P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE
SACERDOTE E OSTIA
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LIBRO SECONDO.
Della comunicazione che nostro signor Gesù Cristo fa al suo sacerdote del suo sacerdozio, del suo stato di Ostia e delle sue disposizioni
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CAPITOLO QUINDICESIMO. L'amore di Nostro Signore Gesù Cristo, nostra vittima, sulla croce e nel SS. Sacramento
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Dobbiamo ancora amare Nostro Signor GESÙ CRISTO come la nostra Vittima e l'Ostia nostra. San Paolo lo raccomanda espressamente: Ambulate in dilectione, sicut et Christus dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis Oblationem et Hostiam Deo in odorem suavitatis (Ef 5, 2). Qui l'Apostolo parlava a tutti i fedeli. Ecco ora una parola speciale per noi; essa è della divina Vittima stessa: «Et pro eis sanctifico meipsum. Ed io mi sacrifico, mi immolo per loro» (347). «Per loro»: questi sono gli Apostoli ed i Sacerdoti tutti, successori degli Apostoli per consacrare il Corpo e il Sangue di GESÙ CRISTO. Ecco, adunque, una prova immensa di amore. Tutta la Passione del Salvatore, la sua agonia, le sue preghiere, le sue lagrime, la sua pazienza, la sua dolcezza, tutto quanto ha sofferto in casa di Hannan, di Caifasso, di Erode e di Pilato, la Flagellazione, la Corona di spine, la salita al Calvario con la Croce, la crocifissione, le tre ore di spaventosi dolori sulla Croce, tanto sangue versato, tante supplicazioni offerte al Padre, tante, lezioni di umiltà, tanto amore, e infine l'umile e dolorosa morte: tutto ciò è stato per noi; per le anime tutte, senza dubbio, e per ciascuna in particolare come se essa sola fosse al mondo. Ma, noi, Sacerdoti, anzi ciascuno di noi, proprio distintamente, è stato l'oggetto di una misericordia, di una tenerezza e di una indulgenza affatto speciali (348). Nelle angosce dell'Agonia dell'orto degli Ulivi, negli obbrobri del Pretorio. negli spasimi della Flagellazione, nello spaventoso supplizio dell'Incoronazione di spine. sotto il peso della Croce. sulla strada del Calvario; quando i carnefici barbaramente conficcavano i chiodi in quelle mani e in quei piedi: quando quel Corpo Adorabile, così dolorosamente sospeso, si accasciava a poco a poco durante le tre ore mortali; quando si sentiva quell'ultimo grido: Consummatum est, e che essendosi chinata la testa, la vita si ritirava da Colui che è l'Autore di ogni vita, quella dolcissima Vittima pensava, con una visione distintissima, a me personalmente che dovevo essere il suo Sacerdote! Et pro eis ego sanctifico meipsum. Se arriveremo, in questo esilio, ad acquistare qualche intelligenza di un tal Mistero, l'amore consumerà il nostro cuore. Fortunato quel Sacerdote, il quale, col pensiero abituale della Passione di Nostro Signor GESÙ CRISTO, giunge ad essere colpito dalle frecce infocate che escono da tutte le ferite della nostra adorabile Vittima, da tutti i suoi dolori, dalle sue ignominie, da ciascuna delle circostanze della sua amorosa Immolazione! Ogni Sacerdote deve tendere ad un tale stato doloroso insieme e delizioso. Chi non vede che è questa una grazia essenziale per lui, per la sua vita, per il compimento di disegni di Dio sull'anima sua privilegiata? Bisogna che Egli possa dire con san Paolo: Christo confixus sum cruci... Non enim judicavi me scire aliquid inter vos nisi Jesum Christum et hunc crucifixum. Mihi autem absit gloriari, nisi in cruce Domini nostri Jesu Christi (349).