Avvenire 30 agosto 2012
La grave sentenza di Strasburgo
Mors tua salus mea?
Una sentenza provvisoria, quella della Corte di Strasburgo sull’ammissibilità della selezione eugenetica degli embrioni umani mediante diagnosi preimpianto, ma comunque destinata a lasciare un segno scuro nella giurisprudenza europea. Conferma, infatti, che non pochi giuristi si sono orientati a imboccare la china dei "passi indietro" nella storia del riconoscimento, della tutela e della promozione dei diritti di ciascun uomo e di tutti gli abitanti del Vecchio Continente. Non solo per gli aspetti su cui hanno già disquisito diversi commentatori: la denuncia della (presunta) incongruenza tra due leggi dell’Italia, uno dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa (e dunque firmatari della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), che riguardano la vita umana prenatale; le ripercussioni che il pronunciamento potrebbe avere, se confermato, sulla normativa italiana e di altri Paesi dell’Unione; e la contraddizione di principio giuridico tra questo giudizio e quello espresso lo scorso anno dalla Corte di Giustizia europea sulla non brevettabilità dell’embrione umano. Aspetti rilevanti, sui quali è giusto riflettere giuridicamente e politicamente. Ma ce n’è ancora un altro, dagli effetti dirompenti eppure quasi inosservato.