il Foglio
Le femministe multiculturali in silenzio sui crimini sessuali del califfo. “L’abbandono delle donne nell’islam”
di Giulio Meotti | 29 Maggio 2015 ore 06:18
Dopo aver attaccato un villaggio, lo Stato islamico separa le donne dagli uomini, giustiziando questi ultimi e i bambini sopra i quattordici anni. Le donne sono denudate e dopo un test di verginità, sono classificate in base a bellezza e dimensioni del seno. Quelle considerate più belle vengono inviate a Raqqa con i prezzi più alti”. Così parla Zainab Bangura, rappresentante Onu per i crimini sessuali in guerra, nel denunciare le atrocità sessuali dello Stato islamico. Nelle mani dei terroristi islamici ci sono cinquemila donne, in gran parte della minoranza sincretista yazida. Gli sceicchi hanno la prima scelta, poi vengono gli emiri e infine i manovali del jihad. “Abbiamo sentito di una ragazza di vent’anni bruciata viva perché si è rifiutata di compiere un atto sessuale estremo”. Si cambia paese, Nigeria, ma la scena si ripete. Stavolta sono le “ragazze di Chibok” che scatenarono la flebile mobilitazione su Twitter della first lady Michelle Obama. Come racconta il New York Times, le ragazzine vengono unite in matrimonio ai terroristi di Boko Haram. “Si sforzano di fecondare le donne”, denuncia il governatore di Borno, Kashim Shettima. “Alcuni pregano prima dell’accoppiamento, offrendo suppliche ad Allah per riuscire ad avere dei bambini che erediteranno la loro ideologia”.