Arturo Ruiz Freites, Mabel e la morte. L’eutanasia (EDIVI, Segni 2011), di prossima apparizione.
SULLA “DICHIARAZIONE ANTICIPATA DI TRATTAMENTO (DAT)”
Estratto dal libro, per gentile concessione dell'autore.
II.II.8.2. Dichiarazione anticipata di trattamento (DAT) ed il cosiddetto “testamento biologico”
La “dichiarazione anticipata di trattamento” (DAT), antecedente e per iscritto, avente un oggetto entro i limiti morali, non sarebbe di per sé illecita. Anche se, come indichiamo più avanti (1), sono molto discutibili la sua convenienza e la sua prudenzialità, soprattutto in certe circostanze culturali e politiche, particolarmente quando non si garantisce che non si offrirà in qualche modo la possibilità e l’occasione di leggi e pratiche eutanasiche – nell’immediato o in un futuro più o meno prossimo, una volta che si è aperta alle maggioranze numeriche la possibilità di dettare legge su di un oggetto così delicato ed importante, confinante con il divino, in un modo così volubile e contingente –.
Il problema grave sorge quando, infatti, la si vuole imporre come “diritto” di dichiarazione senza limite morale e di conseguenza senza limite legale né per il paziente né per gli eventuali responsabili, parenti o agenti sanitari. Di fatto ciò viene promosso da tanti con questo scopo immorale e contrastante con la cultura umanista e cristiana dei nostri popoli, mettendo in atto una illegittima rivoluzione culturale mossa dagli interessi politici ed economici che abbiamo indicato.
Accettare di legiferare in materia deve presupporre un contesto che eviti che la legge, sottomessa a una volontà di maggioranze senza regole, permetta di entrare nell’ambito indisponibile della vita, come ad esempio un articolo costituzionale che indichi, appunto, l’inviolabilità della vita umana e di conseguenza l’indisponibilità all’intervento umano su di essa dal concepimento fino al suo termine naturale. E quanto più si rinforza in conformità con l’etica il limite legale fondamentale per garantire la saldezza di un retto ordinamento legale secondario in materia tanto grave, data la malizia della rivoluzione culturale all’attacco contro l’integrità degli uomini, meglio è.
Occorre ancora precisare che la terminologia “testamento biologico” è di per sé abusiva, perché indicativa di una disponibilità della vita anche in ambito indisponibile, giacché si fa “testamento” dei beni disponibili, non della propria vita. Perciò è evidente l’ambigua malizia, di fatto, delle campagne per promuovere leggi di libero “testamento biologico”. È preferibile, per evitare le ambiguità, se si vuole dire ciò che è lecito, parlare piuttosto di “volontà o dichiarazione anticipata di trattamento”.
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