno muri ma costruiscono ponti. La realtà è ben diversa, questa è la strada dei mercanteggiamenti politici, dell'opzione preferenziale per il PD, degli scambi per salvare l’Otto per Mille: questa gerarchia pensa evidentemente che a salvare la presenza della Chiesa in Italia siano i soldi dello Stato e non la fede e la missione. E per questo abbandona il suo popolo che invece, seppur ridotto a minoranza, intende testimoniare nella società anche difendendo la dignità umana. Come è stato per i Family Day, ad accompagnare in questo cammino ci sono almeno singoli vescovi che non abdicano al loro ruolo, ma è ben triste constatare la diserzione dei vertici e come coloro che hanno sempre sulle labbra i poveri e il popolo sono poi quelli più pronti a sostenere il potere.
Riccardo Cascioli, per
[www.lanuovabq.it]