Commento al Vangelo – II domenica del Tempo Comune
"Incontriamo il Messia"
La semplicità con cui il Battista ha indirizzato i suoi discepoli a Gesù; l’infiammato zelo di Andrea e Giovanni nell’incontrare il Redentore; Simon Pietro, magnifico frutto di questo apostolato...Nel Vangelo di questa domenica troviamo il paradigma dell’azione evangelizzatrice per tutti i tempi.
di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
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35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?". 39 Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)" (Gv 1, 35-42).
I – Tutti siamo chiamati a evangelizzare
Dio vuole che "tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della Verità" (1 Tim 2, 4). A questo scopo, Gesù ha creato la Chiesa, istituzione essenzialmente missionaria e apostolica, che, nel corso dei secoli, è andata a compiere in crescendo questa grandiosa missione. Egli stesso ci ha detto: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).
Il richiamo all’apostolato non è privilegio esclusivo dei religiosi. Esso si estende anche ai laici, come ci insegna il Concilio Vaticano II:
"L’apostolato dei laici, infatti, derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa. La stessa sacra Scrittura mostra abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa fosse tale attività ai primordi della Chiesa.
I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato diventi ancora più intenso ed esteso. Infatti l’aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell’apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche provocato problemi nuovi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo.
Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l’autonomia di molti settori della vita umana si è assai accresciuta, com’è giusto; ma talora ciò è avvenuto con un certo distacco dall’ordine etico e religioso e con grave pericolo per la vita cristiana. Inoltre in molte regioni, in cui i sacerdoti sono assai pochi, oppure, come talvolta avviene, vengono privati della dovuta libertà di ministero, senza l’opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e operante.
Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l’evidente intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa" (1).
In modo non meno incisivo del Concilio Vaticano II, il Dottor Angelico mette in risalto questa responsabilità dei laici, specialmente nelle situazioni di crisi di religiosità: "Quando la fede si trova in pericolo, tutti sono obbligati a propagarla fra gli altri, sia istruendoli e confermandoli, sia reprimendo e contrastando gli attacchi dei nemici" (2).
Già, Pio XII, a suo tempo, condannava l’inazione in materia di apostolato: "Il Papa deve, nella sua posizione, vigilare incessantemente, pregare, e con prodigalità, affinché il lupo non finisca per penetrare nel recinto per rubare e disperdere il gregge (...). i collaboratori del Papa nel governo della Chiesa fanno tutto quanto è nelle loro possibilità. Ma questo oggi non basta; tutti i fedeli di buona volontà devono risvegliarsi dal letargo e sentire la parte di responsabilità che compete loro per il buon esito di questa opera di salvezza" (3).
In sintesi, la nostra vita interiore esige – nella ricerca della sua più completa perfezione – che aiutiamo tutti coloro che si trovino alla portata della nostra attività apostolica, al fine di incamminarli nel seno della Chiesa.
Questa magnifica opera evangelizzatrice ha il suo paradigma nella Liturgia di oggi.