Commento al Vangelo della 29ª domenica del tempo ordinario
Dare a Cesare, o dare a Dio?
Vivendo in armonia e cooperazione, la società temporale e quella spirituale offrono le condizioni per il vero progresso umano.
João Scognamiglio Clá Dias, E. P.
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
[www.salvamiregina.it]
L’uomo è stato creato da Dio per vivere in società, sotto due autorità: temporale e spirituale. Quale deve essere la sua attitudine verso l’una e l’altra? Ecco il tema del Vangelo della ventinovesima domenica del tempo ordinario.
"Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?". Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22, 15-21).
Non esiste una situazione estatica nella vita morale
La nostra vita morale si trova sempre in movimento. In altre parole, nella scala di valori tra l’estremo del bene e l’estremo del male, nessuno resta fermo in un grado determinato. Tutti stiamo in qualche modo camminando, anche se molto lentamente e impercettibilmente, in direzione di uno dei poli, o imbarazzati in un via vai continuo. Ci sono, anche, accelerazioni verso una direzione o l’altra, risultanti da un grande atto di virtù o da un gravissimo peccato. In questa scala, pertanto, il movimento è costante, come sottolineano numerosi teologi.
Ora, davanti al Figlio dell’Uomo, questo fenomeno si è verificato in forma intensa nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la grazia di conoscerLo e, più ancora, di convivere con Lui. Maria Santissima non ha fatto che ascendere in ogni istante nella sua già così alta unione con Dio. In contropartita, gli avversari di Gesù crebbero in modo continuo nell’odio verso di Lui.
I farisei giunsero a un grande grado d’indignazione udendo dalle labbra del Divino Maestro parabole allo stesso tempo severissime e di chiara applicazione su di loro, come quella dei vignaioli omicidi, e quella della festa di nozze, come narra il Vangelo:
"Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta" (Mt 21, 45-46).
È stata questa la circostanza che li ha portati a riunirsi urgentemente in consiglio. Questo stesso episodio è menzionato in altri termini da San Marco (Mc. 12, 12-13).
Tanto dalla narrazione dell’uno, quanto da quella dell’altro evangelista, è chiaro il dilemma nel quale si trovavano i farisei. Da un lato, desideravano catturare Gesù per ammazzarLo. Dall’altro, era loro impossibile agire in questo senso, poiché i miracoli, le parole e la stessa figura del Divino Maestro scuotevano il popolo, che non Lo abbandonava nemmeno un istante. Come realizzare questo orrendo crimine contro uno costantemente attorniato di fedeli? CatturarLo nel silenzio della notte, in forma inattesa, seria o ideale, ma anche impossibile, visto che il Redentore non dava mai loro l’opportunità di sapere dove Egli sarebbe stato dopo il calar del sole.