Introduzione

Nella prima parte di questa tesi verrà effettuato un excursus storico avente ad oggetto il diritto naturale, visto secondo le più salienti e diverse concezioni filosofiche che si sono successe lungo più di 2000 anni.

La scelta di partire dall’antica Grecia vuol testimoniare che fin da sempre l’uomo si è scontrato con il problema della giustizia.

Le figure di Platone e di Aristotele verranno poste in luce per esaltare i due diversi modi di concepire la filosofia, sia nei suoi metodi che nei suoi obiettivi; si tratta di due tendenze dello spirito umano: l’uno offre un ideale esaltante, ma irrealizzabile; l’altro, invece, equidistante dai sistemi unilaterali dell’Idealismo, sa individuare il compito specifico del giurista: osservare la realtà con onestà e nella sua interezza.

Dall’antica Grecia fino al XX secolo, passando per la Rivoluzione Scolastica di San Tommaso - pietra miliare della filosofia Giusnaturalistica classica -, attraverso la Scolastica Spagnola ed altri autori più recenti come Gianbattista Vico, Elìas de Tejada e Michel Villey, la corrente aristotelico-tomista, seguita anche dal nostro autore, verrà riproposta dai filosofi in modo sempre autentico.

Si accennerà anche a quegli autori come Guglielmo di Occam, Martin Lutero e Calvino, che, segnando una svolta nella dottrina filosofica giuridica, diffondono un modo di concepire il diritto ben diverso da quello tipico delle epoche precedenti: dalla fine del Medioevo, si assisterà all’inizio dell’epoca Moderna, contrassegnata dalla laicità e dall’individualismo.

Con il Rinascimento del XVII secolo, al riemergere delle filosofie ellenistiche dello Storicismo, dell’Epicureismo e dello Scetticismo della Nuova Accademia, si riscontrerà l’esistenza di un nuovo mondo culturale sempre più lontano dalla dottrina giuridica classica, che conoscerà Cartesio e che, poco alla volta, distruggerà la nozione unitaria di natura: non si penserà più al diritto come presente nelle cose, e contemporaneamente provvisto di valore normativo, e così, inevitabilmente, si perderà la chiave di lettura dell’autentico diritto naturale.

Nel secondo capitolo si analizzerà la situazione nella terra nativa di Juan Vallet de Goytisolo: la Spagna del XX secolo.

Si dividerà il 1900 in tre periodi: quello precedente alla guerra civile spagnola del 1936; quello immediatamente successivo, in cui comincia a dilagare il Positivismo, ed il periodo dal 1960 ad oggi, in cui si assiste alla massima affermazione di quest’ultimo.

In Spagna, però, il Giusnaturalismo classico non é mai soffocato totalmente; anzi, tanti autori ancora oggi sollecitano i giovani a fare onore al passato, rinnovando le tesi dei loro padri con quella originalità che li caratterizza.

Attaccato su tutti i fronti, in questo mondo laicizzato, il Giusnaturalismo è ancora oggi accusato di astoricità o di antistoricità.

Per rispondere a questa critica si parlerà di ciò che permane e di ciò che è storico nel diritto naturale: il suo contenuto non è qualcosa che può lasciarsi all’assoluto arbitrio dell’uomo, ma, nella sua determinazione, deve attenersi e sottomettersi a limiti imposti dalle esigenze della natura umana, individuale e sociale; allo stesso tempo, però, esso non è neppure determinato una volta per sempre, qualsiasi siano le circostanze, ma bisogna definirlo nella società e nell’occasione esistenziale storica.

Nel terzo capito, affermando l’esistenza di un ordine universale posto da Dio, si analizzerà il diritto come arte giuridica, così come la definisce nei suoi scritti Vallet, per determinare in ciascun caso il giusto concreto (l’oggetto della giustizia), e verrà riconosciuto il primo presupposto dell’attività giuridica nel fondamentale principio di perseguire e compiere il bene ed evitare il male, perché solo il primo é ciò che tutti gli esseri desiderano, e corrisponde alle inclinazioni conformi alla natura dell’uomo.

Infatti, come il metro di piombo morbido - usato dagli architetti di Lesbo - segue ogni figura in tutte le sue rientranze e sporgenze, così anche la giustizia si deve plasmare su una realtà che esiste di fatto e che non può essere stereotipata secondo i calcoli dei potenti.

Perché si possa determinare il giusto particolare, poi, servirà fare affidamento non solo sul senso di giustizia che ogni uomo possiede, ma anche - ed oggi soprattutto- sull’educazione a questa virtù e sulla sua pratica.

Si considererà il diritto naturale separandolo dalla legge naturale, in quanto l’uno è arte giuridica per determinare il giusto, l’altra è semplice strumento per lo stesso fine: così come la medicina non è l’insieme dei medicamenti, ma l’arte del sanare e del conservare la salute, allo stesso modo, il diritto non è l’insieme delle leggi, ma l’ars juris ac boni, ossia, ultimamente, la ricerca della Verità.

In quanto metodo, esso necessita di elementi, tra i quali l’interpretazione e l’equità, dal momento che il giusto non può mai essere un’astrazione.

Si vedrà, infine, come l’esistenza della legge naturale non esclude un ordine giuridico umano, anzi, lo esige, a patto, però, che la norma sia concepita come una ordinatio rationis ad bonum comune (un comando dato dalla ragione per il bene comune).

La centralità data alla realtà nel pensiero di Vallet è tale che tutto il quarto capitolo sarà dedicato al suo Realismo; come Aristotele e San Tommaso, per la determinazione del giusto, egli conosce e si fida solo di un’unica fonte: quella della Natura. Per Vallet, infatti, pensare che tutto il diritto possa essere contenuto in un codice è un errore.

La natura, secondo il Nostro, è ciò che mostra l’esistenza di un ordine nella creazione (un ordine naturale), non solo fisico e biologico, ma anche morale e razionale, che governa tutti gli esseri viventi e dal quale si possono estrapolare quei principi sociali per mezzo dei quali si rende possibile l’attività degli uomini e la loro vita sociale.

La naturalezza delle cose è la fonte da cui si deve estrarre il diritto e, in quanto fonte naturale del diritto, essa opera in due modi: sia nel processo di elaborazione legislativa e di determinazione del giusto concreto, sia nel caso in cui le norme giuridiche umane siano insufficienti.

Seguire l’ordine della natura, allora, non significa cadere nel determinismo: la libertà, infatti, non verrà mai negata ad alcun uomo che crede in Dio. Come dice san Tommaso d’Aquino: "...Dio lascia la libertà all’uomo non perché gli sia lecito fare tutto ciò che desidera, ma perché ciò che deve fare non lo compia per necessità naturale - come fanno gli esseri irrazionali- bensì per sua propria e libera scelta".

Si vedrà infine, come Vallet, seppure legato alla storia ed all’assilogia, non si limita ai fatti: egli trascende a Dio perché crede che, per osservare la natura, la si debba vedere nella sua totalità e ciò è possibile solo con l’aiuto della Grazia, che la perfeziona.