Conte Joseph De Maistre (1753-1821)

VI. Dell'influenza divina nelle costituzioni politiche

 

 

L'uomo è in grado, di modificare ogni cosa nella sfera della propria attività, ma non crea nulla: questa è la sua legge, nell'ambito fisico come in quello morale.

L'uomo è senza dubbio capace di piantare un seme, far crescere un albero, migliorarlo con un innesto, e potarlo in cento maniere, ma mai ha immaginato di avere il potere di fare da sé un albero.

Come ha potuto immaginare di avere quello di fare una costituzione? grazie forse all'esperienza? Vediamo allora quel che essa ci insegna.

Tutte le costituzioni libere che si conoscono al mondo si sono formate in due maniere. Talvolta esse sono, per cosi dire, germogliate in modo insensibile, grazie alla combinazione di un insieme di circostanze che noi chiamiamo fortuite; qualche altra volta hanno avuto un autore, che è apparso come un fenomeno, e si è fatto obbedire.

In entrambi i casi, ecco come Dio ci avverte della nostra debolezza e del diritto che ha riservato per sé nella formazione dei governi.

1) Nessuna costituzione è il risultato di una deliberazione; i diritti dei popoli non sono mai scritti, o almeno gli atti costitutivi e le leggi fondamentali scritte non sono mai altro che sanzioni di diritti anteriori, di cui nulla si può dire se non che esistono perché esistono (1).

2) Benché Dio non abbia creduto opportuno impiegare in questo genere di cose mezzi sovrannaturali, ha posto tuttavia dei limiti all'azione umana, di modo che nella formazione delle costituzioni le circostanze sono tinto, e gli uomini stessi non sono che circostanze. Molto spesso, addirittura, correndo appresso a un fine ne ottengono un altro, come abbiamo visto nella costituzione inglese.

3) I diritti del popolo propriamente detto derivano abbastanza spesso da una concessione dei sovrani, e in questo caso il fatto può essere storicamente accertato; ma i diritti dei sovrani e dell'aristocrazia, per lo meno i diritti essenziali, costitutivi e radicali, se cosi ci si può esprimere, non hanno né autori né data di nascita.

4) Anche le concessioni del sovrano sono sempre state precedute da uno stato di cose che le rendeva necessarie e che non dipendeva da lui.

5) Benché le leggi scritte non siano mai altro che sanzioni di diritti anteriori, tuttavia ciò non vuoi dire che tutto quanto può essere scritto lo sia; in ogni costituzione vi è sempre anche qualcosa che non può essere scritto (2), e che bisogna lasciare in un'oscurità nebulosa e venerabile, sotto pena di rovinare lo Stato.

6) Più si scrive e più l'istituzione è debole; la ragione è evidente. Le leggi non sono che dichiarazioni di diritti e i diritti sono dichiarati solo quando vengono attaccati; di modo che il gran numero delle leggi, costituzionali scritte non fa altro che rivelare il gran numero delle insidie e il pericolo di una distruzione. Ecco perché l'istituzione più robusta dell'antichità profana fu quella di Sparta, dove niente veniva scritto.

7) Nessuna nazione può darsi la libertà se già non la possiede (3). Quando comincia a riflettere su se stessa, le sue leggi sono già fatte. L'intervento umano non arriva al di là dello sviluppo dei diritti che già esistevano ma che erano misconosciuti o contrastati. Se gli imprudenti oltrepassano questi limiti con riforme temerarie, la nazione finisce per perdere quello che possedeva, senza ottenere quello che vuole. Da ciò deriva la necessità di non innovare se non molto raramente, e sempre con moderazione e tremore.

8) Quando la Provvidenza decide di dar vita a una costituzione politica in modo più rapido, appare allora un uomo dotato di un potere indefinibile: parla e si fa obbedire; ma questi uomini meravigliosi forse appartengono solo al mondo antico e all'infanzia delle nazioni. In ogni caso, ecco il carattere distintivo di questi legislatori per eccellenza: essi sono re oppure nobili. A questo riguardo, non c'è, e non può esserci, eccezione alcuna. Proprio questo requisito mancò all'istituzione di Solone, la più fragile dell'antichità (4). I bei tempi di Atene, che passarono presto (5), furono per di più interrotti da conquiste e tirannie, e lo stesso Solone vide i Pisistrati.

9) Questi medesimi legislatori, con ]a loro straordinaria potenza, non fanno mai altro che riunire elementi preesistenti nei costumi e nel carattere dei popoli: ma questa riunione, questa formazione rapida che somiglia a una creazione, è possibile solo in nome della Divinità. La politica e la religione si fondono insieme: si distingue appena il legislatore dal sacerdote; e le sue istituzioni pubbliche consistono principalmente m cerimonie e ricorrenze religiose (6).

10) La libertà, in un certo senso, fu sempre un dono dei re, perché tutte le nazioni libere furono costituite da re. Questa è la regola generale, e le eccezioni che si potrebbero indicare rientrerebbero nella regola, se fossero discusse (7).

11) Non è mai esistita nazione libera che non avesse nella sua costituzione naturale germi di libertà antichi quanto lei; e mai nazione è riuscita efficacemente a sviluppare, attraverso leggi fondamentali scritte, nuovi diritti oltre a quelli che esistevano nella sua costituzione naturale.

12) Una qualsiasi assemblea di uomini non può costituire una nazione; una simile impresa supera addirittura in follia quel che tutti i Bedlams del mondo possono inventare di più assurdo di più stravagante (8).
Dimostrare in dettaglio questa affermazione, dopo quello che ho detto, sarebbe, a parer mio, mancare di rispetto a coloro che sanno, e fare troppo onore agli ignoranti.

13) Ho parlato prima di un carattere distintivo degli antichi legislatori; eccone un altro che è notevolissimo, e sul quale si potrebbe scrivere un libro intero. Costoro non appartengono mai alla categoria dei dotti, non scrivono, agiscono per istinto e per impulso più che per ragionamento, e non usano altro strumento al di fuori di una certa forza morale che piega le volontà come il vento piega le messi.
Potrei dimostrare che questa osservazione non è che il corollario di una verità generale della massima importanza, e avrei delle cose interessanti da dire, ma non voglio divagare; preferisco eliminare le digressioni e andare diritto al sodo.
Fra la politica teorica e la legislazione costituente c'è la stessa differenza che esiste fra la poetica e la poesia. Nella scala generale degli ingegni, l'illustre Montesquieu sta a Licurgo come Batteux sta a Omero o a Racine.

C'è di più: questi due tipi di talento si escludono a vicenda, come si è visto dall'esempio di Locke, che inciampò malamente quando gli venne in mente di dare delle leggi agli americani.
Ho visto un grande sostenitore della repubblica lamentarsi sul serio perché i francesi non avevano notato, fra le opere di Hume, quella intitolata Piano di una repubblica perfetta. — O coecas hominum mentes! Se vedete un uomo ordinario provvisto di buon senso, ma che non abbia mai mostrato in alcun campo un segno di superiorità, voi non potete essere sicuri che egli non abbia le qualità del legislatore. Non c'è alcuna ragione di dire sì o no; ma se si tratta di Bacone, di Locke, di Montesquieu, ecc., dite no, senza esitare, giacché il talento che possiede dimostra che manca dell'altro (9).

L'applicazione alla costituzione francese dei principi che ho appena esposto si impone da sé; ma conviene considerare il problema da un punto di vista particolare.

I più grandi nemici della rivoluzione devono francamente convenire che la Commissione degli undici che ha elaborato l'ultima costituzione possiede, secondo tutte le apparenze, più ingegno della sua opera, e che probabilmente ha fatto tutto quello che poteva fare. Doveva lavorare con materiali recalcitranti, che non permettevano di applicare i principi; e già la divisione dei poteri, che pure sono divisi solo da una parete (10), è una bella vittoria riportata sui pregiudizi del momento.

Ma non si tratta qui del merito intrinseco della costituzione. Non rientra nei miei piani cercare i difetti particolari, i quali garantiscono che essa non può durare; d'altronde, su questo punto tutto è stato detto. Indicherò soltanto l'errore teorico che sta alla base di questa costituzione, e che ha indirizzato i francesi sulla via sbagliata fin dai primo istante della loro rivoluzione.

La costituzione del 1795, come le sue sorelle maggiori, è fatta per l’uomo. Ora, non esiste uomo nel mondo. Ho visto, nella mia vita, francesi, italiani, russi, ecc.; so pure, grazie a Montesquieu, che si può essere persiani; ma quanto all’uomo, dichiaro di non averlo incontrato in vita mia; se esiste, è a mia insaputa.

C'è forse una sola contrada al mondo dove non si possono trovare un Consiglio dei cinquecento, un Consiglio degli anziani e cinque Direttori? Questa costituzione può essere proposta a tutte le associazioni umane, dalla Cina fino a Ginevra. Ma una costituzione che è fatta per tutte le nazioni non è fatta per nessuna: è una pura astrazione, un'opera scolastica fatta per esercitare l'ingegno a parure da un'ipotesi ideale, e che va indirizzata all’uomo, negli spazi immaginari dove risiede.

Che cos'è una costituzione? non è forse la soluzione del seguente problema?

Dati la popolazione, i costumi, la religione, la situazione geografica, le relazioni politiche, le ricchezze, le buone e le cattive qualità di una determinata nazione, trovare le leggi che le convengono.

Questo problema non è nemmeno affrontato nella costituzione del 1795, la quale ha pensato solo all’uomo.

Tutte le ragioni immaginabili convergono per stabilire che quest'opera manca del sigillo divino. — Essa non è che un tema.

Perciò, già in questo momento, quanti segni di caducità!

 

NOTE

1 Sarebbe da pazzi domandare chi ha dato la libertà alle città di Sparta, di Roma, ecc. Queste repubbliche non hanno ricevuto le loro costituzioni dagli uomini. Gliele hanno date Dio e la natura. Sidney, Discorso sul governo, tomo I, capitolo 2. L'autore non è sospetto [n.d.a.].

2 II giudizioso Hume ha fatto spesso questa osservazione. Citerò solo il passaggio seguente: Questo articolo della costituzione inglese (il diritto di rimostranza) è molto difficile, o per meglio dire impossibile, regolarlo mediante leggi: deve essere guidato da certe idee sottili di opportunità e di decenza, piuttosto che dall'esattezza delle leggi e delle ordinanze (Hume, Storia d'Inghilterra. Carlo I, cap, 53, nota E). - Thomas Paine, com'è noto, è di un'altra opinione. Egli pretende che una costituzione esista solo quando è possibile mettersela in tasca [n.d.a.].

3 Uno popolo uso a vivere sotto uno principe, se per qualche accidente diventa libero, con difficoltà mantiene la libertà. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, cap. XVI [n.d.a.].

4 Plutarco ha visto bene questa verità. Solane, egli dice, non riuscì a mantenere a lungo una città in unità e concordia... poiché era di origine popolare, non era tra i più ricchi per estrazione, ma piuttosto era un medio borghese. Vita di Solone, traduzione di Amyot [n.d.a.].

5 Haec extrema fuit aetas imperatorum Atheniensium Iphicratis, Chabriae, Thimothei: ncque posi illorum obttum quisquam dux in illa urbe fuit dignus memoria [Questo fu l'ultimo periodo dei generali ateniesi Ificrate, Cabria, Timoteo; e dopo la loro morte in quella città non d fu alcun comandante degno di essere ricordato]. Cornelio Nepote, Vita di Timoteo, cap. IV. Dalla battaglia di Maratona a quella di Leucade, vinta da Timoteo, trascorrono 114 anni. È questo il diapason della gloria di Atene (n.d.a.).

6 Plutarco, Vita di Numa (n.d.a.).

7 Noque ambigitur quitt Èrutus idem, qui tantum gloriae, superbo exacto rege, meruit pessimo publico id factufus fuerit, si libertatis immaturae cupidine priorum regum aitcui regnum extorsisset, ecc. [E non vi è dubbio che anche Bruto, il quale si meritò tanta gloria per aver cacciato il Superbo, avrebbe attuato il suo proposito con grave pregiudizio dello Stato, se per brama di una libertà ancora prematura avesse tolto il regno a uno dei re precedenti (trad. di Mario Scandola)]. Tito Livio, II, 1. L'intero passaggio è assai degno di essere meditato [n.d.a.].

8 È necessario che uno solo sia quello che dia il modo e dalla cui mente dependa qualunque simile ordinazione. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, cap. IX (n.d.a.).

9 Platone, Zenonc, Crisippo hanno scritto dei libri, ma Licurgo ha compiuto degli atti (Plutarco, Vita di Licurgo). Non c'è una sola idea sana in morale e in politica che sia sfuggita al buon senso di Plutarco [n.d.a.].

10 In nessun caso i due consigli possono riunirsi nella stessa sala. Costituzione del 1795, titolo 5, art. 60 (n.d.a).