CAPITOLO 3
IL PENSIERO FILOSOFICO-GIURIDICO DI
JUAN VALLET DE GOYTISOLO

  

3.2. Il diritto: il giusto.

Solo la conoscenza dell’ordine naturale permette all’uomo di individuare il diritto, che é "... il giusto, quod iustum est, la cosa giusta, res iusta" (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Sala, Madrid, 1973, p.49; Estudios sobre fuentes del derecho y método jurídico, Montecorvo, Madrid, 1982, pp.61, 565).

Quindi Vallet, nella sua concezione del diritto, rifiuta quella Normativista (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed. , 1973, pp.12, 13, 15, 40, 47) dei positivismi, sia assolutisti che relativisti (a seconda che neghino l’esistenza di tutto l’ordine trascendente oppure lo circoscrivano solo all’ordine morale), sia storicisti che sociologici (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho y método jurídico, Op. cit., pp.1017-1022 e 572-585), sia legalisti che giurisprudenziali (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles jurídicos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", in Estudios jurídicos en homenaje al profesor Federico de Castro, Tecnos, Madrid, 1976, vol. II, p.706). Allo stesso modo, Vallet rifiuta il Nominalismo, sia scettico che relativista (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., pp.21 ss., e 19), come pure il Volontarismo ed il Razionalismo (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho y método jurídico, Op. cit., pp.961-966); e cioè, tutte quelle concezioni che si caratterizzano per considerare il diritto come un "...insieme di norme di condotta, sia ordinate dal principe, sia dedotte razionalmente da alcuni princìpi considerati immutabili, sia imposte dal popolo in forma di costumi, sia prodotte dalla giurisprudenza dei tribunali, sia dal potere coattivo dello Stato". La sua concezione del diritto é Realista, come lo é quella di Aristotele, dei giureconsulti romani, degli autori dello ius commune e del diritto del foro, come quella di San Tommaso e, oggi, di Michel Villey: il diritto, per Juan Vallet, coincide proprio con "la cosa giusta".

Questa sua dottrina del diritto non é una scelta tra le altre possibili, né un’opinione, né un’accettazione, frutto dell’autorità di coloro che esprimono il diritto in un certo modo, bensì é un’adesione che dipende dalla ragione: "...può considerarsi diritto solamente ciò che é giusto" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., pp.11-16), l’adeguata proporzione, il corretto, il retto nelle relazioni tra gli uomini.

Ancora, egli rifiuta la teoria tridimensionale del diritto, che pretende di riunire i tre caratteri - giusto, norma, condotta sociale -, di porli sullo stesso piano e nel medesimo tempo. Per Vallet, questa fusione é possibile solo se una delle accezioni resta l’"analogato" principale, mentre le altre due diventano "analogati" secondari o derivati; in tale caso, infatti, le accezioni si unirebbero di per se stesse, per ragione di affinità, ma su piani differenti.

Delle tre note caratteristiche in cui si può sinteticamente esprimere il diritto -norma, condotta sociale, giustizia -, quest’ultima é l’unica capace di determinare il giuridico, in quanto esso, nella realtà quotidiana della sua determinazione, non é un concetto astratto e neppure formale. Ciò non significa che la norma non abbia niente a che vedere col diritto, né che questo rimanga indifferente alla condotta sociale, però, nella sua essenza, "…il diritto é il giusto in concreto" (estanislao cantero núñez, El concepto del derecho en la doctrina española (1939-1998). La originalidad de J. Vallet de Goytisolo, Fundación Matritense del Notariado, Madrid, 2000, pp.563,564 e 565).

3.2.1. Vallet: "…Il diritto come arte".

Per Vallet, il giusto è sì "l’analogato" principale del diritto, ma, in un certo senso, nel suo pensiero, un altro aspetto acquisisce maggiore rilevanza: "...la considerazione più importante in merito al diritto concerne il suo aspetto di Arte, cioè, la sua costante applicazione alla vita per giudicare - giudizialmente o extragiudizialmente - ciò che é giusto. Questo é il suo fine. Il suo aspetto scientifico può solo essere ausiliario ad esso (...). D’altra parte, il diritto, così come la medicina e come ogni altra arte, fondamentalmente, ha una funzione pratica di realizzazione" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed., 1973, pp.42-43).

Per chi, come Vallet, é un giurista pratico, la preoccupazione permanente è, anzitutto, quella di come si determina il giusto, di come lo si può cercare e, se é possibile, conseguire. A tal riguardo, il Nostro compone tre opere: la Metodología jurídica (1988), la Metodología de las leyes (1991) e la Metodología de la determination del derecho (1994), in cui espone le forme nelle quali si articola quest’arte e come la concepisce.

Il centro delle riflessioni di Vallet, quindi, é "...un analogato secondario, costituito dalla definizione di Celso: ius est ars boni et aequi, il diritto come arte del giusto e dell’equo" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., pp.15 e 38). "...Non si tratta di sostituire l’analogato principale (il diritto é il giusto) con quello secondario (il diritto é l’arte del giusto), dato che questo, senza quello, non é nulla, manca di sentimento" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Speiro, Madrid, 1972, p.149); "...Si tratta unicamente di una trasposizione o di un parallelismo, se così si può dire, con la conosciuta sentenza finis est prior in intentionem sed posterior in ejecutionem, dato che l’arte per determinare il diritto é anteriore al diritto trovato nella sua realizzazione, sebbene questo, nella sua esistenza, sia indipendente dall’arte del giurista" (estanislao cantero núñez, El concepto del derecho en la doctrina española (1939-1998). La originalidad de J. Vallet de Goytisolo, Fundación Matritense del Notariado, Madrid, 2000, p.566). E cioè, il diritto comunque esiste, indipendentemente dalla sua realizzazione; per mezzo dell’arte del giurista, però, esso diventa un fenomeno sociale.

Riferendosi a San Tommaso, Vallet aggiunge: "...Diritto é ciò che é giusto. Come arte, il suo oggetto é la realizzazione della giustizia", che "...esige alcuni artefici…che la applichino alla vita sociale, al fine di determinare, in ogni caso, quod iustum est" (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho natural, Montecorvo, Madrid, 1982, p.565 e 785).

"...Il diritto come arte é una causa efficiente -dice Vallet-, che cerca di raggiungere il giusto nella condotta sociale e con l’aiuto delle norme, proprio come l’artista cerca di conseguire il bello dando forma alla materia che lavora e con l’aiuto delle regole dell’arte che pratica"; ed aggiunge: "...Ciò perché la giustizia é il fine del diritto come arte; la condotta sociale é l’oggetto, la materia a cui si deve applicare; e le norme, il mezzo per conseguirlo" (J. Vallet de Goytisolo, Entorno al derecho natural Sala, Madrid, 1973, p.174).

Nel pensiero dell’Autore, quindi, "…l’ars juris…presuppone di porre l’asse del compito creativo del diritto non nella legge -nel legislatore-, ma, al contrario, nel giudice, nel iudex" (renato rabbi-baldi cabanillas, La Filosofía Jurídica de Michel Villey, EUNSA, Pamplona, 1990, p.329).

3.2.2. La giustizia.

Se il diritto é ciò che é giusto, la cosa giusta in sé, ciò presuppone necessariamente la determinazione di cosa sia la giustizia.

Essa, per Vallet, non é un concetto formale (juan valley de goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed., 1973, p.43), né un’idea (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Sala, Madrid, 1973, p.73; Voluntarismo y formalismo en el derecho. Joaquin Costa, antipoda de Kelsen, Real Academia de Ciencia Morales y Politicas, Madrid, 1986, pp.47-70) o un’immagine ideale (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., p.23), non è un’ideologia, né un mito che incontra la sua ragione nel divenire, non un valore storico, e neppure solo un valore: é "...una realtà essenziale, estratta dalla contemplazione della natura e che deve cercarsi nell’ordine naturale perché si tratta di conseguire, in ogni caso, il giusto concreto" (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Op. cit., pp.12-13, 86-87, 93-106, 111-120).

Essa "...risiede nell’ordine naturale delle cose e consiste nella retta disposizione delle cose verso il loro fine o secondo l’ordine della creazione che si deve andare scoprendo nelle cose, giacché si sviluppa crescendo, ma può anche cancellarsi dai cuori degli uomini" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., pp.27-28).

Per Vallet, quindi, non si tratta di un desiderio, di un ideale a cui bisogna tendere, né di un mondo migliore o utopico, modello di critiche del presente ed inefficace costruttore del futuro. La giustizia consiste nel classico "...dare a ciascuno ciò che gli spetta, ciò che è suo, il suo diritto" (san tommaso d'aquino, Suma teológica, 2.ª-2.ª, q. 58, a.1), il che presuppone "...captare razionalmente l’ordine stabilito da Dio nella natura, nella legge eterna della quale l’uomo è partecipe per mezzo della legge naturale" (J. Vallet de Goytisolo, "La ley natural en Santo Tomás de Aquino" in Estudios sobre fuentes del derecho natural, Montecorvo, Madrid, 1982, pp.403, 759 e ss.).

In Panorama del derecho civil, Vallet segnala che "...la giustizia non consiste nella mera applicazione delle regole; essa é un problema sempre nuovo" in quanto si deve ottenere "...senza mai dimenticare l’universale, bensì considerando tutte le circostanze particolari ed esaminando le relazioni in tutti i loro angoli, aspetti, prospettive, relazioni e conseguenze reali, siano esse particolari che generali" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., p.28-29).

3.2.3. Il sentimento della giustizia: emozione e ragione.

Conformandosi al concetto classico di giustizia, Vallet distingue "...il sentimento di giustizia, e cioè la virtù della giustizia come virtù generale, e le diverse specie di giustizia, generale e particolare, che costituiscono propriamente l’ambito del giusto giuridico". Tale differenziazione non presuppone opposizione alcuna tra i concetti, "…bensì complementarietà senza confusione" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Speiro, Madrid, 1972, pp. 57-71; "La justicia social", in Verbo, Speiro, Madrid, n. 157, julio-agosto 1977 (pp.905-927); Metodología de las leyes, EDERSA, Madrid, 1991, pp.227-232).

Il sentimento della giustizia é necessario per "…captare il mezzo giusto nella natura in ciascun caso concreto", mentre l’ordine naturale risulta "…la norma necessaria della virtù della giustizia" (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Sala, Madrid, 1973, pp.75-76).

Così concepito, per Vallet, il sentimento della giustizia non é conseguenza di un’educazione determinata, né il risultato del vivere in una società che trasmette ai suoi membri determinate idee o principi; esso "...scaturisce dall’interno dell’uomo, dalla sua stessa natura umana" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed., 1973, pp.16-19).

Per il Nostro, "...il sentimento del giusto é un presupposto per poter comprendere la giustizia, così come il senso della proporzione, della bellezza e del colore sono, rispettivamente, i presupposti per distinguere il prossimo dal lontano, differenziare i colori e giungere al bello, e così come il senso comune serve per distinguere tante cose, come la salute dall’infermità" (juan vallet del goytisolo, En torno al derecho natural, Op. cit., p.77; Metodología jurídica, Civitas, Madrid, 1988, p.73). Vallet precisa che si ha questo sentimento "...in concreto, in ogni singolo caso; esso presuppone il contrasto degli atti umani, percepiti dinamicamente dai sensi e compresi nel loro significato sociale. Però, perché nell’ambito sociale, specialmente, questo sentimento non ci inganni, necessitiamo di comprendere debitamente l’atto che giudichiamo in tutte le dimensioni, gli aspetti e le circostanze, cioè, non solo intrinsecamente, ma anche estrinsecamente, in relazione con gli altri atti e le situazioni nelle quali tale giudizio può riperquotersi" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho natural, Op. cit., p.19).

Conclude Martínez-Sicula Sepulveda: "...Il senso della giustizia, perciò, é un presupposto naturale per poter captare sia l’idea di giustizia in quanto concetto universale, sia ciò che essa é in ogni caso concreto: il giusto" (consuelo martínez-sicula y sepúlveda, Del poder y la justicia, vol. 1, El sentimiento de la justicia, Editorial Actas, Madrid, 1977, pp.21-35).

 

3.2.4. Le specie di giustizia.

Nel campo della determinazione della giustizia, Vallet considera la distinzione già formulata da Aristotele nella sua Etica Nicomachea, e precisata da San Tommaso d’Aquino nella Summa Teologica, conformemente alla quale viene messa in risalto la scissione tra "...la giustizia come virtù morale generale, che ordina le virtù particolari -fortezza, temperanza, giustizia, prudenza- e la giustizia giuridica" (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Sala, Madrid, 1973, pp. 65-172; Metodología de las leyes, EDERSA, Madrid, 1991, pp. 228-229), nel cui ambito, a sua volta, distingue ulteriormente la "...giustizia generale o legale e quella particolare, con le loro specie di giustizia distributiva e commutativa (o correttiva)" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed., 1973, p.29).

A suo parere, questa distinzione é essenziale perché l’oggetto di ciascuna giustizia é differente ed i modelli a cui ci si deve uniformare per realizzarle sono molto diversi: alla giustizia generale, diretta al bene comune, corrisponde l’ordinare il particolare al bene comune; alla giustizia particolare distributiva, l’ordinare il bene comune tra i particolari, cioè, il distribuire onori, benefici, cariche tra essi; alla giustizia particolare commutativa, infine, l’ordinare il particolare, correggendo l’equilibrio eventualmente rotto negli interscambi e nelle relazioni da persona a persona. Mentre per determinare queste ultime due giustizie particolari ci si serve, rispettivamente, della eguaglianza aritmetica e di quella geometrica o proporzionale, "...nella giustizia generale non c’è nessuna specie di eguaglianza, né un criterio quantitativo, ma solo qualitativo: il bene comune" (J. Vallet de Goytisolo, En torno al derecho natural, Op. cit., pp.111-112, 123-130; pp. 15-16 e 20; pp.49-51).

La finalità delle tre specie di giustizia, quindi, é ben distinta; "...Ecco perché non possono confondersi, né si può prescindere da esse, né si può applicare ad alcuna di esse il modello di un’altra; in caso contrario, infatti, si otterrebbe una mescolanza che causerebbe gravi pregiudizi ed ingiustizie" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Speiro, Madrid, 1972, pp.57-71, 151-176; Sociedad de masas y derecho, Taurus, Madrid, 1969, pp.518-521).

 

3.2.5. Giustizia ed eguaglianza: dimenticanze e confusioni.

Nell’ambito della giustizia, Vallet insiste molto sull’esistenza di eguaglianze essenziali e diseguaglianze accidentali e circostanziali dell’uomo, cioè, "...sulla captazione della realtà umana osservata nelle persone e nelle istituzioni in cui vivono e di cui fanno parte".

Se si vuole applicare il tema della giustizia in relazione alla eguaglianza, si "...dovrà tenere in considerazione…che bisogna trattare gli uomini in modo identico se sono uguali, ed in modo differente se sono diversi" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Speiro, Madrid, 1972, p.57).

Accade spesso, però, di voler "…cambiare l’essenza delle cose…prescindendo dall’elemento sostanziale di eguaglianza della natura umana e producendo nuove differenze, ma questa volta non più naturali, bensì artificiali e perciò insopportabili" (J. Vallet de Goytisolo, "La justicia social", in Verbo, Speiro, Madrid, n.157, julio-agosto 1977 (905-927), pp.922-927); e ancora, capita di voler "...dimenticare la giustizia generale, tendendo ad includere nel campo di quella distributiva tutto ciò che non corrisponde alla commutativa" (J. Vallet de Goytisolo, Metodología de las leyes, EDERSA, Madrid, 1991, p.493), sebbene così se ne restringa ingiustamente il campo.

L’ordine della natura, che richiede comunità di uomini liberi e responsabili che cercano la sicurezza, allora, risulta stravolto dall’idea che debba essere lo Stato a ripartire i beni della terra (principio giustificativo di ogni socialismo e della tecnocrazia).

Si confonde "…miopemente il bene comune con il bene della massa in un certo momento storico, oppure lo si assorbe nella cosiddetta ragione di Stato" (J. Vallet de Goytisolo, Sociedad de masas y derecho, Taurus, Madrid, 1969, p.294), costituita da "...un gruppo di menti dirigenti capace di stabilire un programma di distribuzione e di ridistribuzione perfettamente corretto" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Op. cit., pp.58-59) con la derivante sostituzione del potere politico con quello economico, nonché l’asfissia delle iniziative creatrici delle persone e dei gruppi liberi.

La confusione principale, avverte Vallet, deriva dal pretendere un mondo giusto senza che gli uomini siano corretti e dal credere in una "...macrogiustizia imposta dallo Stato, che renderebbe innecessaria quella particolare di ciascun individuo" (J. Vallet de Goytisolo, "La justicia social", in Verbo, Op. cit., pp.923-924); si dimentica, insomma, "...che la giustizia é una virtù che dobbiamo praticare tutti e ciascuno, e che non si può incarcerare in una struttura rigida come rimedio imposto universalmente" (J. Vallet de Goytisolo, Algo sobre temas de hoy, Op. cit., p.61).

 

3.3. Il diritto naturale: il giusto naturale.

I concetti di diritto e di giustizia trovano una loro esistenza armonica nel diritto naturale.

Con l’omaggio a Federico de Castro, dal titolo "Perfiles jurídicos del derecho natural en Santo Tommaso d’Aquino", nel settembre 1974, con la pubblicazione degli articoli sulla legge naturale (J. Vallet de Goytisolo, "La ley natural según Santo Tomás de Aquino", in Verbo, Speiro, Madrid, nn. 135-136, mayo-julio 1975, pp. 641-679), sul diritto naturale, sul superfluo e sul suo riflesso giuridico (J. Vallet de Goytisolo, "Lo superfluo según Santo Tomás de Aquino y su reflejo juridíco", Anales de la Real Academia de Jurisprudencia y Legislación, n.3, 1975, pp.25-43 e 45-68), negli anni 1975 e 1976, ed infine, con l’opera intitolata "Santo Tomás de Aquino y la lógica de lo razonable y de la razón vital e histórica", Vallet dimostra di credere che gli insegnamenti dell’Aquinate siano ancora vivi e siano in grado di porre le fondamenta per realizzare l’arte del giusto, cioè, per determinare il giusto in concreto, "...il giusto conforme alla natura delle cose" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", nella sua opera Estudios jurídicos en homenaje al profesor Federico de Castro, Tecnos, Madrid, 1976, vol. II, p.723). Questo è il diritto naturale.

Ciò che viene proclamato nelle sentenze -la giurisprudenza- in nessun modo, per Vallet, é diritto per il solo fatto di essere stato pronunciato dai giudici: essa, previamente, deve essere conoscenza delle cose divine ed umane, cioè, dell’ordine naturale e, "...in quanto scienza del diritto, deve essere d’ausilio all’arte del diritto" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Bosch, Barcelona, 1963; 2.ª ed., 1973, p.42), perché "...é mediante questa che si determina il giusto" (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho natural y método jurídico, Montecorvo, Madrid, 1982, p.601). Infatti, una delle più importanti funzioni che rendono vivente il diritto naturale, é che esso riesce a distinguere le leggi in positive giuste ed ingiuste, indicando la liceità a seguire solo le prime.

La giustizia, quindi, non è tale solo perché legale, ed il diritto non è rilevante esclusivamente per la sua validità formale, altrimenti si accoglierebbe un giudizio di legalità e non di giustizia o di eticità: si direbbe ius quia iussum, cioè, è diritto solo perché è comandato e non perché è giusto, ma questo porterebbe all’obbedienza assoluta ed acritica al dettato normativo.

Il giusto, allora, non si identifica puramente e semplicemente col legale, perché si parla di leggi giuste ed ingiuste, ed il fatto che ci si possa interrogare sulla legittimità di un determinato diritto positivo mostra che, nell’uomo, c’è qualcosa che tende a trascendere la mera istituzione.

Per Vallet, infatti, non vi è identificazione tra legge naturale e diritto naturale, poiché quest’ultimo é "la cosa giusta", mentre la prima è lo strumento per facilitarne la determinazione concreta.

Legge naturale e diritto naturale, allora, costituiscono ordini distinti, ma correlativi; essi stabiliscono tra diritto positivo, diritto naturale e legge naturale una connessione e quest’ultima é presupposto criteriologico per l’arte, cioè per la determinazione del giusto, poiché, sebbene non dica affatto cosa é il diritto, ciò nonostante, è necessaria per poter captare in che cosa consiste" (estanislao cantero núñez, El concepto del derecho en la doctrina española (1939-1998). La originalidad de J. Vallet de Goytisolo, Fundación Matritense del Notariado, Madrid, 2000, p.597).

La legge naturale costituisce lo spartiacque tra ció che è giusto e sbagliato, tra ciò che si addice e non, tra il proprio e l’improprio, la linea di demarcazione "...che dipende dalla natura o dall’essenza umana, e dalle esigenze immutabili in essa radicate" (jacques maritain, L’home et l’Etat, Presses Universitaires de France, 2. ed., París, 1965, p.101-102).

Commenta a tal riguardo Reginaldo Pizzorni: "...rigettare il diritto naturale equivale ad affermare che ogni diritto è positivo, e questo significa che lo stabilire ciò che è diritto è prerogativa assoluta dei legislatori e dei tribunali nei vari paesi. Ora, invece, parlare di leggi o decisioni ingiuste è cosa così evidentemente sensata, e talvolta necessaria, che, nel dare giudizi siffatti implichiamo che vi sia un’idea archetipo del giusto e dell’ingiusto indipendente dal diritto positivo e più alta di esso, un metro di paragone che ci permette di giudicare il diritto positivo" (reginaldo pizzorni, Diritto naturale e diritto positivo in S. Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 1999, p.287): ossia, vi é nell’uomo qualcosa che non é totalmente asservito alla società ed al potere.

Si é detto della necessità delle leggi, ma essa non é altro che il segno della strumentalità delle norme, che sono un mezzo, non un fine.

Questa verità é stata enunciata dallo stesso Gesù Cristo, quando dice ai farisei: "...Il Sabato é fatto per l’uomo, non l’uomo per il Sabato" (san marco 2, 27), intendendo con ciò che lo Stato esiste per l’individuo e non viceversa.

Poiché la legge é sì necessaria, ma non sufficiente ai bisogni dell’uomo, sopra la legge, c’è Dio; "...infatti, la ragione umana non è autonoma, ed agisce quindi rettamente solo se segue l'ordine tracciato da Dio, Legislatore trascendente e Fine ultimo dell’uomo stesso" (san tommaso, Summa teologica,1a-2ae, q.74, a.7).

San Tommaso, all’interrogativo se sia utile che gli uomini stabiliscano delle leggi, risponde dicendo che nell’uomo c’è una certa attitudine naturale alla virtù, ma è necessario che la perfezione di essa giunga all’uomo mediante una disciplina, che "…consiste principalmente nella rinuncia ai piaceri illeciti, ai quali gli uomini sono invece molto inclini, e soprattutto i giovani. Se è difficile che gli uomini si diano da se stessi questa disciplina, è necessario che la ricevano da altri, per giungere alla virtù".

Il senso del giusto, infatti, viene trasmesso anche tramite l’educazione e l’esercizio del bene.

Cicerone afferma che: "...Una legge è giusta quando prende le mosse dall’initium iuris, dal principio di tutto il diritto, cioè, dalla legge naturale" (cicerone, De inventione, II, 53) e non lo è, invece, "...quando è in contraddizione con essa e quando non si fonda sulla vera natura umana" (cicerone, C. Gent., III, c.139).

L’insufficienza della legge naturale e la necessità di educare le persone a ricercare il giusto concreto, però, non sono, di per sé, prove della necessità della legge positiva: la scuola del diritto libero, infatti, ritiene che potrebbe bastare un’autorità vivente, o dei giudici integri e competenti "...che avessero il senso o il sentimento della giustizia e che decretassero basandosi sulla loro coscienza, caso per caso, in quanto la legge non scritta, o diritto naturale, (…) non è altro che questo: un ordine o una disposizione che la ragione umana può scoprire e secondo la quale la volontà umana deve agire per accordarsi ai fini necessari dell’essere umano" (reginaldo pizzorni, Diritto naturale e diritto positivo in S. Tommaso d’Aquino, Op. cit., p.295).

Se non si ammettesse questa dipendenza del diritto positivo dal diritto naturale non si avrebbe più una filosofia del diritto, ma solo una scienza del diritto, la quale considera il fatto giuridico come mero fatto e non anche come valore. Così, "...vero é…che il diritto naturale governa quello positivo, non solo nel senso che se non ci fosse il primo, anche il secondo non esisterebbe, ma soprattutto nel senso che, se non si conforma al diritto naturale il diritto positivo non può operare" (reginaldo pizzorni, Diritto naturale e diritto positivo in S. Tommaso d’Aquino, Op. cit., p.295).

Anche rispetto ai costumi o al socialmente vivo, si usa la stessa ratio: solo "...se lo stabilito o il vissuto sono giusti" (J. Vallet de Goytisolo, Panorama del derecho civil, Op. cit., pp.14, 71-73), allora essi costituiscono diritto.

Vallet distingue due modi in base ai quali si determina il giusto: "...considerando la cosa in se stessa ed in relazione alle sue conseguenze" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", Op. cit., pp. 765 e 768-769) - e questo, come dice San Tommaso, é chiamato diritto naturale (hoc vocatur ius naturale, san tommaso d'aquino, Suma teológica, 2.ª-2.ª, q. 57, a.2, risp., BAC, Madrid, 1956, tomo VIII, p.235; e q.60, a.5, risp."ex ipsa natura rei, quod dicitur ius naturale", p.328), oppure "...per convenzione, per accordo privato, di tutto il popolo o quando lo ordina il governatore" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", Op. cit., p.727) - e "...questo é il diritto positivo" (J. Vallet de Goytisolo, "La ley natural según Santo Tomás de Aquino", in Verbo, Op. cit., pp.641-679).

3.3.1. Il criterio di razionalità e di positività.

Vallet ritiene che, in merito al parallelismo tra legge naturale e diritto naturale, nei testi di San Tommaso "...siano nascoste due classificazioni trimembri parallele che, rispettivamente, partono dal criterio di razionalità e di positività".

Seguendo il primo criterio, egli afferma che esistono tre ordini differenti, in ciascuno dei quali sono presenti, a loro volta, due sotto-ordini distinti, quello della legge naturale e quello del diritto naturale.

"...Il primo ordine é costituito, riguardo alla legge naturale, da ciò che differenti autori chiamano la legge naturale primaria, i principi primi della legge naturale o precetti primari; in ciò che si riferisce al diritto naturale, da un diritto naturale primario. Qui si conosce il buono e si determina il giusto mediante la sinderesi e la ragione, nelle inclinazioni primordiali e negli appetiti che abbiamo in comune con gli animali ed in quelle che sono specificatamente umani, osservando le cose in se stesse, senza nessun’altra deduzione né conclusione e prescindendo dalle conseguenze a cui la cosa da’ luogo".

Questo ordine, nella sua duplicità, sia in ciò che si riferisce alla legge naturale sia al diritto naturale, é evidente. Si tratta di "...un ordine naturale primario" (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho naturale y método juríjdico, Montecorvo, Madrid, 1982, p.772): l’eguaglianza negli scambi, la tendenza a conservare la vita, la comunicazione sessuale eterosessuale, l’alimentazione e l’educazione dei figli, la convivenza tra gli uomini ed il fatto che, nell’ordine generale, le cose imperfette esistano per quelle perfette"; nonostante l’evidenza c’è, però, chi resiste ad ammetterlo, o addirittura lo nega, come fanno, per esempio in modo esplicito, i sostenitori della omosessualità o dell’aborto. Per il convincimento di queste persone, ogni ragionamento é inutile perché non si tratta di difficoltà intellettuale: l’evidente non necessita di ragionamento, ma di cattiva volontà.

"...Il secondo ordine é costituito, in ciò che si riferisce alla legge naturale, dalle prime conclusioni immediate e generali che la ragione deduce dai principi del primo ordine della legge naturale, e che alcuni autori denominano precetti secondari della legge naturale o precetti di secondo grado. In ciò che si riferisce al diritto naturale, questo ordine é costituito dal giusto rispetto alla cosa, in relazione alle conseguenze delle relazioni umane più generiche" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", nella sua opera Estudios jurídicos en homenaje al profesor Federico de Castro, Tecnos, Madrid, 1976, vol. II, pp. 733 e 791-192). Si tratta di "...un ordine umano generale" (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho naturale y método juríjdico, Op. cit., p.772), composto da principi necessari e dipendenti da quelli primari, dedotti, a loro volta, dall’ordine primo per mezzo della ragione.

La giustezza delle soluzioni proviene da un giudizio prudenziale sulla cosa (ciò che é, ciò che significa e la sua finalità) e sulle conseguenze che essa produce: essa esige un minimo ragionamento che ogni uomo può compiere. Cioè, sia la legge naturale di questo secondo ordine, sia il diritto naturale, non possono essere contrari, rispettivamente, alla legge naturale ed al diritto naturale del primo ordine. Gli esempi che Vallet riprende da San Tommaso sono, "...sia in relazione alle loro conseguenze (la liceità della pena di morte, il matrimonio indissolubile, la proprietà privata, le giuste compravendite), sia in relazione alla loro illiceità, perché si opporrebbero alla natura delle cose nel loro ordine primo (il matrimonio che non sia tra uomo e donna, impedire indiscretamente l’uso dei beni)…oppure nel secondo (l’adulterio)".

"...Il terzo ordine é costituito, in relazione alla legge naturale, dalle verità particolari dei casi concreti, dalle conclusioni remote dei principi primi, che é sempre possibile scoprire e che risultano utili alla vita umana". "...In relazione al diritto naturale, é costituito da ciò che risulta giusto rispetto alle conseguenze più concrete ed alle condizioni particolari proprie di ciascuna città, cioè, di ciascuna comunità politica" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", Op. cit., pp.719-720, 732-734 e 792-793); si tratta dello "...ordine civile di ciascuna città, che riguarda il bene comune di questa" (J. Vallet de Goytisolo, Estudios sobre fuentes del derecho naturale y método juríjdico, Op. cit., p.772) e che si precisa per mezzo del diritto positivo umano.

Questi sono tre ordini differenziati, ma anche relazionati ed armonizzati nell’ordine naturale generale: i primi due sono comuni a tutti gli uomini e a tutte le comunità politiche, e sono base di ciò che oggi si chiama diritto internazionale; il terzo, invece, é diverso in ciascuna delle comunità politiche.

In relazione al secondo criterio, quello della positività, Vallet distingue in San Tommaso ancora "...tre piani differenti costituiti da: a) un diritto naturale positivo, nel senso di posto da Dio nelle inclinazioni e nelle tendenze più comuni agli uomini ed agli animali, e che é positivo perché é obbedito e compiuto comunemente, mentre le sue devianze si considerano contro natura; b) il diritto naturale delle genti ( di secondo grado), di cui quasi tutti fanno uso, salvo notevoli eccezioni, e che é comune a tutte le nazioni; e c) il diritto civile, proprio di ciascuna comunità politica, convenuto, statuito o ordinato dal potere pubblico, che ha la forza del diritto naturale quando si tratta di conclusiones e quella della legge umana quando si tratta unicamente di determinaciones dalla legge naturale" (J. Vallet de Goytisolo, "Perfiles juridícos del derecho natural en Santo Tomás de Aquino", Op. cit., p.735).