Don Robert Skrzypczak, Karol Wojtyła al Concilio Vaticano II. La storia e i documenti, , Fede & Cultura, 2011, pp. 448, € 35.
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Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo le pp. 7-15 del 1° capitolo
Il Collegio Pio Latino Americano in via Aurelia a Roma vanta una bellissima biblioteca con una ricca collezione di libri, stampe e riviste.
A tre giorni dal conclave, mercoledì 11 ottobre 1978, quel luogo attirava l’attenzione di molti cardinali. Si chinavano sui documenti e, sfogliandone le pagine, rievocavano i grandi temi d’attualità di cui era vissuto il mondo cattolico ai tempi del Concilio Vaticano II, conclusosi ormai da tredici anni. Si parlava del bisogno di una Chiesa molto più biblica e meno clericale; di una fede che potesse diventare un incontro più personale con Dio anziché una sintesi dei testi sacri. Le grandi sfide del mondo contemporaneo: il comunismo e l’ateismo come il relativismo morale, pretendevano dalla Chiesa, consapevole della propria identità e missione, una risposta coerente; oltre a tutto, nel moderno dopoguerra non ci si aspettava dal cristianesimo un atteggiamento moralistico o un potere autoritario bensì un messaggio evangelico che sapesse spiegare all’uomo il suo destino e illuminare la sua esperienza.
Tutti questi testi, letti e riletti con dovuta concentrazione dai presuli in visita a quella singolare mostra, risalivano ad uno di loro – il cui nome veniva pronunciato sempre più spesso nei colloqui di corridoio, fra i commenti, battute e prove pre-elettive –: Karol Wojty
ła. Erano i testi dei suoi interventi tenuti durante le sedute plenarie del Concilio. A qualcuno dei visitatori, forse, veniva spontaneo chiedersi come mai un uomo del genere si fosse perso nella congerie dei resoconti e studi postconciliari. La mostra era stata voluta ed organizzata da due porporati che portavano singolari cognomi: il cardinale Franz König di Vienna e il cardinale John Krol di Philadelphia. Era stata per caso quella circostanza, in apparenza di poco conto, che sembrava configurare un «corteo regale»[1] che avrebbe portato l’arcivescovo di Cracovia alla dignità di Successore di san Pietro, e avrebbe arricchito la Chiesa per molti anni di uno dei più straordinari papi moderni?
Karol Wojtyła quale Padre del Concilio Vaticano II è tuttora poco conosciuto[2]. Vi è un gran numero di pubblicazioni sulla vita e le opere di questo personaggio, conosciuto successivamente con il nome di Giovanni Paolo II; tuttavia manca un adeguato studio sul periodo della sua effettiva partecipazione ai lavori della più grande assemblea dei Pastori della Chiesa Cattolica nel XX secolo. Le biografie del Santo Padre, anche le più dettagliate, vi dedicano a malapena alcune pagine nel tentativo di riempire le lacune che emergono tra due importanti tappe della vita di Giovanni Paolo II: la sua polacca «maturazione» alle dignità ecclesiastiche, e quello che ha inaugurato il giorno 16 ottobre 1978[3]. Nessuno, fino ad ora, aveva tentato di misurarsi con la totalità del contributo apportato ai dibattiti del Vaticano II da parte dell’arcivescovo di Cracovia, e ciò fa sembrare l’esperienza della sua partecipazione ai discorsi conciliari solamente un «episodio».
La presente antologia di tutti gli interventi di Karol Wojtyła al servizio del Concilio, sia orali sia messi per iscritto, esposta nella seconda parte del saggio, è alla sua primissima edizione. Essa viene anche pubblicata in polacco con il testo latino a fronte. Il latino era allora la lingua ufficiale della Chiesa, lo usavano i Padri conciliari per comunicare fra di loro, il polacco invece era il modo con il quale pensava la mente e sentiva il cuore del Pastore di Cracovia. Credo, che integrare la biografia di Giovanni Paolo II con la più ampia presentazione del suo impegno conciliare, non esaurisca l’importanza di questa pubblicazione.