"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SCIENZA (divina): scienza è la cognizione delle cose secondo la loro causa. Tale è la perfetta cognizione intellettiva e in questo senso si attribuisce a Dio.
La divina Rivelazione esalta la sapienza di Dio: S. Paolo ne raccoglie le più antiche testimonianze in quel grido (Rom. 11, 33): «O sublimità di ricchezze della sapienza e della scienza di Dio!». La Chiesa definisce (Conc. Vat., sess. 3, c. 1; DB. 1782) che Dio è dotato di un intelletto infinito. Il concetto dell'onniscienza divina è familiare a tutta la tradizione. Ragioni: a) l'intellettualità è la più alta perfezione della creatura umana e angelica: ora le perfezioni create devono essere in Dio in modo eminente (v. Analogia); b) l'ordine e le finalità del cosmo rivelano una Causa intelligente; c) l'intellettualità e quindi la scienza sono proprietà connaturali di ogni ente spirituale: conoscere significa ricevere in sé intenzionalmente le forme delle cose esterne senza alterare o perdere la forma propria: questo è possibile solo allo spirito, che, rimanendo identico a se stesso, è capace, dice Aristotile, di diventare tutte le cose conoscendole. Essendo Dio sommamente spirituale è intelligente in modo supremo; anzi per la sua semplicità (v. questa voce) il suo intelletto e la sua conoscenza s'identificano con la sua essenza: Dio è il suo stesso conoscere e però la sua scienza è perfettissima, infinita come la sua natura. Dio conosce anzitutto se stesso (oggetto primarie), poi tutte le creature presenti, passate e future possibili e reali. Gli Scolastici distinguono: scientia visionis (per le cose reali); scientia simplicis intelligentiae (per le cose possibili). I Molinisti aggiungono la scientia media (v. Molinismo e Prescienza).
Sul modo di conoscere le creature i Teologi discutono; la migliore opinione è quella che sostiene la cognizione mediata: Dio conoscendo perfettamente la sua essenza conosce in essa anche tutte le cose reali e possibili, che sono imitazioni attuate o attuabili dell'essenza divina. Se Dio conoscesse le cose direttamente, fuori di se stesso, allora le cose attuerebbero in certo modo l'intelletto divino, il che ripugna. Conoscendo tutto con un atto semplicissimo, che s'identifica con la sua essenza. Dio non ragiona come noi, passando da una nozione all'altra, ma intuisce ed esaurisce con un solo intuito tutta l'intelligibilità della sua natura e d'ogni ente creato o creabile.
"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SCIENZA (di Cristo): è il complesso delle cognizioni che Cristo ebbe come Dio e come Uomo.
Come Dio il Verbo ha comune col Padre e con lo Spirito Santo quell'atto d'intellezione divina, che s'identifica con la divina essenza e per cui Dio Uno-Trino conosce se stesso e tutte le cose possibili e reali (passate. presenti e future). Questa verità poggia sulla vera divinità e consostanzialità del Verbo incarnato (Conc. di Nicea) e sull'integrità della sua natura divina (Conc. Calcedonese). La negano i Monofisiti, gli Agnoeti, i Kenotici (cfr. queste voci).
Questa scienza divina del Verbo, essendo infinita, non poteva essere comunicata formalmente all'anima umana assunta, la quale invece doveva avere quella specie di cognizioni, che sono possibili alla creatura intellettuale, cioè la visione beatifica, la scienza infusa e la scienza acquisita. a) Visione beatifica è propria dei beati; non poteva mancare in Cristo, neppure durante la vita terrena, attesa l'unione ipostatica, che è molto più della visione; b) Scienza infusa è dono di Dio, che infonde nell'intelletto le specie intelligibili delle cose, per cui si conosce senza il concorso dei sensi: questa scienza accompagna nei beati e negli Angeli la visione beatifica e quindi fu anche in Cristo, capo degli Angeli e re dei beati; c) Scienza acquisita è quella che si attua in ogni uomo per mezzo dell'astrazione dai fantasmi della cognizione sensitiva: Cristo, Uomo perfetto, doveva naturalmente avere anche questa scienza, in cui solo poteva progredire, secondo il Vangelo (Lc. 2, 52). Queste tre scienze avendo diverso carattere, possono stare insieme nella stessa anima e Cristo si serve ora dell'una ora dell'altra, né sono superflue, perché hanno diversa gradazione di luminosità.
La scienza divina e la multiforme scienza umana di Cristo esclude da lui qualsiasi ignoranza; se Gesù dice (Mc. 13, 32) di non conoscere n giorno del giudizio finale, l'espressione va intesa nel senso che Gesù non può manifestare quel giorno (così i Padri). Cfr. Decr. S. Uffizio, 1918 (DB, 2183-2185).
"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SCETTICISMO (dal gr. = guardo, considero): è una dottrina e una tendenza, che pone in discussione e nega parzialmente o interamente il valore oggettivo della conoscenza umana e quindi la sua certezza.
Lo scetticismo ebbe origine dai Sofisti, che a scopo oratorio e politico insegnavano a dimostrare con speciose argomentazioni la verità d'una tesi e insieme della rispettiva antitesi. Contro questi perturbatori dello spirito combatté energicamente Socrate, mettendo in evidenza la forza dei concetti universali, che sono una solida base di verità e di certezza. Ma il fondatore dello Scetticismo come sistema di dubbio universale fu Pirrone di Elide (+275 a. C.): da lui lo Scetticismo prese il nome di Pirronismo e si oppose al dogmatismo stoico. I Platonici, che svalutavano la cognizione sperimentale riducendola alla sfera di semplici opinioni. subirono l'influsso scettico nella media e nella nuova Accademia (Arcesilao +241 a. C. e Carneade + nel 126 a. C.). Ma lo Scetticismo sistematico ebbe validi continuatori nei due filosofi Enesidemo di Creta (+130 d. C.) e Sesto Empirico (seconda metà del II secolo d. C.), che scrisse le celebri Ipotiposi in difesa dei due principi pirroniani. Lo Scetticismo affiora qua e là col suo dubbio dissolvente attraverso i secoli, come nella dottrina di Cartesio (dubbio metodico non sistematico), nel sistema fenomenistico e anche nel Kantismo (v. questa voce), che comprometteva il valore oggettivo della cognizione, negando alla ragione la capacità di attingere la cosa in sé, il noumeno. Tutti i sistemi antintellettualistici sono intinti di scetticismo: così il fideismo del Jacobi, il Volontarismo pessimistico di Schopenhauer, il Prammatismo di James. Lo Scetticismo ha un peccato di origine, che ne avvelena tutta la struttura: esso mette in dubbio la capacità della ragione a raggiungere la verità e la certezza e nega il valore della cognizione. Ma logicamente ne risulta che nessuna verità, nessuna teoria è certa e sicura, neppure quella degli Scettici! L'intelletto umano fatto naturalmente per la verità, come l'occhio per la luce, può ingannarsi qualche volta, per accidens, ma non sempre per se, altrimenti la natura sarebbe un assurdo. La filosofia moderna, che da Cartesio a Kant, ha attentato alla dignità della natura e alle capacità naturali dello spirito umano è caduta in uno smarrimento scettico, che l'Idealismo ha cercato invano di superare. L'unico rimedio è il realismo moderato della filosofia cristiana. che. insieme con la migliore filosofia greca, costruisce la scienza e la metafisica sul postulato d'un naturale rapporto tra essere e pensiero, tra natura e spirito.