P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE
SACERDOTE E OSTIA
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LIBRO TERZO
LE VIRTU' SACERDOTALI
L'UNIONE A GESÙ CRISTO
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CAPITOLO TERZO. LA FEDE
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Chi dice Sacerdote dice Ostia. Chi dice Ostia dice Religioso; chi dice Ostia perfetta dice Religioso perfetto. Il Sacerdote è il perfetto Religioso di Dio; la Religione che è il complesso ammirabile degli omaggi dovuti a Dio è in fondo, la sostanza, la grazia interiore, il carattere esterno di tutta la vita come di tutto l'essere del Sacerdote. Ma la Religione abbraccia e comprende gli atti di tutte le virtù (403); perciò il Sacerdote, vero e perfetto Religioso di Dio, è sempre Ostia nella pratica di tutte le virtù, perché ne osserva e ne esercita gli atti in ispirito di Ostia.
Secondo il sentimento dei Padri, la pratica medesima delle virtù soprannaturali è un Sacrificio perpetuo; sia a causa della Religione che «comanda a tutte le virtù» (404), sia perché intrinsecamente nessuna virtù si forma in noi senza l’immolazione e il sacrificio di tutto quanto vi si oppone (405). li
Il Sacerdote, Ostia di Dio, Ostia eletta, preferita, consacrata in una maniera speciale, solenne e autentica, è dunque obbligato; più di qualunque fedele, alla pratica perfetta delle virtù cristiane.
La prima di tutte le virtù cristiane, è la Fede, perché questa le costituisce cristiane. In questo senso, la Fede precede la Religione, perchè «per avvicinarsi a Dio» e rendergli omaggio, «prima di tutto bisogna credere che Egli è» (Eb 11, 6) quale lo dobbiamo onorare, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Orbene, dalla Fede conosciamo che cos'è Dio. Ma, sotto un altro aspetto, la Fede è parte della virtù di Religione, perché tutti i suoi atti sono omaggi resi a Dio, prima alla sua veridicità che è il motivo della nostra fede, poi agli altri divini attributi, quando essi sono l'oggetto della fede. Questa virtù teologale si riferisce ancora alla Religione, perché essa è un sacrificio e una immolazione perfetta della nostra ragione (406). Nell'atto di fede, infatti, la ragione senza vedere, crede così fermamente e anche con maggior forza che se vedesse (407).
Questa Fede religiosa è il carattere distintivo del cristiano, il quale, per tal motivo, viene chiamato con quel bel nome di fedele, vale a dire, che ha la fede. San Giovanni Crisostomo professava la più grande ammirazione per questo nome glorioso, né dubitava di dire che la fede forte e accompagnata dall'amore è il culto più onorevole che Dio possa ricevere dalle sue creature, e in pari tempo la prova di una mente superiore e di un'alta intelligenza: «Generosissimi est animi... mentisque sublimis... Deum certe colit qui praecepta implet; multoque magis hic qui per fidem philosophatur. Ille quidem ipsi obedivit; hic vero convenientem de illo opinionem concepit, et magis quam per operum ostensionem ipsum glorificavit» (408).
Orbene, il Sacerdote è il fedele per eccellenza, e «il modello di tutti i fedeli nella fede»; l'uomo della «mente grande, generosa, elevata»; l'uomo dei pensieri «sublimi», che onora e glorifica Dio, formandosi grandi concetti della sua Maestà, della sua essenza e della sua opera, perché è per intero «applicato a ciò che riguarda la fede» (1 Tm 4, 11-12); egli sa, secondo un detto di sant'Agostino, che «la fede lo ha ordinato e consacrato Sacerdote» (409). Perciò la fede, «la fede del Figlio di Dio», la fede di cui «GESÙ è Autore e Consumatore», è veramente l'unica sua vita» (410).
La Fede deve essere illuminata, vorremmo dire dotta, purissima, - semplice, - ferma, - forte.