CAPITOLO 2
IL DIRITTO NATURALE
NELLA SPAGNA DEL XX SECOLO

 

2.1 L’eredità del Giusnaturalismo del XIX secolo nelle costruzioni della prima metà del XX secolo.

 

Nella Spagna del XIX secolo, il Positivismo è quasi sconosciuto, sebbene si rilevi la proiezione di alcuni dei suoi principi sul diritto.

Il Positivismo filosofico di origine comptiana, evoluzionista e materialista, ed il Giusnaturalismo krautista, per esempio, contribuiscono alla critica del diritto naturale, dal momento che, per i discepoli spagnoli di Krause, non c’è differenza reale tra questo ed il diritto positivo: Francisco Giner de los Rìos ed Alfredo Calderon, infatti, nel loro Resumen de filosofia del derecho, pretendono di superare il dualismo tra l’uno e l’altro.

Adolfo Posada, altro discepolo krautista, sostituisce compiutamente la tradizionale distinzione con la sua concezione monista, successivamente esemplificata da Joaquín Costa nella La vida del derecho, ove egli scrive che "...con il diritto succede ciò che avviene con la luce del sole, la quale, pur essendo la stessa, indeterminata ed incolore, si concreta in una diversità di gradi e colori secondo la naturalezza dei corpi dove si riflette: il diritto, pur essendo assoluto ed unico, identico ed immutabile, proiettandosi sulla vita, si sviluppa in un sistema infinito di ideali finiti o relativi del diritto". Questa tesi idealista, negando la distinzione tra diritto naturale e positivo, rifiuta ogni rilevanza pratica all’idea giusnaturalista.

"...Il formalismo dello stile di Stammler, che traspare dalle ultime opere di Giner de los Ríos e Posada, finisce per rendere innecessario il diritto naturale e, al culmine, lo converte in un postulato la cui concrezione si trova soggetta alla contingenza dei valori della legislazione positiva" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), pp.129-130). Partendo da questo pensiero, infine, Dorado Montero e Quintiliano Saldaña negano la necessità di tale diritto naturale snaturalizzato, vuoto di contenuto.

Pedro Dorado Montero, discepolo di Francisco de los Ríos, borsista a Bologna del Real Colegio de San Clemente degli spagnoli, trova l’occasione di studiare ampiamente il pensiero di Ardigò e di Ferri. Il primo esercita un’influenza decisiva sul pensiero di Dorado e sul suo orientamento verso il Positivismo: fedele ai postulati giuspositivisti, Dorado Montero non cerca più di superare la dicotomia tra diritto naturale e positivo identificandoli, ma addirittura la nega, sostenendo che sia un artificio, perché ogni diritto, per essere tale, deve esigere il requisito della positivizzazione, cioè, del suo essere stabilito dagli uomini. Il diritto naturale non è altro che l’intimo ideale giuridico di ciascuno, frutto di elementi puramente ideologici o di aspirazioni utopiche, che coincide con la morale perché entrambi proteggono le stesse relazioni e possiedono il medesimo campo di coazione.

Con Dorado, dunque, si apre la strada alla lotta per la sopravvivenza del diritto naturale.

Anche Quintiliano Saldaña, con il suo pragmatismo giuridico -indirizzo filosofico che ripone il criterio di veridicità dei principi teorici nella loro portata pratica ed utilitaria- critica il diritto naturale: con la pretesa di uno stretto realismo, egli cerca di fissare le basi di una concezione empirica del diritto, opposta a qualsiasi concessione alla trascendenza giuridica, sebbene ciò snaturalizzi il diritto e trasformi le opere dei metafisici della giustizia in niente più che cataloghi per l’invenzione di ipotesi assurde.

La replica giusnaturalista a questa concezione non si fa attendere: Prat de la Riba rimprovera a Saldaña perché, dire che il diritto è la realtà sociale medesima significa penetrare molto poco nella sua natura.

"…Tutti gli sforzi positivisti si dirigono a combattere la legge naturale, ma, impegnarsi nell’allontanare dal diritto la legge naturale è qualcosa simile a voler allontanare dal linguaggio le idee, perché la legge naturale sta’ al diritto come le idee al linguaggio" (prat de la riba, El positivismo en Castilla, "Revista jurídica de Cataluña", 1895, pp.292).

Enrique Luño Peña, nella sua monografia Il pragmatismo giuridico di Quintiliano Saldaña, pone in rilievo come il soggettivismo pragmatista conduca alla dissoluzione della teoria della giustizia, data la mancanza di un ordine ontologico (la legge naturale) sul quale appoggiarsi, e data la carenza di proiezione sociale, perché la sola esperienza non può offrire un concetto universale dello stesso, né essere norma di valori: si tratta perciò di puro relativismo" (enrique luño peña, Il pragmatismo giuridico di Q. Saldaña, Rivista Internazionale di filosofia del diritto, 1931, pp.181 ss.).

Nonostante le opere di alcuni autori, però, il Positivismo giuridico non riesce ad attecchire in Spagna, perché, le dottrine recensite rappresentano apporti individuali, ma privi di un’autentica continuità.

 

2.1.1. Il consolidamento del diritto naturale neoclassico.

In Spagna, la dottrina del diritto naturale viene costituita, fondamentalmente, dalle opere di Zeferino González, Orti y Lara, Mendive, Rodríguez de Cepeda, e Marquéz de Vadillo; a questi autori suole attribuirsi "...il difetto di porre scarsa originalità, e li si rimprovera di seguire, nelle loro opere, i neotomisti italiani, specialmente Taparelli e Prisco, anziché le fonti originali della Scolastica e della Scuola Spagnola del Diritto Naturale" (josé castán tobañas, En torno al derecho natural. Esquema histórico y crítico, La Académica, Zaragoza, 1940, p.50).

Perez Luño afferma in merito: "...Credo che questo giudizio non possa mantenersi con carattere generale per tutti questi autori" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), p.135). Per esempio, Zeferino Gonzáles conosce in profondità il pensiero tomista, come lo provano i suoi tre volumi di Estudios sobre la filosofia de Santo Tomas; e non lo si può accusare neppure di dimenticanza della scuola spagnola, perché nel suo studio Sobre una biblioteca de teologos espanoles egli allude continuamente ai teologi giuristi della scuola di Salamanca.

La restaurazione neotomista italiana del XIX secolo é in gran parte frutto del magistero dei gesuiti -antichi professori di Università di Cervera radicati in Italia dopo l’epulsione dalla Spagna-, le cui opere, di carattere didattico, sono tutti quei trattati di diritto naturale sorti dall’insegnamento e diretti solo all’educazione universitaria.

L’opera del professor Mendizábal Martín, iniziata nel 1890 con i suoi Elementos de derecho natural, e continuata durante le sette edizioni del suo Tratado de derecho natural, rappresenta l’ultimo esempio del modo di operare del XIX secolo e l’apertura ai nuovi orizzonti ed ai problemi su cui si concentra il Giusnaturalismo degli inizi del XX secolo; Del Vecchio, a ragione, commentando l’autore spagnolo sostiene che la sua opera comporta l’inserimento, nella vecchia trama scolastica, di dati e problemi della vita giuridica moderna.

Mendizábal Martín definisce il diritto naturale come "...un diritto promulgato dalla ragione rettamente orientata, appoggiato nei fatti, fondato nella legge divina" (alfredo mendizábal villalba, Tratado de derecho natural, Cosano, Madrid, 7ª ed., 1928, p.11).

Nella sua concezione, esso é continua tensione nelle esigenze concrete della vita.

Continuatore dell’opera di suo padre, Alfredo Mendizábal Villalba contribuisce a sviluppare la dottrina del diritto naturale dentro uno stretto Neotomismo.

Così, di fronte alla tendenza idealista che identifica il diritto naturale col diritto positivo, ed alla tendenza del Positivismo giuridico, diretta ad impugnare il diritto naturale, Alfredo Mendizábal rivendica, seguendo San Tommaso d’Aquino, questa dualità tanto chiaramente stabilita, tra una legge naturale - una, immutabile e universale - ed un diritto positivo - variabile, particolare, che, sebbene si ispiri ai principi supremi della giustizia che gli mostra quella legge, non può identificarsi con essa -.

A suo giudizio, inoltre, esiste una differenza oggettiva tra il giusto e l’ingiusto, e la legalità di un precetto è cosa diversa dalla sua giustizia, perché la prima deriva da un fatto umano, mentre la seconda si deve riconoscere dal suo adattamento alla legge naturale che, in sé, contiene la giustizia immutabile ed universale.

In uno studio sui principi e sul funzionamento del diritto amministrativo, Alfredo Mendizábal sostiene la tesi secondo cui non c’è diritto positivo che non si appoggi sul diritto naturale. A sostegno di ciò, Miguel Sancho Izquierdo afferma: "...Il diritto naturale é l’insieme dei principi giuridici di valore universale, innati nell’uomo, che sono stati il patrimonio di tutti i popoli e di tutti i tempi, e sono il presupposto necessario di ogni realtà giuridica positiva" (miguel sancho izquierdo, Principos de derecho natural, El Noticiero, Zaragoza, 5.ª ed., 1955, pp.41-42).

Discepoli di Luis Mendizábal Martín sono anche i professori di Zaragoza, Miguel Sancho Izquierdo, Enrique Luño Peña e Luis Legaz Lacambra.

Soprattutto Sancho e Luño seguono, nella struttura dei loro trattati di diritto naturale, le linee maestre del pensiero di Mendizábal. Partendo dall’idea di ordine per stabilire le relazioni tra la morale e ciò che é giuridico, il principio ordinatore, si rinviene nel bene comune nella sua più rigorosa accezione tomista.

Per Luño, dire che la legge è eterna perché l’idea di ordine ed il volerlo sono eterni in Dio, equivale a dire che lo sono anche le cose esistenti. "...Non esiste, per l’uomo, -conclude Luño - alcuna legge morale anteriore, né superiore alla legge naturale. Conseguentemente, l’uomo non può compiere né distruggere le norme assolute della legge eterna" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.140).

Anche i professori Pérez Bueno, Enrique Gil Robles, Mariano Puigdollers e Wenceslao González Oliveros seguono un Giusnaturalismo di stampo tomista: Fernando Pérez Bueno propaga in Spagna il pensiero di Rosmini; Gil Robles formula una teoria sul divino naturale e sul diritto naturale casuale.

Nel La filosofia de la ley en Balmes, Puigdollers segnala che esiste un ordine ontologico, costruito dalla natura degli esseri, fisso, immutabile, conosciuto e voluto eternamente da Dio, a cui l’ordine morale e giuridico deve uniformarsi.

Wenceslao Gonzalez Oliveros persegue lo studio della fenomenologia e filosofia dei valori, intravvedendovi la possibilità di una migliore comprensione e di un più fondato utilizzo del pensiero dei classici del XVI secolo.

 

2.1.1.1. Neokantismo ed Assiologia.

Altri autori pongono le basi delle loro concezioni giusnaturaliste sulle correnti che imperano nella filosofia giuridica straniera, per lo più, nel Neokantismo o nella Filosofia del valori.

Tra gli esponenti del Neokantismo si deve citare Adolfo Bonilla San Martín, che distingue la nozione generale di diritto dal diritto naturale: "...ogni regola giuridica possiede un contenuto ed una forma: il contenuto è qualcosa di stabilito e posto dall’esperienza, mentre la forma è un elemento a priori...Il cosiddetto diritto naturale non può essere altro che uno studio delle forme a priori dell’esperienza giuridica" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), p.143).

Un Giusnaturalismo fondato sulla Filosofia dei valori, invece, è il segno nel quale si sviluppano i primi lavori di Luis Recaséns Siches e di Luis Legaz Lacambra.

Recaséns preferisce sostituire la denominazione di estimativa giuridica a ciò che, tradizionalmente, si é definito diritto naturale: egli osserva che la conoscenza umana spontanea si manifesta sempre credendo che ci sia un’istanza superiore al diritto positivo per giudicare del suo successo e non.

Luis Legaz mostra, nei suoi primi lavori, la perplessità sulla qualificazione giuridica del diritto naturale: "...Non mi crea dubbi -dice- il fatto che esista questo che si chiama tradizionalmente diritto naturale, e resto assolutamente conforme con l’interpretazione che questo qualcosa è ricevuto nel pensiero cristiano e nella scolastica tradizionale. Ciò che, solo, mi crea perplessità è se sia corretto parlare qui di diritto, perché credo che, con tale espressione, s’intenda il diritto esistente, positivo, mentre quello naturale é più una somma di principi sovragiuridici, nei quali si contengono le supreme verità etiche".

Gli risponde Luño: "…Chi nega il carattere giuridico al diritto naturale e lo concepisce come un insieme di norme strettamente morali, non eccede i limiti del Positivismo giuridico e deve essere considerato, nell’ambito del diritto, un positivista, come nel caso del professor Legaz" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op.cit., pp.144-145).

La critica del diritto naturale, comunque, continua a non godere, in Spagna, della diffusione che ottiene in altri Paesi: il Positivismo spagnolo degli inizi del XX secolo appare come un movimento tardivo rispetto all’epoca in cui raggiunge il suo apogeo in Europa, e, allo stesso tempo, limitato alla scienza del diritto penale, senza ripercussioni nel terreno giusfilosofico.

Neppure le dottrine neokantiane e neohegeliane hanno eco, sebbene Gonzalez Vicén affermi, nel suo lavoro del 1937, dal titolo Deutscheund spanische Rechtsphilosophie, che "...la filosofia giuridica spagnola si sia unita al nome di Hegel, e che l’hegelismo spagnolo, sia al primo piano della attualità filosofica" (gonzález vicén, Deutsche und spanische Rechtsphilosophie der Gegenwart, Mohr, Tubingen, 1937, pp.36-37).

Il Giusnaturalismo fondato nella philosophia perennis ed esposto nelle aule universitarie (che arricchiscono il lascito del XIX secolo con lo studio diretto delle fonti della scolastica e dei classici spagnoli), allora, é il vero pilastro dottrinale.

 

2.1.2. Il Giusnaturalismo del postguerra. Il problema gnoseologico.

Le diverse posizioni giusnaturaliste anteriori alla Guerra Civile Spagnola, alla lunga, sono l’origine di una profonda crisi giusfilosofica, messa in rilievo da Medina Echavarría: l’orizzonte bibliografico del diritto naturale del postguerra spagnolo rivela autori di formazione non strettamente tomista, come Legaz, Gómez Arboleya e Lissarrague, che cercano, nella filosofia della tradizione cristiana, motivi per dare fondamento alle loro proprie costruzioni. Si afferma, così, tra le altre correnti del pensiero filosofico, l’egemonia della direzione giusnaturalista Neotomista.

Quando si pretende di studiare il diritto, non possono ignorarsi i fondamenti sui quali l’esperienza giuridica si edifica, anzi, il fenomeno giuridico, come esperienza di vita umana, si trova sempre vincolato ad un sistema di valori, patrimonio culturale della comunità in cui sorge.

Tradizionalmente, la teoria che realizza questa approssimazione integrale ad un siffatto studio del fenomeno giuridico è il Giusnaturalismo, che non si accontenta di approfondire la dimensione formale (normativo-positiva), ma, spinto dal desiderio di offrire una visione planetaria della vita umana, si domanda attraverso quali principi fondamentali debba informare il diritto e quale presenza possa essere determinante perché l’esperienza di vita collettiva meriti di essere considerata giuridica.

Antonio Hernandez Gil mette in rilievo i vantaggi che possono derivarsi, per la teoria del metodo giuridico, dall’accettazione della prospettiva giusnaturalistica: "...il Giusnaturalismo - egli sostiene - rappresenta, in primo luogo, una garanzia di libertà di fronte alle imposizioni del Normativismo e, in secondo luogo, permette di situare il concetto di diritto nel suo significato autentico, esplicando la peculiarità del rispetto al sociale ed all’etico, e rivelando la sua connessione con la giustizia. Esso richiede, per il diritto, l’esigenza di razionalità, ma senza disconoscere ciò che nel diritto c’è di storico; supera l’unilateralità positivista incentrata esclusivamente sull’essere ed il vago idealismo del dover essere, postulando, di contro, un dualismo integratore, nel quale si congiungono e si condizionano l’ordine giuridico naturale e quello positivo; agisce come veicolo e guida del progresso giuridico; conferisce una formazione giuridica completa; compie il compito di mantenere un’unità essenziale nella filosofia e nella scienza del diritto; ed infine, armonizza, in ordine alla conoscenza, l’apriorismo con l’empirismo: i concetti di diritto e di fondamenti giuridici non si rappresentano come semplici dati dell’esperienza, che l’intelligenza si limita a riconoscere, ma come l’elaborato della mente umana, con l’aiuto del vissuto, e soprattutto, di ciò che viene fornito alla mente indipendentemente da esso" (antonio hernandez gil, Metodología del derecho, ERDP, Madrid, 1945, pp.374-375).

Anche nei lavori di Clemente De Diego, la natura stessa dell’uomo trova la sua esplicazione fondamentale nella scienza della causa ultima e nei perché delle cose, ossia, nella filosofia.

Federico de Castro, seguendo San Tommaso, sostiene che la legge umana può essere derivata dal naturale per modum conclusionis - deducendo le conseguenze e facendo le applicazioni particolari del principio generale naturale -, e per modum determinationis - concretando ciò che deve farsi nell’ambito che la legge naturale gli offre -. Il diritto positivo, allora, agisce basandosi sulla generalità e sulla indeterminatezza del diritto naturale.

Il professore di diritto civile, nonché presidente del Tribunale Supremo, José Castán Tobeñas, considera urgente, nell’immediato postguerra, seguire la direzione giusnaturalista spagnola, sia classica che moderna: quest’esigenza proviene dalle necessità pratiche dell’interpretazione e dell’elaborazione del diritto positivo, formato sempre alla luce delle idee giusnaturaliste.

Nel 1946, Espín Cánovas, nel suo discorso in merito all’opera intitolata El derecho natural y la moderna metodologia, sostiene un metodo misto nei domini del diritto, in giusta corrispondenza con la duplice composizione materiale e spirituale della natura umana. Perciò, Espín considera un dovere dei giuristi spagnoli paragonare tra di loro le dottrine in merito all’eterno diritto naturale, ed in particolare dei civilisti, dato che "…il diritto civile, perché dia come frutto la giustizia, deve affondare le sue radici nel sottosuolo filosofico del diritto naturale" (espín cánovas, El derecho natural y la moderna metodologia, ceu, Madrid, 1947, pp.18-19).

Per Juan Vallet de Goytisolo, "...il metodo giuridico della tradizione giusnaturalista classica, partendo dall’esperienza storica emanata dall’ordine naturale, costituisce un metodo di ponderazione" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), pp.154-155).

Il modello giusnaturalista, infatti, viene qui impiegato più che come uno strumento posto al servizio dello studio del diritto, come un paradigma per la formulazione stessa del diritto: "...questo ordine naturale è stabilito da Dio, nella sua opera creata...Lo stiamo scoprendo sempre e, a volte, lo dimentichiamo. Però, vero è, che lo conosciamo nell’indispensabile per regolare l’ordine provvisorio di questo mondo: distinguiamo l’universale dal particolare, ciò che permane da ciò che muta, l’essere dal divenire, il sostanziale dallo accidentale" (juan vallet de goytisolo, El orden natural y el derecho, Speiro, Madrid, 1967, pp.8-9).

Commenta così Cantero, nella sua opera dal titolo El concepto del derecho en la doctrina española (1939-1998). La originalidad de Juan Vallet de Goytisolo: "...La concezione del diritto naturale come metodo per trovare il giusto concreto, in tutta la sua onnicomprensività, risulta nuova anche nella letteratura giuridica spagnola dell’epoca...dinamica e capace di incorporare nuovi contributi...aperta non alle diverse concezioni del rispettivo interprete, ma alla realtà ed alla storicità" (estanislao cantero nuñéz, El concepto del derecho en la doctrina española (1939-1998). La originalidad de Juan Vallet de Goytisolo, Op.cit., p.714).

2.1.2.1. Il problema ontologico: il diritto naturale nella definizione generale del diritto.

Circa il problema ontologico, punto centrale della investigazione filosofica e giuridica, il Giusnaturalismo presuppone l’ammissione della giustizia e dell’etica quali elementi necessari alla definizione del diritto, ed affonda le sue radici nella Filosofia dell’Esistenza.

Ad esempio, per Recaséns, "...il diritto è l’insieme di norme umane, appoggiate ed imposte dal potere pubblico, con le quali si aspira a realizzare alcuni valori e la cui dimensione assiologica costituisce l’oggetto del diritto naturale. Quest’ultimo é composto da valori ideali oggettivi, criteri estimativi dai quali derivano principi normativi e non enunciati di realtà" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.123-186), p.157).

Tutta la concezione di Recaséns ha base sulla nozione di valore, costruita sull’Esistenzialismo Razionalista ortegniano, per cui i valori appartengono al piano dell’a priori, cioè, possiedono un’oggettività immanente alla vita umana.

L’uomo, cioè, non crea i valori; al contrario, deve riconoscerli come tali. "...Si potrebbe dire, - ragiona Recaséns - che Dio pensa questi valori come oggettivamente validi per il regno della vita umana, ma non come entità astratte, senza relazione con gli uomini. I valori, inoltre, si trovano messi in relazione anche con il contesto delle situazioni concrete, cioè, con le circostanze della vita individuale e con il segno sociale storico" (recaséns siches, Filosofía del derecho de L.Recaséns. Auto-exposición, nel suo Panorama del pensamiento jurídico en el siglo XX, Porrúa, México, 1963, vol.1, p.522).

Il concetto di diritto di Luis Legaz Lacambra riflette l’impronta del Formalismo kelseniano, dello Esistenzialismo razionalista e del Giusnaturalismo cristiano: il diritto è una forma di vita sociale nella quale si realizza un punto di vista sulla giustizia, che delimita le rispettive sfere di liceità e di dovere mediante un sistema di legalità dotato di valore autarchico.

Da questa definizione é evidente che gli elementi essenziali del diritto sono:

1. un complesso di forme sociali di vita, che suppongono una normativa della realtà sociale;

2. un’idea di giustizia della quale questa realtà sociale normativa costituisce un punto di vista;

3. una delimitazione delle sfere del lecito e dell’obbligatorio;

4. una eteronomia o autarchia del sistema normativo;

5. un sistema di proporzioni normative formulate dall’autorità creatrice del diritto, che costituiscono la legalità.

Nel Prologo alla seconda edizione della sua Filosofia del derecho (1961), Legaz assegna al diritto naturale un ruolo centrale nella sua teoria giusfilosofica. "...Il diritto - dice Legaz - è sempre un punto di vista sulla giustizia ed il diritto naturale deve essere il suo miglior punto di vista, nella formulazione programmatica più pura" (luis legaz lacambra, Filosofía del derecho, Bosch, Barcelona, 2.ª ed., 1961, pp. 5 e 292-293).

Legaz, quindi, reclama un concetto ampio del diritto che ingloba, nel suo seno, le due dimensioni del giuridico -naturale e positiva-, formulando con semplicità e chiarezza l’unità profonda nella quale l’una e l’altra si legano.

Dice Perez Luño: "...É naturale, nonostante ciò, fare un passo in più nella costruzione di una ontologia giuridica giusnaturalista intendendola come un domandarsi della giustificazione ultima del diritto, del senso del cosmo, in una visione totale della realtà. Questa é l’attitudine mantenuta, tra di noi, da Elías de Tejada e da Galán Gutíerrez" (perez luño, "El derecho natural en la España del siglo XX", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.160).

Il professor Elías de Tejada segnala come l’ontologia della norma umana sia quella delle relazioni con il destino dell’uomo al quale essa serve. Il diritto si presenta, allora, come "...un ente la cui ontologia deve cominciare dall’analisi dei suoi due elementi costitutivi: la salvezza, il cui schema ultimo é l’idea luminosa della giustizia e la vocazione, che si appoggia sul criterio costante di una sicurezza perfetta" (Francisco Elías de tejada, Introduccion al estudio de la ontologia juridica, Ibarra, Madrid, 1942, pp.59 ss.).

Anche Eustaquio Galán, seguendo i principi del Giusnaturalismo metafisico, segnala come, sul piano ontologico, il Giusnaturalismo costituisca una risposta peculiare al problema delle origini e del fondamento ultimo di validità del diritto positivo: esso é un sistema di principi giuridici e di giustizia, valido in sé, indipendentemente da ciò che si affermare nella società per mezzo delle istituzioni del potere politico. Secondo Galán, "...Il Giusnaturalismo implica la credenza in un justum (giusto) dato da Dio e dalla natura, e perciò, propositivo e più valido del diritto positivo, al quale quest’ultimo deve ottemperare come fosse un paradigma" (eustaquio galán y gutiérrez, Ius naturae, Sucs. De Rivadeneyra, Madrid, 1961, vol. 1, pp.349 ss).

 

2.1.2.2. Il problema etico: il diritto naturale e la morale.

Il Giusnaturalismo, oltre a presupporre una penetrazione dell’etica nella definizione del diritto, sul piano ontologico, ritiene necessaria la connessione tra morale e diritto, su quello dell’esistere: si presenta esso stesso come un valore etico.

Nella dottrina spagnola contemporanea, infatti, secondo José Corts Grau, "…né metafisicamente, né psicologicamente si possono separare l’ordine giuridico dall’ordine morale: una tale separazione implicherebbe il disconoscimento dell’ordine universale, la rottura dell’unità divina da quella umana e la lacerazione della nostra propria natura, perché i soggetti della morale e del diritto coincidono, così come i loro rispettivi fini si complementano vicendevolmente".

Da qui, molti autori considerano la morale come fine ed il diritto come mezzo per la sua realizzazione.

"...Separare l’ordine giuridico dalla morale significa -secondo Corts- attentare alla dignità del diritto, che, invece, affonda le sue radici in un’azione etica: non solo nasce dalla morale, ma ritorna irresistibilmente ad essa" (josé corts grau, Curso de derecho natural, Editora Nacional, Madrid, 1970, 4ª ed., p.278).

Trattando le relazioni tra la morale ed il diritto nella teoria giusnaturalistica, Antonio Truyol Serra segnala che, pur essendo ordini normativi distinti, si trovano in relazione tra loro, e la distinzione concettuale non presuppone né implica separazione: "...La compenetrazione tra entrambi gli ordini raggiunge la sua massima espressione nella morale sociale, che determina i doveri degli uomini in quanto membri della società, e che presenta la relazione più stretta con il diritto naturale. Di fatto, i suoi oggetti materiali rispettivi quasi coincidono, però, é possibile una distinzione secondo quello formale rispettivo. In effetti, seguendo gli Scolastici, si può affermare che, mentre la legge naturale include tutti i precetti morali e tutto il diritto naturale, quest’ultimo é solo la parte relativa alla vita dell’uomo nella società" (antonio truyol serra, Fundamentos de derecho natural, Seix, Barcellona, 1954, pp.4 ss.).

Per Joaquín Ruíz Giménez, la filosofia della istituzione rappresenta una forma storica della riflessione cristiana sul diritto, che implica, nei suoi stessi presupposti, la relazione del diritto con la legge naturale. Quest’ultima, "...essendo partecipazione razionale della legge eterna, porta a radicare il giuridico con l’ordine totale dell’universo creato" (joaquín ruíz giménez, La concepcion institucional del derecho, Iep, Madrid, 1944, p.49). Nella sua opera Derecho y vida humana, Ruíz Giménez scrive che "...l’esistenza dell’uomo, per svilupparsi armonicamente, deve instaurarsi in un ordine morale, che é la concrezione di quello cosmico" (joaquín ruíz giménez, Derecho y vida humana. Algunas reflexiones a la luz de Santo Tomas, Iep, Madrid, 2a. ed., 1957, p.74). Il pensiero contemporaneo - secondo Ruíz Giménez - presuppone un processo di integrazione della filosofia del diritto con l’etica, ove predomina il punto di vista della relazione personale tra il comportamento dell’uomo ed il suo supremo destino, mentre, "...nella filosofia giuridica, predomina il punto di vista sociale della relazione del comportamento umano con il bene comune".

"...Il diritto naturale - per Ruíz Giménez - é l’insieme di valori e principi universali, conosciuti alla luce dell’intelligenza naturale, che informano la realtà giuridica in quanto si esigono dalle inclinazioni fondamentali della natura razionale umana" (joaquín ruíz gimémez, Introduccion a la filosofia juridica, Epesa, Madrid, 2a ed., 1960, pp.179, 287-289).

Una delle affermazioni più risolute del conseguimento etico del Giusnaturalismo classico si deve al professor Luño Peña. Nel 1954, in occasione del discorso di apertura del corso nella Universitá di Barcellona, Luño si approcia ad uno dei temi cruciali del diritto naturale contemporaneo: con la sua Moral de la situación y derecho subjetivo, egli pretende di essere la risposta contro coloro che, dalle prospettive esistenzialistiche atee, propugnano la valutazione del contingente e del soggettivo in cima ai principi universali immutabili ed oggettivi, come supreme norme regolatrici dell’ordine morale. Peña, infatti, sostiene che il Soggettivismo etico estremo, necessariamente relativista e volontarista, conduca alla disintegrazione dell’ordine morale ed al disconoscimento di qualunque principio oggettivo superiore all’arbitrio individuale nella determinazione della legge etica.

L’elemento comune del pensiero fin ora esposto dai diversi autori é la quasi totale adesione della dottrina giuridica spagnola agli schemi del Giusnaturalismo tomista.