-
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
***
TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
***
CAPO XII. Di quanta importanza sia il trattenerci negli atti e affetti della volontà.
* * *
1. Negli affetti è la perfezione dell'orazione.
2. Qui sia tutto il nostro studio
* * *
1. E di tanta importanza il trattenerci e il far pausa negli atti ed affetti della volontà, e lo stimano tanto i Santi e i maestri della vita spirituale, che dicono che in questo consiste la buona e perfetta orazione, e ancora quella che è chiamata contemplazione; quando cioè l'uomo non cèrca più colla meditazione incentivi d'amore, ma gode dell'amore trovato e desiderato, e si riposa in esso come nel termine della sua investigazione e del suo desiderio, dicendo colla Sposa dei sacri Cantici: «Ho trovato quello che l'anima mia ama: già lo tengo, e non lo lascerò più» (Cant. 3, 4). E questo è quello che ivi dice ancora la medesima Sposa: «Io dormo, e il mio cuore veglia» (Ibid. 5, 2); perché nella perfetta orazione l'intelletto sta come addormentato, avendo lasciato il discorso e la speculazione, e la volontà sta vegliando e liquefacendosi nell'amore del suo Sposo. E piace tanto allo Sposo questo sonno nella sua Sposa, che comanda che la lascino quietare in esso e non la risveglino fino a tanto ch'ella ne gusterà: «Io vi scongiuro, o figliuole di Gerusalemme, pei caprioli e pei cervi dei campi, che non rompiate il sonno della diletta e non la facciate vegliare fino a tanto che ella il voglia» (Ibid. 3, 5).
Di maniera che la meditazione e tutte le altre parti che costituiscono l'orazione sono ordinate e indirizzate a questa contemplazione, e sono come tanti scalini per i quali abbiamo da salire ad essa. Così dice S. Agostino in un libro chiamato da lui Scala del Paradiso (S. AUG. Scal, parad.). «La lettura cerca; la meditazione trova; l'orazione chiede, ma la contemplazione gusta" e gode di quello che è stato cercato, chiesto e trovato. È apporta quel luogo del Vangelo: «Cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto», (Matth. 7, 7) soggiungendo: «Cercate leggendo e troverete meditando; bussate orando e vi sarà aperto contemplando» (S. AUG. loc. cit.).
E così avvertono i Santi, e l'apporta Alberto Magno (ALB. MAGN. De adhaerendo Deo, c. 9), che questa è la differenza che corre fra la contemplazione dei fedeli cattolici e quella dei filosofi gentili; che la contemplazione dei filosofi tutta è ordinata a perfezionar l'intelletto colla cognizione delle verità conosciute, e così si ferma nell'intelletto, perché questo è il suo fine, cioè il sapere e il conoscere sempre più; ma la contemplazione dei cattolici e dei Santi, della quale trattiamo adesso, non si ferma nell'intelletto, ma passa avanti a dilettare e a muovere la volontà e ad infiammarla ed accenderla nell'amor di Dio, come lo significano quelle parole della sacra Sposa: «L’anima mia s'è liquefatta subito che il mio Diletto ha parlato» (Cant. 5, 6). E notò molto bene questa cosa S. Tommaso (S. THOM. 2-2, q. 180, a. 1 et 7), il quale trattando della contemplazione dice che, sebbene la contemplazione essenzialmente consista nell'intelletto, nondimeno la sua ultima perfezione sta nell'amore e nell'affetto della volontà. Di maniera che l'intento e il fine principale della nostra contemplazione ha da essere l'affetto della volontà e l'amor di Dio.
-
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
***
TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
***
CAPO X. Di altri beni e utilità che sono nella meditazione.
* * *
1. Gli affetti del cuore frutto dell'orazione.
2. Quindi non vada tutto in discorsi.
3. Il discorso è mezzo, non fine.
4. Alla cognizione segua l'affetto.
5. Quali saranno questi affetti?
6. Quanto valerci del discorso?
* * *
1. «Si accese dentro di.me il cuor mio e un fuoco divampò nelle mie considerazioni» (Ps. 38, 4). In queste parole ci dichiara il profeta Davide il modo che abbiamo da tenere nell'orazione, giusta la spiegazione che ne apportano molti dottori e Santi (S. HIERON. Brev. in Ps. 38; S. GREG. Moral. l. 23, c. 11), i quali dichiarano questo luogo del fuoco della carità ed amor di Dio e del prossimo, che colla meditazione delle cose celesti s'accendeva e ardeva nel petto del reale Profeta. Il mio cuore dice egli, si riscalda, e tutto dentro di sé si accende. Questo è l'effetto dell'orazione. Ma come prese questo calore, come si accese questo fuoco colà dentro nel cuore? Sai come? colla meditazione. Questo è il mezzo e lo strumento per accendere questo fuoco. Di maniera che la meditazione, dice S. Cirillo Alessandrino, è come il batter coll'acciarino la pietra focaia, acciocché n'esca fuoco. Col discorso e colla meditazione dell'intelletto hai da battere codesta dura pietra del tuo cuore, sin a tanto che s'accenda nell'amor di Dio e in desiderio dell'umiltà, della mortificazione e delle altre virtù; e non t'hai da fermare sinchè non abbi cavato ed acceso in esso questo fuoco.
2. Benché la meditazione sia molto buona e necessaria, non se ne ha però da andar tutta l'orazione in discorsi e considerazioni dell'intelletto, né ci abbiamo da fermar ivi; perché questo sarebbe più studio che orazione; ma tutte le meditazioni e considerazioni che faremo hanno da esser prese da noi come mezzo per eccitare ed accendere nel nostro cuore gli affetti e i desideri delle virtù, perché la bontà e santità della vita cristiana e religiosa non consiste nei buoni pensieri e nell'intelligenza di cose sante, ma nelle virtù sode e vere, e specialmente negli atti e nelle operazioni di esse, nelle quali, come dice S. Tommaso (S. Th 1-2, q. 3, a. 2), sta l'ultima perfezione della virtù. Onde in questo principalmente abbiamo noi da insistere e occuparci mentre facciamo orazione.
-
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
***
TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
***
CAPO X. Di altri beni e utilità che sono nella meditazione.
* * *
1. Dalla meditazione nasce la divozione.
2. Qual è la vera pratica dell'orazione.
3. Vantaggi della meditazione.
* * *
1. Un altro bene e utilità grande dice S. Tommaso che è nella meditazione; cioè, che da essa nasce la vera devozione, cosa tanto importante nella vita spirituale e tanto desiderata da tutti quelli che camminano per la via di essa. Devozione non è altro che una prontezza e prestezza della volontà ad ogni cosa buona: onde uomo devoto è quegli che sta pronto e disposto ad ogni bene. Ora S. Tommaso (S. THOM. 2-2, q. 82, a. 3) dice che due cagioni vi sono di questa devozione; una estrinseca e principale, che è Dio; un'altra intrinseca dalla parte nostra, che è la meditazione; perché codesta volontà pronta alle cose del servizio di Dio nasce dalla considerazione e meditazione che fa l'intelletto; atteso che questa è quella che dopo la grazia di Dio muove ed accende cotesto fuoco nel nostro cuore. Di maniera che non sta la 1era devozione e il fervore di spirito nella dolcezza e gusto sensibile, che provano e sentono alcuni nell'orazione; ma nell'avere una volontà pronta e disposta a tutte le cose del servizio di Dio. E questa è la devozione che dura e persevera, ché l'altra presto finisce; perché consiste in certi affetti di devozione sensibili, che nascono dal subito desiderio che uno ha di qualche cosa appetibile e amabile, e molte volte procede da complessione naturale, dall'avere un certo temperamento dolce ed un cuore tenero e che subito si muove a sentimento e a lagrime; e tosto che questa devozione è esausta si sogliono seccare i buoni proponimenti. Questo è un amor tenero, fondato in gusti e consolazioni sensibili. Mentre dura quel gusto e quella devozione sarà uno molto diligente e puntuale, e amico del silenzio e del ritiramento; ma subito che cessa, ogni cosa è finita. Per contrario, quei che vanno fondati nella verità per mezzo della meditazione e considerazione, convinti e disingannati colla ragione, perseverano e durano nella virtù. E benché manchino loro i gusti e le consolazioni sensibili, sono sempre i medesimi di prima, perché dura in loro il principio del loro fervore, che è la ragione che li convinse e li mosse.
Questo è amor forte e virile; e da ciò si vengono a conoscere i veri servi di Dio e quelli che hanno fatto profitto; non dai gusti né dalle sensibili consolazioni. Si suoI dire che le nostre passioni sono come certi cagnolini che abbaiano, e nel tempo della consolazione tengono le bocche turate; a ciascuna getta Dio il suo pezzo di pane, e con ciò se ne stanno quiete né domandano cosa alcuna; ma finito o tolto questo pane della consolazione, abbaia l'una e abbaia l'altra: e allora così si vede quel che ciascuno è. Si sogliono anche paragonare i gusti e le consolazioni sensibili ai beni mobili, i quali si consumano presto, e le virtù sode ai beni stabili, i quali si conservano e durano, e perciò sono di maggior estimazione.
-
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
***
TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
***
CAPO IX. D'un bene e utilità grande che abbiamo da cavare dalla meditazione; e come si ha da fare per cavarne gran frutto
* * *
1. Come cavar frutto dalla meditazione.
2. Gran differenza da meditare a meditare.
3. Esempio dell'Emorroissa
* * *
1. Molto buona cosa è nell'orazione esercitarci in affetti e desideri della volontà; del che in breve tratteremo; bisogna però che questi affetti e desideri vadano ben fondati in ragione; perché l'uomo è ragionevole e vuol essere guidato dalla ragione e per via d'intelletto. Onde una delle principali cose alla quale si ha da ordinare e indirizzare la meditazione ha da essere il restare molto disingannati, molto asso dati nella verità, molto convinti e molto fermi in quello che è espediente per noi. E questo ha da essere uno dei principali frutti che dobbiamo procurar di cavare dall'orazione; e si deve ben riflettere a questo punto, perché è molto principale in questa materia. Specialmente bisogna che nei principi la persona si eserciti più in questo, per poter camminare con miglior fondamento e rimaner ben persuasa della verità. Per potere dunque meglio cavar questo frutto dalla meditazione, acciocché essa ci sia di profitto, bisogna che non si faccia superficialmente, né correndo, e nemmeno lentamente e con languidezza, ma con impegno e con molta attenzione e posatezza.
Hai da meditare e considerare molto adagio e con molta quiete la brevità della vita e la fragilità e vanità delle cose del mondo, e come colla morte ogni cosa ha da finire; acciocché così tu venga a dispregiare tutte queste cose di qua e a porre tutto il tuo cuore in quello che ha da durare eternamente. Hai da considerare e ponderar molte volte quanto vana cosa sia la stima e l'opinione degli uomini, che tanta guerra ci fa; poiché non ti dà né ti toglie niente; né questa ti può fare migliore né peggiore; acciocché tu venga a dispregiarla è a non fare conto; e così di tutto il resto. In questa maniera la persona si va disingannando e convincendo e risolvendosi in quello che le conviene, e si va facendo uomo spirituale. Si va elevando sopra di sé, come dice il profeta Geremia (Ierem, Thren, 3, 8), e facendo un cuor generoso e disprezzatore di tutte le cose del mondo; e viene a dire con S. Paolo: «Quel che prima tenevo per guadagno, ora lo tengo per perdita e per spazzatura, per guadagnar Cristo» (Philip. 3, 8).
-
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
***
TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
***
CAPO VIII. Della necessità della meditazione
* * *
1. E principio d'ogni buon sentimento.
2. La sua mancanza principio d'ogni male.
3. Credi all'inferno e vivi male?
* * *
1. Ugo di S. Vittore dice che l'orazione non può esser perfetta se non la precede o non l'accompagna la meditazione (HUGO DE S. VICT. De modo oranti, c. 1). Ed è dottrina di sant'Agostino, il quale dice che l'orazione senza la meditazione è tiepida (S. AUG. Scala Parad. c. 11). E lo provano molto bene; perché se l'uomo non si esercita in conoscere e considerare la miseria e debolezza sua propria, se ne resterà ingannato e non saprà chiedere nell'orazione quello che gli conviene, né lo chiederà col dovuto calore. Molti, per non conoscere se stessi e per non considerare i loro difetti, stanno molto ingannati e presumono di sé quel che non presumerebbero se si conoscessero; onde attendono nell'orazione ad altre cose differenti da quelle delle quali hanno bisogno. Se dunque vuoi saper orare e chiedere a Dio quello che ti conviene, esercitati in considerare i tuoi difetti e le tue miserie; e in questa maniera saprai quello che hai da chiedere; e considerando e conoscendo la tua gran necessità, lo chiederai con calore e come lo devi chiedere; nella guisa che fa il povero bisognoso, il quale conosce bene la necessità e povertà sua.
S. Bernardo, trattando di questo punto e avvertendoci che non dobbiamo salire alla perfezione volando, ma camminando, dappoichè, come egli dice: «nessuno d'un tratto diventa sommo: col salire e non già col volare si raggiunge la cima della scala», soggiunge che il camminare e salire alla perfezione si ha da fare con questi due piedi, meditazione e orazione; «perché la meditazione ci mostra quel che ci manca, e l'orazione l'impetra. La meditazione ci mostra la strada; e l'orazione ci conduce ad essa. Colla meditazione infine conosciamo i pericoli che ci sovrastano; e coll'orazione li evitiamo e ci liberiamo da essi» (S. BERN. Serm. 1 de S. Andrea, n. 10). Quindi S. Agostino viene a dire che la meditazione è principio di ogni bene (S. AUG. in lib. Sent.): perché chi considera quanto Dio è buono in se stesso, e quanto buono e misericordioso è stato verso di noi, quanto ci ha amati, quanto ha fatto e patito per noi; subito s'accende nell'amore di tanto buon Signore: e chi considera bene le sue colpe e miserie, viene ad umiliarsi e a dispregiarsi: e chi considera quanto male ha servito Dio e quanto grandemente l'ha offeso, si reputa degno di qualsivoglia travaglio e castigo. E in questa maniera colla meditazione viene l'anima ad arricchirsi di tutte le virtù.
Per questo ci è raccomandata tanto nella Sacra Scrittura la meditazione. Beato l'uomo che medita giorno e notte nella legge del Signore, dice il profeta Davide. «Questo tale sarà come l'albero piantato lungo la corrente dell'acque, il quale a suo tempo darà il suo frutto» (Ps. 1, 3). E «beati coloro che osservano le istruzioni del Signore: con tutto il cuore cercano Lui» (Ps. 118, 2). Questi che meditano quanto Iddio ci ha detto nella Scrittura, questi sono quelli che lo cercano di tutto cuore, e il meditar che ciò fanno, questo è quello che li stimola a cercarlo in tal modo. E così questo a Dio chiedeva il Profeta per osservare la sua legge: «Dammi intelletto, ed io attentamente studierò la tua legge e la osserverò con tutto il mio cuore» (Ps. 118, 34). E per contrario dice: «Se la mia meditazione non fosse stata la tua legge, allora forse nella mia afflizione sarei perito» (Ps. 118, 92), cioè nelle mie angustie e nei miei travagli, come dichiara S. Girolamo (S. HIER. Brev. in Ps. 118). E così una delle maggiori lodi della meditazione e considerazione che mettono i Santi, o assolutamente la maggiore, è che ella è una grande aiutatrice di tutte le virtù e di tutte le opere buone. «Sorella della lettura, nutrice dell'orazione, direttrice dell'azione e del pari perfezionatrice di ogni cosa» (GERSON, De medit. p. 3), la dice il Gersone.