Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XXI. Delle cagioni delle distrazioni nell'orazione e dei rimedi di esse.
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1. Non dissiparsi e pensare fra giorno a cose sante.
2. Le tentazioni del demonio. Esempio.
3. Di qui si vede l'importanza dell'orare.
4. La nostra fiacchezza.
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1. Quello delle distrazioni nell'orazione suole essere un lamento molto ordinario; onde trattano di esso i Santi comunemente, ma Cassiano molto in particolare (CASSIAN. Coll. 4, c. 2-3). Da tre cagioni o radici dicono che può procedere la distrazione nell'orazione. Alcune volte dalla nostra trascuraggine e negligenza, perché ci dissipiamo troppo fra giorno, custodiamo poco il nostro cuore e teniamo poco raccolti e raffrenati i nostri sensi. Chi fa così non ha occasione di domandare d'onde gli venga lo star distratto nell'orazione e il non potersi introdurre in essa; perché è cosa chiara che le immagini, le figure e le rappresentazioni delle cose che lascia entrare colà dentro nella sua mente lo hanno da molestare e da inquietare poi nell'orazione. Dice l'abate Mosè (CASSIAN. Coll. 1, c. 17; Loc. cit. col. 506 seg.), e dice benissimo, che sebbene non è in poter dell'uomo il non esser combattuto dai pensieri; è nondimeno in poter suo il non ammetterli e lo scacciarli quando vengono. E aggiunge di più, che sta in mano dell'uomo in gran parte il correggere ed emendare la qualità di questi pensieri, e far che gli vengano pensieri buoni e santi, e che gli altri pensieri di cose vane e impertinenti gli vadano uscendo dalla mente e dalla memoria. Perché se si darà ad esercizi spirituali di lettura, di meditazione e di orazione, e si occuperà in opere buone e sante, avrà pensieri buoni e santi. Però se fra il giorno non attende a questo, ma a pascere i suoi sensi di cose vane e impertinenti, saranno con simili i suoi pensieri.
E apporta una similitudine, la quale è anche di Sant’Anselmo e di S. Bernardo (S. BERN. De hum. condit. c. 9, n.13). Dicono questi Santi che il cuore dell'uomo è come la pietra e la mola del mulino, èlle sempre macina, ma sta sempre in mano del mugnaio il fare che macini frumento, o orzo, o altra sorta di legume; quello che vi metterà, quello macinerà. Così è il cuore dell'uomo: non può stare senza pensare a qualche cosa, sempre macina; ma colla tua industria e diligenza puoi fare che macini frumento, o orzo, o altro legume, o terra; quello che vi metterai dentro, quello macinerà. Ora secondo questo, se vuoi star raccolto nell'orazione, bisogna che fra il giorno procuri di tenere raccolto il cuore e custodire le porte dei tuoi sensi, perché il Signore gusta di conversare colle anime che sono orti rinchiusi. Onde era comun detto di quei Padri antichi, e l'apporta Cassiano, che bisogna pigliare il corso molto all'indietro, ed esser tale fra giorno, qual vuoi trovarti nel tempo dell'orazione; perché dallo stato e dal temperamento che ha il cuore fuori dell'orazione viene essa ad impastarsi e formarsi (CASSIAN. coll. 9, c. 3; Loc. cit. col. 773-74). E dice S. Bonaventura: «Qual sarà il liquore che metterai nel vaso, tale sarà l'odore che ne uscirà; e quali saranno le erbe che pianterai nell'orto del tuo cuore, tale sarà il frutto e il seme che produrranno» (S. BONAV. De exter. etc. l. 3, c. 52, n. 2).
E perché è una cosa molto comune e naturale il pensar uno molte volte a quello che ama; se vuoi tener fermo é stabile il cuore nell'orazione, e che i pensieri di cose varie e impertinenti si vadano dissipando e finendo, bisogna mortificare l'affezione di esse, sprezzando tutte le cose terrene e applicando il cuore alle celesti. E quanto più andrai profittando e crescendo in questo, tanto maggior profitto e aumento andrai facendo nella fermezza, stabilita e attenzione nell'orazione.