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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XVI. Come nell'orazione ci potremo trattenere a lungo in una stessa cosa: e si propone la pratica d'un buon modo d'orazione, che è andar discendendo ai casi particolari.
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1. Con varie considerazioni insistere sulla stessa cosa.
2. Venire ai casi particolari.
3. utilità di ciò.
4. Esempio di S. Ignazio.
5. Prevedere i casi possibili.
6. Ampia materia da meditare.
7. In ogni virtù tre gradi di perfezione.
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1. Resta che dichiariamo il modo che potremo osservare per andar nell'orazione trattenendoci nell'affetto d'una stessa virtù assai tempo; poiché è cosa tanto utile, quanto abbiamo detto. Il mezzo comune e ordinario che si suole dare per questo è, procurare di continuare questo medesimo atto ed affetto della volontà, o tornarlo a replicare e reiterare di nuovo, come chi dà un'altra spinta alla ruota, acciocché non si fermi; o come chi va gettando legna nel forno, acciocché il fuoco duri; servendoci per quest'effetto alle volte della medesima prima considerazione che da principio ci mosse a quest'affetto e desiderio, e tornando a svegliar con essa la volontà, quando vediamo che si va raffreddando, dicendo col Profeta (Ps. 114, 7): Svegliati, anima mia, e ritornatene al tuo riposo: guarda quanto è conveniente e quanto vuole la ragione che tu faccia pel tuo Signore, a cui tanto sei obbligata e a cui devi tanto.
E quando più non basterà né ci muoverà la prima considerazione, abbiamo da valerci d'un'altra nuova considerazione, o da passare ad un altro punto; perché a tal effetto abbiamo da portar sempre preveduti diversi punti, acciocché quando l'uno ci venga meno sotto alla considerazione, e perciò non ci muova più, ce ne possiamo passare all'altro, che come punto di rinforzo e di nuova virtù ci muova e ci affezioni alla cosa che desideriamo. E di più, come talvolta, per evitare il fastidio che suole cagionar ci il continuar a mangiar spesso un medesimo cibo, siamo soliti di condirlo in diversi modi, e con questo ci par cibo nuovo e ci dà nuovo gusto; così ancora, per poter perseverare assai tempo in una medesima cosa nell'orazione, che è il cibo e nutrimento dell'anima nostra, è buon mezzo condirla in diverse maniere. E questo possiamo fare alcuna volta passandocene ad un altro punto e ad un'altra considerazione, come ora dicevamo; perché ogni volta che con diversa ragione, o considerazione, si muove e si attua uno in una cosa, gli riesce questa come nuova. E ancora, benché non vi sia nuova ragione né nuova considerazione, si può l'affetto d'una stessa virtù condire in molti modi; come se uno tratta dell'umiltà, può alcune volte stinsi trattenendo nella cognizione delle sue proprie miserie, debolezze e fragilità, confondendosi e disprezzandosi per esse: alcune altre si può trattenere in desideri d'essere disprezzato da altri, non curandosi dell'opinione e stima degli uomini, ma tenendo ogni cosa per vanità: alcune altre si può trattenere nel confondersi e vergognarsi di vedere i mancamenti e gli errori nei quali ogni giorno viene a cadere, e nel dimandare a Dio il perdono e il rimedio di essi: alcune altre nell'ammirare la bontà di Dio che lo sopporta, non potendo noi altri alle volte sopportare noi stessi: alcune altre nel ringraziarlo che non l'abbia lasciato cadere in altre cose maggiori. Con questa mutazione e varietà si rimedia al fastidio che suole cagionare la continuazione di una medesima cosa, e si fa facile e gustoso il durare e perseverare negli atti ed affetti di una stessa virtù, con che ella si va radicando e inviscerando più nel cuore. Perché in fine, come la lima ogni volta che passa sopra il ferro se ne porta via qualche cosa: così ogni volta che facciamo un atto di umiltà, o di altra virtù, si va scagliando e levando via qualche cosa del vizio contrario.
2. Oltre di questo vi è un altro modo molto facile ed utile da perseverare nell'orazione in una medesima cosa molti giorni, che è l'andar discendendo a cose particolari. Notano qui i maestri della vita spirituale, che non ci dobbiamo contentare di cavare dall'orazione un desiderio e proponimento generale di servir Dio, di fare profitto e di esser perfetti, così in comune; ma che dobbiamo discendere particolarmente a quella cosa, nella quale sappiamo di poter servire e piacere più a Dio. Nemmeno ci dobbiamo contentare di cavar dall'orazione un desiderio generale di qualche virtù particolare, come di esser umili, di esser ubbidienti, di esser pazienti, o mortificati, avendo questo desiderio o velleità della virtù così in generale ancora i viziosi. Perché essendo la virtù cosa bella e onorevole e di grande utilità per questa vita e per l'altra, è facile l'amarla e il desiderarla così in generale. Ma in quella medesima virtù, che desideriamo, abbiamo da discendere ai casi particolari: come se trattiamo di acquistare una conformità grande alla volontà di Dio, abbiamo da discendere a conformarci alla sua volontà in cose particolari, sì nell'infermità come nella sanità; sì nella morte come nella vita; sì nella tentazione come nella consolazione. E se trattiamo di acquistare la virtù dell'umiltà, abbiamo da discendere al particolare, immaginando ci casi particolari, che sogliono o possono accadere, di nostro dispregio; e così nelle altre virtù. Perché questi casi particolari sono quelli che più si sentono e nei quali sta la difficoltà della virtù, essendo che in essi ella più si prova e conosce; e questi sono i mezzi coi quali si acquista la stessa virtù.
E abbiamo a metterci avanti questi casi pratici prima in cose minori e più facili, e dipoi in altre più difficili, che ci pare che sarebbero da noi più sentite se ci avvenissero. E così in queste cose andare crescendo di grado in grado, e ascendendo a poco a poco, attuandoci in esse come se le avessimo presenti, sino a tanto che nessuna cosa ci si pari davanti, in quelle virtù che desideriamo, la quale ci sgomenti; ma in ciascuna ci paia che potremo far fronte e restarcene padroni del campo. E quando vi sono di presente alcune occasioni vere, in quelle abbiamo prima da esercitarci, disponendo ci a sopportarle bene e con profitto, ciascuno secondo il suo stato. Un servo di Dio aggiungeva che sempre nell'orazione dovremmo proporre qualche cosa da fare quello stesso giorno. Ecco con quanta minutezza vogliono questi maestri che discendiamo nell'orazione ai casi particolari.
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XV. Come s'intende che nell'orazione abbiamo da pigliare a petto quella cosa, della quale abbiamo maggiore necessità, e insistere in essa fin che l'abbiamo conseguita.
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1. Va assecondato qualunque buon sentimento.
2. Ciò si accorda col frutto particolare prefisso.
3. A questo frutto applicare anche l'esame particolare.
4. La meditazione è fontana che tutto innaffia.
5. Meditando trattieniti con pausa negli atti buoni.
6. Danno del contrario.
7. Vantaggio di tal pratica.
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1. Non vogliamo dire per questo che sempre abbiamo da attendere ad una cosa nell'orazione; perché quantunque la nostra particolare e maggiore necessità sia l'umiltà, o altra cosa simile, possiamo bene nell'orazione occuparci negli atti e nell'esercizio di altre virtù. per esempio, ti si porge l'occasione di un atto di conformarti alla volontà di. Dio in ciò che egli vorrà e ordinerà di te; trattieniti in esso quanto potrai, che questa sarà buonissima orazione e molto bene impiegata, né ti leverà questo l'armi di mano per farti forte in genere d'umiltà; che anzi per questa ti darà maggiore aiuto. Ti si porge occasione di un atto di gratitudine e riconoscimento grande dei benefizi che hai ricevuti da Dio, così generali, come particolari; trattieniti in questo quanto ti sarà possibile; che ben è ragione che ogni giorno rendiamo grazie al Signore per i benefizi ricevuti, e specialmente per averci tirati alla religione. Ti si porge occasione di concepire un odio e dolore grande dei tuoi peccati, e un fermo proponimento di morire più tosto mille volte che offendere mai più Dio; trattieniti in questo, che è uno dei buoni e dei più utili atti nei quali ti puoi esercitare nell'orazione. Ti si porge occasione di far un atto di amor di Dio, di concepire zelo e desiderio grande della salvezza delle anime e brama di esporti a qualsivoglia travaglio e fatica per esse; trattieniti in questo. E possiamo anche trattenerci nell'orazione in chiedere a Dio grazie così per noi stessi, come per i nostri prossimi e per tutta la Chiesa, che è una molto principale parte dell'orazione.
In tutte queste cose ed altre simili ci possiamo trattenere nell'orazione, e sarà orazione molto buona: e così vediamo i Salmi, i quali sono una perfettissima orazione, pieni di una infinità d'affetti differenti. Perciò Cassiano e l'abate S. Nilo (CASSIAN. coll. 9, c. 7; S. NILUS in Biblioth. patr. t. 7) dissero che l'orazione è una campagna piena di fiori, e una ghirlanda tessuta di molti fiori di odori tutti diversi. «Ecco l'odore del figliuol mio è come l'odore d'un campo ben fiorito e benedetto dal Signore» (Gen. 27, 27). E in questa varietà vi è un'altra utilità, 'ed è che suole aiutare a renderci più facile l'orazione, e per conseguenza a poter durare e perseverare in essa più lungamente; perché il replicare sempre una medesima cosa suole cagionare fastidio; mentre la varietà diletta e trattiene.
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XIV. Di due avvertimenti, i quali ci aiuteranno grandemente a far bene l'orazione e a cavar frutto da essa.
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1. L'orazione è mezzo per il nostro profitto.
2. Autorità della Scrittura e dei Padri.
3. E rimedio generale per ogni necessità spirituale.
4. Prima di arare prevedere il frutto da cavare.
5. Pratica di ciò.
6. Da qualunque meditazione puoi cavare lo stesso frutto.
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1. Per far bene l'orazione e per cavar da essa il frutto che si conviene, per la prima cosa ci aiuterà grandemente il persuaderci a tenere fermo questo fondamento, che l'orazione non è fine, ma mezzo che pigliamo pel nostro profitto e perfezione. Sicché non ci dobbiamo fermare nell'orazione, come in termine e fine; perché la nostra perfezione non sta nell'avere grande consolazione, particolare tenerezza, o alta contemplazione; ma nell'acquistare una perfetta mortificazione e vittoria di noi stessi e delle nostre passioni e appetiti, riducendoci, quanto però ci sia possibile, alla perfezione di quel felice stato della giustizia originale nel quale fummo creati, quando la carne e l'appetito stavano totalmente soggetti e conformi alla ragione, e la ragione a Dio. E abbiamo da pigliare l'orazione come mezzo per arrivare a questo. Come nella fucina il ferro diventa molle col fuoco, per potersi lavorare e piegare e farsene quel che si vuole; così ha da essere nell'orazione. Ci si rende molto dura e molto difficile la mortificazione, il rompere la nostra propria volontà, il sopportare quel travaglio e quel sinistro incontro che ci si presenta? Bisogna fare ricorso alla fucina dell'orazione, e ivi col calore e col fuoco della divozione e coll'esempio di Cristo si va mollificando il cuore, per poterlo lavorare e accomodare a tutto quello che sarà di bisogno per servire maggiormente a Dio. Questo è l'ufficio dell'orazione, e questo è il frutto che abbiamo da cavare da essa; e per questo sono fatti i gusti e le consolazioni che il Signore in essa ci vuol comunicare. Non sono fatte le consolazioni per fermarci in esse; ma per potere con maggior prontezza e speditezza correre per la strada della virtù e perfezione.
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Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XIII. Si soddisfa al lamento di quelli che dicono, che non possono o non sanno meditare né discorrere con l'intelletto
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1. Spesso il discorso pregiudica l'affetto.
2. Da considerazioni comuni spesso affetti molto elevati.
3. E grazia maggiore l'affetto che non il discorso.
4. Esempio.
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1. Con questo si risponde ad un lamento molto comune di alcuni, i quali si rammaricano, dicendo che non possono o non sanno discorrere nell'orazione, perché non si presentano loro considerazioni onde potersi stendere sui punti, ma subito se ne restano in secco. Non accade pigliarsi di ciò fastidio alcuno, perché, come abbiamo detto, questo negozio dell'orazione consiste più in affetti e desideri della volontà, che in discorsi e speculazioni dell'intelletto. Anzi notano qui i maestri della vita spirituale, che bisogna avvertire che la meditazione dell'intelletto non sia soverchia, perché questo suole impedire assai il movimento e l'affetto della volontà, che è la cosa principale. E specialmente viene questo movimento ed affetto impedito di più, quando uno si trattiene in considerazioni sottili e delicate. E la ragione è naturale; perché è cosa chiara che se una fontana non ha più che una vena d'acqua, e vi sono molti canali; quanto più acqua correrà per uno di essi, tanto meno ne correrà per gli altri. Ora la virtù dell'anima è finita e limitata e quanto più ne scorre per il canale dell'intelletto, tanto meno ne scorrerà per quello della volontà.
E così vediamo per esperienza che se l'anima sta con divozione e sentimento, e l'intelletto si distrae con qualche speculazione o curiosità; subito il cuore si secca e si estingue quella divozione. Il che avviene perché la fontana va smaltendo l'acqua per l'altro canale dell'intelletto e perciò viene a restare secco quello della volontà. Onde dice Gersone (GERSON, De mont. contempl. prolog.) che di qui procede che quelli che non sono dotti, alcune, anzi molte volte sono più divoti e riescono meglio nell'orazione che i dotti; perché si attuano meno per mezzo dell'intelletto, non occupandosi, né distraendosi in speculazioni, né in curiosità; ma procurano subito con considerazioni facili e semplici di muovere e affezionare la volontà. E quelle considerazioni ordinarie e famigliari li muovono più e fanno maggior effetto in essi, che non. fanno in altri le alte e sottili. Come vedemmo in quel santo cuoco, di cui abbiamo di sopra fatta menzione (Tratt. 3, c. 9, n. 3), il quale dal fuoco materiale che adoperava prendeva occasione di ricordarsi del fuoco eterno, ed era uomo di tanta divozione, che aveva dono di lagrime nelle sue operazioni.