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qui a lato: San Cristóbal Magallanes Jara (1869-1927), presbitero e martire
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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Preparazione alla morte
IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE
Purificazione e perdono anticipati.
Juste Judex ultionis - Donum fac remissionis - Ante diem rationis.
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Vi adoro, o Gesù, Giudice sovrano dei vivi e dei morti. Ogni ora della mia esistenza mi avvicina a quella in cui comparirò dinanzi a Voi. In quel momento cesserà il vostro compito di avvocato in favore di chi ha peccato; Voi lo adempite solo mentre sono in via; dopo mi sarete juste Judex ultionis.
Giudice! lo siete per diritto conferitovi dal Padre: Omne judicium dedit Filio (Ioan. 5, 22), e poi per diritto acquisito con l'effusione del vostro Sangue prezioso, prezzo del nostro riscatto.
Giusto! Siete la perfezione infinita, la luce senz'ombra, la scienza assoluta; la vostra sentenza sarà un raggio del vostro infallibile e indefettibile splendore, una conclusione necessaria della vostra scienza eterna.
Vendicatore! Ahi! dovrete esserlo perché non v'è pur un'anima che non sia stata più o meno lontana da Dio o contro di Lui: In multis offendimus omnes (Jacob. 3 ,2). E' Voi siete e sarete sempre vindice della sua gloria ad extra, perciò dovete vendicare i suoi diritti conculcati, punire il colpevole e ristabilire l'ordine.
Ma quale sventura, quale spavento se, per me, quest'ordine non sarà stato ristabilito prima del giorno della irrevocabile sentenza! Ve ne supplico, mentre il vostro intervento può essere per me difesa e non accusa; il Padre vostro non vi ha confidato solo la sua giustizia: Omnia dedit et in manus (Ioan. 13 3); siete arbitro del suo perdono, della sua misericordia; oh, rendetemela propizia, accordatemi la remissione delle mie colpe troppo numerose e troppo gravi! Donum fac remissionis.
Per grazia vostra io posso purificarmi prima, espiare, riparare, e ottenere così il perdono, senza il quale non potrei vivere tranquillo, non potrei essere in pace, ante diem rationis. Ah Signore, concedetemi di saldare il mio debito prima della definitiva scadenza; ch'io lo paghi con moneta di penitenza e d'amore! Aspetto tanta grazia dal Vostro Cuore divino e so ch'Egli si arrenderà facilmente alla mia preghiera, se vedrà nel mio disposizioni d'umile pentimento, di dolorosa confusione: Cor contritum et humiliatum non despicies! (Ps. 50, 18). Ascoltatemi, rivolgetemi il vostro sguardo: sono sincero!
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qui a lato: San Giovanni Calabria (1873-1954)
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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RITIRO DEL MESE DI LUGLIO
IL SACERDOTE E LA FORTEZZA
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Alla fine della sua dimora visibile su questa terra, Gesù rivolse ai suoi Apostoli le ultime raccomandazioni, aprì le loro menti, dice S. Luca, perché avessero chiara l'intelligenza della S. Scrittura e se ne facessero gli strenui difensori. Ma, prima che si separassero per la loro missione s'imponeva una precauzione necessaria; perciò disse loro: Vos autem sedete in civitate, quadusque induamini virtute ex alto (Luc. 24, 49). Volle dunque rivestirli di fortezza. Era un bisogno della sollecitudine del suo Cuore, che, sapendo tutto, non aveva potuto nascondere loro quanto li attendeva: Ecce ego mitto vos sicut agnos inter lupos (Luc. 10, 3). — Si me persecuti sunt et vos persequentur (loan. 15, 20). Aveva perciò moltiplicati i consigli sullo stesso argomento: Nolite timere eos qui occidunt corpus (Luc. 10, 28). — Confluite ego vici mundum (Ioan. 16, 33). — Non turbetur cor vestrum neque formidet (id. 14, 27). — Qui perseveraverit usque in finem hic salvus erit (Mat. 10, 22).Appare dunque chiara la sua volontà che i sacerdoti siano dei forti. Ne hanno immenso bisogno per sé e per il gregge loro affidato.
Ogni anima umana deve vivere di sforzo; il contendite intrare per angustam portam (Luc. 13, 24) è assoluto; ma quanto è più alta la meta cui si deve tendere, più lo sforzo dev'essere vigoroso, più gagliarda l'energia. Ora, chi deve elevarsi a perfezione più grande di quella cui deve tendere l'uomo di Dio, colui che dev'essere excelsior coelis factus? (Hebr. 7, 26). Gli è dunque necessaria una fortezza superiore.
Di più egli deve trascinare gli altri nella corsa santa, incoraggiarli, portarli qualche volta; poi deve difenderli e difendere se stesso mentre lavora per loro; poiché s'egli è angelo di luce, vi è un angelo delle tenebre che non disarma mai; s'egli è pastore, v'è un lupo rapace che s'aggira instancabile. L'esperienza gli grida in modo imperativo con S. Pietro: Cui resistite, fortes in fide! (1 Petr. 5, 9).
Esaminiamo tutto lo svolgimento della nostra vita morale e della nostra vita apostolica, e riscontreremo che sempre la lotta è necessaria. Nulla si conclude senza sforzo, eccetto il male; in noi e per le anime il bene esige un'incessante attività instancabile. Si guadagna un tratto di terreno a stento, e subito convien difendere la posizione; e se si perde cento volte, cento, volte la si deve riconquistare. Oh, quanto ha bisogno di fortezza l'homo Dei! Lo Spirito Santo parla certo del prete, ne dipinge i lineamenti quando scrive: Vir sapiens fortis est; et vir doctus robustus et validus (Prov. 24, 5). Gli eletti al sacerdozio sono inclyti Israel, quindi devono essere aquìlis velociores, leonibus fortiores (2 Reg. 1, 23).
Meditiamo sulla virtù della fortezza; formiamoci chiaro concetto di ciò che è, di ciò che produce.
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qui a lato: San Marcellin Joseph Benoît Champagnat (1789-1840)
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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RITIRO DEL MESE DI GIUGNO
IL SACERDOTE E LA GIUSTIZIA
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Esame sulla rettitudine dell'animo
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Vi adoro Gesù e vi ascolto mentre vi proclamate Vita e Verità, poiché la verità è vita, e nell'atto d'invitare specialmente i vostri sacerdoti ad attingere a questa verità-vita: Qui sequitur me habebit lumen vitae (Ioan., 8, 12). In virtù della mia vocazione devo seguirvi: sequere me; quindi secondo il vostro desiderio debbo essere tutto luce e verità: ut filii lucis sitis (id., 12, 36). Non eravate preoccupato di questa disposizione dell'anima sacerdotale quando, nella sera della prima ordinazione, pregiavate il Padre: Sanctifica eos in veritate? (id., 17, 17). Ciò mi fa comprendere la somma importanza di tale disposizione: può anche significare che essa non è frequente. Signore voglio l'anima mia retta, la voglio leale con Voi, con me, con il prossimo.
1. - LEALE CON DIO
La sincerità con Dio richiede:
a) Dignitosa coscienza. — E' pura la mia coscienza? Sì, se nella conoscenza e nella confessione delle mie colpe, nel pentimento che le cancella, è di una lealtà assoluta. — E' buona? Sì, se esclude quella casistica di mala fede, la quale tenta invano di persuadere che un atto colpevole non lo è, o lo è solo leggermente. — E' aperta? Sì, se docilmente generosa si presta alle illustrazioni della grazia. — E' delicata? Sì, se la minima colpa, la minima imperfezione la turba e la contrista.
b) Purezza d'intenzione. — Siete Voi, mio Dio, l'oggetto dei miei sospiri, la meta dei miei desideri? Siete Voi l'unico ispiratore dei miei progetti, la luce dei miei giudizi? La mia volontà tende direttamente a Voi, senza deviare nè a destra nè a sinistra? — Sono persuaso che nulla posso nascondere a Voi: Omnia nuda et aperta sunt oculis ejus (Hebr., 4, 13), che nulla posso sottrarvi? Gloriam meam alteri non dabo (Isai., 42, 8); e che in ultimo vincerete Voi: Quo ibo a Spiritu tuo et quo a facie tua fugiam... tu illic es? (Ps., 138, 6).
2. - LEALE CON ME STESSO
a) Umiltà. — Mi guardo dall'orgoglio della mente, che impedisce di veder chiaro nel proprio interno? Arrogantia tua decepit te, et superbia cordis tui! (Ierem., 49, 16). L'abitudine dì curare più l'esterno che l'interno non mi illude forse, accecandomi sulla bassezza di quel progetto, sul pericolo di certi sentimenti, sulla colpevolezza di certe inclinazioni? Il mio spirito sarebbe forse simile a quello del fariseo, facile ad esaltarsi per certe pretese qualità? Sarei mai un sepolcro imbiancato? Una meschina preoccupazione egoistica non mi rende sordo alla voce dell'Angelo buono, che già mi sussurra: Nomen habes quod vivas et mortuus es? (Apoc, 3, 1). E la mia stoltezza non mi spinge mai a voler apparire quale non sono?
b) Mortificazione. — Scuso le mie piccole sensualità, nascondendole agli sguardi altrui con tutta la possibile cura, perché sono in contrasto stridente con le mie parole, con i principi che enuncio, e secondo i quali ostento di vivere? — Mi permetto certe affezioni disordinate, che macchiano il candore verginale del mio suddiaconato e profanano i miei più sacri giuramenti? — Nutro forse, quasi senza rimorso, certe antipatie senza accorgermi dell'ironia della mia preghiera: Sicut et nos dimittimus? — Posso veramente dire di non lesinare lo sforzo per il conseguimento della mia santificazione, e per l'esercizio dello zelo, come richiede il vero spirito sacerdotale? — Oh, quanto è facile mancare di lealtà con se stessi!
3. - LEALE CON IL PROSSIMO
a) Nelle parole. — Mi astengo assolutamente, rigorosamente da ogni specie di menzogna? Alcuni mentiscono senza quasi avvedersene. Chi li avvicina se ne accorge e li ha in dispregio. E' facile contrarre l'abitudine della menzogna, soprattutto quando si ha tendenza all'iperbole... Si finisce per suggestionarsi, si cade nella mitomania. — Non ostento mai con insistenza sentimenti che non ho, per piacere a coloro che m'ascoltano? E non è questa ipocrisia? — Non mi valgo di restrizioni mentali che rasentano l'inganno?
b) Negli atti. — II mio comportamento è proprio sempre l'espressione del mio sentire, o cado nella simulazione? Col pretesto di usare diplomazia, offendo mica l'onestà? — Certi modi di procedere che io ritengo frutto di abilità, non sono invece sleali? — Affetto una mentita apparenza anche in chiesa? — Sono convinto che alle mie azioni come alle mie parole, pur salvando sempre la carità, deve potersi applicare la parola del Signore: Sit autem sermo vester: est, est, non, non? (Mat. 5, 37).
— Buon Maestro, ve ne scongiuro, fatemi leale; fate che l'anima mia sia retta in tutto e per tutto, che sia tutta aperta al sole della vostra verità. Volete servirvene come di tramite per giungere alle anime dei miei fratelli; il Precursore dice a me, come a tutti ì sacerdoti: Parate viam Domini, rectas facite semitas ejus (Mat., 3, 3). Preparate Voi stesso, Signore, raddrizzate Voi stesso; io voglio prestarmi alla vostra azione generatrice di verità, voglio essere leale, salvarmi: Veritas liberabit vos (Ioan., 8, 32).
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qui a lato: San Jean Gabriel Perboyre (1802-1840), presbitero e martire
Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins
Verso le vette della Santità Sacerdotale
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RITIRO DEL MESE DI GIUGNO
IL SACERDOTE E LA GIUSTIZIA
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La S. Scrittura magnifica poche virtù quanto la giustizia, ne parla con frequenza e la esalta in maniera notevole. Si può dedurre a priori che questa è la più grande delle virtù morali. Così pensava già Aristotele: Justitia est omnis virtus; questa meditazione ce ne convincerà indubbiamente.
Diamo una rapida scorsa alle pagine dei libri santi; esse esaltano anzitutto la bellezza della giustizia: Iustitia tua sicut montes Dei! (Ps., 35, 6). — Justitia et judiciuvi correctio sedis tuae! (Ps. 96, 2). — Mecum sunt... gloria, opes superbae et iustitia (Prov., 8, 18).
Poi ne rivelano la celeste origine: Veritas de terra orta est et justitia de coelo prospexit (Ps. 84, 12); la sua identità con quanto è bello e buono: Misericordia et veritas obviaverunt sibi; justitia et pax osculatae sunt (Ps., 84, 11); la sua efficacia purificatrice: justitia liberabit a morte, justitia rectorum liberabit eos (Prov., 11, 6); il suo potere santificatore: iustitia simplicis diriget viam ejus (Prov., 11,5) — justitia elevat gentes; le sue affinità con la beatitudine suprema: justitia enim perpetua est et immortalis (Sap., 1, 15) — justitia mea in generationes generationum (Isai. 31, 9).
Perciò chi la possiede è ricco: Iustus ut palma florebìt, sicut cedrus Libani multiplicabitur (Ps. 91, 13); può ripromettersi ogni contento: laetabitur justus in Domino (Ps., 13, 10); è sicuro della sua eterna salvezza: justus in aeternum non commovebitur (Prov., 10, 30); lascerà sul suo passaggio una scia luminosa: in memoria aeterna erit justus (Ps. Ili, 6).
Il Vangelo fa di S. Giuseppe e del santo vecchio Simeone il più bel panegirico in una sola parola; del primo afferma: Joseph, vir ejus, cum esset justus (Mat., 1, 19); e del secondo: et homo iste justus et timoratus (Lue, 2, 25). S. Paolo trova in questa parola il programma riassuntivo di tutta la santità: Non est enim regnum Dei esca et potus, sed justitia, et pax, et gaudium in Spiritu Sancto (Rom., 14 17). Meditiamo dunque: 1) che cos'è la giustizia; 2) qual'è il suo oggetto.