Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO IV. DELL'UNIONE E CARITÀ FRATERNA
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CAPO XI. Che ci abbiamo da guardare dal contendere ostinatamente, dal contraddire, dal riprendere e da altri simili difetti
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1. Il contendere è contrario alla carità.
2. Ha colpa maggiore chi comincia a contraddire.
3. Chi è contraddetto fa bene a cedere.
4. Non riprendere altri quando non ci spetta.
5. Esempi di Socrate e di Platone.
6. Altri esempi sacri.
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1. Abbiamo ancora da guardarci dal contendere ostinatamente con un altro, o contraddirgli, perché questa è cosa molto contraria all'unione e carità fraterna. L'Apostolo S. Paolo ce ne avverte, scrivendo al suo discepolo Timoteo: «Fuggi le dispute di vane parole, che non servono a nulla, fuorché a rovina degli uditori». E poco oltre soggiunge: «Non conviene che il servo di Dio contenda, ma che sia benigno con tutti, pronto ad insegnare, paziente» (Tim. 2, 14, 24).
E così i Santi ci raccomandano grandemente questa cosa, e da essi la prese il nostro S. Padre e ce la pose nelle regole. S. Doroteo dice, che più tosto vorrebbe che non si facesse la cosa, anzi che vi avessero da nascere contese tra i fratelli; e soggiunge: «ve lo dico per la millesima volta» (S. DOROTH. Doctr. 4, n. 11). S. Bonaventura dice che è cosa molto indegna dei servi di Dio il contrastare e contendere, come fanno le donnicciuole e le rivendugliole (S. BONAV. in spec. disc. p. 1, c. 20, n. 6). S. Giovanni Climaco aggiunge: Quegli che è ostinato e contenzioso in sostenere la sua opinione, benché sia vera, tenga pure per certo che il demonio lo muove a farlo (S. IO. CLIM. Scala Parad. gr. 4). E la ragione è, perché quello che a ciò suole muovere è il soverchio appetito che gli uomini hanno d'onore umano, e perciò procurano di riuscire colla loro, per parer savi ed intelligenti e restar vincitori; ovvero per non parere da meno degli altri; e così lo spirito maligno della superbia è quello che a ciò li muove.