Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XXV. Quanto convenga pigliare alcuni tempi straordinari per darsi più all'orazione
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1. Se ne ha necessità.
2. Specie per non scapitare nella virtù.
3. Anche per più giovare al prossimo.
4. L'orazione è all'anima ciò che il sonno al corpo.
5. Quando fare gli Esercizi Spirituali?
6. Almeno una volta all'anno.
7. Vi è l'indulgenza plenaria.
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1. Come gli uomini del mondo hanno per il corpo, oltre la refezione di ciascun giorno, le loro feste straordinarie e i loro banchetti, nei quali sogliono eccedere l'ordinario, così anche conviene che noi altri, oltre l'orazione quotidiana, abbiamo le nostre feste e facciamo i nostri banchetti spirituali, nei quali le anime nostre non mangino a misura come gli altri giorni, ma più tosto cerchino di riempirsi ad abbondanza della dolcezza e grazia del Signore. E la natura stessa ce lo insegna; poiché vediamo che essa non si contenta della rugiada, che cade ogni notte sopra, la tèrra, ma vuole che alle volte ancor piova una settimana, o due, senza cessare: e tutto ciò fa di bisogno, acciocché venga la terra ad essere tanto inzuppata d'acqua, che non valgano poi le solate né i venti a disseccarla. Ora così ancora conviene che le anime nostre, oltre l'ordinaria rugiada d'ogni giorno, abbiano assegnati alcuni tempi straordinari, nei quali vengano ad essere tanto riempite di virtù e di sugo di divozione, che non siano bastanti le occupazioni né i venti delle tentazioni e gli avvenimenti del mondo a disseccarle. E così leggiamo di molti Santi e prelati della Chiesa che, lasciate le occupazioni e i negozi, si ritiravano molte volte per qualche tempo a luoghi remoti per darsi maggiormente all'orazione e alla contemplazione. Si legge del Santo abate Arsenio (S. THEOD. Stud. Laud. S. Arsen. anach. c. 2; De vitis Patr. l. 3, n. 211; 1. 5, lib. 12, n. 1; SUR. De S. Arsen. erem. § 34, vol. 7) che aveva per costume di pigliare un giorno della settimana per far questo, ed era il sabato, nel quale perseverava in orazione dalla sera sino alla mattina del giorno seguente.
2. E questa cosa è molto importante, non solo per camminare avanti e per crescere maggiormente in virtù e perfezione, ma anche per non tornare indietro; perché è tanto grande la debolezza e la miseria dell'uomo e l'inclinazione che abbiamo al male, che sebbene alcune volte cominciamo con fervore i nostri esercizi spirituali, nondimeno andiamo allentando e declinando a poco a poco da quel primo fervore. Come l'acqua, per molto bollente che sia, subito che è scostata dal fuoco ritorna a poco a poco alla sua naturale freddezza; così noi altri ritorniamo subito alla nostra tiepidezza e lentezza, parendo che l'abbiamo più radicata e connaturalizzata, che l'acqua il freddo. «Perché la mente e i pensieri dell'uomo sono inclinati al male fin dall'adolescenza sua», dice lo Spirito Santo (Gen. 8, 21); ed altrove: «Perché la loro stirpe è cattiva e naturata in loro la malizia» (Sap. 12, 10). Come veniamo dal niente, così ce ne ritorniamo al nostro niente.
A questo s'aggiunge che, stando noi tanto occupati, quanto stiamo, chi negli studi, chi nei suoi ministeri, chi negli uffici e nelle occupazioni esteriori, abbiamo di ciò più particolare necessità; perché quantunque le occupazioni siano buone e sante, nondimeno, come il coltello s'ingrossa di filo e lo va perdendo con l'adoperarsi ogni giorno, e di tempo in tempo bisogna tornare ad arrotarlo; così noi altri andiamo ingrossandoci di spirito e trascurando ci circa il proprio nostro profitto per aiutar gli altri. Anche i filosofi dicono che colui che opera, patisce anch'esso e si va consumando da sé; e ciascuno prova bene in se stesso questa cosa. Per questo dunque importa grandemente il ritirarci incerti tempi, sbrigandoci da tutte le altre occupazioni, per rimediare a questo danno, per riparare quello che si va consumando ogni giorno e per acquistare nuove forze da poter passare avanti; perché siamo più obbligati a noi medesimi che ai nostri prossimi, e la carità bene ordinata ha da cominciar da se stesso.