Commento al Vangelo della XXXI domenica del Tempo Comune
Il lievito farisaico
"Voi avete per padre, il diavolo..." (Gv 8, 44)
Così come la santità contiene tutte le virtù, il fariseismo – per così dire – abbraccia tutti i peccati. Per proteggerci dal "lievito dei farisei", male di tutte le epoche, Gesù lancia contro di loro un’invettiva implacabile, arrivando al punto di chiamarli "figli del diavolo".
di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
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Vangelo
1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2 "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato (Mt 23, 1-12).
I – Odio dei farisei contro Gesù
Il demonio in origine era un angelo, puro spirito creato da Dio nella verità. In questa egli si comportava in stato di prova, che consisteva nel restituire al Creatore l’essere, i doni e le qualità da Lui ricevuti, prestandogli un giusto culto di latria. Ad un certo momento, quest’angelo di luce ha deciso di abbandonare, per libera volontà, questo cammino, penetrando nelle tenebre della morte, del peccato e della falsità. È stato lui a fare il primo passo nella rottura con l’ordine dell’universo e, soprattutto, con lo stesso Dio, comandando l’opposizione contro il Supremo Legislatore. Si è ribellato ed ha respinto l’invito ad essere luce in Dio, per diventare menzogna lui stesso; per pura presunzione, ha voluto essere Dio lui stesso, smettendo di esserlo per partecipazione; ha preferito l’adorazione della sua natura tratta dal nulla, per ottenere così l’eterno disprezzo di Dio.
Questo è il diavolo! E i farisei sono i suoi figli, secondo quanto afferma la voce infallibile di Gesù.
Antagonismo tra Gesù e i farisei
I vangeli sono imbevuti da cima a fondo di una radicale opposizione tra Gesù e i farisei. Questo antagonismo ha inizio già con il Precursore, tanto ricercato dai giudei per aver egli fama di santità e di profetismo. Così Giovanni Battista ha trattato i farisei ( come anche i sadducei), prima ancora della comparsa del Messia: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? Non crediate di potervi giustificare interiormente, dicendo: Abbiamo Abramo per padre" (Mt 3, 7-9).
Da parte sua, lo stesso Gesù – nel dichiarare i parametri, le dottrine e i fini apostolici dell’azione che da Lui sarebbe stata svolta – ha reso manifesta l’impossibilità di un avvicinamento o di un’armonia con i farisei. Il sermone delle beatitudini (1) colloca in equilibrio chiaro e definito i principi etico-morali adottati da Gesù, nella loro grande maggioranza in contrapposizione a quelli dei farisei. Saremmo veramente ingenui se pensassimo che è stata solo l’invidia la causa dell’odio deicida dei farisei contro il nostro Redentore. Certo, questo vizio capitale avrà potuto concorrere come una delle componenti della furia demolitrice, ma il dissenso ha avuto come base due concezioni differenti, addirittura alternative, di carattere religioso-politico.
Egolatri e approfittatori, i farisei rifiutano Dio
I farisei avevano ridotto la religione a una scrupolosa osservanza di microprecetti, a scapito della pratica della vera Legge: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del *censura*ìno e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. (...) Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!" (Mt 23, 23-24). Questo succedeva, tra le altre ragioni, anche a causa della grande presunzione nella quale erano immersi, come è facile notare nella parabola del fariseo e del pubblicano, narrata da Gesù riferendosi ad "alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri" (Cfr Lc 18, 9-14). Ad essi non era estranea nemmeno l’avarizia. Per farci un’idea approssimativa di questo fondo di cattiveria, basti ricordare la parabola dell’amministratore infedele, alla fine della quale l’Evangelista ci racconta: "I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui. Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio" (Lc 16, 14-15). Per essersi posti al centro delle loro stesse preoccupazioni, per essere essi egolatri e pertanto, per aver voltato le spalle a Dio, abusavano dei poteri spirituali, approfittandone per accumulare beni materiali.
Questo rifiuto di Dio, che è così fortemente recriminato da Gesù, costituisce uno dei grandi peccati dei farisei: "So che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste" (Gv 5, 42-43). Poiché essi non praticano l’amore a Dio, non lo esercitano neppure in relazione al prossimo: "Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa" (Mt 12, 7). Questa carenza di bontà dei farisei traspare più ancora nella parabola del buon samaritano, nella quale il levita e il sacerdote sono condannati per la mancanza di misericordia verso il loro fratello, mentre il samaritano viene indicato come modello da seguire: "Va’ e fa’ anche tu lo stesso" (Lc 10, 30-37).
Invettive di Gesù
Le discussioni di Gesù con i farisei sono diventate via via sempre più tese fino ad assumere il carattere di censure vere e proprie. Egli li condanna in forma violenta, chiamandoli figli del diavolo e imitatori del loro padre, omicidi e ladri, vipere e varie volte ipocriti (2). Per quanto riguarda quest’ultimo appellativo e più specificatamente le recriminazioni riportate nel capitolo 23 di Matteo, alcuni esegeti arrivano a definirle come il sermone delle otto maledizioni, in contrapposizione alle otto beatitudini. Secondo questi esegeti, con un sermone Matteo apre, nel suo Vangelo, la narrazione della vita pubblica di Gesù, e con l’altro la chiude.
In ogni occasione Gesù fa cadere i farisei in contraddizione con sé stessi a proposito delle loro attitudini e delle loro dottrine. D’altronde, succede sempre che, nel momento in cui Dio smette di essere il centro delle preoccupazioni, dei pensieri e delle azioni di un singolo o di un gruppo sociale, non tardano a sorgere le contraddizioni, perché quando manca la premessa maggiore, è compromessa la sostanza del sillogismo. Sarebbe troppo lungo ricordare ad uno ad uno tutti gli scontri di Gesù con i farisei. È sufficiente rievocare il caso della guarigione di un idropico nel giorno di sabato, a casa di uno di loro. Gesù lancia contro di essi un’invettiva: "Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?" (Lc 14, 5).
Questo atteggiamento così categorico e perentorio di Gesù contro i farisei ha un suo solido fondamento, se si considera che essi erano veri lupi travestiti da pastori. Non si stancavano mai di calunniare il Signore, manifestandoGli in ogni occasione una forte antipatia. Lo accusavano di essere posseduto dal demonio, di lasciarsi coinvolgere da persone di malaffare, di infrangere la legge del sabato, ecc. Inoltre, erano sempre pronti ad alterare i fatti e le parole da Lui proferite, come è successo, per esempio, nell’episodio dell’espulsione del demonio che aveva reso sordomuto un povero uomo; in questa occasione lo hanno calunniato, affermando che lo aveva esorcizzato e guarito in virtù del potere di Belzebú (3).
Furia dei farisei
Questa opposizione, latente all’inizio, è diventata via via sempre più manifesta, categorica e pubblica, al punto da produrre una scissione nell’opinione pubblica del popolo giudaico. Da un lato, la maggioranza si chiedeva se di fatto Gesù non fosse davvero il Messia, ritenendo impossibile che qualcuno fosse in grado di realizzare più miracoli di Lui (4). Dall’altro, questo crescente mormorio, tra la gente, ha portato i farisei ad appoggiare i capi dei sacerdoti quando questi hanno decretato di imprigionare il Salvatore. Intanto, le stesse guardie affermavano: "Nessun uomo mai ha parlato come quest’uomo", e non hanno voluto catturarlo (Gv 7, 46).
Se l’odio dei farisei contro Gesù si manifesta tanto radicale alla fine del settimo capitolo del Vangelo di San Giovanni, al termine dell’ottavo esso è ancora più drastico: "Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio". (Gv 8, 59). Nel capitolo seguente, dopo la guarigione di un cieco, i farisei, furenti, gettano quest’ultimo fuori dalla sinagoga, insultandolo e accusandolo di essere discepolo di Gesù. Il capitolo 10 ci riferisce di un nuovo vano tentativo di catturare il Signore. Il punto culminante di questa collera si verifica dopo la resurrezione di Lazzaro: "Da quel giorno dunque decisero di ucciderLo" (Gv 11, 53).
Si direbbe che, crocifiggendo Gesù, sarebbero stati finalmente soddisfatti. Ma così non fu. I capi dei sacerdoti e i farisei pretesero da Pilato una stretta vigilanza presso il sepolcro, al fine di evitare che venisse rubato il corpo di Gesù, e, a seguire, sigillarono la pietra del sepolcro, lasciando lì due guardie.
Nelle sue linee generali, questa è la realtà dell’odio dei farisei contro il Divino Maestro, che è indispensabile tener ben presente per poter analizzare il Vangelo di oggi.