L'altare della Cattedra di San Pietro a Roma
J. Card. Ratzinger
(da Immagini di speranza, San paolo 1999)
Chi, dopo aver percorso tutta la grandiosa navata centrale della basilica di San Pietro giunge finalmente all'altare che chiude l'abside, potrebbe aspettarsi una raffigurazione trionfale di san Pietro, sulla cui tomba è stata costruita questa chiesa. E invece nulla di ciò: la figura dell'Apostolo non appare tra le opere scultoree di questo altare. Al suo posto ci troviamo davanti a un trono vuoto, che sembra quasi librarsi, ma che in realtà è sostenuto dalle quattro figure dei grandi Padri della Chiesa d'Occidente e d'Oriente. La luce tenue, che giunge sul trono, proviene dalla finestra sovrastante, che è circondata da angeli sospesi nell'aria, che, a loro volta, conducono il flusso della luce verso il basso.
Che significato può avere questo complesso scultoreo? Che cosa ci dice? Mi pare che esso racchiuda una profonda interpretazione dell' essenza della Chiesa e, con essa, un'interpretazione del magistero petrino. Cominciamo dalla finestra, che con i suoi tenui colori raccoglie ciò che sta all'interno e lo apre verso l'esterno e verso l'alto. Essa collega la Chiesa con la creazione nella sua totalità; mediante la rappresentazione della colomba dello Spirito Santo interpreta Dio come la vera fonte di ogni luce. Ma ci dice anche un'altra cosa: la Chiesa stessa è, nella sua essenza, una finestra, lo spazio in cui il mistero trascendente di Dio si fa incontro al nostro mondo; essa rappresenta il farsi trasparente del mondo allo splendore della sua luce. La Chiesa non esiste per se stessa, non è una fine, ma un inizio che rinvia oltre sé e al di sopra di noi. Essa corrisponde alla propria essenza nella misura in cui diventa trasparente per l'altro da cui proviene e a cui conduce. Attraverso la finestra della sua fede, Dio entra in questo mondo e desta in noi il desiderio di ciò che è più grande. La Chiesa è arrivo e partenza: di Dio verso di noi, di noi verso Dio. Il suo compito è spalancare oltre se stesso un mondo che si chiude in se stesso, donargli quella luce senza la quale esso sarebbe inabitabile.