CAPITOLO 2
IL DIRITTO NATURALE NELLA SPAGNA DEL XX SECOLO

 

2.1.3. Il diritto naturale spagnolo dal 1960 ad oggi.

Negli anni 1960-1970 affiorano sì nuove concezioni giusnaturalistiche, che in alcuni casi rappresentano la continuazione delle tesi anteriori, mentre in altri devono reputarsi posizioni originali, ma, soprattutto, si ha il rinvigorimento delle posizioni giuspositiviste.

José Luis Aranguren, nel 1962, pubblica la sua opera dal titolo Un concepto funcional del llamado derecho natural, ove accetta il diritto naturale soltanto in quanto esso porta in sé l’esigenza giuridica di mantenere il diritto aperto alla realtà storica culturale, politica e sociale. Egli individua diversi piani nella normatività: quello del diritto naturale come esigenza etico-sociale del diritto positivo; quello del diritto positivo come costitutivamente morale; e, da ultimo, quello del diritto positivo come meramente tecnico.

L’etica sociale tecnica è, per Aranguren, iscritta nelle strutture giuridico-amministrative, é virtù istituzionalizzata, secondo ciò che conviene allo Stato, e non più l’espressione di un ordine trascendente alla positività così come appare nella concezione giusnaturalista.

Il diritto naturale si presenta come dimensione morale e, allo stesso tempo, come istanza rigorosamente giuridico-positiva del diritto.

Il professor González Vicén, nell’esposizione delle sue principali prospettive dottrinali, si schiera risolutamente verso l’attitudine giuspositivista, sostenendo che "…il giuspositivismo non presupponga solo la negazione del diritto naturale in quanto manifestazione di principi, ma implichi anche una diversa concezione del diritto… caratterizzata dal concepirlo come un fenomeno storico, un ordine reale e concreto nel tempo" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), pp.169-170).

Egli distingue, nel seno del Positivismo giuridico, tre direzioni fondamentali: storicista, normativista e realista americana.

Da una tale concezione derivano due conseguenze: la prima é di carattere metodico e consiste nella considerazione del diritto positivo quale fenomeno storico-sociale; la seconda ha il suo riferimento nell’essere giuridicamente vincolante. Quest’ultima permette che qualsiasi precetto, anche il più iniquo, sia considerato cogente, purché rivesta i caratteri formali richiesti: le categorie gnoseologiche del diritto diventano imperativi assoluti per la coscienza individuale.

Vicén, pertanto, formula una teoria generale del diritto, una vera concezione dell’ordinamento giuridico e delle norme.

Nel 1968, appare la Introduccion al derecho del romanista Angel Latorre, dove l’autore afferma di non aderire al movimento Giusnaturalista. La sua Intoduccion pretende di essere "…un’apologia del diritto per sé, della sua importanza per la convivenza e della sua forza normativa".

Fedele alla linea dottrinale del Positivismo, Latorre stabilisce "…una netta separazione tra la morale ed il diritto"; considera "…la coazione come elemento essenziale della definizione generale del diritto" (angel latorre, Introducción al derecho, Ariel, Barcelona, 1968, pp.6, 24-25, 33-34); e crede inutile negare il nome di diritto ad un sistema che é autonomo nel senso che basta a sé stesso per la sua sanzione: chi viola la norma giuridica deve soffrire le conseguenze legali di quello, sebbene lo faccia in nome dei più elevati ideali.

Latorre, d’altra parte, manifesta la sua aperta simpatia per la tradizione umanistica e liberale, il cui principio essenziale é l’idea kantiana secondo cui ogni essere umano é un fine in sé e non deve servire da strumento a niente e nessuno; in questo aspetto egli è giusnaturalista. Commenta a riguardo il professor Mario A. Cattaneo: "…L’Illuminismo giuridico nel quale Lantorre sembra volere chiarire il suo pensiero si articola su due principi: uno giusnaturalista, tendente alla difesa razionale ed umanitaria della soggettività; l’altro positivista, diretto a fondare l’obbedienza assoluta nel potere legislativo sovrano" (mario a. cattaneo, Illuminismo e legislazione, Comunitá, Milano, 1966, p.13; guido fassó, Storia della filosofia del diritto, vol. 2, Il Mulino, Bologna, 1968, pp. 241; perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p. 175).

Manuel Sacristán, da una prospettiva marxista, considera il Giusnaturalismo ed il Positivismo giuridico come posizioni meramente ideologiche, occultatrici della pratica e dirette alla funzione apologetica dell’ordine esistente. Circa il Positivismo giuridico, egli osserva come questo ordini la completa resa innanzi alla forza, mentre il Giusnaturalismo, nella sua situazione attuale, tra nostalgia arcaizzante ed ambizione imperalista, è contrario alla costituzione del socialismo, e "…diretto all’elogio dell’ordine giuridico esistente" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p. 176).

Ma, uno degli aspetti più comuni della letteratura moderna sul diritto naturale é il riconoscimento unanime, realizzato anche dalle prospettive marxiste, della sua funzione storica ed ordinatrice, stabilendo un limite razionale all’arbitrio di colui che esercita il potere: da ciò deriva l’importanza del suo ruolo nella rivendicazione storica della dignità umana, che porta il Giusnaturalismo in aperta opposizione di fronte alle legislazioni positive.

Su tali temi si sofferma anche l’attuale titolare della cattedra di filosofia del diritto nell’Universitá di Deusto, Angel Sánchez de la Torre, nell’opera intitolata Los griecos y el derecho natural, e nell’articolo Observaciones sobre la ciencia iusnaturalista, mentre i professori Ramon Macía ed Emilio Serrano Villafañé si occupano delle relazioni tra il diritto naturale e quello positivo.

La tematica della ‘natura delle cose’ suscita l’interesse dei professori Mariano Hurtado Bautista, Francisco Puy, José Maria Rodríguéz Paniagua ed Elías Díaz, che si occupa della dimensione sociologica del diritto naturale, tema studiato, allo stesso tempo, da Luis García San Miguel.

Il problema della storicità del diritto naturale viene trattato nei lavori di José Maria Díez Alegría, José Delgado Pinto e Jaime Brufau Prats, professore di Barcellona che crede di trovare nella tradizione giusnaturalista scolastica una risposta armonica alla secolare tensione tra natura e libertà, tra il permanente e lo storico nella determinazione della pienezza dell’essere giuridico.

Altri lavori sul diritto naturale si devono ad Agustín de Asís Garrote, Nicolás María Lopez Calera, Juan José Gil Cremades, Jesús López Medel ed ai professori Emilio Serrano Villafañé, Manuel Fernández Escalante, Vladimiro Lamsdoff Galagane.

"…Per ciò che mi concerne -conclude Perez-, la problematica del Giusnaturalismo nei suoi diversi aspetti -fondamento giuridico, investigazione delle sue radici dottrinali e ripercussione nell’esperienza giuridica- é stata fin ora la questione che, in misura maggiore, ha affascinato la mia vocazione giusfilosofica. Anche nell’occuparmi di altre materie, come possono essere le relazioni tra diritto comparato e filosofia del diritto, o la proiezione dello strutturalismo e la cibernetica del diritto, l’ho fatto sempre attraverso i principi della nostra tradizione giusnaturalista…; la continuità, anche nel XX secolo della tradizione giusnaturalista spagnola, legata ai principi della philosophia perennis, é il migliore contributo alla storia generale della filosofia del diritto, a cui hanno partecipato uomini come Juan Vallet de Goytisolo" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p. 183).

 

2.1.3.1. La vigencia del diritto naturale in Spagna.

Il diritto naturale classico spagnolo è, secondo Elías de Tejada, "…il risultato della fusione tra il potere divino del Creatore e la libertà delle creature razionali, nella tensione drammatica di un destino trascendente, inteso come conquista della natura che ragiona, sceglie, assume responsabilità personale ultraterrene nella sua azione di decidere entro alcuni limiti proposti dalla ragione, e capta l’ordine universale voluto da Dio" (francisco elias de tejada, Discorso d’apertura delle Primeras Jornadas Hispanicas de Derecho Natural, in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, pp.18, 19).

Dal secolo XVII, la storia ha diviso gli uomini, o meglio, questi si sono dimostrati sempre più nazionalisti ed individualistici, ma un tempo i nostri avi, che ci fecero essere ciò che siamo adesso, lavorarono all’unisono, prudenti e geniali, nella grande impresa di difendere la libertà dell’uomo contro l’agonia e l’angustia della tragica lotteria della salvezza insita nella predestinazione proclamata da Lutero.

La spaccatura inevitabile dell’unità politica causò la discrepante disposizione dei nostri cuori. Però, mai dobbiamo dimenticare la comune ed agguerrita impresa di cultura con cui si è riusciti a salvare l’universalità cattolica…Da Lecce fino a Lima, da Dola fino a Siviglia, da Luanda fino a Malta, da Donai fino a Salamanca, ci fu una guerra per la fede, che, nell’ambito del diritto, fu la guerra in difesa del diritto naturale cattolico".

Non é mera evocazione nostalgica, e neppure desiderio di calcare i passi degli avi, ma, come infonde il gesuita Claudio Clemente nel El maquiavelismo degollato por la christiana sabidurìa de Espana, agli eccessi dell’Idealismo bandito dalla realtà, è necessario contrapporre le opinioni concise di Baltasar Alamos de Barrientos; alla tirannia, la soggezione dell’autorità alle leggi del gesuita Juan de Mariana o dell’agostiniano Jean Màrquez; alla distruzione della società tutta, implicita nella teoria bondiana della sovranità, la suprema autorità dentro l’ordine giuridico, che postula l’aragonese Gaspar de Anas Isunza.

Cosí, "…mentre da Grozio, il grande secolarizzatore dell’intellettualismo tomista, o da Hobbes, il grande secolarizzatore del volontarismo scotista, fino alle nuovissime antropologie strutturali di Levi-Strauss, tutto l’intero impegno del pensiero europeo è consistito nella scimmiesca imitazione del diritto naturale cattolico,...per noi stessi Dio è Creatore dell’ordine dell’universo ed è l’unica sorgente possibile di una giustizia scritta di suo pugno, onnipotente, nell’ordine delle cose e degli esseri che compongono l’universo mondo" (francisco elias de tejada, Discorso d’apertura delle Primeras Jornadas Hispanicas de Derecho Natural, in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.20-21, 24-25).

Heinrich Rommen, con il titolo di un suo celebre libro, L’eterno ritorno del diritto naturale, sottolinea come su pergamene, papiri, manoscritti o libri, siano fin da sempre corsi fiumi d’inchiostro per affermare o negare l’esistenza di un ordine giuridico collocato al di sopra delle leggi positive: nella conoscenza del diritto, non c’è questione più importante, né tema con maggiori scuole politiche o sociologiche, del voler attribuire a Dio l’ordine universale oppure no. Solo dalla risoluzione di tale quesito, d’altra parte, dipende la gerarchia dei valori umani, con le sue deduzioni giuridiche che assicurano i due grandi diritti dell’uomo, la sua libertà e la sua dignità, nonché la sicurezza giuridica e l’etica come spirito giusto del diritto.

Alla giustizia, fallibile in quanto ordinata dagli uomini imperfetti, serve proprio la giustizia di Dio, nel segno di quella divergenza che separa il finito dall’Infinito stesso.

"…Contro queste certissime verità, la tecnocrazia pretende di ostacolare, con rigidi burocratismi, i giudizi che la retta ragione dell’uomo va sempre facendo sul diritto naturale stabilito da Dio, così che questi impedimenti permettano solo ad una classe di uomini di poterlo interpretare, sebbene con i suoi propri criteri, in modo tale che non si avrà altro diritto naturale che quello che la classe qualificherà come tale, sovrapponendosi a Dio stesso" (francisco elias de tejada, Discorso d’apertura delle Primeras Jornadas Hispanicas de Derecho Natural, in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.35), che ha dotato, invece, ciascun uomo dello stesso criterio.

 

2.2. Il diritto naturale continua a vivere: ciò che permane e ciò che e’ storico.

Fin da Antigone, e dalla speculazione sofista intorno al nomos ed alla physis, pretendendo di raggiungere un concetto del diritto e della giustizia che lo fossero ‘per natura’, è nato il problema del diritto naturale, la cui prima formulazione si deve ad Aristotele, con la sua distinzione tra justo natural e justo legal ("giusto naturale" e "giusto legale").

Roma, per mezzo dei suoi giureconsulti, accetta la tradizione greca, includendola per sempre nella sua immortale giurisprudenza, collocandola sullo stesso piano oggettivo dello jus civile, e plasmandola in definizioni.

Nei secoli XVI e XVII, apogeo della Scolastica spagnola, data l’importanza politica della Spagna, si rende necessaria la risoluzione di problemi come la strutturazione politica e l’ordinamento giuridico della metropoli e dei ricchi e vasti possedimenti appena scoperti.

Emergono, proprio in questa atmosfera di ricerca, le grandi figure di Vitoria, Soto, Bañé, Cano, Molina, Vásquez, Sepúlveda, Lugo, Salón, Medina e, colosso della filosofia spagnola e mondiale, il "doctor eximio" Francesco Suárez, con il suo geniale trattato De legibus.

Lo spagnolo Villafañe afferma che "...Il fatto di aver negato a questo diritto naturale la sua relazione con l’ordine morale, comporta deviazioni, sia verso un diritto naturale troppo naturale con Grozio, Pufendorf o Thomasius, sia verso un diritto naturale troppo razionale con Kant, Fichte, Schelling o Hegel".

La Scuola Storica, il Positivismo ed il Neopositivismo "...attaccano un diritto naturale individualista e razionalista" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.99-122), p.102).

Ancora oggi, accanto ad un’innegabile rinascita del diritto naturale, si assiste ad un rinvigorimento del diritto positivo, con la sua accusa di astoricità o di antistoricità nei confronti del diritto naturale.

Il conflitto natura-ragione, ragione-storia, è uno dei leit-motive principali della filosofia del diritto, è il problema delle relazioni tra l’immutabile ed i dati contingenti e mutevoli, nell’elaborazione dell’ideale di giustizia: da Eraclito e Platone a Hegel, da Aristotele e Vico alla Scuola Storica ed all’Empirismo dei nostri giorni, la disputa si prolunga lungo tutti i secoli.

"...Sono i partigiani della ragione, e sono, nella filosofia moderna, coloro che si chiamano i classici del diritto naturale (anche se, in realtà, sono i razionalisti), e cioè Grozio, Pufendorf, Thomasius ed altri. Questi, con disprezzo per l’elemento vitale e storico, incorrono nel paradosso di fondare il diritto naturale su considerazioni empiriche (l’appetitus societatis in Grozio, la imbecillitas o il senso di debolezza in Pufendorf, il desiderio di felicità in Thomasius) e cioè, su un fenomeno reale che è assolutizzato fino ad essere trasformato in fondamento di un sistema normativo" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.104-105).

Gli autori giusnaturalisti contemporanei difendono il diritto naturale dall’accusa di antistoricità o astoricità, basandosi, generalmente, sulla dottrina tomista e suareziana della mutabilità ed immutabilità del diritto naturale: la legge naturale, nei suoi principi primi, é assolutamente immutabile, però, quelli secondi possono ammettere variazione e la ragione di questo cambiamento ha radici nella defettibilità della natura umana" (san tommaso, Summa Teologica, 1a-2ae, q.90 e ss.). I principi primi, quindi, per San Tommaso, sono assoluti ed universali; al contrario, le conclusioni sono regolate dalle circostanze, perché la ragione dà alle sue regole la flessibilità necessaria per adattarsi alle contingenze dei casi concreti.

Goytisolo afferma che, per San Tommaso, la legge naturale non si esaurisce nei principi primi, ma si estende a quelli che derivano dalla legge naturale attraverso le conclusioni. I precetti secondi, allora, derivano dai principi universali e, così come questi possono essere cancellati dai cuori degli uomini a causa delle loro passioni, così quelli possono essere disconosciuti a causa di cattive persuasioni o cattive usanze.

Vi sono, inoltre, i precetti di terzo grado che derivano da quelli di secondo e che considerano le conclusioni più remote e lontane.

Il non aver tenuto in considerazione questa gradualità della legge naturale è l’errore del Giusnaturalismo Razionalista, che procede solo deduttivamente, more geometrico. E, se è certo che il valore normativo di una regola di geometria è indipendente dai casi concreti in cui essa si realizza, al contrario, una regola morale ha valore solo in quanto considera e riconosce le circostanze e le esigenze particolari.

Si può, allora, affermare con onestà scientifica, che questo diritto naturale è omnino inmutabilis (del tutto immutabile), astorico o, addirittura, antistorico? Che questo diritto naturale, il cui contenuto si va’ scoprendo per mezzo dell’osservazione, è pietrificato, incatenato, immutabile, come sostiene Guido Fassò? Risponde con fermezza Villafañe: "...Al contrario, è un diritto naturale flessibile ed adattabile nelle sue applicazioni storiche" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.119).

Successivamente a San Tommaso, Suàrez segue la dottrina secondo cui i precetti primi più generali della legge naturale sono totalmente immutabili, ma estende questa qualità anche ai secondi, più concreti, ed alle conclusioni, più remote, sempre che comandino o proibiscano, rispettivamente, ciò che è buono o cattivo secondo la natura razionale.

Nessuno dei due autori, però, elabora un codice di diritto naturale completo di principi e di precetti che, secondo la ragione, deve valere in tutti i popoli ed in tutti i tempi; sia Suàrez che San Tommaso, infatti, affidano questo compito al necessario diritto naturale.

Il Giusnaturalismo Razionalista del XVII secolo, invece, porta ad una conseguenza inevitabile: o il diritto naturale é superfluo, oppure lo é il diritto positivo; e, siccome il Positivismo non può sopprimere il secondo, si nega l’esistenza del primo. Tale dottrina, allora, si rivela falsamente definita giusnaturalistica: anzi, essa é l’unica alla quale si può criticare, con ragione, di essere astorica.

A questo Razionalismo si oppone presto lo Storicismo del XIX e XX secolo, un altro avversario del diritto naturale, forse ancora più agguerrito del Positivismo.

"...Una prudente e moderata posizione, allora, sebbene con marcate sfumature storiciste, è rappresentata da alcuni giuristi contemporanei e da coloro che, nell’attualità -secondo Villafañe- seguono la dottrina tradizionale della philosophia perennis, come Rommen, Del Vecchio e Arthur Kaufmann, che parlano di un diritto naturale come sistema di principi immutabili, non dimenticando però che, se Aristotele e Cicerone, San Tommaso e Suárez parlano di principi immutabili, parlano anche di quelli fondamentali dell’ordinamento giuridico, adeguati alle situazioni storiche e ai dati empirici".

Il contenuto del diritto naturale non è qualcosa che può lasciarsi all’assoluto arbitrio dell’uomo, ma, nella sua determinazione, deve attenersi e sottomettersi a limiti imposti dalle esigenze della propria natura umana, individuale e sociale. Si afferma, così, ciò che permane del diritto naturale.

Il contenuto del diritto naturale, però, non è neppure determinato una volta per sempre, qualsiasi siano le circostanze, ma bisogna definirlo nella società e nella occasione esistenziale storica. "…In questo senso -conferma il giurista filosofo italiano Giuseppe Lumia - si può parlare di storicità del diritto naturale" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.114).

Essa non va intesa nel senso voluto dagli storicisti, di variabilità dei suoi principi in funzione delle situazioni contingenti, ma nel senso che i principi del diritto naturale, in sé dotati di validità assoluta, incontrano sul terreno storico la materia per la loro determinazione concreta e, solo allora, assumono un contenuto concreto.

Si potrebbe parlare, allora, di relatività del diritto naturale, ma non certo per porre in dubbio la validità permanente ed universale del suo valore giuridico: "…Il diritto naturale non è antistorico - dice il professor Reginaldo Pizzorni -, ma in movimento costante, anche se gli riconosciamo una intrinseca immutabilità, considerata oggettivamente ed ontologicamente".

"...Armonizzare gli immutabili principi del diritto naturale con il movimento dinamico della storia e con le mutevoli applicazioni, attraverso il diritto positivo, è progresso ed equilibrio che corrisponde alla legge di Dio ed a tutti gli interessi dell’umanità per il vero trionfo del diritto" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.116, 117, 121-122), conclude Villafañe.

2.2.1. Valore e missione del diritto naturale cristiano nell’attualita’
Giovanni Ambrosetti
(giovanni ambrosetti, Valore e missione del "Diritto naturale", intervento nelle Jornadas Hispanicas organizzate da Tejada nel 1973, in El derecho natural hispanico, Escelicer, Madrid, 1973, pp.263-286) parla del valore e della missione del diritto naturale cristiano di oggi. La domanda che si pone è: "…si può parlare di diritto naturale cristiano? C’è un diritto naturale cristiano?"

L’Autore non lascia dubbi a riguardo ed esordisce, nel suo intervento dal titolo Valore e missione del diritto naturale cristiano nell’attualità, con una risposta decisamente affermativa: "...nella cultura moderna, e soprattutto nella civiltà contemporanea, l’espressione diritto naturale esprime, in modo particolare, una corrente di pensiero: la dottrina del Diritto della Natura…che nasce con Grozio e porta a Rousseau ed a Kant", ma non é il vero diritto naturale sviluppato nel seno della tradizionale scolastica dell’antica philosophia perennis, quanto piuttosto una dottrina razionalista, individualista ed antistorica.

Oggi si vorrebbe negare l’esistenza di una filosofia fondamentale avente una base nel Cristianesimo, ma, in realtà, ciò non è possibile, in quanto, "...la sintesi diritto naturale-Cristianesimo non solo è legittima, ma anche spontanea" (giovanni ambrosetti, Valore e missione del "Diritto naturale", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.264-265, 267-268).

Il diritto naturale cristiano, infatti, rappresenta una dialettica tra l’elemento sovrannaturale (teologia) e l’elemento filosofico dell’intelligenza e della volontà elevata dalla Grazia, una fusione di intelligenza, di esperienza e di vita, ma non solo questo, perché il Cristianesimo non resta in una posizione intellettuale, ma penetra completamente nella vita dell’uomo.

Esaminando gli aspetti delle Verità rivelate, che concernono particolarmente il diritto e la giustizia, si rileva quanto essi riescano ad influenzare la stessa dottrina e la sua possibilità di trasformare la vita umana, quali il concetto della dignità della natura umana, oggetto di un disegno di Grazia e di amore infinito da parte di Dio, che permette la rivalutazione del concetto di persona umana; la nuova solidarietà morale e spirituale del genere umano, chiamato alla salvezza solidale ed universale; ed infine la società spirituale, il corpo mistico di tutti i credenti, nel quale detta solidarietà incontra una forma concreta.

Queste Verità, che influenzano il diritto ed anche la politica, convertendosi in temi di lavoro intellettuale, così come in temi di vita, mostrano ciò che è la dialettica spirituale, che caratterizza il diritto naturale cristiano: solo essa, infatti, é sintesi che si cala nella realtà dell’uomo e la influenza.

La storia del diritto naturale cristiano, allora, manifesta l’armonia dottrinale dell’incontro tra ragione, teologia e storia, sottolineando l’aspetto nella teologia razionale cui anche Juan Vallet de Goytisolo da’ molta importanza.

 

2.3. Juan Vallet de Goytisolo ed il Giusnaturalismo della sua epoca

Il Giusnaturalismo, in Spagna (estanislao cantero, El concepto del derecho en la doctrina espanola (1939-1998). La originalidad de Jaun Vallet de Goytisolo, Madrid, 2000, pp.701-718), é predominante fino all’inizio dell’ultimo quarto del XX secolo e si mantiene vivo fino ai nostri giorni, in molti degli autori successivi (sebbene, da allora, anche il Positivismo, teorizzato da pochi tra i professori di filosofia del diritto, si converte in qualcosa di più fiorente).

L’instaurazione di un sistema democratico in Spagna è causa della frammentazione del Giusnaturalismo spagnolo (Giusnaturalismo forte) ed origine di ciò che si può definire come Giusnaturalismo debole o light: la democrazia che instaura la Costituzione é quella moderna, nella quale non resta niente fuori dall’ambito del decidibile.

Anche dal punto di vista teorico, é impedita la formazione al senso pedagogico ed educativo del diritto naturale, che permetterebbe la crescita di coscienze capaci di criticare i gravi difetti delle condotte sociali e delle regolamentazioni legali. Così, il diritto naturale finisce per sembrare una mera opinione ed il Giusnaturalismo un’ideologia in più rispetto alle altre possibili.

Il Giusnaturalismo autentico (classico, spagnolo o cattolico) viene confuso con quello moderno, nato a partire dalla riforma luterana.

Il consenso é diventato il fondamento del diritto naturale: esigenza basilare che deve presiedere il processo di positivizzazione dei diritti umani, poiché "…la legge li delimita e controlla" (ollero tessara, Derechos humanos y metodologia juridica, Centro de Estudios Constitucionales, Madrid, 1989, pp.208-209, 159 e 152).

Cantero ritiene che il Giusnaturalismo debole proceda dall’aver preteso d’integrare nel suo profondo una democrazia, quella moderna, incompatibile nei suoi fondamenti, con il Giusnaturalismo autentico, tout court, credendo -come é per Ollero Tassara- che non possa esservi democrazia senza diritto naturale e viceversa.

Come dice Giovanni Cantoni, "…il pensiero Giusnaturalista debole, affermando l’impossibilità di enunciare verità assolute, lascia nell’indigenza i più deboli, senza difesa davanti ad un relativismo etico, che, nel campo politico, si traduce in totalitarismo, riducendo tutta la realtà all’ambito del negoziabile e sottomettendola all’imperio della maggioranza" (giovanni cantoni, in IDIS, Istituto per la Dottrina e l’Informazione sociale, Voci per un "Dizionario del pensiero forte", ed. Cristianità, Piacenza 1997, pp.11-12).

Nella relatività che si afferma, tutto diventa possibile, e cioè tutto é indifferente; l’opinione é sostituita alla scienza ed alla filosofia, conseguenza della rinuncia al diritto naturale autentico.

A questa, che è una tendenza generalizzata, ma non assoluta, si affiancano alcuni autori, come Juan Vallet de Goytisolo che, sotto l’influenza del Realismo, sono portati a sostenere una concezione del diritto come giusto, ove, oltre l’opinabile, vi é l’indecidibile.

Il Realismo giuridico di Vallet, allora, finisce per contribuire non solo al mantenimento del Giusnaturalismo autentico, ma anche alla sua "rinascita" nei giorni presenti: in Spagna, infatti, egli é il primo - e per molti anni rimane l’unico- a rivendicare la concezione realista del diritto nella totalità delle cose (nella elaborazione legislativa, nella determinazione del giusto concreto, e, soprattutto, nella considerazione della natura come fonte del diritto).

Vallet evidenzia anche un altro aspetto del tutto nuovo, cioè, il concepire l’ordinamento come una pluralità di ordini giuridici originati dagli organi produttori delle fonti formali, secondo la connaturale diversità dei corpi intermedi nella società, secondo le rispettive sfere di competenza.

Tale concezione sociale non costituisce un sistema propriamente detto, ma un’arte, nella quale ogni situazione presuppone la fonte o le fonti necessarie per incontrare la soluzione corretta.

Il Nostro ritiene, inoltre, che l’impulso e l’iniziativa debbano restare liberi per mantenere l’indipendenza del pensiero, nella sottomissione alla realtà. Solo così, nel Realismo, natura e ragione, necessità e libertà, morale e diritto, dovere e facoltà di agire e tanti altri termini, modernamente contrapposti, incontrano il loro posto proprio nell’armonia di un ordine che é naturale.