-
Castità, una virtù assente dall’Amoris Laetitia
(di Cristina Siccardi)
Nell’esortazione apostolica Amoris laetitia Papa Francesco cita il termine castità una volta soltanto, come «condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale».
Nulla più.
Questa virtù è una difesa straordinaria e sarebbe molto opportuno che la Chiesa, senza vergogna, ritornasse a parlarne per correggere cristianamente il malcostume diffuso e il paganesimo imperante, ricordando ciò che la Chiesa ha sempre affermato in materia di matrimonio e di famiglia.
L’indissolubilità del matrimonio è legge divina ed essendo tale, anche nella forzata separazione di una coppia, non è lecito né l’adulterio né il concubinato (divorziati risposati) che conducono la persona, inesorabilmente, a trovarsi non più in uno stato di grazia, indispensabile per poter essere degni di ricevere la Comunione.
Lo stato di grazia permette alla potenza di Dio, attraverso i Sacramenti, di irrompere nelle vite tribolate, aiutando a portare piccole e grandi croci: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 29-30) a differenza del peccato mortale che procura macigni orrendi.
Più la Chiesa utilizza un ingannevole buonismo, una falsa misericordia e più il peccato corrode le anime e più esso indebolisce persone e società. «Supponiamo che vi sia un giardino pieno di alberi da frutto e di altre piante aromatiche, ben coltivato e adornato in ogni sua parte, provvisto anche d’un muricciolo protettivo. Supponiamo, poi, che vi sia un fiumiciattolo che vi scorre accanto: questo, quantunque povero d’acqua, sbatte contro la parete del muricciolo e la corrode; allargando a poco a poco una fessura irrompendo all’interno del giardino, l’acqua finisce col travolgere e sradicare tutte le piante, distruggendo ogni coltivazione e rendendo sterile il suolo. Ebbene, non diversamente avviene anche nel cuore dell’uomo» (San Macario il Grande, Omelie spirituali, 43, 6).
Sanare, potare, sradicare le erbacce, alzare muriccioli e muri per liberare la vita degli uomini è il compito benefico dei pastori della Chiesa. La castità è attrezzo meraviglioso di pulizia del giardino di ogni persona e di ogni famiglia.
La promiscuità della società odierna, dalla scuola ai luoghi di lavoro; la mancanza di pudore nelle donne; l’inconsistente autorità paterna; il lassismo delle madri, utilizzato per sé e per i propri figli; il linguaggio sboccato; le influenze nefaste della pubblicità e della cultura pornografica e omosessuale a vasto raggio; le legislazioni degli Stati occidentali non sono certo l’humus ideale per la coltivazione di pensieri puri; ma proprio per tale ragione i fedeli sono in affannosa attesa di giusti insegnamenti evangelici da parte degli ecclesiastici, che pare abbiano interessi diversi dalla Fede e dalle loro responsabilità davanti a Dio e alle anime.
Osservare troppo in basso i mali della società, senza pupille anelanti la vita soprannaturale, è patologia moderna della Chiesa sorta dopo il Concilio Vaticano II, quella patologia che non permette di servirsi delle corrette terapie. Pio XI, di fronte alla desacralizzazione dell’istituto familiare e alle minacce secolarizzatrici, scrisse nel 1930 una memorabile enciclica, la Casti connubii al fine di contrastare la «perversa moralità. E poiché si sono cominciati a diffondere anche tra i fedeli questi perniciosissimi errori e questi depravati costumi, che tentano d’insinuarsi insensibilmente ma sempre più profondamente, abbiamo creduto essere dovere del Nostro ufficio di Vicario di Gesù Cristo in terra di supremo Pastore e Maestro, alzare la Nostra voce apostolica per allontanare le pecorelle a Noi affidate dai pascoli avvelenati e, per quanto dipende da Noi, custodirle immuni».
Efficaci e santi frutti vennero da quell’Enciclica, nonostante che i novatori, con la loro funesta teologia, disseminassero la zizzania, la stessa che si ritroverà nel Concilio Vaticano II. Come non ricordare le reazioni irose alla Humanae vitae di Paolo VI?
Oltre 200 teologi firmarono sul New York Times un appello per invitare tutti i cattolici a disubbidire all’enciclica papale.
Alcuni protagonisti del Concilio, contrari all’enciclica, si riunirono a porte chiuse nella città di Essen per stabilire una strategia di opposizione al documento pontificio, che venne sbeffeggiato, disatteso, rigettato con asprezza da interi episcopati, che ebbero la meglio: la dottrina dell’Humanae vitae non fu seguita e nelle università e nei seminari i testi di studio divennero quelli del redentorista Bernhard Häring, padre morale della Costituzione dogmatica Gaudium et Spes, nonché acerrimo nemico dell’Enciclica del 1968.
Da lunghissimo tempo si preparava Amoris laetitia, tonnellate di parole scritte, di conferenze, di convegni, di consigli pastorali… per poi giungere ai due recenti sinodi ed ora all’Esortazione apostolica.
Ancora una volta l’antropocentrismo è stato il protagonista indiscusso e con esso le circostanze storiche, sociali e culturali, quelle che determinano la direzione della rosa dei venti della Chiesa contemporanea, come recita la stessa Esortazione: «Sono innumerevoli le analisi che si sono fatte sul matrimonio e la famiglia, sulle loro difficoltà e sfide attuali. È sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “e richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell’inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia” (II, 31)».
Quando riascolteremo nuovamente parole di seria disciplina agganciata agli insegnamenti di Cristo e non a quelli della rivoluzionaria teologia e della rivoluzionaria pastorale?
Soltanto nelle regole e nella sana educazione si formano uomini e donne forti in grado di formare famiglie forti per una civiltà responsabile di se stessa e delle generazioni future, a dimostrazione di ciò esistono mirabili esempi sia nella macrostoria come nella microstoria. E la castità rientra a pieno titolo nella corretta formazione dei figli di Dio.
La castità è un prisma d’eccellenza che la Chiesa è tenuta ad insegnare affinché possa rifrangersi in esso la luce della volontà non degli uomini, ma di Dio «perché il bene della fede splenda nella debita purezza, le stesse vicendevoli manifestazioni di familiarità tra i coniugi debbono essere caratterizzate dal pregio della castità, in modo tale che i coniugi si comportino in tutte le cose secondo la norma di Dio e delle leggi di natura, e si studino di seguire sempre, con grande riverenza verso l’opera di Dio, la volontà sapientissima e santissima del Creatore» (Casti connubii I).
-
Il Foglio
La fontana di Trevi rossa come il sangue dei martiri cristiani
Venerdì sera, a Roma, manifestazione per i cristiani perseguitati. Testimonianze e immagini per denunciare il genocidio
di Matteo Matzuzzi | 27 Aprile 2016 ore 14:47
-
Nota di Rino Cammilleri
Caro direttore,
Tutti mi sono testimoni che finora, su questo Papa, sono stato zitto. Molte erano le cose che, onestamente, non mi quadravano nel suo agire, ma mi sono sempre detto: il Papa è lui, e chi sono io per giudicare?
Ma sabato al telegiornale ho visto la scena straziante di un cattolico pachistano in lacrime, col cuore spezzato e la schiena pure a furia di stare genuflesso ai piedi del papa: un poveraccio che non sapeva se ridere per la gioia inaspettata o piangere per la disperazione.
Ripeto: un cattolico, e pachistano.
Ed è inutile qui ribadire quel che sanno tutti sulla situazione del posto da cui scappa.
Poi lo stesso tiggì mi comunica che il Papa, sul suo aereo, s’è imbarcato tre famiglie musulmane, in nome e per conto della solita Sant’Egidio.
Musulmane. A chi gli ha fatto notare l’incongruenza (e non ci voleva certo un kattolico come me per accorgersene) ha risposto che: a) è stato lo Spirito Santo a ispirarlo, b) quei dodici musulmani avevano le carte in regola.
Gli unici, a quanto pare, su decine di migliaia di «profughi».
Uno dei quali, lungamente intervistato dallo stesso tiggì, era un nero della Sierra Leone. Profugo pure lui? E da quale guerra scappava, da quella all’Ebola?
Bene, spenta la tivù, mi sono arrampicato sugli specchi per cercare una pezza di giustificazione.
Mi sono detto: vorrà apparire imparziale, far vedere che il papa è padre di tutti; magari, se avesse imbarcato solo cattolici, gli altri cristiani e pure i musulmani avrebbero potuto accusarlo di faziosità.
Ma poi mi sono replicato: il papa è padre non di tutti ma dei cattolici.
E se un cattolico viene posposto dal Papa a un musulmano, allora chiunque può pensare che per il papa una religione vale l’altra (questo è il «messaggio» che parte, non un altro), meglio essere musulmani che cattolici, perché Maometto difende i suoi figli, Cristo (di cui il Papa è vicario) no.
Nella stessa linea del «messaggio» lanciato con le contorsioni sinodali sulla comunione ai divorziati: non vale la pena di rispettare le regole, basta aspettare la prima sanatoria (come nell’edilizia abusiva). Siamo in una società liquida, perciò anche la religione si adegua.
Perdono, ma ciò è quanto, a questo punto, ho capito io. E, poiché faccio il saggista e giornalista cattolico da trent’anni, se questo è quel che ho capito io figuriamoci gli altri. Ora, è vero che il Papa è lui e chi sono io per giudicare, ma poiché non ci capisco più niente non so a chi altro chiedere. Chiedo scusa se il mio tono è franco e poco reverente, ma papa Bergoglio, mi pare, non ama i salamelecchi reverenziali né il bacio alla sacra pantofola, perciò ne approfitto e mi adeguo.
Detto questo, ritorno nel mio guscio.
Auguri ai dodici musulmani che, al posto del gommone, hanno avuto la fortuna dell’aereo pontificio. Altri dodici musulmani in Italia. A Roma troveranno pure la più grande moschea d’Europa.
Nel Pater noi cristiani preghiamo «non ci indurre in tentazione», ebbene, vedendo quanto siano rispettati, coccolati, temuti, riveriti e favoriti, pure dal Papa, i musulmani, e quanto siano sputati, derisi e vessati i cattolici, uno potrebbe cominciare a pensare che, in fondo, se «il nome di Dio è misericordia», guarda un po’, si tratta di uno dei novantanove nomi di Allah.
Dunque…
-
Asia Bibi, da 2.500 giorni in carcere
Stefano Vecchia
Avvenire - 27 aprile 2016
Il 19 giugno 2009, la cattolica Asia Bibi veniva presa in custodia dalla polizia nel suo villaggio di Itttanwali, nella provincia del Punjab, denunciata da alcune vicine musulmane per una presunta offesa al profeta Maometto. Formalmente incriminata il mese successivo e condannata a morte per blasfemia l’11 novembre 2010, da allora ha trascorso in carcere – attualmente quello di Multan nel Punjab – , spesso in isolamento per tutelarne l’incolumità, prima il tempo dell’appello e poi, dal luglio scorso, l’attesa di una sentenza finale della Corte suprema pachistana sulla legalità di tutto il procedimento contro di lei.
-
Il Foglio
La religione è nemica della Cina
Le parole del presidente Xi Jinping e sempre più chiese demolite
di Redazione | 26 Aprile 2016 ore 06:20
La libertà religiosa in Cina è un pericolo. Lo ha detto, neanche troppo velatamente, il presidente cinese Xi Jinping sabato scorso, durante una conferenza sulle religioni, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinuha. Xi ha detto ai membri del Partito comunista di agire come “atei marxisti inflessibili, consolidando la loro fede, e tenendo a mente i princìpi del partito”, perché è attraverso la dottrina religiosa che l’ostile presenza straniera può avere la sua influenza in Cina. “I gruppi religiosi devono rispettare la leadership del Partito comunista, e sostenere il sistema socialista cinese”, ha detto.
-
-
PARADOSSO
La bestemmia depenalizzata nei tornei cattolici
Il cartellino azzurro non si era mai visto in un campo da calcio, ma a quanto pare lo si vedrà tra poco
Paolo Di Stefano
-
Quando il prete diventa sociologo si dimentica di Dio
di Vittorio Messori
il Giornale, Gio, 14/04/2016
Infiltrata dalla corrente oggi prevalente in Occidente, e che tende a creare una sorta di «società liquida», dove tutto sembra, appunto, liquefarsi in tutto, anche la Chiesa pare volere dissolvere i contorni netti della fede in una sorta di brodo indeterminato e rimescolato dal «secondo me» di certi sacerdoti.
Non ostacolati, anzi istigati, dai teologi che sappiamo. Ebbene: della fede, i sacramenti sono l'espressione, il frutto, il dono più alto e prezioso.
***
Alla base di tutto quanto succede nella Catholica ormai da decenni, c'è quanto l'autore denunciava anche nei libri precedenti: quella «svolta antropocentrica che ha portato nella Chiesa molta presenza dell'uomo, ma poca presenza di Dio». La sociologia invece della teologia, il Mondo che oscura il Cielo, l'orizzontale senza il verticale, la profanità che scaccia la sacralità. La sintesi cattolica - quella sorta di legge dell'et-et, di unione degli opposti che regge l'intero edificio della fede - è stata troppo spesso abbandonata per un'unilateralità inammissibile.
Quanto ai sacramenti in particolare, da laico sarei tentato di lanciare una sorta di monito ai sacerdoti. Attenti! - mi verrebbe da dire - non sappiamo che farcene (ne abbiamo già troppi) di sociologi, sindacalisti, politologi, psicologi, ecologi, sessuologi e, in genere, di tuttologi! Attenti, perché non c'è bisogno di preti, frati, monaci che esercitino i mestieri che dicevo, per giunta spesso da improbabili orecchianti.
Non si dimentichi mai che quella che soltanto il consacrato può esercitare, quella dove non ha e non può avere «concorrenza» è la funzione di tramite, di legame, tra l'uomo e Dio. Nell'amministrazione, appunto, dei sacramenti. È il «santificare» il munus che - per ridurci all'essenziale - ne giustifica l'esistenza e la presenza.
Ottimo, se ben condotto, l'impegno clericale nel sociale, nella cultura, in ogni campo dell'attività umana. Ottimo ma non indispensabile: anche noi laici quegli impegni sappiamo esercitarli e li esercitiamo, assai spesso, ben meglio. Da professionisti e non da dilettanti. Ma solo un uomo cui sono state imposte le mani scandendo sul suo capo le parole alte e terribili «tu es sacerdos in Aeternum», solo un uomo così può assicurarci il perdono di quel Cristo di cui è tramite; e può trasformare, nella fede, il vino e il pane nel sangue e nella carne del Redentore. Lui solo. Nessun altro al mondo.
Le folle si accalcano, per un istinto profondo, attorno all'altare e al confessionale di padre Pio, spintonando per essere il più vicini possibile alla sua eucaristia e per poter avere il privilegio di affidare a lui i peccati che Gesù giudicherà. Ma non si conoscono folle, se non di studenti iscritti a quel corso, attorno alla cattedra del chierico teologo che spiega che è puerile credere alla realtà anche «materiale» dell'eucaristia. E che è una sceneggiata, indegna del cristiano adulto, pensare che il perdono dei peccati passi attraverso uno strumento, un uomo come noi. Già, ma al contempo, invisibilmente, diverso. Diverso perché consacrato.
(continua in Leggi tutto)
-
il Foglio
Pazza idea: la guerra giusta all’Indice
Il cardinale Turkson porterà al Papa la richiesta: il bellum iustum è contro il Vangelo e nulla può giustificare la violenza. Dibattito in America: traditi sant’Agostino e Wojtyla, ci sono conflitti sacrosanti
di Matteo Matzuzzi | 20 Aprile 2016 ore 06:17
Roma. Il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace, il cardinale Peter Turkson, porterà formalmente al Papa la richiesta di “non citare né insegnare più” la teoria della guerra giusta. E’ questo il risultato emerso dalla conferenza sulla non violenza organizzata da Pax Christi international che si è tenuta in Vaticano, con il sostegno dell’organismo guidato da Turkson. Nella dichiarazione finale del convegno, infatti, si legge che “ogni guerra rappresenta una distruzione e non c’è giustizia nella distruzione di vite e beni”. I partecipanti all’evento – tra cui ottanta teologi – hanno convenuto che con i moderni metodi bellici parlare di guerra giusta è impossibile e chiedono al Pontefice di promulgare al più presto un’enciclica sulla pace e la non violenza: “La parola di Dio e la testimonianza di Gesù non dovrebbero mai essere usate per giustificare la violenza, l’ingiustizia o la guerra. Riteniamo che il popolo di Dio abbia tradito questo messaggio centrale del Vangelo molte volte, partecipando in guerre, persecuzioni, oppressioni, sfruttamento e discriminazione”.
-
il Foglio
Pazza idea: la guerra giusta all’Indice
Il cardinale Turkson porterà al Papa la richiesta: il bellum iustum è contro il Vangelo e nulla può giustificare la violenza. Dibattito in America: traditi sant’Agostino e Wojtyla, ci sono conflitti sacrosanti
di Matteo Matzuzzi | 20 Aprile 2016 ore 06:17
Roma. Il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace, il cardinale Peter Turkson, porterà formalmente al Papa la richiesta di “non citare né insegnare più” la teoria della guerra giusta. E’ questo il risultato emerso dalla conferenza sulla non violenza organizzata da Pax Christi international che si è tenuta in Vaticano, con il sostegno dell’organismo guidato da Turkson. Nella dichiarazione finale del convegno, infatti, si legge che “ogni guerra rappresenta una distruzione e non c’è giustizia nella distruzione di vite e beni”. I partecipanti all’evento – tra cui ottanta teologi – hanno convenuto che con i moderni metodi bellici parlare di guerra giusta è impossibile e chiedono al Pontefice di promulgare al più presto un’enciclica sulla pace e la non violenza: “La parola di Dio e la testimonianza di Gesù non dovrebbero mai essere usate per giustificare la violenza, l’ingiustizia o la guerra. Riteniamo che il popolo di Dio abbia tradito questo messaggio centrale del Vangelo molte volte, partecipando in guerre, persecuzioni, oppressioni, sfruttamento e discriminazione”.
-
Vocazioni, il calo arriva anche nel Sud del mondo
I dati dell’Annuarium Statisticum: dopo il massimo storico toccato nel 2011 i seminaristi stanno diminuendo anche a livello globale. Dopo anni di forte crescita frena l’Asia, ma il calo si vede soprattutto in Sudamerica
di Giorgio Bernardelli
La diminuzione delle vocazioni al sacerdozio? Non è più solo un fenomeno dell’Occidente: anche nelle diocesi del Sud del mondo i seminari iniziano a essere un po’ meno pieni rispetto a qualche anno fa. Nella domenica in cui la Chiesa cattolica celebra la Giornata mondiale delle vocazioni, con le ordinazioni sacerdotali presiedute dal Papa in San Pietro, uno sguardo ad alcuni dati recentemente diffusi dalla Santa Sede mostra in maniera chiara un’inversione di tendenza in atto ormai anche a livello globale.
Da anni ormai l’Europa vive un calo sensibile nelle vocazioni al sacerdozio, che in tante diocesi ha portato alla diminuzione del numero delle parrocchie e a un’età media sempre più avanzata del clero.
A livello globale, però, questo fenomeno veniva bilanciato da una crescita significativa delle nuove ordinazioni nelle diocesi del Sud del mondo. E questo faceva sì che il dato totale dei sacerdoti nel mondo fosse comunque in crescita. Con la conseguenza indiretta che, oggi, vi sono anche preti nati in Africa o in Asia che prestano il proprio ministero in parrocchie europee, in una sorta di «ricambio» del dono dei missionari fatto un tempo dalle Chiese di antica tradizione cristiana.
Da qualche anno, però, il trend sta cambiando e anche in maniera relativamente rapida. A rivelarlo è l’Annuarium Statisticum, il libro che raccoglie le statistiche ufficiali della Chiesa cattolica nel mondo, la cui ultima edizione aggiornata al 31 dicembre 2014 è stata pubblicata all’inizio di marzo.
Dall’analisi dei dati emerge, infatti, che se il numero dei cattolici globalmente rimane in crescita, quello dei preti si è stabilizzato intorno alle 415.000 unità. E se si va a guardare anche i dati sui seminaristi nel mondo ci si accorge che - dopo un massimo storico raggiunto nel 2011 - il numero complessivo dei candidati al sacerdozio sta cominciando a scendere.
Entrando nel dettaglio: gli studenti di filosofia e teologia nei seminari erano 117.978 nel 2009 e sono saliti fino a quota 120.616 nel 2011; poi, però, è cominciato un calo lieve ma costante, che li ha portati a scendere a quota 116.939 nel 2014. E quando dal dato generale si passa a quello per continenti, alcune dinamiche emergono in maniera abbastanza chiara.
L’unico continente nel quale i seminaristi continuano ad aumentare è l’Africa: erano 26.172 nel 2009, sono diventati 28.528 nel 2014. Crescita importante, vicina al 10%, ma comunque inferiore al tasso di crescita dei battezzati: infatti anche in Africa il tasso vocazionale - cioè il numero di seminaristi in rapporto alla popolazione cattolica - pur restando altissimo rispetto all’Europa, è sceso tra il 2009 e il 2014 da 43,51 a 38,12 preti ogni 100.000 persone. In pratica la crescita dei seminaristi africani appare oggi più legata alle dinamiche demografiche generali del continente che alla continuazione della primavera vocazionale.
Discorso analogo per l’Asia, con la sola differenza che qui anche il dato assoluto ha cominciato a scendere: dopo il picco di 35.476 unità fatto registrare nel 2012, in due anni i seminaristi asiatici sono scesi a quota 34.469 (anche se va detto che - pur in discesa - il tasso vocazionale dell’Asia resta il più alto al mondo: 42,99 seminaristi ogni 100.000 battezzati).
Se per Africa e Asia si tratta comunque di frenate dopo crescite impetuose, c’è invece una regione dell’America dove il calo dei seminaristi è oggi molto evidente. E - contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare - non sta nell’emisfero Nord. Se infatti in Stati Uniti, Canada e Messico il dato sulle vocazioni sacerdotali oggi è abbastanza stabile, è in Sudamerica che la crisi si fa sentire: in Brasile, Colombia, Argentina e nei Paesi vicini oggi i seminaristi sono quasi il 17 per cento in meno rispetto a soli dieci anni fa.
E se si restringe lo sguardo ai soli ultimi cinque anni ci si accorge che la diminuzione percentuale in Sudamerica è stata più forte che in Europa.
Al punto che anche il tasso vocazionale oggi è significativamente più basso: 7,73 seminaristi per 100.000 battezzati contro i 9,99 dell’Europa.
L’unico posto al mondo dove i seminaristi sono diminuiti ancora di più è il Medio Oriente, dove però il calo delle vocazioni è stato un fenomeno del tutto particolare, legato alle guerre e persecuzioni che negli ultimi anni hanno portato alla chiusura di molti seminari.
In sintesi: se questa tendenza dovesse continuare, per i cattolici in Africa, in Asia e in America Latina si prepara un futuro con più fedeli ma meno preti. Un dato che non potrebbe non andare a incidere profondamente sul volto complessivo della Chiesa del XXI secolo.
-
Tessuto cardiaco in un'ostia. Il vescovo di Legnica, in Polonia, riconosce il miracolo
di Greg Kandra, da Aleteia
Sì, a volte una presunta “ostia che sanguina” dopo gli esami dovuti non si rivela altro che muffa rossa del pane.
A volte, però, mettendo un’“ostia sanguinante” sotto il microscopio e sottoponendola a varie prove si scopre che si tratta di tessuto cardiaco umano.
-
Ancora sull'incredibile nota 329 della "Amoris lætitia".
Una lettera, un racconto
di Sandro Magister
Ricevo e pubblico questa breve e-mail:
*
Gentile Magister,
l'esortazione apostolica "Amoris lætitia" ci ha letteralmente mandati in confusione... Io e mia moglie pensiamo infatti di rientrare in quella categoria dei "figli obbedienti" che ora non sanno più cosa pensare.
Ci permettiamo solo di allegarle un "racconto" per chiarire il nostro pensiero. Grazie per la sua attenzione.
[Lettera firmata]
*
Questa e-mail riflette sicuramente l'amarezza d'un buon numero di altri "figli obbedienti", a seguito della pubblicazione della "Amoris lætitia".
La formula "figli obbedienti" era nel titolo di un post di pochi giorni fa e si riferiva a quei divorziati risposati che, dopo avere per anni obbedito alla Chiesa e riconosciuta la sapienza del suo magistero, si sono sentiti non confortati dall'esortazione, ma umiliati e derisi.
In effetti – come Settimo Cielo aveva subito fatto notare – nella nota 329 della "Amoris lætitia" papa Francesco rivolge ai divorziati risposati che hanno scelto di convivere non più da adulteri ma "come fratello e sorella", e quindi con la possibilità di fare la comunione, un esplicito rimprovero: quello di recare un possibile danno alla nuova famiglia, poiché – parole letterali – "se mancano alcune espressioni di intimità, 'non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli'".
Questo con tanto di citazione – in realtà ritagliata da tutt'altro contesto – della costituzione conciliare "Gaudium et spes". E, peggio, col sottinteso che fanno meglio gli altri a condurre una piena vita da coniugi anche in seconde nozze civili, magari facendo anche la comunione.
Dopo una simile doccia gelata non stupisce, quindi, lo smarrimento di tanti "figli obbedienti" e soprattutto dei più obbedienti tra loro. Perché al figlio maggiore della parabola del figliol prodigo il padre certo non riservò un trattamento così sprezzante. Anzi, fece tutto l'opposto.
Una storia emblematica del loro caso è appunto quella allegata alla e-mail.
Eccola. I nomi sono di fantasia.
(segue)
-
Follie da utero in affitto. Pipah resterà con il padre acquirente (già condannato per abusi)
Aprile 15, 2016 Leone Grotti
Ricordate Gammy, il bimbo thailandese abbandonato perché Down? Il giudice ha lasciato agli acquirenti la gemella, che non potrà rimanere da sola con il padre per timore di molestie sessuali
-
Tutti a Roma, domenica 8 maggio 2016
Gli attacchi alla vita umana innocente sono sempre più numerosi e nuovi strumenti di morte minacciano la sopravvivenza stessa del genere umano: Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo ecc.
Da oltre trent’anni una legge dello Stato (la 194/1978) regolamenta l’uccisione deliberata dell’innocente nel grembo materno e i morti si contano a milioni.
La ?Marcia per la Vita è il segno dell’esistenza di un popolo che non si arrende e vuole far prevalere i diritti di chi non ha voce sulla logica dell’utilitarismo e dell’individualismo esasperato, sulla legge del più forte.
Con la Marcia per la Vita intendiamo:
affermare la sacralità della vita umana e perciò la sua assoluta intangibilità dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso;
combattere contro qualsiasi atto volto a sopprimere la vita umana innocente o ledere la sua dignità incondizionata e inalienabile.
Per questo:
chiamiamo a raccolta tutti gli uomini di buona volontà per difendere il diritto alla vita come primo dei principi non negoziabili, iscritti nel cuore e nella ragione di ogni essere umano e -per i cattolici – derivanti anche dalla comune fede in Dio Creatore;
esortiamo ogni difensore della vita a reagire, sul piano politico e culturale, contro ogni normativa contraria alla legge naturale, e contro ogni manipolazione mediatica e culturale che la sostenga. E qualora ci si trovi nella impossibilità politica di abolire tali leggi per mancanza di un consenso popolare sufficiente, ci si impegna a denunciarne pubblicamente l’intrinseca iniquità, che le rende non vincolanti per le coscienze dei singoli.
La sesta edizione della marcia sarà a Roma, centro della cristianità e del potere politico. Le strade della capitale sono state attraversate, anche recentemente, da numerosi cortei indecorosi e blasfemi; il nostro corteo vuole invece affermare il valore universale del diritto alla vita e il primato del bene comune sul male e sull’egoismo.
L’iniziativa sarà una “marcia” e non una processione religiosa e come tale aperta anche ai pro life non credenti e a tutti i gruppi che potranno partecipare con i loro simboli ad esclusione di quelli politici.
Abbiamo però bisogno dell’aiuto di tutti!
Con la preghiera, che smuove le montagne (1 Cor. 13,2) e vince ogni difficoltà
Con la costituzione, in ogni città italiana, di centri locali che ci aiutino sul piano organizzativo (fotocopiando e diffondendo materiale, organizzando pullman per venire a Roma, preparando striscioni, bandiere, cartelli…)
Con il sostegno economico che può moltiplicare le nostre possibilità.
Per qualsiasi informazione:
[www.marciaperlavita.it]
-
Le statistiche sono di difficile lettura, alcuni rappresentano un crollo europeo inarrestabile:
[vaticantabloid.blogspot.it]
Ad esempio, lo scorso anno, in tutta la Scozia, un solo nuovo sacerdote:
[www.lafedequotidiana.it]
E' invece certo che in Italia, a Bologna, nel 2015 zero nuovi sacerdoti:
[corrieredibologna.corriere.it]
Monsignor Camisasca, vescovo di Reggio Emilia individua le cause in modo acuto qui:
[www.sancarlo.org] . Ne tentiamo una “traduzione” in linguaggio corrente e meno diplomatico.
1. "Le ragioni del crollo delle vocazioni sono molte. Certamente non dobbiamo pensare che Dio chiami meno di un tempo. Dio chiama sempre, siamo noi che non lo ascoltiamo".
Se noi non ascoltiamo Dio, forse è perché non siamo più educati a farlo: ogni forma di spiritualità radicale è totalmente assente dalla vita della Chiesa d'oggi.
Infatti, negli Istituti di vita consacrata che si rifanno agli Esercizi Spirituali ignaziani, al Santo Rosario, alla schiavitù mariana e alle forme tradizionali di vita interiore, le vocazioni abbondano.
2. "Oggi ci sono meno giovani, ci sono più famiglie con un solo figlio, e questo fatto determina spesso uno sguardo molto possessivo da parte dei genitori".
Aprendo la porta ai divorziati, tollerando rapporti prematrimoniali, vergognandosi di predicare la castità, è ovvio che ci siano meno giovani.
3. "Viviamo poi in un contesto sociale in cui l’esperienza sacerdotale non è più apprezzata come un tempo".
Il sacerdote di oggi, molto spesso non eccelle in nessuna virtù cardinale o teologale rispetto ai fedeli.
Nei seminari si insegnano eresie di ogni specie.
E' generalmente ignorante (non solo di teologia), ovvero istruito dalla televisione.
Molto spesso, chiede di entrare in seminario chi non riesce negli studi o nella vita. Il guaio è che, purtroppo, tutti vengono accolti.
Sembra che la Chiesa faccia di tutto perché il sacerdote non sia apprezzato ma divenga, invece, l' “animatore pastorale” di una nuova religione basta sull'umanitarismo e il buonismo.
4. "Anche la vita del sacerdote è meno affascinante perché assediata da molti compiti e molti problemi".
La Santa Messa da decenni non è più la causa e il fine della vita sacerdotale.
Non si parla più nemmeno di Sacrificio Eucaristico.
Rileggendo la Redemptionis Sacramentum
[www.vatican.va] tutti possiamo vedere come qualche abuso liturgico sia presente ovunque.
Se i Sacramenti vengono trattati come carta igienica il sacerdote è inutile.
5. "Se vogliamo spezzare la catena di questa diminuzione delle vocazioni, dobbiamo mostrare vite sacerdotali affascinanti".
Gli esempi che il seminarista di oggi ha davanti a sé sono demoralizzanti: si fa di tutto per andare d'accordo con tutti, nulla per affermare che fuori dalla Chiesa non c'è salvezza.
I Vescovi del Piemonte hanno avuto addirittura da ridire sul Family Day.
Per trovare vite di Santi “vere”, non politicamente corrette né edulcorate, occorre andare nelle libreria antiquarie.
Gesù Cristo, Nostro Signore e Redentore, Ti supplichiamo che per il trionfo della Tua Santa Causa contro i suoi nemici e falsi amici, Tu voglia raggruppare i suoi fedeli, combattenti la buona battaglia, dispersi per il mondo, affinché si conoscano e si accordino nell’animo e nell’opera. Degnati fornire loro i mezzi materiali e morali, necessari ed opportuni a tale scopo. Ti preghiamo altresì che, secondo la Tua divina promessa, Tu sia sempre in mezzo a loro, benedicendoli in vita e in morte. E così sia.
Totustuus.it
-
FAMILY DAY: la fuorviante dichiarazione dei vescovi del Piemonte
(di Tommaso Scandroglio)
Dopo il placet del Cardinal Bagnasco al Family Day del prossimo 30 gennaio, molti vescovi hanno preso coraggio ed hanno benedetto tale iniziativa nata dalla base laicale. Ad esprimere appoggio è scesa in campo anche la Conferenza episcopale piemontese con un suo comunicato.
In esso c’è un passaggio assai critico. «Ribadiamo che tutte le unioni di coppie – si legge nel comunicato – comprese quelle omosessuali, non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia. Tenuto fermo questo principio, anche le unioni omosessuali, come tutte le unioni affettive di fatto, richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza». In breve: “matrimonio” gay no, ma unioni civili omosessuali sì. Peccato che il Magistero sia di avviso opposto in merito alla regolamentazione delle unioni omosessuali.
Il documento del 2003, Considerazione circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvato esplicitamente da Giovanni Paolo II infatti vieta che lo Stato possa legittimare qualsiasi convivenza omossessuale, conferendo ad essa forma legale e quindi elevandola ad istituto giuridico.
Il documento – concepito ad indirizzo di vescovi e politici cattolici – indica innanzitutto quali potrebbero essere gli atteggiamenti doverosi di costoro verso uno Stato che – attenzione – meramente tollera l’esistenza della convivenza omosessuale, ma non arriva a legittimarla: «smascherare l’uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso» (5).
Quando invece siamo di fronte ad uno Stato che dalla pura tolleranza passa al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali «è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva». Altro che auspicare come fanno i vescovi piemontesi «una regolamentazione chiara di diritti e doveri».
Il male non ha diritti, ma ha l’unico dovere di trasformarsi in bene. E dunque il dovere primo dei conviventi omosessuali è quello di sciogliere questo iniquo legame. Poi il documento spiega i motivi per cui è doveroso opporsi ad ogni forma di riconoscimento di unioni omosessuali: «le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso».
Riconoscerle «finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune» (6). Inoltre «esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana», né hanno in sé la caratteristica dell’amore complementare coniugale (7). Oltre a ciò «l’assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all’interno di queste unioni» (7). E dunque «tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale» (8). Da ciò consegue che «le unioni omosessuali (…) non esigono una specifica attenzione da parte dell’ordinamento giuridico, perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune» (9) e perciò «tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali» (109).
Da qui la conclusione del documento: «la Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. (…) Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità» (11). Quindi la nota della Conferenza episcopale piemontese è assolutamente in contrasto con le indicazioni dottrinali del Magistero.
-
Interris
IL MONDO ALLA ROVESCIA
di don Aldo Buonaiuto -
Apr 12, 2016
Ormai ne sentiamo di tutti i colori. Strasburgo ha solennemente rimproverato all’Italia di essere discriminante verso quei medici che praticano l’aborto; ora sono diventati loro i poverelli che mentre sopprimono la vita altrui piangono per tutelare il diritto di poterlo fare meglio. L’Europa è veramente così attenta e scrupolosa verso l’Italia nell’assicurare lo sterminio delle piccole creature rannicchiate nel grembo delle mamme, e invece di promuovere la crescita demografica del vecchio Paese lo bacchetta perché non rende più fluidi gli aborti.
-
L’Esortazione post-sinodale Amoris laetitia: prime riflessioni su un documento catastrofico
di Roberto de Mattei
Con l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, pubblicata l’8 aprile, Papa Francesco si è ufficialmente pronunciato sui problemi di morale coniugale di cui si discute da due anni.
Nel Concistoro del 20-21 febbraio 2014 Francesco aveva affidato al cardinale Kasper il compito di introdurre il dibattito su questo tema. La tesi del card. Kasper, secondo cui la Chiesa deve cambiare la sua prassi matrimoniale, ha costituito il leit motiv dei due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015 e costituisce oggi il cardine dell’esortazione di Papa Francesco.
Nel corso di questi due anni, illustri cardinali, vescovi, teologi e filosofi sono intervenuti nel dibattito per dimostrare che tra la dottrina e la prassi della Chiesa deve esistere un’intima coerenza. La pastorale infatti si fonda sulla dottrina dogmatica e morale. «Non vi può essere pastorale che sia in disarmonia con le verità della Chiesa e con la sua morale, e in contrasto con le sue leggi, e non sia orientata al raggiungimento dell’ideale della vita cristiana!» ha rilevato il cardinale Velasio De Paolis, nella sua Prolusione al Tribunale Ecclesiastico Umbro del 27 marzo 2014. L’idea di staccare il Magistero da una prassi pastorale, che potrebbe evolvere secondo le circostanze, le mode e le passioni, secondo il cardinale Sarah, «è una forma di eresia, una pericolosa patologia schizofrenica» (La Stampa, 24 febbraio 2015).
Nelle settimane che hanno preceduto l’Esortazione post-sinodale, si sono moltiplicati gli interventi pubblici e privati di cardinali e vescovi presso il Papa, al fine di scongiurare la promulgazione di un documento zeppo di errori, rilevati dai numerosissimi emendamenti che la Congregazione per la Dottrina dalla Fede ha fatto alla bozza. Francesco non è arretrato, ma sembra aver affidato l’ultima riscrittura dell’Esortazione, o almeno di alcuni suoi passaggi chiave, alle mani di teologi di sua fiducia, che hanno tentato di reinterpretare san Tommaso alla luce della dialettica hegeliana. Ne è uscito un testo che non è ambiguo, ma chiaro, nella sua indeterminatezza. La teologia della prassi esclude infatti ogni affermazione dottrinale, lasciando che sia la storia a tracciare la linee di condotta degli atti umani. Per questo, come afferma Francesco, «è comprensibile» che, sul tema cruciale dei divorziati risposati, «(…) non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi» (§300). Se si è convinti che i cristiani, nel loro comportamento, non devono conformarsi a princìpi assoluti, ma porsi in ascolto dei «segni dei tempi», sarebbe contradditorio formulare regole di qualsiasi genere.
Tutti aspettavano la risposta a una domanda di fondo: coloro che, dopo un primo matrimonio, si risposano civilmente, possono accostarsi al sacramento dell’Eucarestia? A questa domanda la Chiesa ha sempre risposto categoricamente di no. I divorziati risposati non possono ricevere la comunione perché la loro condizione di vita contraddice oggettivamente la verità naturale e cristiana sul matrimonio significata e attuata dall’Eucaristia (Familiaris Consortio, § 84).
La risposta dell’Esortazione postsinodale è invece: in linea generale no, ma «in certi casi» sì (§305, nota 351). I divorziati risposati infatti devono essere «integrati» e non esclusi (§299). La loro integrazione «può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate» (§ 299), senza escludere la disciplina sacramentale (§ 336).
Il dato di fatto è questo: la proibizione di accostarsi alla comunione per i divorziati risposati non è più assoluta. Il Papa non autorizza, come regola generale, la comunione ai divorziati, ma neanche la proibisce. «Qui – aveva sottolineato il card. Caffarra contro Kasper – si tocca la dottrina. Inevitabilmente. Si può anche dire che non lo si fa, ma lo si fa. Non solo. Si introduce una consuetudine che a lungo andare determina questa idea nel popolo non solo cristiano: non esiste nessun matrimonio assolutamente indissolubile. E questo è certamente contro la volontà del Signore. Non c’è dubbio alcuno su questo» (Intervista a Il Foglio, 15 marzo 2014).
Per la teologia della prassi non contano le regole, ma i casi concreti. E ciò che non è possibile in astratto, è possibile in concreto. Ma, come bene ha osservato il cardinale Burke: «Se la Chiesa permettesse la ricezione dei sacramenti (anche in un solo caso) a una persona che si trova in un’unione irregolare, significherebbe che o il matrimonio non è indissolubile e così la persona non sta vivendo in uno stato di adulterio, o che la santa comunione non è comunione nel corpo e sangue di Cristo, che invece necessita la retta disposizione della persona, cioè il pentimento di grave peccato e la ferma risoluzione di non peccare più» (Intervista ad Alessandro Gnocchi su Il Foglio, 14 ottobre 2014).
Inoltre l’eccezione è destinata a diventare una regola, perché il criterio dell’accesso alla comunione è lasciato in Amoris laetitia, al “discernimento personale” dei singoli. Il discernimento avviene attraverso «il colloquio col sacerdote, in foro interno» (§300), “caso per caso”. Ma quali saranno i pastori di anime che oseranno vietare l’accesso all’Eucarestia, se «il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare» (§308) e se bisogna «integrare tutti» (§297), e «valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio» (§292)? I pastori che volessero richiamare i comandamenti della Chiesa, rischierebbero di comportarsi, secondo l’Esortazione, «come controllori della grazia e non come facilitatori» (§310). «Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa “per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”» (§305).
Questo inedito linguaggio, più duro della durezza di cuore che rimprovera ai “controllori della grazia”, è il tratto distintivo dell’Amoris laetitia che, non a caso, nella conferenza stampa dell’8 aprile, il cardinale Schönborn ha definito «un evento linguistico». «La mia grande gioia per questo documento», ha detto il cardinale di Vienna, sta nel fatto che esso «coerentemente supera l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra regolare e irregolare». Il linguaggio, come sempre, esprime un contenuto. Le situazioni che l’Esortazione post-sinodale definisce «cosiddette irregolari» sono quelle dell’adulterio pubblico e delle convivenze extramatrimoniali. Per la Amoris laetitia esse realizzano l’ideale del matrimonio cristiano, sia pure «in modo parziale e analogo» (§292). «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (§305), «in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti» (nota 351).
[segue]
-
Alzheimer spirituale alla Don Abbondio
di Giorgio Nadali
La Chiesa è malata di Alzheimer spirituale. Ipse dixit. Sono parole di papa Bergoglio.
La malattia della faccia funerea riguarda le persone «burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza». Secondo papa Francesco «la severità teatrale e il pessimismo sterile sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia…».
Accade anche che per difendere il valore della vita umana dal concepimento, gli insegnanti di religione vengano attaccati dal “fuoco amico” della propria Curia che dovrebbe piuttosto difenderne lo sforzo quotidiano in prima linea in un ambiente potenzialmente ostile e ad alta percentuale laicista.
Il docente di religione è infatti – soprattutto nei grandi centri urbani, in primo luogo nel Nord Italia – come un simbolo dell’ingerenza della Chiesa Cattolica nella laicità dello Stato.
Lo è almeno per quel settantacinque percento di docenti di estrazione ideologica e politica laicista che operano nella scuola italiana.
La Curia malata di Alzheimer spirituale preferisce sacrificare un docente piuttosto che esporsi nella sua difesa, entrando in rotta di collisione con il mondo.
È la scelta del Don Abbondio di manzoniana memoria.
L’insegnante di religione parla – o almeno, parlava – di bioetica, di difesa della vita umana. Parlava, perché dallo scorso novembre i venticinquemila insegnanti di religione si guarderanno bene dall’esporsi nel trattare una tematica così delicata e che facilmente fa vibrare le corde dell’orgoglio laicista, insieme alla questione del gender.
Una questione che fa perdere il posto di lavoro per volontà della Curia.
“La verità non va taciuta ne detta a metà ne ammorbidita”, tuonava con voce stentorea San Giovanni Paolo II.
“Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore”, ricorda papa Francesco.
Accade dunque che in ottobre l’insegnante di religione, verso il termine della lezione di bioetica chieda ai suoi nove alunni sedicenni, di cui quattro ragazze, se vogliano rendersi conto perché la chiesa ritenga l’interruzione volontaria di gravidanza un abominevole delitto.
La legge 194 prevede che quando la donna è minorenne (art. 12), per interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni sia necessario il consenso di entrambi i genitori o di chi esercita la tutela. Tuttavia, quando per vari motivi ciò non sia possibile, il giudice tutelare può dare il consenso all’interruzione della gravidanza.
Inoltre in Italia l’età del consenso per disporre validamente della propria libertà sessuale è fissata a 14 anni.
Ottenuto dunque il consenso entusiasta dei suoi alunni, il docente mostra con un piccolo lettore dvd posto su un banco, il vecchio video “L’urlo silenzioso” (1984) del medico americano Bernard Nathanson – ex abortista convinto – che mostra la realtà di un aborto eseguito con il metodo Karman in ecografia, quello più usato (64%) tuttora in Italia, secondo i dati del Ministero della Salute.
L’articolo 33 della Costituzione Italiana ricorda che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Da questo principio deriva la libertà didattica di chi insegna. Le finalità e gli obiettivi dell’azione educativa dei docenti sono sì stabiliti normativamente: nelle leggi statali e regionali, nei programmi, nelle circolari e regolamenti applicativi, scendendo sempre più in dettaglio fino ai documenti programmatici del singolo Istituto scolastico.
Ma questa quantità di disposizioni e indicazioni, proprio per l’art. 33, non può imporre ai docenti l’adozione di un preciso metodo d’insegnamento. Il “come”, cioè con quale metodologia specifica realizzare gli obiettivi dell’insegnamento stabiliti dalle norme, è lasciato alla libertà dei docenti: vale a dire alla loro ricerca didattica, alla loro scelta consapevole e quindi alla loro responsabilità personale, comprendenti anche l’utilizzo di foto e riprese filmiche rientranti nell’ambito sopra specificato dalla Direttiva n.104 del 30 novembre 2007 del Ministro della Pubblica Istruzione.
Un video non particolarmente impressionante per adolescenti abituati a vedere ben di peggio. I genitori con l’adesione all’ora di religione automaticamente autorizzano il docente ad adottare i mezzi per che ritiene più opportuni per la sua didattica.
Il video era usato da molti docenti di religione e ora non verrà mai più usato da nessuno per paura.
Tuttavia i genitori di quei nove alunni – su un totale di novanta alunni soddisfatti del suo insegnamento – senza neppure consultare il docente “incriminato” scrivono subito alla Curia e al Preside e ottengono un immediato procedimento di revoca dell’idoneità all’insegnamento della religione cattolica al docente, dopo ventisei anni di servizio (e dieci libri pubblicati). La motivazione sarà poi quella di carenza di abilità didattica e pedagogica.
Una vittoria totale del fronte laicista col plauso della Curia, disposta piuttosto a far dubitare delle sue qualità intellettuali, dato che si “accorge” della carenza dopo ventisei anni, per giunta legandola solo a singoli episodi di intolleranza laicista, senza aver verificato tecnicamente la capacità di insegnamento.
Qualcuno ha voluto dare un segnale, tanto è vero che è stata apposta avvisata la stampa e in primis il laicissimo quotidiano “Repubblica”. Il risultato è prevedibile.
Un docente sacrificato e venticinquemila “ammoniti” a non permettersi di trattare ancora del tema del “sacro laico” aborto.
Come è possibile?
È ancora lo stesso Pontefice a rispondere indirettamente – parlando delle Curie. Negli stessi giorni un cui si consumava la vicenda scriveva della loro «schizofrenia esistenziale» definita come «la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete».
Una giustizia a doppio senso.
La stessa Curia era stata coinvolta due settimane prima nello “scandalo” di aver inviato una lettera riservata a tutti i seimila docenti di religione della diocesi, chiedendo si segnalare iniziative pro gender nelle scuole.
Anche qui la cosa finì sui giornali e l’iniziativa fu subito ritirata con le scuse pubbliche dello stesso Arcivescovo, quello della più grande diocesi del mondo.
Quando invece fu uno dei suoi docenti ad essere attaccato, la reazione è stata ben diversa. Forte con i deboli e debole con i forti.
Ancora Alzheimer spirituale?
Sì, secondo Bergoglio. «Una Curia che non fa autocritica… che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo».
In sostanza il male è quello di una Chiesa che si piega al mondo per paura o convenienza e perde così la sua funzione profetica, avendo terrore dell’ultima beatitudine: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11).
Il primo papa disse: “se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate” (1 Pt 3,14).
Quello attuale lamenta l’«impietrimento» mentale e spirituale.
Riguarda quelli che «perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando “macchine di pratiche” e non uomini di Dio».
La Curia vuole vivere tranquilla.
Non importa il motivo delle lamentele.
La notizia della Curia Don Abbondio ha fatto il giro del mondo, ma d’altra parte “il coraggio uno non se lo può dare”.