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I provvedimenti in tema di Famiglia degli ultimi 24 mesi
del Governo di centro-sinistra
2014 novembre: Negoziazione assistita per i procedimenti di separazione e divorzio. Si prevede un accordo da parte dei coniugi dinanzi a un avvocato, o anche solo davanti all’impiegato del Comune, senza necessità di comparire davanti al giudice. Ci si pone sulla strada della privatizzazione della famiglia e della banalizzazione del matrimonio
2015 Aprile: Divorzio breve. La norma prevede una riduzione dei tempi di separazione dagli attuali tre anni a sei mesi se la separazione è consensuale, a 12 mesi se è “giudiziale” (cioè chiesta da solo uno dei due coniugi).
[www.tempi.it]
2015 Luglio: “Legge sulla buona scuola”, che all’art. 1, comma 16, che ha legittimato e confermato un’azione di inserimento della cosiddetta ideologia del “gender” nelle scuole. Si veda anche la Circolare MIUR per la giornata contro omofobia: “supportare […] sulle delicate questioni legate all’identità di genere o a qualsiasi altra forma di violenza“.
[https:]
2015 ottobre: Ius soli – ma soprattutto ius culturae - alla Camera. Approvato alla Camera lo “Ius soli”: lo scopo è il “metticciato culturale”, ridurre l’importanza della cultura occidentale e cristiana, basta nascere sul territorio italiano.
[www.intelligonews.it]
2016 Maggio: “Matrimoni” gay. Approvato in via definitiva l'11 maggio 2016 il disegno di legge “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
[www.governo.it]
2016 giugno: stepchild adoption. Avvocatura dello Stato: permessa l’adozione bambini da parte di coppie omosessuali (stepchild adoption).
[www.loccidentale.it]
2016 Luglio: promozione dell’ LGBT. Il governo Renzi accelera su gender e omosessualità, lanciando un nuovo portale web nazionale, interamente dedicato alla promozione dell’agenda LGBT.
[https:]
2016 Settembre: il bullismo sostituisce la “Scalfarotto”. approvata alla Camera la PDL intesa a punire penalmente “la molestia reiterata… al fine di provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione… aventi per oggetto la razza, la lingua, l’orientamento sessuale”
[www.giurisprudenzapenale.com]
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Prossimamente sui nostri schermi:
- Teorie omosessualiste nelle scuole:
[www.intelligonews.it]
- Educazione sessuale nelle scuole:
[www.huffingtonpost.it]
- eutanasia / testamento biologico:
[www.quotidianosanita.it]
- legalizzazione cannabis:
[www.business.it]
- persecuzione di chi cura l’omosessualità:
[www.corrispondenzaromana.it]
- doppio cognome:
[www.romasette.it]
- utero in affitto:
[blog.openpolis.it]
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In generale:
[www.quotidiano.net]
e:
[www.cultora.it]
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UN PARTITO DELL'OPPOSIZIONE REAGISCE
Il 27 settembre 2016 la Regione ER ha bocciato senza neppure discuterlo un progetto di legge inteso a ridefinire il ruolo dei Consultori, mentre due assessori hanno speso un'intera giornata a lavorare per l'Unione donne comuniste (Udi).
Aborto: calano i medici obiettori in controtendenza rispetto al resto d'Italia. L'Udi: "Nel 2016 si è recuperata la situazione di Cento, con l'assunzione di due ginecologi abortisti. In precedenza l'obiezione era al 100%".
L'assessore Venturi (sanità): "Da noi non è a rischio l'applicazione della 194".
(La Repubblica 26/9/16)
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Comunicato Stampa. Il progetto di legge sulla riforma e la riqualificazione dei consultori familiari nasce per sottoporre all’attenzione della Regione Emilia-Romagna un tema che sappiamo essere delicato e per nulla comodo. Eppure, in un momento in cui il tema del calo demografico è di grandissima attualità, non possiamo non interrogarci sulla pratica degli aborti volontari, nonostante la difficoltà di tenere questo dibattito fuori dall’ambito strettamente ideologico.
E siccome su questo argomento le considerazioni non sono mai semplici, è meglio che a parlare siano i numeri. A inizio settembre, sono stati distribuiti dall’Assessore alla Sanità i dati sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (Igv), ovvero gli aborti volontari.
La relazione prende in considerazione il periodo relativo agli ultimi 20 anni dando conto di un fenomeno di enormi dimensioni: dal 1993 a oggi gli aborti volontari in Emilia-Romagna sono stati 200mila, una intera Città di bambini mai nati, una macabra contabilità che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
Altro dato significativo è che, a fianco di questi 200mila aborti volontari, il 33% di chi ha scelto questa pratica lo aveva già fatto in passato: una percentuale elevatissima che lascia intendere come il ricorso all’aborto volontario non sia più una drammatica eccezione, ma una sorta di metodo contraccettivo inaccettabile, una routine a cui si ricorre come una pratica ordinaria.
Il nostro progetto di legge, composto da 30 articoli, e neppure esaminato in commissione, aveva la funzione di fissare due principi valoriali.
Da un lato, la Sacralità e l’inviolabilità della vita umana, valore non negoziabile (ammesso che esistano valori negoziabili), che è tale fin dal momento del concepimento, dall’altro il valore della famiglia tradizionalmente intesa. Una non negoziabilità che deve sussistere sempre, senza nessuna sorta di bilanciamento tra la vita della madre e quella del nascituro: e sia chiaro che, con questo progetto di legge, ci siamo assunti la responsabilità politica di introdurre temi che in quest’aula sono considerati vetusti, scomodi.
Lo abbiamo fatto ispirandoci sì a valori cattolici, ma con una visione laica, aprendo al dibattito che avremmo voluto si svolgesse in Commissione con i dovuti approfondimenti.
Del resto, il progetto di legge mirava a ridefinire il ruolo dei Consultori Familiari intesi non più come strutture prioritariamente deputate a fornire, in modo asettico, una serie di servizi sanitari o para-sanitari alle famiglie, bensì vere e proprie istituzioni vocate a sostenere e promuovere la famiglia ed i valori etici di cui è essa portatrice.
Ma ancora una volta, la Regione non ha voluto approfondire il tema, quello del bivio tra una vita che viene interrotta e un’altra che viene alla luce.
Ne prendiamo atto non senza rammarico, non senza un pensiero in più rivolto a quei numeri drammaticamente elevati che dovrebbero essere alla base di un dibattito serio nel quale le Istituzioni dovrebbero svolgere un ruolo attivo.
Avv. Galeazzo Bignami
Capo Gruppo di Forza Italia alla Regione Emilia-Romagna
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Amare la Terra e fare bene da mangiare:
la nuova religione del "priore" Enzo Bianchi
di Antonio Gurrado | Il Foglio 23 Settembre 2016
Abbiamo una nuova religione: l'ha appena inventata padre Enzo Bianchi in occasione del Salone del Gusto, aperto a Torino fino a lunedì prossimo.
Non è una religione rivelata ma si basa su “due convinzioni”: la prima è “una sorta di undicesimo comandamento” che recita “ama la terra come te stesso”; l'altra è che il miglior modo di dimostrare amore a una persona sia farle bene da mangiare.
Le parole di "padre" Bianchi mi fanno improvvisamente accorgere di tutti gli anni gettati portando le fidanzate in ottimi ristoranti, quando anziché pagare a iosa mi sarebbe bastato imbastire una decente omelette; ma, più dell'economia, è la teologia che m'interessa.
Mi chiedo se "padre" Bianchi sia persuaso che la terra sia una divinità: una divinità creatrice (“c'è una relazione vitale tra l'uomo e la natura”), una divinità psichica (“la nostra vita interiore non è estranea alla terra”) e una divinità spietata: “Dio perdona sempre, la terra non perdona mai”.
In particolare ho remore sull'undicesimo comandamento. Non l'aveva già dato Gesù, quando aveva detto: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri”?
Adesso emerge che il comandamento nuovo non parla di amare né il prossimo né Dio ma la terra; del resto Gesù non scriveva sulla Stampa, quindi è una fonte meno attendibile.
A questo comandamento nuovo "padre" Bianchi aggiunge un corollario: “Ama la terra come te stesso, e la terra ti ricompenserà”: formula più efficace, nei nostri tempi frettolosi, rispetto alla promessa che “grande sarà la vostra ricompensa nei cieli”; rispetto all'ammonimento “pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
Non apprezzo i monaci atei
Livi, autorevole e venerabile teologo di establishment nega la cattolicità del “profeta” Bianchi
di Paolo Rodari | 19 Aprile 2012
"Per aver detto ciò che penso su Enzo Bianchi mi danno del cattolico tradizionalista, pigiando con disprezzo sull’aggettivo, ma io non mi sento tale, mi sento piuttosto cattolico punto e basta, uno che senza offendere nessuno cerca di difendere la vera teologia dai falsi profeti, da coloro che dicono di fare teologia e invece altro non fanno che una squallida filosofia religiosa. Bianchi è uno di questi”.
Del clero romano, già decano della facoltà di Filosofia alla Pontificia università lateranense, “il più solido filosofo metafisico che le facoltà teologiche romane e italiane abbiano conosciuto dopo padre Cornelio Fabro” (copyright Sandro Magister), insomma non proprio l’ultimo arrivato, monsignor Antonio Livi spiega al Foglio dove diavolo abbia trovato il coraggio (e soprattutto per quale motivo l’abbia voluto trovare) di attaccare a testa bassa, qualche settimana fa, il monaco più mediatico del panorama ecclesiale italiano, Enzo Bianchi il quale, oltre che fondatore e "priore" di Bose, è scrittore prolifico ed editorialista per Repubblica, Sole 24 ore, Avvenire e Famiglia Cristiana.
Un attacco durissimo e che, vergato sulle pagine del giornale cattolico on line la Bussola quotidiana, ha provocato qualche tempo dopo la reazione, in difesa di Bianchi, del direttore di Avvenire Marco Tarquinio che poi ha lasciato la palla direttamente al monaco bosiano per un botta e risposta con Livi sui generis rispetto al consueto ecclesialese del quale i personaggi di chiesa ammantano il più delle volte il loro parlare.
“Enzo Bianchi?”, si è domandato Livi il giorno che ha deciso di aprire il fuoco. “Si presenta come il priore della Comunità di Bose, che dei cristiani ritengono essere un nuovo ordine monastico, mentre canonicamente non lo è, perché non rispetta le leggi della chiesa sulla vita comune religiosa. I cattolici lo ritengono un maestro di spiritualità, un nuovo san Francesco d’Assisi capace di riproporre ai cristiani di oggi il vangelo sine glossa, ma nei suoi discorsi la scrittura non è la parola di Dio custodita e interpretata dalla chiesa ma solo un espediente retorico per la sua propaganda a favore di un umanesimo che nominalmente è cristiano ma sostanzialmente è ateo”.
Tutto è iniziato il 4 marzo, per colpa di un paginone a colori nell’inserto domenicale di Avvenire nel quale Bianchi, all’inizio della Quaresima, commentava il racconto evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto.
Qui, secondo Livi, Bianchi nega esplicitamente la divinità di Cristo, parla del suo “essere creatura” e lo presenta come un simbolo dell’etica sociale politically correct, l’etica dell’uomo che, come scrive il priore di Bose, deve “avere il cuore e le mani libere per dire all’altro uomo: mai senza di te”.
Ma è l’11 marzo che per Livi la misura diviene colma. Quel giorno Bianchi scrive sulla Stampa un pezzo dedicato a Hans Küng, con tanti elogi al “teologo ribelle” e una dura accusa alla Santa Sede: non comprendendo le ragioni del professore svizzero, anzi togliendogli la qualifica di teologo cattolico, la chiesa avrebbe perso un’occasione importante.
Secondo Bianchi, infatti, “le sue posizioni, così stimolanti per i cristiani di oggi e per l’uomo contemporaneo non hanno più avuto come luogo di confronto e di risonanza la comunità cattolica in quanto tale”.
Apriti cielo. Per Livi, da sempre abituato a parlare senza fronzoli e in modo spiccio davanti ai suoi alunni della Lateranense (a lezione non si toglie mai il cappotto), è davvero troppo.
Dice: “Ho recentemente pubblicato un libro, “Vera e falsa teologia” (Editrice Leonardo da Vinci), il cui sottotitolo spiega molte cose. Recita così: ‘Come distinguere l’autentica scienza della fede da un’equivoca filosofia religiosa’. Bianchi non fa teologia, non si rifà al dogma cattolico ma un’equivoca ideologia filosofico-politica che ben poco serve a comprendere e a vivere la verità rivelata da Dio. Da troppi anni il "priore" di Bose non solo gode di grande favore presso gli intellettuali atei ma è anche considerato in alcuni ambienti cristiani un ‘maestro della fede’ e un ‘profeta’ del cristianesimo del futuro: a un certo punto era opportuno che qualcuno facesse notare l’ambiguità di questa operazione culturale. Io non ho nulla contro Bianchi, e tutti hanno la libertà di interpretare il cristianesimo come meglio credono, ma è importante avvertire chi dovrebbe avere responsabilità pastorale (anche giornali come Avvenire e Famiglia Cristiana) che in materia di fede l’unica autorità garantita dalla fede stessa è il magistero della chiesa. La falsa teologia propone soltanto dottrine di uomini, invece di farsi eco della parola di Dio. La teologia è autentica serve alla fede se non contraddice il magistero del Papa e del Concilio, e nemmeno si sovrappone a essi, ma ne tenta un’interpretazione scientifica che risulti affidabile”.
Insomma, sta dicendo lei farebbe vera teologia e Bianchi no?
“Io non c’entro. La chiesa ha tanti ottimi teologi anche al giorno d’oggi. Io nel mio libro critico alcuni noti teologi che seguono più Hegel che i concili ecumenici, ma rendo anche omaggio a teologi di fama internazionale come Charles Journet, Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger (oltre a italiani come Carlo Caffarra, Inos Biffi, Rino Fisichella). Io uso la mia competenza epistemologica per mostrare qual è l’unico metodo logico per fare vera teologia. La vera teologia è opera di chi crede nella verità rivelata e procede con metodo scientifico a formulare ipotesi d’interpretazione del dogma al servizio della fede della chiesa. Ma, essendo questo il suo statuto epistemologico, essa deve rispettare il proprio limite ermeneutico e non rimettere in discussione ciò che costituisce il nucleo essenziale (sia in senso semantico che in senso aletico) della fede di sempre e di tutti. Procedere diversamente significa fare, non più teologia ma ‘filosofia religiosa’, che è un discorso su Dio e sulla religione ibrido e incoerente, privo di consistenza aletica, cioè veritativa”.
Sostiene Livi che una filosofia siffatta è anche un regresso al razionalismo e al fideismo dell’Ottocento, che già il Concilio Vaticano I aveva dichiarato incompatibili con la fede cattolica.
Dice: “Il razionalismo teologico ha avuto un suo apogeo con Hegel e Schelling, i quali parlavano dei misteri rivelati (l’incarnazione del Verbo, la Trinità) risolvendoli in elucubrazioni meramente filosofiche; nello stesso periodo Kierkegaard esaltava il fideismo. Io dico: tutti sono liberi di non credere a una rivelazione divina e di preferire al Vangelo una sapienza umana, ma non vengano a dire che è teologia, perché questa non è un nutrimento sano della fede ma una specie di sofisticazione alimentare. Chi trasforma la dottrina cristiana in cattiva teoria religiosa, ricorrendo agli artifici della letteratura di moda, allontana i fedeli dall’intelligenza della fede, facendo credere che i dogmi siano d’intralcio alla spiritualità e che la fraternità cristiana consiste nel far proprie, come se fossero sempre valide, tutte le idee dei cosiddetti ‘dissidenti’ e dei contestatori della chiesa-istituzione”.
Alle parole di Livi, Bianchi ha reagito.
Scrivendogli una lettera poi resa pubblica, Bianchi assicura Livi della sua “fede cattolica” e della sua “leale appartenenza alla chiesa”. E ancora: “La fede che professo” ha scritto “è quella del credo che proclamo ogni domenica nella messa. Per me, quindi, Gesù Cristo è il Figlio di Dio, il Signore morto e risorto per la nostra salvezza. Se non lo ritenessi tale, ma solo un uomo, lei pensa che avrei scelto la vita monastica cristiana, che da quasi cinquant’anni tento di vivere, con fatiche e inadempienze certo, ma nella fede in Lui?”.
Dice Livi: “Un conto è dire che si crede in Dio, un altro è continuare a proclamare attraverso i propri scritti un umanesimo ateo. Anche nelle scorse ore Bianchi ha scritto che la resurrezione di Cristo è un simbolo, il simbolo dell’amore che vince la morte. Scrivere così significa buttare ogni cosa della fede – che è il regno del concreto esistenziale – sull’astratto, nell’ideologia. Significa distruggere il dogma e ridurre la chiesa a umanesimo, il tutto mostrandosi, agli occhi dei credenti, come un profeta, portatore di un messaggio in qualche modo divino. Tutto ciò altro non è che un millantato credito di un intellettuale che molti considerano un monaco, un sacerdote e un teologo, mentre queste qualifiche, nei termini in cui vengono usate nella chiesa cattolica, non gli appartengono”.
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Aldo Vendemiati
– IL DIRITTO NATURALE – DALLA SCOLASTICA FRANCESCANA ALLA RIFORMA PROTESTANTE –
Urbaniana University press - Via Urbano VIII n. 16 – 00165 Roma – 2016 - pag. 128 - €.14,00
L’autore, docente presso la Pontificia università Urbaniana, si occupa di temi etici con solida impostazione tomista (legata cioè al pensiero di san Tommaso d’Aquino), in continuità con quella tradizione che anche in un recente passato, ha annoverato, negli atenei pontifici romani, eccellenti figure come i domenicani Raimondo Spiazzi e Reginaldo Pizzorni ed il salesiano don Dario Composta.
Dopo avere affrontato in due precedenti opere, il tema della Legge naturale (1995) in generale e quindi il rapporto tra San Tommaso e la legge naturale (2011), nel suo ultimo libro, Vendemiati tratteggia il complesso itinerario che verso la fine del Medioevo, ha portato all’abbandono della prospettiva tomista.
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Due parole almeno, prima di continuare, per ricordare che, con l’espressione ‘diritto naturale’ si fa riferimento all’esistenza di un insieme di regole di giustizia (diritto alla vita, alla proprietà ecc.) che preesistono agli ordinamenti giuridici dei singoli Stati. Questi pertanto non potrebbero né abrogarle né violarle e le leggi che, eventualmente, fossero emanate in contrasto con esse, dovrebbero ritenersi ingiuste e prive di efficacia anche se sostenute dalla forza coattiva dello Stato.
Si tratta di una concezione (cui si da il nome di gius-naturalismo cioè diritto di natura) che è oggi generalmente rifiutata nel mondo occidentale in cui –tutt’al più- si riconosce al diritto naturale il valore di una vaga aspirazione alla giustizia, in quanto tale però, priva di valore giuridico. Esso è poi del tutto disconosciuto nella pratica degli Stati moderni che non ammettono limiti al proprio legiferare se non quelli che essi stessi si sono imposti e che, ovviamente, sempre possono cambiare anche se nelle costituzioni (come ad esempio, nell’art. 29 di quella italiana laddove si tratta della famiglia) talvolta, si trova l’aggettivo ‘naturale’.
Vano pertanto è sempre rimasto, in Italia ed altrove, il richiamo al diritto naturale da parte di chi si opponeva ad innovazioni legislative che, come divorzio, aborto e, più di recente, matrimoni ed adozioni gay, andavano a toccare strutture essenziali della persona e della società.
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Trascurando la ‘volontà di potenza’ dello stato moderno per rimanere invece su di un terreno più propriamente culturale, bisogna riconoscere che, almeno in un punto, le critiche al diritto naturale trovano un certa giustificazione. Ė vero infatti che i più famosi teorici del ‘moderno’ diritto naturale –il nome di alcuni dei quali è ben noto: Ugo Grozio, Thomas Hobbes, John Locke, Jean Jacques Rousseau, Immanuel Kant- finiscono per fondarlo su basi teoriche assai fragili e così ‘riempirlo’ di contenuti diversi l’uno dall’altro esponendolo alla facile critica di chi lo considera poco più che un vuoto contenitore buono per tutti gli usi. Ė questa ad esempio una delle critiche se non forse, la più pungente che, al concetto di diritto naturale, ha rivolto il noto filosofo del diritto e politologo Norberto Bobbio nel suo saggio più volte ristampato ‘Giusnaturalismo e positivismo giuridico’ (Laterza, 2011).
In realtà, dove l’idea di diritto naturale è nata e si è diffusa, ad Atene grazie soprattutto ad Aristotele ed a Roma con Marco Tullio Cicerone e, più in genere, con un po’ tutti i grandi giuristi dell’epoca (Ulpiano e Gaio in testa), l’idea che se ne aveva era assai meno vaga. Tale diversa concezione, quantomeno nelle sue linee portanti, è rimasta inalterata per oltre un millennio, fino cioè a san Tommaso d’Aquino (1225-1274). Il doctor angelicus –come egli era chiamato nelle scuole medievali- l’ha infatti ripresa inserendola nel suo sistema filosofico fornendole così fondamento e contenuti non esposti a soggettive e sempre mutevoli interpretazioni.
Sintetizzando e pur con il rischio di banalizzare, si può ricordare che la costruzione del diritto naturale per san Tommaso deriva dal riconoscimento del fatto che Dio non ha solo creato il mondo ma l’ha anche, per così dire, ordinato verso un fine. Tutto il reale che ci circonda costituisce cioè un cosmo razionale dotato di proprie leggi. La legge naturale altro dunque non è che l’insieme delle inclinazioni di quella natura umana che vive ed opera all’interno del creato e che, in quanto dotata di ragione, è capace -sia pure entro i limiti del suo essere creatura- di scoprire il fine assegnatogli da Dio e ad esso adeguare i propri comportamenti. Il diritto naturale, non è pertanto rimesso all’arbitrio dei filosofi ma scaturisce/è scritto nella stessa costituzione del reale e può essere appreso dal suo esame. Un po’ allo stesso modo -ci si consenta- mesi orsono, Antonio Socci, quando fu data notizia della verifica sperimentale dell’esistenza delle cosiddette ‘onde gravitazionali’, notava che, se un secolo prima, il noto fisico Albert Einstein, le aveva già ‘scoperte’ a tavolino, ciò dipendeva dal fatto che esse dovevano esserci necessariamente proprio, anche in questo caso, a causa della natura ‘ordinata’ del cosmo.
Dopo san Tommaso, il diritto naturale è stato invece a poco a poco, estratto dal contesto culturale in cui era nato nell’antica Grecia ed al quale il doctor angelicus aveva solo dato solido fondamento, per percorrere un itinerario che Vendemiati descrive con chiarezza. Nel libro si succedono così figure note (come Duns Scoto, Guglielmo d’Ockham, Martin Lutero e Giovanni Calvino) insieme ad altre che lo sono meno fino ad arrivare al filosofo calvinista Giovanni Althusius (1557-1638). In questa figura, Vendemiati individua il punto di arrivo del suo ‘viaggio’, dal momento che il diritto naturale è oramai ridotto a fatto di coscienza: ‘in forza di una conoscenza impressa da Dio che viene chiamata coscienza […]
l’uomo è spinto da un misterioso istinto della natura a fare ciò che ha compreso essere giusto o a non fare ciò che ha compreso essere iniquo’ (cit. a pag. 103). Non è dunque difficile vedere come questa riduzione della legge naturale a poco più di un istinto necessariamente soggettivo, apre la porta a giustificarne tutti i contenuti possibili ed immaginabili e quindi, in pratica, a renderlo un concetto evanescente e privo di valore.
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Vendemiati, ovviamente, non è il primo a percorrere questo itinerario che, dalla frantumazione della sintesi tomistica, conduce il diritto naturale fino agli albori dell’età moderna. Già lo avevano delineato, anche solo per uscire dall’ambiente delle università pontificie romane, il belga Georges de Lagarde (di cui la Morcelliana ha tradotto nel 1961 i primi due volumi con il titolo ‘Alle origini dello spirito laico’) ed il francese Michel Villey, (‘La formazione del pensiero giuridico moderno’, ed. Jaka book, 1986). opere entrambe divenute classiche. Mentre però il primo si muoveva prevalentemente sul terreno della filosofia della politica ed il secondo in quello della filosofia del diritto, merito del nostro autore è di approfondire l’argomento in termini essenzialmente filosofico-teologici.
Certamente il suo libro presuppone un minimo di conoscenza della storia della filosofia: non più però di quanto se ne apprenda generalmente nel triennio dei licei. Lo stile è piano, i tecnicismi filosofici ridotti veramente al minimo e le citazioni degli autori sono sempre in lingua italiana. Tutto questo insieme alle dimensioni contenute del saggio, invoglia alla lettura.
Né si pensi che il tema sarebbe alquanto … esotico: è infatti soltanto un giusnaturalismo ancorato alla natura delle cose ed al loro ordine oggettivo secondo la prospettiva tomista, che potrà aiutare a costruire un terreno comune tra tutti ‘gli uomini di buona volontà’. Lo si è visto del resto quando, su scottanti temi di attualità (aborto, fecondazione artificiale, gender), non sono mancate personalità di rilievo di area laica che hanno difeso l’ordine naturale: non sono state molte, questo purtroppo, è vero però la loro presenza è stata significativa. E perché magari questo possa ripetersi occorre che, anche da parte cattolica l’argomentazione si fondi su solide basi.
Andrea Gasperini
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Nonostante la forte attenzione riservata dai massmedia al Santo Padre, sembra che il popolo di Dio stia disertando sempre più i pellegrinaggi alla Sede Apostolica.
I dati delle Udienze Generali, della Confcommercio e CNA.
Altro che Olimpiadi, il vero scandalo è il Giubileo
Piangono alberghi, ristoranti, negozi e trasporto Nell’Anno Santo a picco turismo e consumi
[www.iltempo.it]
Il conto ufficiale dei pellegrini arrivati nella Capitale in oltre otto mesi di tempo dall’inizio del Giubileo segna 16.348.566; è aggiornato al 18 settembre e cresce di ora in ora. Eppure, questi 16 milioni e più di visitatori non hanno avuto un minimo di impatto economico sulla città: niente segno più per l’occupazione alberghiera, tantomeno per i pubblici esercizi, niente ancora per il commercio al dettaglio né per i trasporti su gomma. Insomma, mancano un paio di mesi alla fine dell'evento giubilare e per le categorie produttive è stato un vero e proprio flop. Tanto da far dare un giudizio unanime: «Saremmo andati molto meglio se il Giubileo non ci fosse stato».
TURISMO
Il più categorico nel suo giudizio è Giuseppe Roscioli, presidente Federalberghi Roma: «Da gennaio 2016 a luglio, gli arrivi sono aumentati dell’1,5% ma l’anno scorso sull’anno precedente nello stesso periodo considerato l’incremento era stato del 4,61%. Questo significa che siamo cresciuti molto di più quando il Giubileo non c’era». È vero, precisa Roscioli, «c’è stato anche l’allarme terrorismo che ha rallentato il flusso turistico, ma in Europa, al netto dell’Italia, il turismo è cresciuto del 5%, quindi il problema sta proprio nella Capitale». Sono i dati dell’occupazione degli alberghi 1 e 2 stelle i più emblematici: avrebbero dovuto raccogliere il maggior numero di pellegrini visto che si tratta di un turismo di qualità bassa. Invece, nel periodo gennaio/luglio 2016 gli alberghi a 1 stella hanno segnato una diminuzione dello 0,08% degli arrivi e dell’1,03% delle presenze mentre quelli a 2 stelle del 2,69% delle presenze e del 2,33% degli arrivi.
EXTRALBERGHIERO
Un po’ meglio è andata al settore extralberghiero, almeno a livello di occupazione delle stanze che sono rimaste tra gennaio e agosto al 70-80%. Ma, spiega Claudio Cuomo, presidente extralberghiero della Confesercenti: «Il Giubileo ha influito negativamente sul fronte prezzi, scesi fino a 35-40 euro a camera. Questo è stato causato dal fatto che la clientela che di solito spende di più ha evitato di venire a Roma proprio perché c’era il Giubileo e quella che è venuta ha una capacità di spesa molto più bassa». In poche parole è stata la qualità del turismo a risentirne maggiormente.
BAR E RISTORANTI
Più turisti che girano e che, si diceva, avrebbero consumato nei bar e nei ristoranti. Almeno così speravano gli esercenti. Tutt’altro. Claudio Pica, presidente Associazione esercenti di Roma e Provincia, parla addirittura di un danno per il settore. «La flessione degli incassi è intorno al 6-8% da inizio del Giubileo ad oggi quando invece avevamo stimato un incremento di almeno il 10% degli affari. Gli esercenti hanno grossi problemi ad essere in regola con i pagamenti ai fornitori e a mantenere gli stessi livelli occupazionali». Anche nell’area attorno ai Musei Vaticani i ristoratori lamentano scontrini medi di 15 euro, segno che il turista che entra si ferma alla bibita e al panino più che consumare seduto al tavolo.
TRASPORTI
Da sempre i pellegrini richiamano i pullman privati che li trasportano da una parte all’altra della città. Per questo Giubileo, tuttavia, il via vai dei torpedoni è stato ridotto proprio all’osso. Parla di vero e proprio flop Paolo Delfini, presidente Cna trasporto: «Prima del Giubileo registravamo una media di 400 pullman al giorno. Oggi siamo al 60/70 per cento in meno, un danno notevole per il settore». Una prova? «Basta vedere che nelle zone a più alta concentrazione di pellegrini, come ad esempio via della Conciliazione o via Gregorio VII, altezza San Pietro, non si registrano per nulla file di pullman o traffico».
SHOPPING
E sul fronte commercio? Peggio che mai. Per David Sermoneta, presidente dell'Associazione Piazza di Spagna «questo turismo non è certo quello che spende nei negozi del centro per fare shopping». Ma neppure nelle vie più periferiche si registra il minimo movimento da poter imputare al Giubileo.
Damiana Verucci
Alle udienze di Papa Francesco si registra un forte calo di presenze.
da:
[www.lalucedimaria.it]
Cerchiamo di capire il motivo del vistoso calo di popolarità e di consensi nei confronti di Papa Francesco che secondo questi dati ufficiali riguardanti le presenze alle udienze di Bergoglio mettono in luce questa realtà indiscutibile. Una spiegazione plausibile secondo noi potrebbe essere che molti hanno frainteso le dichiarazioni del Pontefice su alcune tematiche delicate [...].
Un’emorragia lenta e costante, che in poco più di due anni ha assunto proporzioni preoccupanti. Il numero delle persone che il mercoledì si reca a piazza San Pietro per assistere all’ udienza del Papa ha iniziato a calare con l’ avvento di Francesco al soglio di Pietro, ed il trend non accenna a cambiare verso.
Da che è diventato Pontefice, Bergoglio ha perso suppergiù due fedeli su tre. I numeri non potrebbero essere più ufficiali: a diffondere il conto delle presenza è stata infatti la Prefettura della casa pontificia, ossia l’ organismo vaticano che ha tra i propri compiti quello di provvedere all’organizzazione delle udienze. L’occasione per la pubblicazione del riepilogo è stata offerta dalla centesima udienza tenuta da Bergoglio questo mercoledì.
I numeri: ai cento appuntamenti di Francesco hanno preso parte in totale 3.147.600 persone.
Interessante il dato disaggregato sui singoli anni. Nel 2013, primo anno di pontificato del Papa argentino, i fedeli presenti sono stati 1.548.500 per un totale di 30 udienze (da tenere a mente che il pontificato è iniziato nel marzo di quell’ anno); nel 2014 alle 43 udienze officiate da Francesco hanno preso parte 1.199.000 fedeli; per l’ anno in corso, dove si contano 27 udienze compresa quella di questa settimana, il totale si ferma a quota 400.100.
Per rendersi conto della portata di questa emorragia è utile fare il calcolo delle presenze medie per udienza: nel 2013 l’ udienza papale media è stata seguita da 51.617 persone, nel 2014 da 27.883, nel 2015 da 14.818. E il trend sembra essere in ulteriore contrazione, dato che dal Vaticano fanno sapere che all’ ultima udienza l’ affluenza si è attestata in circa sulle diecimila persone. In ultima analisi, da quando è diventato Papa Jorge Bergoglio ha perso per strada poco meno di due fedeli su tre.
Il confronto diventa ancora più stridente se si va a fare il confronto con chi lo ha preceduto alla guida della Chiesa. I numeri di Giovanni Paolo II, non a caso passato alla storia come Pontefice tra i più amati di sempre, restano irraggiungibili: nel suo primo anno di pontificato, in sole nove udienze, Wojtyla raggiunse quota 200mila fedeli, arrivando nel corso dell’ anno successivo al picco fatto senare a quota 1.585.000 fedeli. Dopo qualche anno di relativa stanca, il grande exploit con l’ Anno Santo del 2000, quando i pellegrini tornarono ad essere in numero superiore ad un milione e 400mila.
MEGLIO RATZINGER
Se da un Pontefice dal carisma unanimemente riconosciuto come Wojtyla certi numeri non stupiscono, lo stesso non può tuttavia dirsi per un Papa al contrario dipinto come respingente e poco incline a suscitare il carisma delle folle: Joseph Ratzinger.
Negli otto anni di Pontificato, Benedetto XVI ha fatto registrare un totale di 20.544.970 fedeli tra incontri in Vaticano e a Castel Gandolfo. Particolarmente lusinghieri i risultati del 2012 (quando i pellegrini sono stati in tutto 2.351.200), del 2011 (2.553.800, persino meglio dell’ anno che sarebbe seguito) e quelli relativi all’ inizio del pontificato: nei primi otto mesi da guida della Chiesa, infatti, Ratzinger aveva fatto registrare oltre 2 milioni e 800 mila fedeli, con 810mila fedeli in appena nove udienze da aprile (momento dell’ elezione) alla fine dell’ anno.
Un trend che, come detto, in seguito all’elezione di papa Francesco ha conosciuto una brusca ed inattesa inversione di tendenza. E che, visti i dati di questi ultimi mesi, le carte in regola per peggiorare pare averle tutte.
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Dopo le decine di falsi casi di intolleranza omofoba, arriva una "bufala culturale": e la attivissima lobby gay la rende virale in tutta Europa.
E’ virale la bufala della lettera di Leo, bambina transgender di soli 10 anni
di Rodolfo de Mattei, per Osservatorio gender del 21 settembre
Sono Leo ho 10 anni e non sono nè maschio nè femmina. Sta facendo il giro del mondo ed accendendo vivaci dibattiti, la lettera che una bambina inglese di 10 anni avrebbe inviato alla “Bbc Magazine” per raccontare la sua storia che l’ha portata a “transitare” da femmina a maschio assumendo il nome di Leo. (Leggi ad esempio qui Gay.it, qui Lettera Donna)
NATA LILY
La realtà è un pò diversa. Leo Waddell, nata Lily, non ha 10 anni ma 15 e, nonostante la giovanissima età, è già un’icona transgender in quanto è stata la protagonista di una serie televisiva britannica che ha raccontato la “normalità” della sua transizione di genere” nel programma “My Life: I am Leo“ andata in onda sulla BBC nel 2015.
FARINA DEL SUO SACCO?
Leggendo la lunga lettera, si capisce inoltre che non è certo la giovanissima adolescente l’autrice della lettera, quanto molto più probabilmente persone interessate a promuovere le istanze gender, strumentalizzandone la pietosa storia a cominciare dalla madre Hayley che così si era espressa nel novembre 2014 riguardo i futuri progetti della propria figlia:
“Leo fermerà le cure bloccanti degli ormoni per un paio di mesi in modo che possa produrre alcuni ovuli da poter congelare. In questo modo, in futuro, quando avrà una relazione e vorranno dei figli, useranno un donatore di sperma per fertilizzare le uova per poi poterle impiantare nel suo partner”.
La missiva è uno studiato “concentrato” di tutti quelli che sono i principali clichès e le odierne maggiori rivendicazioni LGBT+: dall’utilizzo del bagno dei maschi all’adozione dei pronomi neutri fino alla liberalizzazione delle cure ormonali per bloccare la pubertà.
LA LETTERA
Ecco la lettera completa di Lily/Leo.
“Non sono un bambino. Pensavo di essere un bambino perché non sono totalmente una ragazza. Abbiamo provato per un po’, ma poi ho pensato: “No, non è questa la cosa giusta“. Poi abbiamo fatto alcune ricerche e abbiamo scoperto l’espressione “identità di genere non binaria” e funziona davvero, sono io.
Non ricordo che età avessi quando ho capito che non mi sentivo bene. Parlai di questo alla mia maestra per prima: ero frustrat* e le chiedevo perché nessuna delle bambine riusciva ad avere parti da ragazzo nelle recite che facevamo. Non era giusto. L’ho presa e le ho detto: “Non sono una ragazza“. Lei non pensò che stessi mentendo. Ma siccome ciò non è molto comune, non penso che lei abbia davvero capito come mi stessi sentendo.
Ho continuato la conversazione con mia madre. Sapevo che mamma sarebbe stata totalmente di supporto, ma siccome non sapevo se quello era esattamente ciò che sentivo, pensavo di dover aspettare fino a quando non fossi stat* sicur*. Ero abbastanza nervos*. Mamma era completamente favorevole e interessata alla questione. “Che nome vorresti se fossi un ragazzo? Sei sempre stato attratto dai ragazzi, pensi che saresti gay o etero?“. In alcune famiglie molti si sarebbero semplicemente messi a ridere, non avrebbero creduto a un’affermazione del genere. O non reagiscono perché non sanno come reagire. Per questo sono molto fortunat*. È magnifico avere dei genitori così splendidi.
A scuola tutti erano assolutamente fantastici. La mia maestra lo disse alla classe e tutti i miei amici erano tipo “Oh wow, è davvero interessante“. Perché abbiamo 9-10 anni: questo non cambiava molto le cose. Giochiamo, non parliamo molto di cose personali. Un giorno io e una mia amica stavamo giocando nella sabbia. Lei disse: “Quindi sei un ragazzo?“. “No, non sono un ragazzo o una ragazza, sono non-binario, per cui sto a metà”. “Quindi sei nulla?“.
Non credo di essere “nulla”. Sono “entrambi”. Voglio usare il bagno dei maschi perché è più giusto di usare quello delle ragazze. Non sono autorizzat* a farlo e credo che dovrei poterlo fare. Capisco che ci siano un sacco di ragazzi più grandi che usano la toilette che potrebbero essere preoccupati riguardo a qualcuno che sta lì e non ha quello che loro hanno. Credo che “lui” non sia abbastanza corretto. Mi sento più come “loro”, ma questo dirotterebbe l’attenzione su di me e sulla mia identità di genere quando stiamo magari avendo una conversazione normale. Quando sarò più grande prenderò queste decisione e non mi adatterò semplicemente a “lui”. Non c’è un corpo che abbia due generi: mi piacerebbe che ci fosse una via di mezzo tra le due.
Quando crescerò sarà difficile per me dire che non sono una ragazza. Al momento indosso un reggiseno, Ma se indosso una camicia sportiva posso farne a meno. Il seno è la cosa più immediata che notano le persone. Io correggo le persone sia quando usano “ragazzo” che quando usano “lei”. Dico “Mi dispiace, non sono un ragazzo o una ragazza”. E basta. Se mi fanno domande sulla questione rispondo, ma non dovrebbe essere l’unica cosa degna di nota: non è nemmeno la cosa più interessante su di me.
Mi piace l’idea di avere una barba, mi piace molto. Puoi trapiantare i capelli dalla testa al mento, e crescono come barba. Se ci fosse un modo di farlo senza prendere ormoni su ormoni… e poi le persone direbbero “Guarda quella barba da UOMO”. Io non voglio che le persone mi associno con l’uno o l’altro genere. Ma so che lo faranno, Non penso ci sia modo di sfuggire a ciò.
Mi sento molto più felice di prima, mi sento molto più rilassat* e mi sento nella facoltà di parlare di ciò senza essere timid*.
Non mi serve che le persone capiscano, voglio solo che non siano cattive con me”.
PROPAGANDA TRANS
Nonostante fosse semplice ricostruire la “vera” storia di Lily/Leo, tutti i principali quotidiani e siti web hanno presentato la storia della “bambina Leo” come il toccante caso della bambina di soli 10 anni transgender, socialmente incompresa ed emarginata da una società, evidentemente ancora troppo arretrata e bigotta.
OLTRE LA BUFALA
Al di là della clamorosa bufala mediatica, costruita e diffusa dai media LGBT per propagandare il proprio piano ideologico, nessuno si domanda riguardo gli effetti e le conseguenze del messaggio che la vicenda della piccola “Lily” porta con sè.
Il messaggio espresso attraverso le parole messe in bocca alla bimba trans è chiarissimo: non importa se nasci maschio o femmina, il sesso che ti assegna madre natura è un dato puramente biologico di nessun conto. Ciò che fa di te un maschio o una femmina è la tua soggettiva e mutevole volontà di essere l’uno o l’altro.
Nella realtà, Lily, affetta da un disturbo dell’identità sessuale che ha un nome preciso, “disforia di genere”, avrebbe bisogno di cure psicologiche e di essere affiancata da specialisti che l’aiutino a riscoprire la propria vera natura. Questo è l’unico approccio terapeutico ragionevole e di buon senso, un percorso medico un tempo normalissimo e scontato, oggi impossibile e additato come intollerante e omofobo dal mainstream scientifico e mediatico accecato dall’ideologia del gender.
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Cristiani perseguitati sul lavoro: lo conferma un dossier
Mancano solo le condanne alla pena capitale, per essere in pieno regime del Terrore: ma intimidazioni, discriminazioni, persecuzioni sociali, civili e professionali a danno dei cristiani già ci sono. E pare proprio che vi si faccia ampio ricorso. Lo conferma l’indagine recentemente conclusa in Gran Bretagna e subito ripresa dall’agenzia LifeSiteNews: 2.483 i dipendenti intervistati, tutti concordi nel dire una cosa sola ovvero che i fedeli han sempre più paura di esprimere le proprie convinzioni sul posto di lavoro. Farlo significa nella migliore delle ipotesi essere derisi, nella peggiore essere penalizzati in termini di salario o di carriera, quando non addirittura licenziati. Il caso delle ostetriche cattoliche scozzesi, obbligate nel dicembre scorso dalla Corte Suprema britannica a supervisionare gli aborti effettuati pena la perdita del posto, ne è solo un caso. La loro obiezione di coscienza venne interpretata dai giudici come un elemento comprovante la loro fede e quindi punita. E la Commissione per i diritti umani, benché coinvolta, si astenne dall’intervenire. L’antologia di episodi analoghi è già purtroppo sterminata. Abbastanza da scoraggiare chiunque dall’esprimere pubblicamente la propria identità e la propria fede.
Le forze laiciste pare proprio che abbiano raggiunto i loro obiettivi: intimorire, ridurre al silenzio, disporre di normative da usare come clava, per imporre la nuova ideologia giacobina della secolarizzazione liberticida. Secondo il responsabile della Commissione Uguaglianza e Diritti Umani inglese, Mark Hammond, vi sarebbero diffuse incomprensioni e «confusioni normative» nel rapporto tra datori di lavoro e dipendenti, tali da determinare «risentimenti e tensioni tra gruppi», oltre ad un permanente stato di «ansia». Altro che mobbing! In realtà, non si tratta solo di questo: «Un tema ricorrente – si legge nel rapporto finale – riguarda le pressioni subite, per convincere i lavoratori a metter tra parentesi la propria fede sul lavoro». Pressioni, come derisioni, offese, umiliazioni: «Vengono bollati come ‘bigotti’, li si accusa di predicare, di voler fare proselitismi. Si sentono discriminati», non potendo indossare simboli religiosi, né esprimere le proprie idee quando si tocchino tematiche morali o bioetiche, dal sesso al matrimonio, dall’aborto alle ‘nozze’ gay, dal divorzio all’eutanasia.
Andrea Williams, amministratore delegato del Clc, Centro Giuridico Cristiano, ha chiesto alla politica un «intervento urgente», per far cessare questa forma di persecuzione manifesta contro chi semplicemente si rifiuti di rinunciare o nascondere le proprie convinzioni: «Questa ricerca giunge troppo tardi – ha dichiarato – però sottolinea quanto siano diffuse e differenziate le provocazioni e le ostilità contro i cristiani ogni giorno sul posto di lavoro». In particolare, contro infermieri, medici, magistrati, insegnanti, genitori affidatari, consulenti, funzionari dell’anagrafe, predicatori di strada, educatori, insegnanti, assistenti sociali, gente che ha «affrontato sfide difficili soltanto perché decisa a vivere in modo coerente la propria identità religiosa».
Da una parte lo scherno, dall’altro – si legge nel rapporto – il terrore di violare qualche punto dell’Equality Act, approvato nel 2010, e ritrovarsi così tra capo e collo una denuncia con richieste di risarcimento da capogiro. Evidenti gli abusi, cui si presta la normativa vigente. Un’interpretazione troppo restrittiva del Sexual Orientation Regulations ha comportato, ad esempio, la pressoché totale chiusura delle agenzie cattoliche per le adozioni, operanti in Inghilterra e nel Galles. Il governo pretendeva che accettassero come potenziali genitori anche le coppie omosessuali. Sono rimaste aperte soltanto le poche disposte a secolarizzarsi, quindi, di fatto, a snaturarsi.
Secondo Paul Tully, segretario generale della Società per la Protezione dei Bambini non nati, in troppi casi esprimere le proprie convinzioni religiose – compresa l’obiezione di coscienza all’aborto – viene considerato un atto fuorilegge. Attualmente è in corso una raccolta fondi a sostegno della battaglia legale a favore di un docente cattolico, licenziato per aver distribuito cartoline contro le ‘nozze’ gay tra i colleghi nella scuola ove insegnava.
La Commissione Uguaglianza e Diritti Umani inglese sta mettendo a punto una sorta di guida, per comprendere la normativa, evitando equivoci e malintesi. Ma è ben chiaro, da quanto scritto, come il punto non sia questo e come strumenti di questo tipo servano, in realtà, a poco o niente, a gettar fumo negli occhi, evitando di affrontare il vero problema. Che è ideologico.
da:
[www.nocristianofobia.org]
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Negli ultimi 24 mesi il Governo ha emanato ben sette leggi contro la famiglia, ed altre sono in arrivo.
Sul piano culturale e mediatico l'attacco è ancora maggiore: ormai non c'è quasi più nemmeno un programma o testo che riesca a pronunciarsi per la famiglia naturale.
E' perciò necessario che ciascuno si attivi, aiutando e favorendo eventi come questo:
22 settembre a Bologna - ore 18:30 - Teatro San Salvatore - Via Volto Santo 1:
Massimo Gandolfini spiegherà perchè e come difendere la famiglia naturale.
Confusione nella Chiesa
Anche la Chiesa sembra subire l'influenza della guerra culturale e legislativa contro la famiglia.
Perciò, nella crescente confusione interna alla Chiesa, è necessario far tesoro delle parole del Cardinale Carlo Caffarra: "Leggi e rifletti sul Catechismo della dottrina cattolica, ai numeri 1601-1666. E quando senti dei discorsi sul matrimonio – anche da parte di preti, vescovi, cardinali – e tu verifichi che non sono in conformità con il Catechismo, non dare ascolto ad essi". (25/5/16)
In particolare, dobbiamo tutti riaffermare, opportune et importune, che:
- "Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale ... il coniuge risposato si trova in una condizione di adulterio pubblico e permanente" (CCC 2384);
- "se i divorziati si sono risposati ... non possono accedere alla Comunione" (CCC 1650);
- la "libera unione ... : concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine... costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio: distruggono l'idea stessa della famiglia; ... sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio" (CCC 2390);
- "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati... Sono contrari alla legge naturale" (CCC 2358): come l’aborto procurato, è uno dei quattro peccati più gravi, peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio (CSPX);
- Insomma, tutti siamo chiamati a combattere in questa guerra: "La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune" (CCC 2321).
Il nuovo eBook
L'eBook
Il segno della carne
che da ora è scaricabile gratuitamente, vuole contribuire a fermare la dissoluzione della civiltà occidentale e cristiana.
Si tratta di un volumetto scritto da uomo di grande fede e cultura, terziario francescano, che ha offerto la propria vita per la conversione di un prete-operaio: e il Signore ha accettato la sua offerta.
Il testo offre le motivazioni della ragione, dell'esperienza e della storia (senza escludere ma lasciando implicita la Rivelazione), per difendere il matrimonio naturale, monogamico e indissolubile.
(Andare sulla homepage, cliccare l'etichetta "Formazione", quindi "Libri scaricabili gratuitamente" sezione "Amore e matrimonio").
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Vi spiego perché ho partecipato alla convention di Stefano Parisi.
Parla Massimo Gandolfini
All’interno della variegata galassia del Family Day c’è chi ha contestato la sua decisione di accettare l’invito di Stefano Parisi e di parlare dal palco del MegaWatt di Milano. Massimo Gandolfini, però, non ha dubbi nel rivendicare la sua scelta: “Penso sia sempre importante che il nostro popolo faccia sentire la sua voce e le sue istanze“.
In questa conversazione con Formiche.net il portavoce del Family Day – e coordinatore del comitato Difendiamo i Nostri Figli – si dice convinto della necessità di osservare con attenzione cosa accade nel panorama politico italiano per verificare se “ci sia qualche forza che intenda rappresentare e tutelare i nostri valori“.
Gandolfini, è venuto alla convention parisiana per tastare il terreno?
Visto che si tratta di una novità assoluta, ho pensato che sarebbe stato utile e interessante partecipare, in modo da capirci qualcosa di più e da ribadire le nostre priorità.
E che impressione si è fatto di questa iniziativa?
Ovviamente è ancora presto per sapere con certezza quali politiche Stefano Parisi e il suo movimento metteranno in campo. A maggior ragione – dato che ci troviamo in una fase assolutamente preliminare – ritengo sia fondamentale indicare le nostre aspettative, cosa ci attendiamo che una forza politica popolare faccia. Dopodiché valuteremo le proposte concrete e ci comporteremo di conseguenza.
Cos’ha capito finora del progetto politico di Parisi?
Mi pare ci siano moltissimi punti in comune: in particolare il ruolo della famiglia non solo – o non tanto – dal punto di vista antropologico, ma soprattutto sotto il profilo sociale ed economico.
E’ ormai ufficiale che il popolo del family day non si costituirà in un movimento politico autonomo?
Si può dire che rimarrà un grande movimento culturale, portatore di principi antropologici imperniati sui valori della vita e della famiglia. Secondo la mia visione, non si strutturerà in un partito, ma avrà gli occhi ben aperti per capire quali forze politiche faranno proprie e difenderanno le sue istanze.
Non si sta riferendo a Matteo Renzi immagino. Giusto?
Assolutamente no, figuriamoci. La storia dice chiaramente che Renzi non ci rappresenta.
Perché secondo lei non è giusto fare un partito della famiglia?
Un partito costruito su istanze esclusivamente etiche e antropologiche non potrebbe mai funzionare. Tutti i partiti devono avere un ventaglio di proposte a 360 gradi. Noi vogliamo portare avanti questo grande movimento che conta centinaia di migliaia di persone per fare pressing sulle forze politiche e le istituzioni in modo che riconoscano e tutelino i nostri valori.
In conclusione, la sua partecipazione alla convention di Parisi ha fatto storcere il naso a più di qualcuno all’interno del Family Day. Come risponde a queste critiche?
Guardi, troveremo sempre chi si ostina a non capire o a dare letture autonome e personalistiche. La realtà è ben diversa: io sono attento alle iniziative di chiunque tratti temi che possono riguardare la famiglia. Se trovassimo qualcuno che rappresenti il nostro sistema di valori all’interno del mondo istituzionale e politico, è chiaro che avrebbe la nostra simpatia e il nostro interesse.
da:
[formiche.net]
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In questi giorni Tv2000 ha trasmesso, a più riprese, un documentario che presenta la santa di Calcutta come un’invasata cristiana. Qual'è la sua colpa? Forse, in tempi di comunione ai divorziati, di cedimento alle convivenze, di benedizioni alle unioni gay, è stata quella di aver detto davanti a tutto il mondo, al conferimento del Nobel: “Io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta, un’uccisione diretta, un omicidio commesso dalla madre stessa – disse la suora -. Oggi il più grande distruttore della pace è l’aborto. Tante persone sono molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa, dove tanti ne muoiono di malnutrizione, di fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo… è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla”.
Chi ha trasmesso il documentario più crudele contro Madre Teresa?
La Tv dei vescovi
di Sabino Paciolla, per Tempi.it del 7 settembre 2016
“Madre Teresa: al servizio di Dio” è il titolo di un documentario trasmesso in quattro momenti diversi (sabato 3 settembre alle 7.35 e 23.20 e domenica 4 settembre alle ore 12.50 e 18.30) da Tv2000, la televisione che fa riferimento alla Chiesa italiana. Il filmato è presentato sul sito di Tv2000 così: «È un documentario dai toni forti, talvolta crudeli, ma che mette in luce la forza interiore di questa donna, ma anche le sue fragilità. È un ritratto che esalta tutte le sfumature di una personalità complessa e controversa». Mah! A noi pare un’infelice accozzaglia di tutte le feroci critiche che per molti anni sono state scaraventate contro la santa di Calcutta. E che fino a ieri pensavamo potessero arrivare solo da un certo mondo laicista, non certo da una televisione di chiara ispirazione cattolica. Qui di seguito pubblichiamo un post tratto dalla pagina Facebook In movimento.
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Domenica 4 settembre è stata canonizzata Madre Teresa di Calcutta.
Come scriveva don Giussani nella presentazione del libro di Cyril Martindale Santi, «il santo non è un superuomo ma un uomo vero… perché aderisce a Dio e quindi all’ideale per cui è stato costruito il suo cuore e di cui è costituito il suo destino… fare la volontà di Dio dentro una umanità che rimane tale e pur diventa diversa».
Noi che corriamo, persi nella sbadataggine della vita quotidiana, nel giorno della canonizzazione sentiamo il bisogno di essere aiutati a conoscere e comprendere l’eccezionalità di quella grande persona, per fermarci un attimo e comprendere la nostra vita. E magari per questo accendiamo TV2000, la televisione dei vescovi italiani. Di mattina danno un documentario su Madre Teresa di Calcutta, girato nel 2010, diretto da una giornalista francese, tale Patricia Boutinard Rouelle, che anziché dipingere una santa ci descrive una persona ossessionata dal peccato, moralisticamente integralista, che involontariamente fa del male pensando di fare del bene. Il documentario viene addirittura riproposto nel pomeriggio, tanto è importante.
Per chi non l’avesse visto, e per meglio capirne il tenore, ne riporto alcuni passaggi.
Nel documentario la voce fuori campo dice che nelle case della congregazione religiosa delle Missionarie della carità, luoghi sporchi e fatiscenti, si può entrare purché non si pongano domande, facendo quasi intendere che ci si trovi in luoghi dove alle suore sia imposto dall’alto il silenzio, in modo che non si diano spiegazioni, quasi fossero luoghi “omertosi”. Sono posti dove le persone moribonde vengono accompagnate alla morte, e quindi a Cristo, piuttosto che alla guarigione. Dubbi vengono fatti sorgere circa la destinazione dei fondi, si dice infatti: «Le donazioni arrivano, la congregazione è ricca, ma la questione denaro è poco chiara, non ci sono cifre disponibili».
Madre Teresa sarebbe una persona tormentata dal pensiero di non avere abbastanza fede e dunque «come incontrare Dio se non offrendogli sempre più anime. Per placare la sete di Gesù (notate come Gesù venga raffigurato come “assetato”, ndr), Madre Teresa si imbarca in una sorta di corsa alle anime. La sua lotta contro l’aborto non è forse il maggiore esempio di questa volontà di salvare più anime?». E quindi ecco il filmato del discorso tenuto in occasione del ricevimento del premio Nobel per la pace, in cui afferma che l’aborto è il maggior distruttore della pace. Ma, subito dopo, viene intervistato un padre gesuita, definito stretto collaboratore di Madre Teresa, che afferma che «nelle parole di Madre Teresa non vede nessuna compassione nei confronti delle donne costrette ad abortire, ma un giudizio morale». Il gesuita dice che nell’ascoltare quelle parole proferite durante la cerimonia del Nobel si è sentito a disagio. Per il commentatore «questa crociata (notare il termine, ndr) contro l’aborto nasconde un’altra battaglia, quella contro la contraccezione».
Si passa poi a visitare il reparto con bambini disabili in cui alcuni vengono legati per questione di sicurezza. Per questo, la voce fuori campo si chiede perché le suore non utilizzino i soldi per assumere altro personale. Ma Madre Teresa è ossessionata dalla sofferenza, da disabilità o altro non importa, e viene rappresentata quasi come una persona masochista, e per darne un esempio viene citata una sua affermazione, definita «molto strana»: «I poveri sono amareggiati e soffrono perché non hanno la felicità che la povertà ci dona quando nasce per amore di Cristo».
Ad alcune ragazze universitarie svizzere, che hanno passato un mese in una casa delle Missionarie della carità peruviana, con bambini handicappati, le suore, che si danno per amore ai poveri, sette giorni su sette, non avendo tempo di pensare a se stesse, appaiono quasi inumane, e si chiedono se esse abbiano dei sentimenti. Le ragazze fanno quasi intendere che il luogo sia un “lager” poiché le suore impongono le restrizioni, frutto del loro voto di povertà, anche ai poveri bambini sfortunati. Quindi la voce fuori campo dice: «A che serve il voto di povertà se fa soffrire chi vogliamo aiutare? Per le suore servire Dio dà senso a tutto ciò che fanno, rischiando di allontanarle dalla realtà e dagli uomini». Madre Teresa come una persona ossessionata da un vuoto interiore alla ricerca di Dio, un’ossessione che le fa fare cose strane.
Infine si passa a Londra. I cronisti, accompagnando le suorine nelle loro escursioni notturne, si meravigliano perché pensavano di andare in alcune zone interdette, in alcune periferie difficili, «ma no, niente affatto. Con alcune medagliette della Vergine in mano, partono per un quartiere animato del centro, dove, usando una loro espressione, “vanno a salvare le anime dalle tenebre del peccato”». Si vedono così alcuni pornoshop e una suora che riprende, con voce autoritaria e moralisticheggiante (nella voce tradotta italiana) una persona frequentante quei locali. La suora, nella voce originale, non ha, ovviamente, quel tono. Il fine è quello di raffigurare una realtà che non esiste, di proporre una tesi ideologicamente precostituita.
Dopo la visione di questo documentario verrebbe spontaneo chiedersi: «Ma perché si canonizza una tale persona? Una persona ossessionata dal peccato? Che fa crociate contro l’aborto solo per portare più anime a Cristo e ingraziarselo, visto che sente di avere poca fede? Che salvando bambini dall’aborto e criticando la contraccezione non porta certo aiuto ad una nazione sovraffollata come l’India? Una persona che “plagia” le suorine sue consorelle tanto da farle diventare delle macchine, inumane ed insensibili persino ai loro stessi bisogni?».
Il documentario di TV2000 è in pieno accordo con l’editoriale di MicroMega pubblicato il giorno prima della canonizzazione dal titolo: “Madre Teresa NON era una santa”, in cui si sostiene che Madre Teresa ha aperto case dove i malati venivano abbandonati a loro stessi, nonostante abbia raccolto centinaia di milioni di sterline da donazioni che non si saprebbe dove siano finiti, forse su conti bancari segreti. Che ha aperto sì 517 case di accoglienza in oltre 100 paesi, ma che questo costituisce «una ragione senza dubbio valida per chiudere un occhio, almeno qui in Terra. Ai giudizi divini, penserà qualcun altro».
E allora, mi chiedo, è possibile che venga prodotto, proprio sulla TV dei vescovi italiani, seguita da tante semplici persone che si fidano, un documentario così radicalmente denigratorio della figura della santa Teresa di Calcutta? Diffuso proprio nella mattinata della sua canonizzazione, e riproposto addirittura per ben due volte nella stessa giornata? Quale il fine? Che cosa ci vuole dire? TV2000 di che cosa ci vuole convincere? Sono tanti gli interrogativi che aumentano la nostra confusione, anche se una cosa è certa: qualcosa non quadra!
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MUM DAD & KIDS: 
[www.mumdadandkids.eu]
Iniziativa dei cittadini europei per il matrimonio e la famiglia
Sosteniamo insieme il matrimonio e la famiglia in Europa:Il matrimonio - unione permanente e fedele tra un uomo e una donna col proposito di fondare una famiglia.
Famiglia - un padre, una madre e i loro figli.
Relazione familiare - la relazione legale tra due sposi o tra un genitore e un figlio
Sì, appoggio la richiesta di un regolamento comunitario che definisae il significato del matrimonio e della famiglia: il matrimonio è l'unione tra un uomo e una donna e la famiglia è fondata sul matrimonio e / o la discendenza.
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Organizzazione Mondiale della Sanità: a scuola di masturbazione
By Comitato Articolo 26 on 4 settembre 2014 -
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A volte potrebbe sembrare preferibile non sapere; ma purtroppo è oramai cosa nota: le direttive in materia di educazione sessuale dell’OMS preparano i nostri figli ad una iper-sessualizzazione fin dalla più tenera età
Per approfondire: riportiamo da italia 24 ore
CORSI DI MASTURBAZIONE ALL’ASILO: IL DELIRIO DELL’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria, sta diffondendo presso tutti i ministeri della Salute e dell’Istruzione d’Europa un documento, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età dell’individuo
Nel Mondo di oggi l’ingenuità sta diventando qualcosa di marginale, da sopprimere quanto prima. La società vuole individui svegli in modo sempre più precoce, lasciando poco spazio all’immaginazione, alla scoperta, alla gradualità, all’ingenuità appunto. Fin dalla tenera età i bambini vengono sottoposti alla fruizione di determinati messaggi, specie tramite la tv e internet. E purtroppo, forse, in un domani non troppo lontano anche nella scuola. Almeno è ciò che vorrebbe l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), la quale, di comune accordo con l’agenzia governativa tedesca per l’Educazione sanitaria, sta diffondendo presso tutti iministeri della Salute e dell’Istruzione europei un documento di 83 pagine, chiamato «Standard di Educazione Sessuale in Europa», che invita a una maturazione della consapevolezza sessuale già nei primissimi anni di età dell’individuo.
Si legge, addirittura, che ai bambini dai 0 ai 4 anni si insegni la masturbazione e il raggiungimento del piace. Una sorta di primo step verso una consapevolezza più matura.
ALL’ASILO
Ai bimbi dagli 0 ai 4 anni, si legge, «gli educatori dovranno trasmettere informazioni su masturbazione infantile precoce e scoperta del corpo e dei genitali, mettendoli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”». Dai 4 ai 6 anni i bambini dovranno invece essere istruiti «sull’amore e le relazioni con persone dello stesso sesso», «parlando di argomenti inerenti la sessualità con competenza comunicativa».
ALLE ELEMENTARI
La vera crescita avverrà coi bimbi tra i 6 e i 9 anni, cui i maestri terranno lezioni su «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi». Su questo aspetto i bambini tra 9 e 12 anni dovranno già avere ampia competenza, diventando esperti nel «loro utilizzo» e venendo informati su «rischi e conseguenze delle esperienze sessuali non protette (le gravidanze indesiderate)».
DA ADOLESCENTI
Ecco il decisivo balzo in avanti: nella fascia puberale tra i 12 e i 15 anni gli adolescenti dovranno acquisire familiarità col concetto di «pianificazione familiare» e conoscere il difficile «impatto della maternità in giovane età», con la consapevolezza di «un’assistenza in caso di gravidanze indesiderate e la relativa «presa di decisioni» (leggi aborto). Non solo: a quell’età, ormai matura secondo l’Oms, i ragazzi dovranno essere informati sulla possibilità di «gravidanze anche in relazioni omosessuali» e sull’esistenza del sesso inteso come «prostituzione e pornografia», venendo messi in guardia «dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità». Il protocollo diffuso dall’Oms lancia anche un monito affinché«l’educazione sessuale venga effettivamente realizzata in termini di luoghi, tempi e personale», sebbene non occorra una preparazione ad hoc della classe docente e «gli insegnanti di educazione sessuale non siano professionisti di alto livello».
DOCUMENTO GIÀ RECEPITO DALL’UE
Queste direttive sono già state recepite a livello comunitario nella risoluzione Estrela votata giorni fa al Parlamento europeo e ora in discussione in Commissione. Nel testo presentato dall’europarlamentare socialista Edite Estrela, la masturbazione viene infatti indicata come metodo di educazione sessuale, prendendo atto del fatto che «i ragazzi più giovani sono esposti, sin dalla più tenera età, a contenuti pornografici soprattutto su Internet».
Il rapporto Estrela, inoltre, invita l’Ue a «prevenire le gravidanze indesiderate» e a garantire «il diritto d’aborto», combattendo «l’abuso dell’obiezione di coscienza» da parte del personale sanitario.
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Alto Adige: cosa dice il manuale “info!girls”?
Mentre monta in Alto Adige la polemica per la diffusione del diario scolastico con in copertina il bacio omosessuale tra due ragazzi, portiamo a conoscenza dei nostri lettori l’esistenza di un altro strumento di propaganda che è un vero e proprio compendio di istruzioni al gender e ad ogni tipo di “diritto”, destinato alle giovanissime ragazze altoatesine.
di Rodolfo de Mattei, per Osservatorio Gender del 10/09/2016
Il manuale scaricabile qui si chiama “info!girls” e la sua prima edizione è stata pubblicata nel 2003, con l’obiettivo di “contenere informazioni su argomenti quali il diventare donna, il corpo, le relazioni, i sentimenti, l’amore e la sessualità, la contraccezione e la gravidanza in modo che le ragazze trovassero una risposta a tante domande che ci si pone durante la crescita”.
A questa edizione, hanno fatto seguito altre due pubblicazioni nel 2007 e nel 2013, edite sempre da Südtiroler Jugendring e curate dagli operatori del servizio di consulenza per giovani Young+Direct.
L’opuscolo, distribuito gratuitamente e stampato in oltre 20.000 copie, è composto da oltre 200 pagine, in doppia lingua, italiano e tedesco, e contiene anche un glossario con termini e definizioni in ladino per le ragazze di lingua ladina.
L’iniziativa info!girls è stata possibile grazie al sostegno finanziario dell’Ufficio Giovani in lingua tedesca, dell’Ufficio Famiglia, Donna e Gioventù della città di Bolzano, dell’assessorato ai giovani del comune di Brunico e del comune di Merano.
Nella presentazione dell’opuscolo – si legge sul sito del Comune di Bolzano – viene spiegato come grazie ad esse le ragazze:
“Si possono confrontare con i sentimenti che nascono quando ci si innamora, cosa significa avere dei bisogni, possono capire che la sessualità è un concetto più ampio del sesso. Possono leggere come sono fatti gli organi sessuali femminili e maschili, cosa succede quando vengono le mestruazioni e non ultimo che tipo di contraccettivi esistono”.
Questo l’elenco delle voci dell’indice dell’opuscolo:
Diventare donna
Nuovi media
Love, love, love
Corpo e sessualità
Contraccezione
La gravidanza
L’altro lato della sessualità
Internet for girls
Glossario
Riportiamo di seguito alcuni dei passaggi del volumetto per rendersi conto della tipologia dei messaggi inviati alle adolescenti altoatesine:
OMOSESSUALITA’
Nel capitolo dedicato all’amore “Love, love, love” vi è ovviamente un ampio paragrafo, intitolato “Ti sei innamorata di un’altra ragazza o donna”, in cui si espone la “normalità” omosessuale, dove si legge:
“In adolescenza è difficile stabilire con certezza il proprio orientamento sessuale: c’è chi sa già con certezza di essere omosessuale, etero o bisessuale e chi ha bisogno di fare delle esperienze per capire il proprio orientamento sessuale. Per questo la fase del cosiddetto “coming out“ può essere molto lunga e solitamente avviene in due tempi. Dal momento in cui capisci e accetti di essere omosessuale (coming-out interiore) al momento di dichiararlo agli amici o ai genitori (coming-out esteriore) può passare molto tempo. (…) Non si può dire perché si diventa o si è omosessuali; si può solo dire che l’omosessualità non è una malattia né tantomeno un reato. L’amore è un sentimento che spetta a tutti e che tutti hanno il diritto di provare”.
CONTRACCEZIONE
Il capitolo riservato alla contraccezione illustra alle giovani l’ampio ventaglio di metodi contraccettivi ai quali possono facilmente ricorrere per potere avere rapporti sessuali sicuri e “senza pensieri”, dalla “classica” pillola anticoncezionale fino alla spirale.
Il testo ricorda alle ragazze come la contraccezione sia un loro diritto previsto dall’attuale normativa, anche se minorenni:
“Anche se sei minorenne puoi accedere liberamente ai consultori come agli altri servizi sociali e sanitari, (anche senza richiedere il consenso ai tuoi genitori) per avere informazioni, consulenze o prescrizioni di contraccettivi. Infatti la legge nr. 194/’78 “riconosce anche ai minorenni il diritto di ottenere la somministrazione dei mezzi necessari a conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile”.
GRAVIDANZA
Se il metodo contraccettivo scelto avesse fallito ci pensa il capitolo successivo “Gravidanza” a “togliere le castagne dal fuoco”, fornendo ancora “preziosi” consigli alle ragazze in due specifici paragrafi intitolati “L’interruzione di gravidanza” e “La pillola RU 486”.
Il primo, in particolare, rammenta alle giovani dell’Alto Adige come l’uccisione del proprio bambino sia in Italia
“disciplinata dalla Legge 194 che consente il ricorso all’aborto nelle strutture autorizzate dal Ministero della Sanità, alle donne che ne fanno richiesta entro i primi 90 giorni di gravidanza”.
L’opuscolo, rivolgendosi alle ragazze dai 14 anni in su, pone poi un particolare accento sulla gravidanza delle minori, spiegando come l’aborto sia possibile anche in questo caso, solo con alcuni accorgimenti:
“Nel caso di minore età è richiesto il consenso dei genitori o del giudice tutelare. Se si verificano motivi gravi che non consentono di interpellare i genitori di una ragazza minorenne o se questi si rifiutano di concedere il permesso di abortire contro la volontà della ragazza, il consultorio familiare o il medico a cui la ragazza minorenne si è rivolta per l’interruzione di gravidanza possono rivolgersi al giudice tutelare. Il giudice tutelare può dare il consenso alla ragazza minorenne di decidere da sola di interrompere la gravidanza. Il giudice deve rispettare il volere della ragazza, ma in casi particolari può decidere autonomamente”.
CORPO E SESSUALITA’
Risparmiamo ai nostri lettori il contenuto di quest’altro rivoltante capitolo, limitandoci a riportare alcuni titoli che lasciano facilmente intendere il tenore degli argomenti sottoposti alle adolescenti altotesine: “Viaggio attraverso il corpo femminile”, “Gli organi sessuali maschili”, “Il mio corpo come fonte di piacere”, “Sesso: tutto quello che avresti sempre voluto sapere…”, “Il momento giusto”.
In un paragrafo dal titolo “La sessualità è un’energia vitale”, gli autori dell’opuscolo “chiariscono” alle ragazze come la sessualità sia appunto una forma di energia vitale, rifacendosi in questo alle teorie dello psicanalista austro-americano Wilhelm Reich (1897-1957), secondo cui l’uomo è “energia vitale”, identificabile con la sua sessualità: «un frammento di energia orgonica particolarmente organizzato». Una prospettiva per la quale, secondo Reich, è necessario che l’uomo dia sfogo a questi flussi di energia trattenuti dalle sue “corazze caratteriali” per potersi liberare delle proprie nevrosi, arrivando così ad un’assoluta e illimitata libertà sessuale.
DIKTAT RELATIVISTA
Questi brevi passaggi sono solo un piccolo estratto dell’opuscolo info!girls, ma sono sufficienti a rendere l’idea di quello che è il suo devastante messaggio, rivolto alle giovani altotesine, come si legge sulla stessa copertina, “dai 14 anni in poi“.
Un’iniziativa resa possibile grazie all’appoggio delle più importanti istituzioni territoriali, ignare degli enormi danni arrecati alle proprie giovanissime generazioni indottrinate al diktat relativista contemporaneo. Un folle diktat etico per il quale ogni volontà soggettiva è un diritto, per il solo fatto di manifestarsi, indipendentemente da qualsiasi oggettivo criterio di valore e verità. Gli adolescenti di oggi hanno bisogno di verità, di più regole e meno diritti, ci auguriamo che la grandissima parte “sana” dell’Alto Adige faccia sentire forte la sua voce contro questo inaccettabile manuale ideologico imposto alle proprie figlie.
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Scuola gender/ Gandolfini : “Ministro Giannini faccia subito chiarezza riguardo all’educazione all’affettività”
Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha annunciato che «entro la prima metà di ottobre» verranno presentate le linee-guida del comma 16 della legge 107, la Buona scuola, relative all’attivazione di percorsi educativi di lotta alla 'discriminazione per orientamento di genere'.
Ancora una volta dobbiamo rinnovare la richiesta di fare chiarezza assoluta riguardo ai contenuti, prima che tali percorsi vengano implementati.
Non è infatti ammissibile che, utilizzando il nobile scopo della lotta alle discriminazioni, al bullismo e al violenza contro le donne, si propongano percorsi educativi che educhino alla libera scelta dell’identità di genere, come trapelerebbe da alcune indiscrezioni di stampa risalenti allo scorso luglio e mai smentite.
Rilanciamo inoltre la richiesta di ufficializzazione del consenso informato preventivo per affermare il diritto del primato educativo dei genitori
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Su “Buona Scuola” ed educazione all’affettività nella scuola
By Comitato Articolo 26 on 13 settembre 2016
All’interno della vicenda del comma 16 della “Buona Scuola” le dichiarazioni del ministro Giannini rilasciate pochi giorni fa al Corriere della Sera (link) risultano estremamente critiche.
Il ministro ha affermato che saranno presentate a breve le linee guida per introdurre tramite la formazione degli insegnanti “l’educazione all’affettività” nelle scuole italiane (“perché la scuola non parla d’amore”); attività che il Corriere ha inquadrato ancor più direttamente in quell’“educazione sessuale“ di cui l’Italia sarebbe deficitaria rispetto alla ovviamente più “progredita” Europa (sul “Falso mito dell’ educazione sessuale a scuola”:
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Parlando di educazione all’affettività circa questo documento di imminente diffusione, il ministro Giannini sembra lasciar intendere che il comma 16 della Buona scuola, non assicurerà genericamente solo “l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo (…) l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”, ma che con esso si potrebbe arrivare a tutti gli effetti all’introduzione di un’educazione affettiva e sessuale “di stato” e obbligatoria, senza considerare quindi le differenze educative e culturali che caratterizzano gli alunni e le famiglie italiane, la cui la libertà di educazione – su temi tanto delicati – verrebbe a tutti gli effetti scavalcata.
Tutto questo sembra svilupparsi all’interno di un progetto molto ben articolato: da un lato il comma 16 della “Buona Scuola”, dall’altro le ben otto proposte di legge in discussione proprio in questi giorni alla Camera per l’introduzione nei curricoli scolastici dell’educazione sessuale e di genere – alcune delle quali estremamente ideologiche – che scavalcano di fatto il primato educativo dei genitori, delle quali a quanto pare si dà già per scontata l’approvazione.
Come ha argomentato su Il Giornale lo scrittore e psicoterapeuta Claudio Risè, se l’educazione all’affettività “diventa esercizio di potere del governo sugli studenti e sulle loro emozioni, esercitato con «linee guida» e altri orpelli governativi (…) fa solo accapponare la pelle” link
Il ministro Giannini ha spiegato poi che il lavoro sulle linee guida è “praticamente concluso”. Questo conferma purtroppo il timore delle associazioni dei genitori di non aver alcuna voce in capitolo su un tema così fondamentale e, dopo la “presentazione mancata” al FONAGS del documento nel luglio scorso, di non venir più consultate se non per mera formalità.
Il ministro ha assicurato però al Corriere che le linee guida non avranno una “forma prescrittiva” per gli insegnanti ma le scuole poi potranno tradurre questo “progetto educativo” in “totale autonomia”.
Ci domandiamo come si possa conciliare questa dichiarazione con il fatto che da mesi il MIUR non stia assicurando le garanzie richieste da più parti sul fatto che queste forme di educazione, qualora introdotte, non saranno imposte come obbligatorie.
Ci sembra d’altra parte urgente ufficializzare e rendere obbligatorio il “consenso informato preventivo” per i genitori e la possibilità di esonero su tutti i temi educativi sensibili, per i quali la facoltà di scelta spetta alle famiglie anche qualora venissero affrontati in orario scolastico.
Proprio nella totale “autonomia” delle scuole infatti molti progetti non condivisi sono stati già introdotti, senza rispettare le posizioni dei genitori nei consigli d’istituto e di classe e le richieste delle associazioni dei genitori, che proprio per la legge sull’autonomia scolastica, dovrebbero essere coinvolte dalle scuole nelle proprie scelte educative.
Gravissimo anche che nell’intervista sul Corriere venga citata come esempio di Associazione competente per “parlare d’ amore ai ragazzi” l’Ombelico, la quale lavora anche nelle scuole d’infanzia e sottoscrive iniziative per educatori – come il convegno “Educare alle “differenze”- insieme all’Arcigay e al Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. Il che dovrebbe almeno far considerare il rischio di una visione della sessualità un filino di parte.
Uno dei punti critici di molti progetti educativi negli ultimi due anni è stata proprio la mancanza di requisiti per l’accreditamento dei formatori esterni lasciati entrare nelle scuole.
Infine, sentendo il ministro affermare che su questi temi “si tratterà di una formazione obbligatoria” per i docenti, possiamo senza dubbio affermare che si profilano scenari preoccupanti.
Quali garanzie ci sarebbero in una formazione di stato dei docenti su questi temi così delicati e controversi sul piano scientifico e pedagogico (senza considerare le variegatissime culture delle famiglie dei bambini e ragazzi presenti nelle classi nostrane)?
Un esperimento fatto dal MIUR con l’associazione SOROPTMIST mesi fa ha mandato in giro per l’Italia, a formare gli insegnanti sui temi del comma 16, proprio i collaboratori della “Strategia Nazionale UNAR” contro le discriminazioni come il prof. Giuseppe Burgio di Palermo. Ricordiamo che detta strategia aveva coinvolto SOLO associazioni LGBT escludendo tutte quelle dei genitori. Alla faccia del pluralismo culturale.
E la libertà di insegnamento – tutelata anch’essa dalla nostra Costituzione insieme al primato educativo dei genitori – che fine farebbe in questo scenario? Saremo costretti ad affrontare la gravissima questione dell’obiezione di coscienza da parte dei docenti?
E i genitori? Immaginate se gli insegnanti dei vostri figli venissero formati per fare un’educazione sessuale ispirata ad una visione diversa – seppur legittima – dalla vostra. Vi farebbe piacere che si insegnassero ai vostri figli comportamenti sessuali e affettivi o modi di intendere l’identità sessuale diversi da quelli voi ritenete buoni per loro?
A fronte di tutti questi aspetti non ci resta che sottoscrivere quanto hanno scritto preoccupati, in una lettera al Corriere, i presidenti di tre storiche associazioni di genitori accreditate al MIUR (AGE, MOIGE e FAES), ribadendo di non ricevuto ancora neanche una bozza di queste linee guida:
“Come è possibile conciliare l’educazione all’affettività ritenuta idonea da un genitore che crede in una sessualità coniugale, stabile e fedele, con quella di chi – altrettanto legittimamente – desidera educare i figli a una sessualità promiscua, magari infedele, comunque staccata dall’affetto? Questi sono semplicemente due casi limite, che esprimono il pluralismo sul sesso.
Non possiamo accettare che lo Stato ‘carpisca’ ai genitori questo primordiale e inalienabile diritto, come sta avvenendo in questi giorni al Parlamento con ddl sull’educazione sessuale e l’educazione di genere. Uno Stato autenticamente laico deve amare la libertà dei singoli e la libertà educativa dei genitori, come prescrivono sia la Costituzione sia la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
Crediamo in uno Stato libero e laico che non può, assolutamente, arrogarsi il diritto di educare all’affettività, alla sessualità, e all’orientamento sessuale scavalcando o eludendo il ruolo genitoriale, in quanto queste tematiche appartengono, per diritto sovranazionale (vedi dichiarazione universale diritti dell’uomo) alla sfera didattica ed educativa dei genitori.”
Da:
[comitatoarticolo26.it]
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Cosa é veramente successo a Santa Rita a Parigi?
dal blog.messainlatino.it.
Nelle ultime ventiquattrore la stampa francese ed anche internazionale ha iniziato a capovolgere il senso e le responsabilità dell’increscioso fatto dello sgombero violento della chiesa Santa Rita durante la celebrazione della Santa Messa; anche la redazione di MiL ha ricevuto diverse rimostranze: i sacerdoti ed i fedeli in questione sono stati presentati come provocatori ed in piena illegalità sia canonica che civile… i due sacerdoti tradizionalisti sono stati accusati di aver esposto al sacrilegio le cose sante e di aver orchestrato questo avvenimento per mediatizzarlo.
Ebbene di tutte queste accuse, ben diffuse dai media conniventi con le autorità colpevoli di questa violenza e con una certo ambiente catto-progressista, sono falsità fatta eccezione dell’ultima: don de Tanoüarn ha dichiarato lui stesso, ma questo non ci stupisce, d’aver organizzato questa resistenza la sera prima quando é stato messo al corrente dello sfratto coatto che le forze dell’ordine avrebbero attuato l’indomani.
Egli ha invitato rapidamente numerosi fedeli e persone di spicco e l’indomani si sono ritrovati, fatto miracoloso a Parigi ad Agosto, alle 6 del mattino, in più di settanta fedeli di tutte le età fra i quali anche qualche amministratore con tanto di fascia tricolore ed in particololare il Sindaco del XV distretto di Parigi, cioé il territorio in cui si trova la chiesa Santa Rita (questo prova che non si é mai voluta nascondere la premeditazione della resistenza).
Occorreva salvare questo sacro edificio che da Ottobre 2015 era diventato un Centro di Messa (nella forma tridentina) con più di 150 presenze la domenica… e questo centro di messa non era il solito garage del quale spesso debbono accontentarsi i fedeli della messa in latino ma era una bella chiesa!
Purtroppo questo bel tempio era stata incautamente destinato alla vendita ed alla distruzione grazie ai permessi concessi dalla la Repubblica Francese all’associazione che ne era proprietaria e che aveva messo alla porta una setta gallicana che la occupava in precedenza per poi vendere tutto.
In Francia si distruggono chiese, si erigono moschee mentre sacerdoti si fanno sgozzare durante la celebrazione della Messa e nei luoghi di culto salafisti si meditano piani per distruggere l'occidente.
Don de Tanoüarn ha detto no, ed ha voluto provare a salvare questo edificio riuscendo a far slittare la data di demolizione e rendendolo un luogo di fede della Santa Chiesa.
Credo che non sia necessario insistere sul fatto che quindi questa chiesa non era più gallicana ma era ormai officiata in rito romano antico da sacerdoti in comunione con la Chiesa.
Andiamo dunque a riprendere alcuni dichiarazioni, facilmente ritrovabili sul web, di don de Tanoüarn affinché alcune cose siano chiare e che si cessino certe calunnie: innanzittutto, il sacerdote dichiara che l’intenzione era di procedere ad una protesta pacifica e spirituale: qual’é l’arma più pacifica e più spirituale della quale i cattolici dispongono, se non la Santa Messa?
Avrebbero protestato con delle messe e cosi’ é stato!
Il sacerdote tiene anche a precisare che non c’é stata profanazione diretta delle Sacre Specie, ma solo una Messa finita tra il gas (lacrimogeno) che l’ha obbligato a consumare in anticipo la Santa Comunione.
Le forze dell’ordine si sono manifestate in effetti un po’ troppo zelanti a discapito dei ministri di Dio (le foto le abbiamo già viste!).
Comunque il sacerdote trascinato per terra non era il celebrante ma don Billot che proteggeva l’accesso all’altare.
In un caso analogo ma in un culto differente, per esempio islamico o ebreo, le forze dell’ordine avrebbero agito nello stesso modo?
É lecito domandarcelo!
Teniamo a precisare che il prefetto della polizia nel suo comunicato parla dell’espulsione di trenta persone e che tutto si é svolto senza problemi e turbamenti, ma le foto le abbiamo viste.
Santa Rita deve vivere, ripetono i due sacerdoti, e questa storia non puo’ concludersi con queste scene di violenza o con i calcoli di lucro di qualche promotore immobiliare che vuole approfittare dell’imprudenza dello stato che fa distruggere monumenti storici come questo.
Chiesa occupata é vero illegalmente (diritto civile) ma per cercare di salvarla; chiesa occupata con una tolleranza dell’Arcidiocesi di Parigi della quale don de Tanoüarn ha un permesso scritto per celebrare per i fedeli di Santa Rita come anche é da anni in regola per le facoltà di confessare concesse dall’autorità ecclesiastica locale (diritto canonico, alla faccia di tutti coloro che attaccano l’istituto del Buon Pastore); Messa celebrata in condizione precarie ma con sufficiente difesa e per protestare pacificamente e spiritualmente a questa distruzione ingiusta!
Occupazione, resistenza organizzata per scuotere l’opinione pubblica; in fine, mediatizzazione di questo scandalo attuato dalle forze dell’ordine, per mostrare che la Francia non rispetta la Fede dei suoi cittadini e non teme di spruzzare gas lacrimogeni su degli inermi cattolici che per quanto occupassero illegalmente un luogo, per quanto usassero la messa per difendersi, non meritavano affatto questo trattamento ma chiedevano solo di essere ascoltati per salvare questo edificio.
In effetti i confratelli parigini ammettono di aver avuto l’innocenza di pensare che sarebbe stato possibile dopo la messa di parlare con gli uomini del corpo speciale venuti in missione di sfratto approfittando anche della presenza dei rappresentanti del popolo che erano presenti nella chiesa… ma i fatti hanno dimostrato il contrario.
Dove sono allora la "liberté, l’égalité et la fraternité »?
Dov’é la libertà di culto e di espressione tanto vantati da questo popolo figlio della rivoluzione, che più che una liberazione fu una nuova schiavitù?
Ammesso e non concesso che vi siano anche, in buona fede, tante colpe o imprudenze dalla parte di questa resistenza, non si possono tollerare tali violenze su una manifestazione pacifica e soprattutto religiosa.
Dodici camion dei corpi speciali sono stati mobilitati per lo sgombero di Santa Rita… solo due camion erano sul lungomare di Nizza quando il vile attentato ha ucciso cittadini inermi schiacciati dalla furia omicida islamica.
Si vede che gli interessi economici per la distruzione di un monumento e la costruzione di un parcheggio e di appartamenti sono sicuramente più importanti che il bene della patria.
In Francia numerosi appartamenti privati sono occupati da delinquenti e clandestini ma i poveri proprietari (spesso persone anziane) non riescono a recuperarli perché non sarà mai utilizzato un tale dispiego di forze dell’ordine per rendere giustizia a questi indifesi cittadini… ma per Santa Rita si, é stato fatto… e questo suscita molti interrogativi sul retroscena economico di questi fatti.
Chiudiamo con la stessa conclusione di un articolo assai equilibrato uscito su Zenit: "Il destino che attende santa Rita é lo stesso che é spettato a tantissime altre chiese in Francia e in altri paesi al di sopra delle Alpi.
Dal 2000 al 2013 sono state rase al suolo venti chiese in Francia e, secondo un rapporto del Senato francese, altre 250 si apprestano alla stessa sorte.
La società dei consumi spazza via ogni luogo che non genera profitto.
Ció che non potrá spazzare via é peró la fede indomita di uomini e donne come quelli che hanno opposto resistenza all’interno di Santa Rita. »
Don Giorgio Lenzi IBP
cfr:
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LA CHIESA POVERA
Ogni tanto torna di moda parlare di Chiesa povera, per i poveri.
Si sa che, normalmente, quelli che amano parlare di Chiesa povera sono i ricchi, sono quelli che poveri non sono. Chi ha assaggiato la fatica della povertà economica, non ama la povertà e non la augura a nessuno, nemmeno alla Chiesa.
Sono i borghesi che, per rifarsi un’anima a buon prezzo, hanno bisogno di un fremito di commozione sulla povertà altrui, e per un’invidia mista a un laicismo acido pretendono che la Chiesa sia economicamente povera.
Così dicendo non vogliamo affermare che la povertà, non la miseria!, non sia un valore; la povertà è uno dei consigli evangelici, che con la castità e l’obbedienza segna il cammino di perfezione della vita religiosa. E per tutti, anche per chi non è in convento, è da coltivare con estrema attenzione: la sobrietà, la modestia e la morigeratezza quanto sono necessarie alla vita cristiana di tutti!
Ma a che serve la povertà? A non sperare in se stessi, ma unicamente nella Grazia di Dio.
Questo è il punto. La povertà, con anche il suo aspetto di sobrietà economica, non serve in se stessa, serve perché rimette l’uomo nella posizione più vera, quella della sua totale dipendenza da Dio. Ed è innegabile che chi è in difficoltà economica, il povero, può capire di più cosa sia questa dipendenza, questo dover sperare in un Altro; e Dio diventa per lui più concretamente Provvidenza.
Ma questo non è mai automatico; e lo è meno che mai nel mondo odierno post-comunista, che ahimè comunista resta, che ha chiuso la povertà nella prigione della lotta di classe e della lotta per i diritti personali, e così facendo ha ucciso con l’ateismo la povertà; l’ha uccisa, non l’ha risolta!
Anche la Chiesa non può vivere la questione della povertà come il mondo post-comunista, che resta malato di comunismo.
Chiesa povera vuol dire Chiesa semplice, che non ha altra sicurezza che quella che le viene dalla grazia di Cristo e dalla Divina Rivelazione.
I poveri non hanno tempo da perdere, non hanno voglia di elucubrazioni pseudo-intellettuali. Per loro la vita urge, devono arrivare al dunque e presto, per mangiare e vivere.
E non è così anche del cristiano, quando è seriamente impegnato con la vita? Quando si è coscienti che la vita è una lotta drammatica, non si perde tempo, non ci si intrattiene sull’inutile o sul futile, si vuole giungere subito alla questione della salvezza, alla questione della grazia che salva.
Chiesa povera è allora quella impegnata sul fronte della grazia, sul fronte della salvezza delle anime, con gli strumenti dati da Dio: predicazione e sacramenti.
Ma l’orizzonte si fa sempre più scuro: dov'è questa Chiesa preoccupata della salvezza delle anime? Sembra che la maggiore parte del clero e del laicato impegnato sia occupata nel servizio al mondo. La predicazione ufficiale parla di pace del mondo, di fraternità universale, di umanità consapevole... un linguaggio degno del mondo massonico e della propaganda marxista di decenni fa.
No, questa Chiesa impegnata in qualcosa d’altro non è una Chiesa povera, anche se fa volontariato per i poveri. Non è una Chiesa povera, anche se apre a dismisura centri di accoglienza, perché ha perso la radice della vera povertà, che è sperare solo in Dio.
“Non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina” (At 3, 6) Nel nome di Gesù Cristo... così agisce San Pietro con lo storpio alla porta del tempio, così agisce la Chiesa di sempre di fronte ai mali del mondo: dona la grazia che salva, invitando alla conversione, quella vera.
Quando invece la Chiesa si imborghesisce parla dei poveri, ma non vive la povertà che ha come cuore il miracolo della grazia. Parla dei poveri la Chiesa ammodernata, ma è borghese nel midollo, perché cerca i mezzi umani per essere come gli altri club sociali. E anche quando parla di grazia di Dio, ne parla come un cappello aggiunto al suo pelagiano impegno tutto umano. Non è una Chiesa povera, perché la grazia di Dio, quella che discende dalla Croce di Cristo e dai sacramenti, non diventa mai il principio di giudizio e di azione.
Eppure saremo salvi se accoglieremo la grazia di Dio, e vivremo di conseguenza.
Domandiamo a Dio la grazia di vedere tornare la Chiesa a questa nobile povertà. Alla povertà coraggiosa che domanda ai peccatori di tornare a Cristo, e a coloro che non lo conoscono ancora di convertirsi a lui, unico Redentore.
E supplichiamo i pastori legittimi della Chiesa perché ci lascino vivere così: non ci interessano i borghesi che amano avere un po’ di commozione per i poveri, no - non ci interessano davvero. Vogliamo vivere da poveri, cioè integralmente cattolici, credendo pienamente nell’efficacia della grazia di Dio; credendo nell’assoluta necessità dei sacramenti; posando la vita sulla potenza della preghiera vissuta e insegnata.
Ci interessa vivere di questo, e non di altre elucubrazioni pastorali.
La mia casa sarà casa di preghiera: ecco la Chiesa povera.
Editoriale di "Radicati nella fede", settembre 2016
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L’ingiustificata rimozione del vescovo di Albenga
di Emmanuele Barbieri per Corrispondenza Romana del 7 settembre 2016)
In data 1° settembre 2016 la Sala Stampa Vaticana ha comunicato che «il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Albenga-Imperia (Italia), presentata da S.E. Mons. Mario Oliveri. Gli succede S.E. Mons. Guglielmo Borghetti, finora Coadiutore della medesima diocesi».
Il Corriere della Sera dello stesso giorno, annunciando le sue dimissioni, ha scritto che «mons. Guglielmo Borghetti, “uomo di fiducia del Pontefice”, lo scorso maggio aveva già “svuotato” il seminario ligure nel quale erano stati accolti aspiranti al sacerdozio scartati dalle altre diocesi: le norme varate da Ratzinger stabiliscono infatti che non può essere sacerdote chi ha tendenze omosessuali».
È noto purtroppo che non c’è seminario italiano privo di sacerdoti di tendenze omosessuali, anche perché la parola d’ordine corrente negli ambienti ecclesiastici è che l’omosessualità, a differenza della pedofilia, non è una colpa grave.
La situazione della diocesi di Albenga non è certo peggiore di quella di altre diocesi, anche molto più importanti.
Perché colpire proprio questo vescovo?
Peraltro, nell’annuncio dato dal Bollettino della Santa Sede non si legge il fatidico caso 401 § 2 circa la rinunzia di un vescovo diocesano, quando egli rassegni le sue dimissioni prima del compimento del settantacinquesimo anno di età, caso in cui rientra mons. Oliveri.
Nel commiato che il Presule ha presentato alla sua diocesi, mons. Oliveri afferma di dimettersi per una richiesta da parte del Papa.
E cita un passaggio di una lettera a lui rivolta dal card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, in cui lo si invita – in quanto ormai vescovo emerito – a «voler contribuire con le Sue parole e con i Suoi gesti, notoriamente ispirati dalla bontà, dalla cristiana carità e dalla saggezza pastorale, al rasserenamento degli animi, al mantenimento della pace nei cuori dei sacerdoti e dei fedeli di codesta comunità diocesana».
I motivi gravi per cui il Papa ha obbligato mons. Oliveri a lasciare la guida della sua diocesi non vengono enunciati dalla Santa Sede (non viene citato il canone del C.I.C. riguardante le questioni gravi, cosa che invece avviene in tutti i casi in questione).
Un vescovo, i cui gesti sono ispirati dalla «saggezza pastorale» non è certo invitato alle dimissioni per un comportamento non idoneo.
Il motivo della dimissioni di mons. Oliveri va quindi ricercato altrove.
La sua vera colpa non è quella che il Corriere della Sera gli addebita: la mancanza di severità riguardo alla condotta morale del suo clero, bensì quella che lo stesso giornale, in un altro passaggio suggerisce: di essere «fedele a Benedetto XVI nella possibilità di celebrare la messa con il vecchio rito (cosa che amava fare personalmente a differenza del Papa Emerito)».
La ragione di fondo della rimozione di mons. Oliveri va identificata nel fatto che il vescovo di Albenga ha sempre ispirato il suo ministero e la sua opera ad una visione di piena continuità con il magistero perenne della Chiesa.
In occasione del XXV anniversario di Episcopato è apparso il primo volume che raccoglie le sue opere, Fides et pax (Cantagalli, Siena 2016), ove si può trovare un compendio del suo insegnamento, così dissonante da quello corrente.
La voce di un Vescovo secondo cui «la nostra missione è di natura soprannaturale e tende essenzialmente al Regno dei Cieli, alla vita con Dio, ben consci, illuminati, dalla parola di Cristo che il suo regno “non è di questo mondo”, “non è di quaggiù”» (dall’Omelia dell’Ingresso in Diocesi il 25 Novembre 1990), suonava ben diversa da quella di tanti Presuli, oggi impegnati solo ad aprire le chiese agli immigrati, disinteressandosi del loro bene spirituale.
Mons. Oliveri si è distinto inoltre per la generosa accoglienza verso un altro genere di migranti: i seminaristi e i sacerdoti perseguitati dai loro vescovi per l’amore che portavano alla Tradizione della Chiesa. Molti di loro oggi si sentono orfani.
Ancora una volta, ad un’autentica figura episcopale è stata tolta la parola. (Emmanuele Babieri)
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Come si è arrivati all'attuale dissoluzione? Perchè nessuno provvede verso don Scordato e le sue "unioni lesbiche"? Un esempio di una delle 1.000 cause.
don Paul Renner, l’errore che sale in cattedra
(di Mauro Faverzani) Il prossimo appello è il 16 settembre, dalle ore 10 alle ore 12. L’esame, quello di Questioni di teologia morale e pratica, figura nella pagina della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Docente è il prof. don Paul Renner, che insegna presso una struttura convenzionata col prestigioso ateneo, la Scuola Superiore di Sanità “Claudiana” di Bolzano.
Il personaggio, 58enne, raramente è vestito da prete, preferisce abiti spesso sgargianti oppure tipici altoatesini: molto noto in Alto Adige, lo è poco invece nel resto d’Italia. A casa propria riveste cariche autorevoli: insegna Scienze della Religione e di Teologia Fondamentale presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone; è direttore dell’Istituto di Scienze Religiose diocesano ed è incaricato della formazione degli insegnanti di religione per tutto l’Alto Adige; inoltre, è responsabile dell’Ufficio diocesano Cultura ed Educazione permanente. Da una figura così, con tutte queste responsabilità, ci si aspetterebbe quanto meno una dottrina salda, anzi granitica.
Stupisce prender atto che non sia così. E addolora doverlo aggiungere al pur triste eppure affollato novero di quanti siano pronti a cavalcare i peggiori luoghi comuni contro la Chiesa e contro il Catechismo. A partire – come dubitarne? – dalla questione Lgbt. Non da oggi. Già in un’intervista rilasciata al quotidiano Alto Adige nel 2000, dichiarò: «È sostanzialmente vero quanto sostengono molti e cioè che forse in futuro la Chiesa dovrà chiedere perdono per le discriminazioni e le sofferenze inferte alle persone con tendenza omosessuale».
E da qui eccolo vomitare accuse infamanti: «Roma l’hanno già rovinata i cattolici ferventi, senza dover attendere i gay». Ha nostalgia dei primi cristiani, ma solo perché almeno loro «si accontentavano di rimanere defilati e scavavano catacombe», non come al giorno d’oggi, quando «l’incidenza ed a volte l’invadenza del Vaticano nella politica rimane fortissima», commenta sconsolato. Ancora nel 2004, in un’altra intervista sempre per l’Alto Adige, non esitò a mostrarsi favorevole al riconoscimento delle unioni civili, etero e omosessuali, sia pur distinguendole formalmente da quelle sposate.
Di lui nel 2006 si è occupata anche GoiTv, la televisione della massoneria. L’occasione per un’intervista giunse dall’annuale Gran Loggia del Grande Oriente d’Italia, svoltasi al Palacongressi di Rimini dal 31 marzo al 2 aprile 2006. Don Renner vi partecipò nella veste di oratore, definendo crocifisso e grembiulini compatibilissimi, al punto da ritenere superate divisioni e incomprensioni.
Posizione ribadita anche nel suo libro, Frontiere/Grenzen: Vita freelance di un prete felice (Il Margine, Trento 2006): «I massoni sono un’organizzazione (o una serie di organizzazioni) di persone votate al progresso culturale e spirituale, che si impegnano nella filantropia», e questo, secondo lui, basterebbe a rendere i contrasti con la Chiesa roba del passato. È voce comune che anch’egli sia affiliato alla confraternita, anche se lui, si limita a sostenere «la possibilità di una duplice appartenenza alla chiesa e alla massoneria» (op. cit., p. 204).
Don Renner pare “dimenticare” la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 26 novembre 1983 con specifica approvazione di papa Giovanni Paolo II, e tuttora in vigore. In essa si ribadiscono la condanna dell’appartenenza alle logge: «I loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la Dottrina della Chiesa – si legge – perciò l’iscrizione ad essa rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione». Sconcertante è anche quanto dichiarato nella predetta circostanza alla tv della massoneria: «Gesù è un laico, non è mai diventato sacerdote, non ha mai esercitato il culto. Raduna intorno a sé altri laici, avvia un movimento laicale, che poi ha assunto anche una sua fisionomia clericale, ma la Chiesa è una realtà laica». Per questo non deve «fare proseliti».
Qui don Renner dimostra di non tenere in alcun conto l’istituzione dell’Eucaristia. San Tommaso (che, nel Commentarium in epistolam ad Hebraeos, scrisse: «Solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri» e nella Summa theologiae precisò: «Cristo è la fonte di ogni sacerdozio») e il Catechismo della Chiesa Cattolica, che al n. 1544 afferma con chiarezza: «Tutte le prefigurazioni del sacerdozio dell’Antica Alleanza trovano il loro compimento in Cristo Gesù, unico mediatore tra Dio e gli uomini». Quanto al far proseliti, val la pena ricordare quanto scritto da Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini al n. 91: «La Chiesa è missionaria nella sua essenza. Non possiamo tenere per noi le parole di vita eterna che ci sono date nell’incontro con Gesù Cristo». Ed ancora al n. 93: «La missione della Chiesa non può essere considerata come realtà facoltativa o aggiuntiva della vita ecclesiale. È necessario dunque riscoprire sempre più l’urgenza e la bellezza di annunciare la Parola per l’avvento del Regno di Dio, predicato da Cristo stesso».
Ma questo probabilmente sfugge al sacerdote altoatesino, talmente infervorato dalla prospettiva del dialogo interreligioso da auspicare l’insegnamento della religione islamica nelle scuole, convinto che ciò possa costituire un «deterrente» contro il terrorismo anziché l’innesto di elementi estranei alla nostra cultura. Del resto, sembra infastidirlo alquanto l’idea che una religione possa dirsi vera e, di conseguenza, le altre false, benché in questo le Sacre Scritture siano chiare: Gesù Cristo è «Via, Verità e Vita» (Gv 14,6) e non altri. Ma don Renner rilancia in un’intervista per il quotidiano L’Adige: «I primi a scatenare l’odio religioso siamo stati noi cristiani», colpa nostra quindi, contro ogni evidenza storica, a partire dal sangue dei martiri, sgorgato copioso sin dalle origini ed ancora oggi versato in molte parti del mondo.
Che una persona con tali convinzioni sia stata posta ad insegnare agli studenti universitari, ai futuri insegnanti di religione, all’Istituto di Scienze Religiose e debba curare settori strategici come Cultura ed Educazione permanente nella propria Diocesi suscita più di una perplessità. Come è possibile? Che ne pensano il vescovo di Bolzano e la Congregazione per la Dottrina della Fede?
(Mauro Faverzani, per Corrispondenza Romana del 7/9/2016)
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Dapprima una Rivoluzione scoppia, poi viene in qualche modo repressa, infine si stabilizza con una sorta di "onda lunga".
A Palermo benedetta in Chiesa una coppia lesbica: si tratta di un frutto della Rivoluzione Pastorale odierna, forse il primo di una lunga serie.
Una parte della diga cede, si tenta di ripararla, ma le crepe rimaste la faranno crollare col tempo.
Solo cinque anni fa, la Curia di Palermo aveva proibito agli omosessuali di pregare in Chiesa:
[it.paperblog.com]
Oggi tutto tace.
Serve l'impegno di tutti a favore della famiglia e della vita per fermare la Rivoluzione pastorale in corso.
Serve il lavoro incessante dei laici per ridare il primato alla dottrina sulla prassi attraverso la diffusione del Catechismo di San Giovanni Paolo II.
Palermo: prete benedice coppia lesbica in chiesa prima dell’unione civile
I palermitani lo conoscono bene, padre Cosimo Scordato, da decenni impegnato nelle periferie soprattutto con i bambini. È quello che si definisce un “prete di strada”, più simile a Don Gallo che a Bagnasco, per intenderci. Per questo non stupisce che, nel periodo in cui si celebrano le prime unioni civili, abbia voluto dare un segno chiaro su come si comporterà lui rispetto alle coppie omosessuali che gli si rivolgeranno.
Domenica scorsa, infatti, davanti alla sua comunità riunita per la messa nella chiesa di San Saverio, ha “benedetto” (non in senso tecnico) Elisabetta Cina e Serenella Fiasconaro che domani, 7 settembre, si apprestano a celebrare la loro unione civile in Comune. Pur non essendo assidue frequentatrici della parrocchia, le due donne hanno chiesto a padre Scordato di benedire le loro fedi. “La Chiesa non ammette questo sacramento per le coppie omosessuali ma le ho invitate comunque a venire a messa per presentarle alla Comunità, perché la Chiesa deve accogliere tutti” ha spiegato il prete secondo quanto riporta Repubblica .
Per questo le ha chiamate vicino a sé all’altare spiegando ai fedeli che la scelta delle due donne è una scelta che guarda al futuro ed ha chiesto a tutti di “accoglierle nella comunità e di pregare per la loro vita insieme”. Alla fine, il sacerdote ha detto che lo stesso farà con tutte le coppie gay e lesbiche che si rivolgeranno a lui perché, dice “le cose si cambiano a poco a poco, un passo per volta” ed ha concluso auspicando che “un giorno la chiesa accetti di benedire anche questo le relazioni omosessuali”. La folla in attesa della messa ha applaudito a lungo le due donne e il discorso del sacerdote non senza scattare decine di fotografie che hanno rapidamente fatto il giro dei social network.
(foto: Repubblica Palermo, fonte: gay.it)
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Immagine blasfema della Madonna sul sito di Gay.it scatena l’indignazione in rete
Non occorre fare grandi ricerche, per sapere cosa voglia dire «blasfemo». Il dizionario Garzanti specifica indicare tutto quanto «offenda con parole o atti ciò che per altri è divino o sacro». E propone come sinonimi «empio, sacrilego».
Ora, raffigurare la Madre di Dio con le fattezze di un organo genitale femminile corrisponde con piena evidenza a tale definizione. E questo è quanto vergognosamente proposto da Gay.it prima sul proprio profilo Facebook, poi sul sito, scatenando una raffica di reazioni ovviamente di indignazione e condanna nei confronti di quest’ennesima, volgare provocazione cristianofobica.
Così capita che gli stessi sempre pronti a strillare contro qualsiasi rilievo, vero o presunto, venga mosso alla loro condizione, si scoprano improvvisamente tanto ingenui da non cogliere cosa d’offensivo possa esservi nel raffigurare in simili fattezze la Madonna di Guadalupe, al punto da inventarsi su questo addirittura un “sondaggio”. Peraltro riferito non ad un’icona qualsiasi, bensì all’unica ritenuta persino dalla scienza non realizzata da mani umane: né un disegno, né una pittura, quindi particolarmente venerata e cara al popolo cattolico indio ed ai fedeli di tutto il mondo.
Fa chiaramente parte del gioco inventarsi, con grottesche acrobazie, caricaturali spiegazioni dalle velleitarie pretese artistiche all’oscena illustrazione: così ecco individuare nel «sesso femminile», rievocato dalla «mandorla» un «simbolo di nascita e fertilità», ignorando come esso non sia assolutamente da ricercarsi lì, bensì nei fiocchi della tunica all’altezza del ventre, richiamo tipico della cultura indigena; ignorando come la «mandorla» non sia quanto da loro “immaginato”, bensì il sole, la luce da cui si irradiano cento raggi, che illuminano tutto il Creato.
L’empia foto proposta è stata peraltro copiata dal gruppo Facebook delle ultrafemministe «antipatriarcali», un nome che è tutto un programma. Gay.it conclude, sostenendo che, in ogni caso, mettere «in moto il pensiero» sia «sempre un bene». Non è detto: dipende da quel che vi sia (o manchi) nella testa…
(M.F. per Corrispondenza Romana del 30/08/2016)
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Gli 8 miti della propaganda omo-transgender
di Rodolfo de Mattei, per Osservatoriogender.it del 29 agosto
Il 19 agosto il quotidiano online statunitense “Accuracy in Media”, che si propone di monitorare scrupolosamente l’attendibilità e la serietà dell’enorme ed incessante flusso di notizie messo in circolo dal mainstream mediatico, ha pubblicato un interessante e documentato report, dal titolo Media Myths of the Homosexual-Transgender Agenda, del giornalista Peter LaBarbera presidente dell’associazione “Americans for Truth about Homosexuality” (AFTAH).
Obiettivo della relazione, come chiarisce l’autore nella premessa, è quello di esporre e smontare i principali miti e luoghi comuni esistenti attorno al tema dell’omosessualità, evidenziandone la debolezza e inconsistenza intrinseca.
Tali, oramai annose, bugie sono infatti divenute, con il tempo, dei veri e propri miti propagandistici finalizzati, grazie al supporto dei media e della potentissima lobby omo-transgender, a dare una spinta propulsiva alla sempre più fitta e prepotente agenda LGBT.
L’AGENDA OMO-TRANSGENDER
LaBarbera elenca, uno ad uno, i punti programmatici di tale rivoluzionaria agenda statunitense dalla portata globale:
Riscossione di multe salate per punire i cristiani e i tradizionalisti che si rifiutano di partecipare con la loro attività imprenditoriale ai “matrimoni” omosessuali;
Criminalizzazione della terapia di cambiamento pro-etero per i minori sessualmente confusi;
Utilizzo del governo per costringere le scuole e le imprese a consentire che “transgender” – uomini che pensano di essere donne – di utilizzare i bagni e gli spogliatoi riservati al pubblico femminile (di sesso opposto);
Utilizzo delle leggi LGBT “di non discriminazione” per obbligare le scuole pubbliche e le imprese a punire chi non aderisce al linguaggio politicamente corretto in stile transgender-inclusive come l’utilizzo di “Zir” invece di “lei”. New York City ora chiede il “rispetto” di 31 “identità di genere”, tra cui “genderqueer”, “terzo sesso” e “pangender”;
Utilizzo dei fondi dei contribuenti per terrificanti sfiguramenti di corpi presentati come “interventi chirurgici di riassegnazione del sesso”, per esempio, l’intervento su una donna di rimozione chirurgica dei seni perfettamente sani per farle avere un seno piatto che la faccia assomigliare ad un uomo, o, all’opposto, un uomo che si distrugge chirurgicamente i propri organi genitali per realizzare un improbabile organo femminile;
Accettazione delle persone transessuali nell’esercito degli Stati Uniti, pagamento dei loro distruttivi “interventi chirurgici” di cambiamento di genere in nome dell’ “assistenza sanitaria”;
Incoraggiamento dei giovani ad adottare l’ “identità di genere” del sesso opposto, arrivando al punto di incoraggiare i minori a prendere ormoni per arrestare i fisiologici cambiamenti della pubertà, in un futile tentativo di “diventare” poi un domani, una volta maggiorenni, del sesso opposto, o peggio: permettere a ragazzi e ragazze minorenni di mutilare chirurgicamente i propri organi sessuali al fine di apparire del sesso opposto;
Insegnamento ai bambini molto piccoli, anche quelli dell’asilo, ad accettare l’omosessualità e l’idea radicale “transgender” che si possa scegliere una “identità di genere” che non corrisponde al proprio sesso biologico.
La propaganda gender è stata, e continua ad essere, così massiva e martellante da trasformare a suo favore la percezione dell’opinione pubblica nei confronti del fenomeno omosessuale. A questo proposito, il presidente di AFTAH ricorda come un sondaggio “Gallup” del 2011 abbia riscontrato che l’americano medio “ritiene” che i gay siano la spropositata cifra del 25% della popolazione, un fantomatico dato che arriva addirittura al 30% nella fascia delle donne sotto i 30 anni.
In realtà, la percentuale effettiva di uomini omosessuali, lesbiche e bisessuali nella popolazione degli Stati Uniti è solo del 2,3%.
Vediamo quali sono i principali miti, divenuti delle vere e proprie leggende globali, che hanno favorito la prepotente ed impetuosa avanzata dell’agenda gender:
MITO 1 – Gli omosessuali sono il 10% della popolazione americana
Il mito del “10%” è un vero e proprio cavallo di battaglia della propaganda omosessualista. Che il 10% della popolazione americana sia omosessuale è infatti una delle rivendicazioni di lotta di più lunga durata dell’attivismo gay. La Barbera chiarisce come tale dato immaginario sia stato messo in circolo alla fine del 1970 da Bruce Voeller, fondatore del National Gay Task Force (predecessore dell’odierna National LGBTQ Task Force), accompagnato dall’ingannevole slogan, “We Are Everywhere“.
“Così, proprio mentre i militanti “gay” facevano pressioni e boicottaggi nei confronti dei professionisti statunitensi della salute mentale per rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, nel 1973, essi hanno amplificato a dismisura la quota della popolazione omosessuale al fine di rendere ancora più “impellenti” e necessarie le loro richieste”.
Una politica mistificatoria che si è avvalsa del pieno e decisivo appoggio dei mezzi di comunicazione pronti a diffondere tale assurdo ed fantasioso dato statistico.
“Per decenni i giornalisti americani hanno fatto riferimento a tale affermazione del 10% – frutto di una lettura errata degli screditaty “Report” del sessuologo statunitense Alfred Kinsey. Il mito del 10 % ha raggiunto il suo scopo di dare un enorme forza politica alle istanze “gay” quando il movimento era ancora debole”.
I dati reali ovviamente dicono tutt’altro. Successivi, seri e più approfonditi, studi hanno stimato infatti una cifra totale della popolazione omosessuale-bisessuale inferiore al 5%.
“Nel 2014, un vasto sondaggio condotto dal Federal National Center for Health Statistics che ha coinvolto 35.557 americani ha inferto un colpo mortale alla tesi del 10%. I risultati dell’ampia indagine hanno infatti riscontrato che solo l’1,6 % degli intervistati si è identificato come “gay o lesbica”, mentre lo 0,7% ha affermato di essere “bisessuale.” Nel 2011, l’organizzazione LGBT Williams Institute dell’UCLA ha stimato che lo 0,3% della popolazione si identifica come transgender. Dunque, combinando insieme tali dati, tra omosessuali, bisessuali e transgender in America siamo intorno al 3%”.
Il mito “nato gay” è popolare ancora oggi
Il costante bombardamento mediatico riguardo la “bellezza” e “normalità” omosessuale sembra, purtroppo, dare i suoi amari frutti. Nonostante i dati scientifici evidenzino il contrario, circa la metà degli americani intervistati crede infatti ancora che gli omosessuali siano “nati in quel modo”. Ad attestarlo è un sondaggio Gallup del 2015.
Come riporta LaBarbera:
“Gallup ha condotto interviste, su questo ed altri temi omosessuali ogni anno a partire dal 1977. Il primo anno, nel lontano 1977, solo il 13% degli americani credeva che le persone fossero “nate omosessuali”, mentre il 56 % chiamava in causa “l’educazione e l’ambiente” di una persona come i principali fattori determinanti. Nello spazio di poco di meno di 40 anni i risultati si sono completamente invertiti. Il sondaggio condotto nel 2013 ha infatti registrato la cifra record di 51% degli intervistati che ritiene gli omosessuali siano nati con l’inclinazione verso persone dello stesso sesso, e dall’altra parte il record minimo del 30% ha citato i fattori ambientali”.
“Tali dati – conclude il presidente di AFTAH – mostrano l’enorme e soffocante potere dei media nel manipolare ed indirizzare il dibattito “gay”. Ora gli stessi mezzi stanno lavorando incessantemente per “sdoganare” anche il transgenderismo presentato anch’esso come una “normalissima” condizione innata”.
MITO 2 – “Gay si nasce”
Un altro dei miti, per tanto tempo, maggiormente in voga nell’attivismo “gay” è l’idea che gli omosessuali siano “nati in quel modo”, secondo il noto slogan “omosessuali si nasce”. Tale narrazione di comodo – fondata su di un’errata concezione del concetto di “natura” ed alimentata per anni dalle lobby LGBT – serve, nota sempre LaBarbera, ad eludere la “questione morale” dal dibattito omosessuale,
“suggerendo che gli omosessuali non sono responsabili per i loro comportamenti sessuali, perché ‘essere gay’ è una parte genetica di ‘chi sono'”.
Ma anche riguardo il presunto “innatismo omosessuale”, il presidente di AFTAH sottolinea come questo sia ormai divenuto un’idea quasi fuori moda dopo che, malgrado il grande impegno profuso in tal senso, non si sia mai trovata alcuna prova scientifica che attesti l’origine genetica dell’omosessualità.
“Negli anni ’90, parlare di un “gene gay” era di gran moda dopo che l’allora ricercatore omosessuale Dean Hamer aveva pubblicato nel 1993 sulla rivista ‘Science’ uno studio sbandierato dai media che pretendeva di aver individuato un “marcatore genetico” per l’orientamento omosessuale dei maschi. Tuttavia, ‘Science’ non riuscì a replicare il proprio studio, e anche altri tentativi analoghi fallirono. Ora l’omosessualità genetica non è più in voga, nonostante la possibilità dell’esistenza di un “gene gay” ecciti ancora i giornalisti”.
A proposito della forsennata caccia al “gene gay”, LaBarbera osserva come il più grave colpo alla teoria dell’ “innatismo gay” sia arrivato, come un boomerang, dagli studi sui gemelli omozigoti. Tali ricerche, in origine utilizzate per promuovere l’idea dell’omosessualità innata, sono oggi infatti ritenute, con un generale consenso della comunità scientifica, le prove provate dimostranti il contrario.
A conferma di ciò, esistono almeno otto importanti studi scientifici condotti su gemelli identici in Australia, Stati Uniti, e in Scandinavia, durante gli ultimi due decenni che mostrano come gli omosessuali non sono nati omosessuali.
Il dr. Neil Whitehead, uno dei principali ricercatori in tutto il mondo sul tema, ha dichiarato al sito web OrthodoxNet.com
“Da sei studi (2000-2011): se un gemello identico ha attrazione verso lo stesso sesso le probabilità che il co-gemello abbia la stessa attrazione, sono solo circa dell’11% per gli uomini e del 14% per le donne. (…) Dal momento che hanno il DNA identico [la concordanza sull’orientamento sessuale ] dovrebbe essere al 100%”.
Per approfondire il tema del “gene gay” l’Osservatorio Gender lo ha già ampiamente trattato qui nell’articolo Gay si nasce o si diventa ? e qui Gene gay?: “Gayburg” e le ipocrisie della comunità LGBTQ.
MITO 3 – I traumi infantili non c’entrano nulla
Se “gay si nasce” tutti gli eventi e gli accadimenti esterni non c’entrano nulla, perfino se si tratta di traumi dell’infanzia. Tuttavia, LaBarbera mette in luce come alcuni studiosi abbiano recentemente sottolineato il nesso esistente tra “abusi infantili” e omosessualità adulta. Il presidente di AFTAH osserva infatti come alcuni ricercatori abbiano, negli ultimi tempi, portato avanti delle teorie alternative che collegano lo sviluppo dell’identità omosessuale adulta ai traumi infantili subiti, come, l’incesto tra gemelli o le molestie su minori.
Uno studio del 2015 condotto da Keith Beard e pubblicato sulla rivista “Cogent Psychology” ha rilevato che,
“l’incesto omosessuale tra fratelli o sorelle aumenta significativamente la probabilità che i partecipanti, una volta adulti, si auto-identifichino come gay, lesbiche, bisessuali, o mettano in discussione la propria sessualità”.
A questo proposito, il presidente di AFTAH sottolinea come due importanti personaggi televisivi americani, apertamente omosessuali, il giornalista della CNN Don Lemon e Thomas Roberts della MSNBC’s, abbiano un comune passato di abusi infantili.
MITO 4 – Gli omosessuali non possono cambiare
Come più volte riportato dall‘Osservatorio Gender, gli Stati Uniti di Barack Obama hanno dato, negli ultimi tempi, una spinta decisiva al processo di omosessualizzazione globale. L’impegno profuso e i risultati raggiunti sono stati tali che la popolare rivista statunitense LGBT, “Out” ha incoronato Obama ad “alleato dell’anno” nella sua quotidiana battaglia per gli pseudo “diritti” omosessuali.
Tra le tante attività, una delle più devastanti e inaccettabili campagne pro-LGBT condotte dall‘amministrazione Obama è stata quella finalizzata a mettere al bando le cosiddette “terapie riparative”, obbligando le persone con tendenze omosessuali ad accogliere forzatamente tali pulsioni senza alcuna possibilità di via di uscita.
Come osserva LaBarbera, non vi è infatti
“verità disprezzata e rifiutata dagli attivisti omosessuali quanto la semplice realtà che le persone che hanno vissuto come “gay” o lesbiche (o “transgender”) possono cambiare e vivere onorevolmente secondo il naturale scopo creato per i loro corpi da Dio. Gli attivisti omosessuali che continuano ad affermare che le persone non possono cambiare il loro “orientamento sessuale” – ignorano le molte testimonianze di persone come Stephen Black and Dr. Rosaria Butterfield che hanno superato e vinto l’istinto dell’omosessualità nella loro vita”.
Ora le lobbies pro-omosessuali, assieme ad altri alleati come il Southern Poverty Law Center, presentati erroneamente dai media come un “gruppo per i diritti civili”, hanno alzato l’asticella delle rivendicazioni, chiedendo che le leggi statali e nazionali vietino del tutto le terapia riparative rivolti ai minori.
“Tali leggi anti-libertà – continua La Barbera – oggi esistono in California, Oregon, New Jersey, Illinois, Vermont e nel Distretto di Columbia. Il presidente Obama ha approvato un progetto di legge federale progettato per vietare cosiddetta terapia di “conversione” (cambiamento) per i minori. Questa legislazione altamente pericolosa vorrebbe limitare la libertà dei genitori e dei figli, tra cui quelli vittime di predatori omosessuali a perseguire il sano cambiamento che desiderano”.
MITO 5 – E’ possibile “riassegnare il sesso” in sala operatoria
Negli Stati Uniti si vanno diffondendo centri medici attrezzati per le operazioni chirurgiche di cambio di sesso, presentate con la definizione più soft e politically correct di “riassegnazione di sesso“, a sottolineare la possibilità di ri-assegnarsi autonomamente il sesso, secondo le proprie mutevoli e soggettive percezioni. In tal senso, il presidente di AFTAH racconta la storia di Walt Heyer, un ex transessuale che si è sottoposto ad un intervento chirurgico di “riassegnazione di sesso” da maschio femmina per diventare il suo alter ego femminile ( “Laura”).
“Heyer, sottolinea LaBarbera, non era “nato transgender”, quanto vittima di alcune tragiche circostanze di infanzia, tra cui una nonna che lo vestiva in costume da donna quando era ancora un ragazzino. Ora ha riacquistato la sua identità maschile naturale e incoraggia gli uomini dal sesso confuso di non sottoporsi a radicali operazioni e terapie ormonali per inseguire una mera fantasia”.
Heyer è oggi diventato un formidabile testimone contro l’ideologia transgender, scrivendo un interessante libro, Paper Genders. Il mito del cambiamento di sesso (SuGarco 2013), riguardo la propria esperienza in cui riporta, tra l’altro, l’autorevole testimonianza del noto dottor Paul McHugh, Professore di Psichiatria presso la Johns Hopkins University School of Medicine, che, dopo aver attentamente studiato i risultati degli uomini che si erano sottoposti ad interventi di “cambio di sesso” rispetto a coloro che non non lo avevano fatto, ha messo fine al programma “riassegnazione chirurgica del sesso” dell’università.
Una drastica ma convinta decisone così illustrata dallo stesso McHugh nel 2014:
“La maggior parte dei pazienti trattati chirurgicamente avevano affermato di essere ‘soddisfatti’ dei risultati, ma i loro successivi adeguamenti psico-sociali non erano migliori di quelli di coloro che non si erano sottoposti ad intervento chirurgico. E così che alla Hopkins abbiamo smesso di fare chirurgia per cambiare sesso, dal momento che la produzione di un ‘soddisfatto’, ma ancora turbato paziente ci è sembrata una ragione insufficiente per amputare chirurgicamente organi normali”.
MITO 6 – Gli ormoni ritardanti la pubertà aiutano i bambini “confusi”
Il dr. McHugh dedica la sua critica più veemente ai medici che vestono i panni dei “guru transgender“, pretendendo di imporre tali radicali interventi chirurgici di cambio di sesso a giovanissimi e adolescenti dall’identità sessuale confusa. In realtà, essi si illudono di poter migliorare con un semplice intervento chirurgico quello che è, principalmente, un assai complesso problema psicologico:
“Un altro sottogruppo è costituito da giovani uomini e donne suscettibili alla suggestione che ‘è tutto normale’ (…). Questi sono gli aspetti transgender più simili a quelli dei pazienti affetti da anoressia nervosa: si persuadono che la ricerca di un cambiamento fisico drastico metterà fine ai loro problemi psico-sociali. I consiglieri della “diversità” nelle loro scuole, un po’ come i leader di una setta, possono incoraggiare questi giovani a prendere le distanze dalle loro famiglie, offrendogli consigli su come confutare gli argomenti contro un intervento chirurgico transgender. I trattamenti qui devono iniziare con la rimozione del giovane dall’ambiente suggestivo, offrendogli un contro-messaggio alla terapia familiare”.
In particolare il dr. McHugh punta il dito contro i folli trattamenti ormonali, finalizzati a ritardare lo sviluppo della pubertà dei bambini incerti sul proprio “genere” sessuale, mettendo in guardia riguardo le drammatiche conseguenze a cui vanno incontro i bambini sottoposti a tali criminali terapie:
“Poi c’è il sottogruppo dei giovanissimi, spesso bambini in età prepuberale che notano ruoli sessuali distinti nella cultura e, esplorando come potrebbe essere assumerli, iniziano ad imitare il sesso opposto. Dottori sviati presso alcuni centri medici, tra cui il Boston’s Children’s Hospital, hanno cominciato cercando di trattare questo comportamento attraverso la somministrazione di ormoni ritardanti la pubertà al fine di rendere i futuri interventi chirurgici di cambiamento di sesso meno onerosi, nonostante tali farmaci comportino l’arresto della crescita dei bambini e il rischio di causare la sterilità. Dato che quasi l’80 per cento di questi bambini abbandonerebbe tale confusione di genere e crescerebbe naturalmente nella vita adulta se non fossero sottoposti a trattamenti, questi interventi medici si avvicinano a degli abusi sui minori. (…)“.
Facendo tesoro dei moniti del Dr. McHugh, l’ “American College of Pediatricians“, un’organizzazione di pediatri che cerca di contrastare l’ideologico operato della più nota, e soprattutto potente, “American Academy of Pediatricians“, apertamente pro-LGBT, ha recentemente pubblicato un importante documento di denuncia, “Gender Ideology Harms Children”, che, come riportato da LaBarbera, include tra i suoi punti:
La pubertà non è una malattia e gli ormoni bloccanti la pubertà possono essere pericolosi …
Secondo il DSM-V (manuale diagnostico dell’APA per i disturbi mentali) ben il 98% dei ragazzi e l’88% delle ragazze sessualmente confusi alla fine accettano il loro sesso biologico dopo aver attraversato naturalmente la fase della pubertà;
I bambini che fanno uso di bloccanti della pubertà per identificarsi con l’altro sesso dovranno assumere ormoni cross-sessuali nella tarda adolescenza. Gli ormoni cross-sessuali (testosterone ed estrogeni) sono associati a pericolosi rischi per la salute incluso ma non limitato alla pressione alta, coaguli di sangue, ictus e cancro;
I tassi di suicidio sono 20 volte maggiori tra gli adulti che fanno uso di ormoni cross-sessuali e sono sottoposti a chirurgia di cambiamento di sesso, anche in Svezia, che è tra i paesi a maggior tasso di affermazione LGBTQ;
Condizionare i bambini a credere che una vita di rappresentazione chimica e chirurgica del sesso opposto è normale e sana costituisce abuso sui minori.
Recentemente, come riportato qui dall’Osservatorio Gender, le due principali associazioni pediatriche statunitensi si sono affrontate pubblicamente attraverso la messa online di due interessanti e contrapposti documenti sul fenomeno della cosiddetta “disforia di genere”.
MITO 7 – I figli di persone omosessuali e transgender non soffrono
Un altro ricorrente mito della propaganda omosessualista recita che non vi è “nessuna differenza” tra le famiglie omosessuali e quale normali, composte da mamme e papà, arrivando, in alcuni casi, ad affermare che la genitorialità “gay” sarebbe addirittura superiore a quella normale . Ma ancora una volta, la realtà racconta tutta un’altra storia.
A tale proposito, LaBarbera riporta quanto scritto dall’analista statunitense dell’Heritage Foundation Jamie Bryan Hall, che ha studiato l’opera del professore di sociologia Dr. Paul Sullins della Catholic University.
Sullins, che ha analizzato attentamente i dati del sondaggio federale National Health Interview dal 1997 al 2013, come scrive Hall, è arrivato a conclusioni opposte:
“(..) il dottor Sullins ha riscontrato che i figli di genitori in relazioni omosessuali hanno risultati significativamente peggiori rispetto a quelli dei genitori di sesso opposto su 9 delle 12 misure riguardo i problemi emotivi o di sviluppo e il loro uso del trattamento di salute mentale. In generale, i figli di genitori in relazioni omosessuali hanno circa due o tre volte di più la probabilità di avere tali problemi. Nella sua più ampia analisi statistica, in cui prende anche in considerazione la stabilità della relazione, la stigmatizzazione e il disagio psicologico dei genitori, Sullins nota che la prevalenza di problemi emotivi tra i bambini che vivono con genitori dello stesso sesso è 4,5 volte più alta tra i bambini che vivono con i loro genitori biologici sposati, 3 volte maggiore nei bambini che vivono con un genitore acquisito sposato, 2,5 volte più elevato di quelli con i genitori conviventi, e 3 volte di più nei bambini con un solo genitore”.
A proposito di famiglie normali e omosessuali segnaliamo questi 3 articoli pubblicati sull’Osservatorio Gender dedicati ad uno dei massimi esperti sul tema, il sociologo statunitense Mark Regnerus: Regnerus: i dati ci dicono che per i bambini è meglio crescere con mamma e papà, Mark Regnerus, studioso serio ed onesto contro il “gender diktat” globale, Intervista a Mark Regnerus: “Stati Uniti, Gran Bretagna Canada promuovono una società de-sessuata”.
MITO 8 – L’omosessualità non causa alcun problema di salute
Un’altra delle affermazioni che la comunità LGBT respinge con maggior forza è il rapporto tra comportamenti omosessuali e gravi problemi di salute. A tale proposito, il presidente di AFTAH sottolinea come quanto scritto dal dottor Sullins nel 2004 sia tutt’oggi vero:
“Come l’aborto, l’omosessualità è associata ad un aumento dei problemi di salute mentale e di angoscia. Anche se raramente riconosciuto sui media popolari o nei discorsi pubblici, l’emergere di evidenze epidemiologiche negli ultimi dieci anni ha chiaramente stabilito un legame tra l’omosessualità e la malattia mentale o problemi emotivi”.
In tema di omosessualità e salute, LaBarbera denuncia la scellerata campagna dell’amministrazione Obama per consentire agli omosessuali maschi di poter donare il sangue, evidenziando come la spregiudicata lobby LGBT sia disposta a tutto pur di raggiungere i propri ideologici obiettivi:
“la lobby LGBT è più preoccupata di segnare un altro score nei “diritti dei gay” piuttosto che di proteggere la fornitura di sangue della nostra nazione. È come se le migliaia di storie nel corso degli ultimi decenni, comprese quelli riguardanti la crisi dell’AIDS, che ha mostrato l’elevata correlazione tra “uomini che fanno sesso con altri uomini” (MSM) e varie malattie, non fossero mai state pubblicate”.
A riguardo, LaBarbera riporta i dati circa la relazione tra omosessualità e salute, messi a disposizione dai “Centers for Disease Control” (CDC):
HIV – Nel 2011, un sorprendente 94-95% dei nuovi casi di HIV tra i maschi di età dai 13 ai 24 anni sono stati collegati a MSM (Men who have Sex with Men).
Sifilide – Nel 2012, l’84% dei nuovi casi di sifilide sono stati collegati a MSM (Men who have Sex with Men) facendo della sifilide la nuova “malattia gay”.
Hepatitis – “Una nuova ricerca dimostra che gli uomini gay che sono positivi all’HIV ed hanno più partner sessuali possono aumentare il loro rischio per l’epatite C.”
Shigellosis– “Chiunque può contrarre la Shigellosis, ma è riscontrata più spesso nei bambini piccoli. Quelli che possono essere maggiormente a rischio sono i bambini in asili nido, i viaggiatori stranieri in alcuni paesi, le persone istituzionalizzate e le persone esposte a feci umane attraverso il contatto sessuale”.
Gli elevati e concreti rischi insiti nell’adozione dello stile di vita omosessuale sono stati recentemente denunciati da due eminenti studiosi statunitensi attraverso la pubblicazione di uno degli studi scientifici più rigorosi compiuti finora. A pochi giorni di distanza, è stata la volta del Servizio Sanitario Britannico che ha lanciato l’allarme sifilide per la capitale Londra a causa della sempre maggiore diffusione di disordinate abitudini sessuali. Il report redatto dal Public Health England, ha rilevato come nel 2015 ci sia stato un vero e proprio boom di infezioni, con la malattia diagnosticata a 2.811 londinesi, vale a dire il 56% di tutti i casi dell’Inghilterra, pari a 5.042.(leggi qui l’articolo completo Omosessualità: Londra capitale della sifilide in Europa).
Gli 8 miti qui elencati sono solo alcune della tante menzogne messe in giro dall’attivismo LGBT al fine di raggiungere i propri scopi sovversivi. Se vuoi aiutarci a diffondere la verità e smascherare il piano di omosessualizzazione della nostra società CONDIVIDI QUI questo articolo!