a lato: Beato Luigi Boccardo (1861-1936), presbitero
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
* * *
RITIRO DEL MESE DI OTTOBRE
IL SACERDOTE E IL SUDDIACONATO
***
Quando Gesù invita un'anima all'intima familiarità con Lui sembra la lasci libera; dice infatti: Si quis vult venire post me (Mat. 16, 24). Ma se l'anima consente, allora Egli pone delle condizioni che debbono essere ponderate seriamente da chi desidera impegnarsi a soddisfarle: Abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me.
Quale rischio però non accettare l'invito divino! Lo prova il fatto del giovane del Vangelo. Quando il Divino Maestro lo vide allontanarsi, quis vult venire post me, disse con mestizia: Quam difficile qui pecuniam habent, in regnum Dei introibunt! (Mare. 10, 23). Eppure aveva detto: Si vis!...
Mistero! Che cos'è dunque cotesta libertà? E' la libertà vera, quella che consiste nel determinarsi al bene, quella di cui si usa, e non si abusa. Sarà mai possibile rifiutare l'amicizia di un grande, senza alienarselo per sempre? E poi, se Gesù nella sua profferta d'amore esprime qualche esigenza, come non pensare ch'Egli stesso si farà nostro aiuto? Tollite jugum meum super vos, jugum enim suave est et onus meum leve (Matt. 11, 29). Dio dona quanto ordina.
Ma in realtà, quando chiama i suoi Apostoli non dice loro: Si vis; ma in tono dì comando Sequere me... venite post me. Mistero se si vuole; la vocazione, che si rivolge ad una volontà indipendente, le impone l'obbligo imprescrittibile d'orientare nel vero, di fissare nel bene l'uso della libertà. Ciò non toglie che si possa non obbedire; ma allora, salvo impossibilità fisiche o morali, si fa male, si può andare perduti.
Ogni sacerdote nel giorno indimenticabile del Suddiaconato fu posto nell'alternativa di avanzarsi verso l'altare o di recedere. Momento gravissimo quello in cui con solenne insistenza, il Vescovo gli disse: Iterum atque iterum considerare débetis attente, quod onus hodie ultro appetitis. Hactenus enim liberi estis... Fece però notare la meravigliosa bellezza di quel passo; si trattava di Deo, cui servire regnare est, perpetuo famulari. E con grande semplicità concluse: Si in sancto proposito perseverare placet, in nomine Domini, huc accedite 59).
E facemmo «il passo». Erano sacri gli obblighi contratti, le grazie ricevute dovettero essere abbondanti. Facciamole rivivere! oh, ne abbiamo bisogno! Il giogo forse non ci parve sempre soave né il peso leggero. Il ricordo della nostra vita passata, di certe ore soprattutto, può suscitare in noi una penosa confusione...
Non insistiamo di più! Misericordia Domini quia non sumus consumpti! (Thren. 3, 22). Siamo Suddiaconi per tutta l'eternità; meditiamo ciò che avremmo dovuto essere, ciò che vogliamo essere, ciò che siamo e saremo. Due parole comprendono tutto: Hostìam laudis.