DIRITTO NATURALE ED ETICA SOCIALE NEL PENSIERO DI JOHANNES MESSNER (1891 - 1984)
(partendo dalla Dissertatio ad Licentiam in Iure Canonico assequendam di
Padre Alex Pytlik -
Moderator: Prof. Francesco D'AGOSTINO - ROMAE 1997)
(Per gentile concessione di Padre Alex Pytlik, http://www.padre.at/ - Contact Email: padre@padre.at )
Capitolo II. LA TEORIA DEL DIRITTO NATURALE IN JOHANNES MESSNER
(Terza parte)
3. La natura della società e il bene comune
3.1 La natura sociale dell'uomo
L'uomo per natura è allo stesso tempo un'essere sociale e un'essere individuale. Questo ci viene da fatti che possono essere soltanto dubitati da una visione non aperta sulla realtà. Il primo fatto lo vediamo nella sua natura corporale - l'uomo è dipendente dalla famiglia per un periodo molto più lungo dell'animale. Ancora più incisiva è la dimostrazione dell'essenza sociale dell'uomo attraverso la sua natura spirituale. In ogni aspetto lo sviluppo vitale dello spirito è legato alla società. Questo sviluppo vitale dello spirito avviene individualmente e socialmente con un intreccio indistricabile.
Per rendere visibile concretamente la natura sociale dell'uomo, si deve partire dalla realtà dell'esperienza data dalla cultura e dalla persona. Ciò a cui è chiamato l'uomo attraverso la sua natura, cioè di formare un essere culturale e una persona piena (Vollperson), lo diventa solo attraverso la comunicazione e la cooperazione. In tutte le forme della comunicazione e della cooperazione, anche nel campo economico, partecipano decisivamente forze spirituali. Dalla comunicazione e dalla cooperazione di tante generazioni risulta un patrimonio oggettivo di conoscenze di verità e di valori, di idee e di costumi, di usanze nonché di mezzi esterni di controllo dell'ambiente, che sono tutti socialmente validi ed efficaci e formano così la forma di vita di un popolo in cui l'etnologia e l'antropologia culturale riconoscono l'essenza intima della cultura.
Anm. 91(91)Dunque, la natura umana è mirata (angelegt) al completamento; è perciò fondata sulla socialità (Gesellschaftlichkeit). Infatti l'appetitus societatis (H. Grotius), l'impulso dunque a collegarsi socialmente (Trieb zu gesellschaftlicher Verbindung), forma uno dei più forti impulsi fondamentali, magari il più forte impulso della natura umana, perché nessun altro impulso può raggiungere la soddisfazione senza l'adempimento delle pretese di codesto uno. Attraverso questo impulso fondamentale la ragione spinge l'uomo a un ordine d'essere sociale, che garantisce i presupposti di questo completamento. Così viene garantito la possibilità di esistenza pieno-umana per tutti secondo le pretese che si mostrano nei fini esistenziali. La natura dell'uomo intanto è natura sociale altrettanto come natura individuale, e perciò il fine sociale (Sozialzweck) stesso è uno dei fondamentali fini esistenziali. Tutti e due i lati sono collegati indissolubilmente: la natura individuale dell'uomo non si potrebbe sviluppare senza il collegamento sociale, e il collegamento sociale non potrebbe condurre l'uomo allo stato di cultura, se l'essere individuale non fosse di natura corporea-spirituale con i bisogni di questa natura, cioè con il suo tendere verso i valori.
3.2 Il fondamento d'essere (Seinsgrund) della società
Dobbiamo cercare il perché i singoli uomini hanno bisogno dell'integrazione reciproca e il perché sono (rispettivamente) capaci (a farlo). Certo è che gli uomini sono uguali nella loro natura essenziale con i fini esistenziali in essa preindicati alla responsabilità morale. Altrettanto certo è che gli uomini sono disuguali nella loro natura individuale in seguito alla dotazione differente di disposizioni e capacità. Grazie allo spirito umano, disposizione e inclinazione fondamentali della natura umana sono l' "auto-trascendenza". Ma essendo lo spirito sottomesso nella natura umana alle limitazioni della materia, vediamo la necessità dell'integrazione. Ma esattamente a causa dell'essenza fisica, la natura umana individuale è anche capace all'integrazione, perché quest'unione di spirito e di corpo dà alla natura umana individuale la particolarità delle sue disposizioni individuali, e rende possibile il completamento reciproco. Grazie allora alla disuguaglianza delle forze nella natura individuale e grazie all'uguaglianza dei fini nella natura essenziale, gli uomini sono predisposti ad arrivare all'esistenza pieno-umana attraverso la cooperazione e la comunicazione.
La società dunque è il collegamento fra uomini al sostegno reciproco per raggiungere l'essere pieno-umano preteso dai fini esistenziali. Così raggiungono una efficacia più alta rispetto al totale degli sforzi individuali, considerando p. e. la protezione davanti al gangsterismo o i più grandi frutti del lavoro grazie alla divisione. La cooperazione sociale produce qualcosa di nuovo a cui partecipano tutti i membri della società in relazione all'adempimento dei loro fini vitali. La società è un'unità sovraindividuale. Il rango ontologico di ogni unità sociale particolare dipende dall'influsso necessario sull'esistenza pieno-umana. Perciò la famiglia è società in un senso più essenziale, cioè in un senso più pieno di essere, di un club di bridge, oppure il popolo più di una società per azioni. Per questa causa, società come il popolo o la famiglia sono più direttamente pretese da impulsi naturali e sono più indispensabili per l'essere pieno-umano di altre "società", cioè hanno il loro fondamento in fini esistenziali più vitali. La filosofia del diritto naturale ha dunque sempre affermato la differenza tra società "necessarie" o di natura (naturhaften), che possono essere nominate comunità in un senso particolare, e tra società "libere", che sono fondate su fini liberamente scelti.
3.3 Il fine e il compito della società: il bene comune
Il fine della società è l'aiuto di cui tutti hanno bisogno per l'adempimento auto-responsabile dei compiti di vita fondati nei fini esistenziali. Siccome questo aiuto viene reso possibile attraverso il collegamento di tutti i membri dell'unità sociale, ma altrettanto è necessario per tutti, si chiama bene comune oppure utilità comune (Gemeinnutzen) oppure bene sociale (Sozialwohl).
Anm. 92(92)Il bene comune è l'aiuto da rendere possibile per il singolo uomo attraverso la società. Ontologicamente e metafisicamente la natura si è mostrata bisognosa del completamento, ma si è mostrata allo stesso tempo pienamente destinata alla realizzazione auto-responsabile (eigenverantwortlich) dei fini esistenziali in essa preindicati. Messner presenta il seguente esempio: l'animale può essere mantenuto con tutto il necessario, senza che la realtà piena pretesa dalla sua natura sia danneggiata. Per contro, non è semplicemente così per l'uomo, perché l'essere pieno-umano è legato essenzialmente all'autoresponsabilità e all'autoefficacia (Eigenwirksamkeit), cioè si tratta di una persona. Da ciò segue che il bene comune, certamente fondato sul bisogno e sulla possibilità del collegamento degli individui, non consiste primariamente nel concentramento (Zusammenfassung) pezzo per pezzo di beni e prestazioni (Leistungen) in un fondo comune, e neanche consiste nella semplice distribuzione di beni dalle riserve di un tale fondo. "Il bene comune consiste piuttosto nella possibilità di adempiere con autoresponsabilità e con forze proprie i compiti di vita preindicati nei fini esistenziali ai membri della società, possibilità da raggiungere attraverso il collegamento sociale."
Anm. 93(93) Il bene comune, dunque, può essere soltanto il sostegno per il detto fine, e come tale non può diventare piena realtà se ne viene desiderato di più.Dalla natura della società ci viene un'altra conseguenza. Il concetto del bene comune indica una realtà determinata dall'essere e non lasciata alla volontà arbitraria. Nei suoi aspetti fondamentali questa realtà è determinata metafisicamente e ontologicamente dalla natura umana con il suo bisogno e la sua capacità di integrazione in rapporto all'adempimento delle pretese dell'esistenza pieno-umana di tutti i membri della società. Soltanto dentro questo quadro di ordine naturale preindicato e nel suo ordine dei fini resta l'elaborazione e la progettazione alla volontà e all'arbitrio della società. Ma questo compito resta infatti l'oggetto delle volontà e tensioni comuni dei membri della società verso i valori. Specialmente i mezzi per la realizzazione dell'utilità comune, il loro modo e la loro applicazione, sono oggetti di questa volontà. L'unica pretesa dentro questo quadro è che i mezzi non siano contrari ai fini esistenziali.
Dalla causa d'essenza della società e dal suo ordine d'essere ci vengono anche le due funzioni fondamentali del bene comune. La prima consiste nella difesa dagli imminenti disturbi che hanno l'origine nelle basse inclinazioni impulsive (niedrigen Triebanlagen) della natura umana e che possono minacciare l'ordine di convivenza che offre i presupposti per l'esistenza pieno-umana. Appartiene a questa funzione sopratutto l'assicurazione dei membri della società contro l'impedimento dei loro compiti di vita da parte di altri - soltanto attraverso la cooperazione sociale questi impedimenti possono essere respinti. Questa funzione presenta la fondazione dell'ordine di pace essendo una funzione in un certo senso negativa, sopratutto attraverso il diritto che ha un potere di coercizione (Zwangsgewalt) verso i membri asociali della società.
La seconda funzione pienamente positiva concerne la possibilità dell'esistenza pieno-umana per i membri della società e presenta la fondazione per l'ordine del benessere (Wohlfahrtsordnung). Qui il singolo uomo è legato molteplicemente a diverse unità sociali per il raggiungimento del suo essere pieno-umano. Nella causa ontologica e nell'ordine ontologico della società stessa troviamo dunque una molteplicità di fini esistenziali sociali ai quali è collegato lo sviluppo psichico, sprituale, morale, religioso, culturale, economico e sociale. Dobbiamo pensare qui non soltanto allo stato e alla comunità politica, ma altrettanto alla famiglia, al popolo, alle comunità di vicinanza e di professione, alla comunità religiosa e alla comunità internazionale.
4. L'origine e l'essenza del diritto
4.1 L'origine del diritto
Il diritto è l'ordine del comportamento determinato da fini (zweckbestimmt) nell'ambito dei rapporti interpersonali.
Anm. 94(94) Un gruppo di fini si mette in risalto perché questi fini vanno perseguiti a causa della responsabilità morale. Come abbiamo già visto, fini possono essere preindicati nella natura umana, cioè possono essere fini esistenziali che fondano precise responsabilità. Alla realizzazione di questi fini l'uomo è moralmente obbligato. Fini esistenziali fondano responsabilità per ognuno; causano pretese con la possibilità di adempierli, in primo luogo per l'esclusione di impedimenti da parte di altri, detto con altre parole, questi fini causano competenze per un comportamento autonomo (Selbstbestimmung). E queste competenze (Zuständigkeiten) sono diritti. "Il diritto ha dunque la sua origine nei fini esistenziali dell'uomo."Anm. 95(95)Soggetti di diritto (Rechtsträger) sono singole persone e anche persone comunitarie (Gemeinschaftspersonen), perché il bene comune, essendo esso stesso un fine esistenziale dell'uomo, è causa di responsabilità della comunità stessa e le dà un ambito di propria efficacia in forza di questo fine. In un vero senso - dice Messner usando una parola famosa di R. v. Ihering - il fine è il creatore del diritto. Nella fondazione del diritto vediamo dunque un lato di essenza teleologica della etica giusnaturalistica tradizionale. Con i fini esistenziali ci appare la responsabilità come concetto che collega l'etica e la filosofia di diritto: la responsabilità morale imposta dai fini esistenziali fonda le originarie facoltà giuridiche individuali e sociali. Essendo uno scopo della cooperazione sociale l'assicurazione degli ambiti individuali e sociali di autonomia contro lesioni esterne, troviamo legata già all'origine del diritto la coercibilità. Messner così ricapitola: "I fini che sono preindicati nella natura umana sono fonte di responsabilità per i singoli uomini e per la comunità e così fonte di pretese all'adempimento non ostacolato di queste responsabilità nonché alla protezione di queste pretese, se necessario, attraverso la forza."
Anm. 96(96)Poiché è il creatore che assegna queste responsabilità al singolo uomo e alle comunità attraverso i fini preindicati nella loro natura, il diritto alla fin fine ha la sua origine in Dio. In questo senso si parla del "diritto naturale e divino" quale stessa cosa. Una tale affermazione non trascende il limite (Grenze) della filosofia del diritto, finché non venga dedotto il diritto direttamente dalla volontà divina.
4.2 L'essenza del diritto
4.2.1 Introduzione
Abbiamo già un concetto generale dell'essenza del diritto: il diritto è ordine delle competenze ad agire secondo autodeterminazione. Il diritto nella sua essenza fondamentale è autorizzazione e facoltà a un comportamento. E poiché si tratta di autorizzazione, ogni diritto è un modo di signoria (Herrschaftsmacht). Inoltre, il diritto è sempre un ordine di delimitazione reciproca delle competenze nonché un ordine di garanzia del comportamento in forza di queste competenze da osservare da parte di tutti verso la persona autorizzata dalle stesse competenze. Questo comportamento preteso è quello interpersonale nonché quello della convivenza sociale, dunque, il diritto è di natura sociale. Le competenze date dal diritto nascono con le responsabilità collegate ai fini esistenziali dell'uomo, sono determinate perciò contenutisticamente. Messner dà perciò una definizione più stretta: "Il diritto è l'ordine dei rapporti sociali in armonia con i fini umani esistenziali."
Anm. 97(97)Nell'esposizione di Messner, i diritti originari sia individuali sia sociali sono limitati non soltanto esteriormente, ma, secondo la loro essenza, sono limitati interiormente. Primo, perché la signoria in cui consiste un diritto non va al di sopra del fine in cui si fonda la signoria. Il diritto al libero esercizio della religione non autorizza l'uomo a forzare altri contro la loro convinzione di seguere il proprio esercizio del culto. Secondo, i diritti sono limitati in seguito al rispettare diritti di altri che si fondano nei medesimi fini esistenziali di tutti. Il diritto di autoconservazione non autorizza mai all'uccisione diretta di un altro, neanche nel caso di un pericolo estremo (si pensi p. e. a due uomini naufragi non avendo alimentari sufficienti). Terzo, tutti i diritti hanno una relazione indissolubile con l'ordine della società nel complesso, perché la realizzazione di fini esistenziali è possibile soltanto nel collegamento sociale: anche per quanto le singole facoltà di diritto rappresentano signoria, tutto il diritto è di essenza sociale per cui sia esclusa la validità di qualsiasi diritto senza obbligo sociale, cioè con un limite soltanto in sè stesso. "Risultato: Non c'è nessun diritto assoluto (incondizionato) del singolo uomo o di una comunità."
Anm. 98(98)Essendo fondati nelle responsabilità morali, i diritti naturali sono inviolabili e inalienabili. L'esercizio dei diritti può essere impedito, ma questo non elimina i diritti stessi: sono inviolabili. I genitori non possono rinunciare al diritto di educare i loro bambini. Possono soltanto delegare questo compito essenziale ad altri, in parte o pienamente, ma la loro responsabilità e il conseguente diritto stesso sono inalienabili. Così vediamo subito il doppio rapporto del diritto verso l'obbligo. Primo, diritti sono collegati con obblighi che si radicano nei fini che stanno alla base di questi diritti. Secondo, i diritti dell'uno uomo danno l'obbligo a ciascun'altro uomo di rispettarli.
Il diritto racchiude così poteri giuridici, cioè pretese fondate su diritti, e obblighi giuridici, cioè obblighi con riferimento a pretese giuridiche. Si tratta di obblighi di giustizia la cui specifica essenza troviamo nella possibilità di forzare al loro adempimento. Perciò l'ordine della società consiste fondamentalmente in rapporti giuridici. Come signoria nel senso di una facoltà giuridica, ogni diritto causa un soggetto giuridico possedendo la signoria, e causa anche un oggetto giuridico su cui il soggetto giuridico può esercitare la sua signoria. Soggetti giuridici possono essere persone naturali o persone comunitarie. Oggetti giuridici possono essere cose o servizi di persone. Nel senso del diritto "cose" sono quegli oggetti giuridici sui quali è lecito una signoria illimitata. Quanto alla persona in una società con una coscienza giuridica pienamente sviluppata, diritti possono soltanto fondare pretese a servizi e questo soltanto in quanto non si oppongano a fini esistenziali. Il proprio sé rimane naturalmente oggetto giuridico dell'uomo, nel suo diritto al suo corpo, alla sua libertà di movimento, alla sua forza lavorativa etc.
4.2.2 L'essenza morale del diritto
Essendo fondato nei fini esistenziali umani, il diritto è di essenza morale. Dopo aver trovato il più alto principio giuridico (l'ordine dei rapporti sociali in armonia con l'ordine dei fini esistenziali) abbiamo visto che il diritto è legato alla responsabilità morale dell'uomo. "La diretta coscienza morale-giuridica stessa dell'uomo gli insegna circa le pretese fondamentali dell'ordine sociale dei rapporti attraverso la legge morale naturale, la comprensione naturale dei princípi morali-giuridici più generali attraverso la coscienza"
Anm. 99(99). La coscienza naturale non è soltanto coscienza di obbligo e di valore, ma nel senso più proprio è coscienza giuridica. Sappiamo già che all'apriori giuridico della legge morale naturale appartengono princípi come i seguenti: suum cuique tribuere; non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto; si obbedisce all'autorità legittima; i malfattori sociali vanno puniti; pacta sunt servanda. Questi princípi fondano gli stessi diritti fondamentali della persona umana, il potere di comandare dell'autorità legislativa, il diritto al conseguimento dell'ordine giuridico con la forza, la validità di diritti contrattuali come presupposto della cooperazione sociale nell'economia nazionale e nella comunità internazionale (diritto internazionale).La conoscenza immediata dell'apriori giuridico come parte della legge naturale ci mostra un doppio carattere essenziale per il diritto. Primo, per l'uomo con ragione pienamente sviluppata è direttamente riconoscibile che il ledere diritti di altri è moralmente sbagliato. Secondo, per ognuno possedendo diritti è direttamente riconoscibile che può pretendere un comportamento di altri il quale non dipende soltanto dalla loro volontà buona. L'apriori giuridico non lascia nessun dubbio che in questo senso diritti significano autorizzazioni. Inoltre è chiaro che l'apriori giuridico - esattamente come l'apriori morale - contiene soltanto princípi generali e non contiene un sistema di norme dettagliate oppure un sistema giuridico valido per tutti i tempi. L'apriori giuridico abilita alla comprensione degli obblighi giuridici particolari sotto condizioni semplici, cioè alla comprensione dell'ordine sociale nei suoi rapporti fondamentali.
"I supremi princípi giuridici sono pertanto questa parte della legge naturale che si riferisce all'ordine sociale."
Anm. 100(100) Questa parte della legge naturale chiamiamo ius naturale (= diritto naturale = Naturrecht = droit naturel) a differenza della lex naturalis (= legge naturale = Naturgesetz = loi naturelle). Nella lingua inglese abbiamo il problema che natural law può significare entrambe le cose. Il diritto forma così il minimo di moralità che è necessario per la conservazione (Bestand) della società.Anm. 101(101)Dall'essenza morale del diritto risultano le seguenti conclusioni:
1. In forza della sua fondazione sulla legge naturale come fonte, e conseguentemente sul dovere, il diritto naturale è fondamentalmente una quintessenza di norme. La responsabilità morale risulta filosoficamente come concetto congiuntivo che conduce dalla moralità al diritto: i fini esistenziali accertati dalla natura umana sono oggetto di obbligo morale è perciò sono collegati con la pretesa alla possibilità del loro adempimento attraverso un'ordine dei rapporti interpersonali e sociali che garantisce questa possibilità.
2. Vero diritto non può esistere in contrasto con la legge morale naturale. Se una legge giuridica non è conciliabile con fini esistenziali dell'uomo sta in contrasto con l'essenza morale del diritto. Perciò la dottrina giusnaturalistica ha sempre ricordato che il potere di legiferare è usurpato nel caso del contrasto con questi fini. In quel caso manca la vera fondazione di diritto, non si fonda un obbligo morale di obbedire, e la resistenza è moralmente legittimato.
3. Differente dal precedente caso di diritti arrogati è il caso dell'abuso di veri diritti. Questo abuso consiste nell'esercizio di un diritto a un fine che si oppone al suo fine proprio (inneren Zweck) o alla legge naturale. Tale abuso non elimina il diritto, ma il suo esercizio può essere limitato se i diritti di altri vengono lesi. La ragione per cui l'abuso non elimina il diritto stesso risiede nella funzione essenziale del diritto, cioè di garantire la possibilità dell'esercizio di responsabilità morale propria e di garantire così ambiti di libertà. Altrimenti sarebbe eliminata la possibilità alla responsabilità propria. Naturalmente, ogni esercizio di diritti che lede diritti di altri o della comunità è sempre sottoposto alla possibilità della restrizione forzata. La validità ulteriore di diritti abusati non significa che l'uomo avrebbe un "diritto" a comportamenti contro la legge morale. L'uomo ha soltanto un diritto alla protezione davanti a violazioni di altri in ambiti della sua responsabilità morale. La parte molto più grande della vita morale troviamo nel campo privato, fuori il campo giuridico che è limitato a ordinare rapporti sociali.
4. Diritti nel senso proprio sono perciò anche differenti dai "diritti di Dio", dai diritti del creatore verso le creature. S. Tommaso non lascia nessun dubbio riferendosi a Cicero, De Officiis, I. 7.: "Justitia ea ratio est, qua societas hominum inter ipsos et vitae communitas continetur."
Anm. 102(102)4.2.3 L'essenza peculiare (arteigene) del diritto
La peculiarità del diritto troviamo nel fatto che è una regola del comportamento esterno e concede un'autorizzazione al raggiungimento del preteso comportamento attraverso l'uso della forza. Così, il diritto si distingue dalla moralità sotto quattro aspetti: Primo, il diritto si riferisce soltanto a comportamenti esterni della vita sociale; secondo, si riferisce a obblighi determinati del contenuto; terzo, autorizza al conseguimento del comportamento ne preteso con la forza; e quarto, autorizza la società a stabilire norme per fondare la sicurezza giuridica.
1. Il diritto riguarda soltanto il comportamento esterno, ma non riguarda l'intenzione interiore che è essenziale per il comportamento morale. L'ordine sociale che forma il fine del diritto è garantito se il comportamento esterno dei membri della società sta in armonia con gli obblighi giuridici, anche se la perfezione dell'ordine pubblico dipenderà pure dall'intenzione interiore degli uomini.
2. Diritti sono pretese, determinate del contenuto, di persone singole e di persone comunitarie. Fondano così obblighi determinati del contenuto per tutti gli altri, cioè di corrispondere a queste pretese. Diritti sono determinati secondo il modo e la misura, cioè come un suum (ciò che compete a qualcuno). Il suum può avere una causa giuridica del diritto naturale (p. e. una pretesa dei diritti umani), del diritto contrattuale (p. e. un accordo di prestazione e contraccambio) o del diritto positivo.
3. Il comportamento esterno preteso dal diritto deve essere garantito per poter conservare l'ordine sociale. Perciò, con il diritto è collegato essenzialmente, come compito della cooperazione sociale, l'autorizzazione alla garanzia di questo comportamento attraverso forza fisica. Qui S. Tommaso e Hegel concordano che l'autorizzazione all'uso della forza è un elemento essenziale del diritto in faccia al comportamento illegale di membri sociali. Però, la forza non è l'elemento unico e fondamentale del diritto; sarebbe sbagliato prendere come essenza del diritto una conseguenza che si mostra soltanto sulle vie traverse della ingiustizia.
Anm. 103(103) La coscienza giuridica non ha nessun dubbio che un diritto è un diritto anche se manca la possibilità al conseguimento con la forza. Egualmente non c'è nessun dubbio che ogni diritto include la facoltà giuridica al conseguimento di un certo comportamento con la forza. Tutte e due princípi appartengono all'apriori della coscienza giuridica dell'uomo. Inoltre, c'è la terza conoscenza aprioristica che l'esercizio di questa facoltà giuridica al conseguimento con la forza non è il compito del singolo, ma normalmente del potere sociale di ordine. La funzione stessa del diritto, la fondazione e garanzia dell'ordine sociale, esclude l'uso della forza da parte dei membri sociali per l'assicurazione dei loro diritti. Soltanto nel caso in cui non sia possibile di rivolgersi all'autorità il diritto legittima un uso diretto della forza purché non vengano lesi più alti diritti di altri. Adesso è chiaro che la coercibilità è essenziale per il diritto, ma non è essenziale l'esercizio della coercibilità in circostanze aggravanti. Per questo sarebbe sbagliato di disconoscere al diritto naturale l'essenza del diritto nel caso in cui nessun potere fisico garantisse il riconoscimento dei princípi del diritto naturale. In uno stato totalitario alcuni cittadini perdono l'esercizio dei loro diritti, ma non perdono i diritti stessi. E perciò i diritti naturali sono diritti nel senso pieno e proprio.4. Il diritto è finalmente destinato alla fondazione della sicurezza giuridica, compito della società nel determinare l'ordine giuridico (diritto consuetudinario o le leggi - Gesetzesrecht) per rendere possibile una conoscenza sicura delle facoltà e degli obblighi giuridici. Sicurezza giuridica significa che i membri sociali possono essere sicuri di avere la copertura dalla volontà del legislatore nonché di essere protetti dalla discrezione di giudici. Anche qui, la sicurezza giuridica effettiva non è l'unico ed esclusivo carattere essenziale del diritto. Anche se l'amministrazione della giustizia viene strumentalizzata da un partito unico di uno stato totalitario - il diritto resta diritto.
5. Il diritto naturale
5.1 Definizione e contenuto del concetto
Dopo aver presentato l'essenza morale e peculiare del diritto, Messner stesso dà una risposta ben visibile alla domanda "Che cos'è diritto naturale?" Diritto naturale è tanto un patrimonio giuridico (Rechtsbestand) quanto una scienza:
Anm. 104(104)I. Diritto naturale come patrimonio giuridico:
1. È una quintessenza di norme giuridiche, precisamente della coscienza giuridica-morale naturale con la sua conoscenza dei più generali princípi sul diritto e sul torto, cioè dei princípi della giustizia.
2. È una quintessenza di diritti originari, fondati nelle norme summenzionate nel punto 1. Come tali sono diritti del singolo uomo e delle comunità naturali, riconoscibili negli ambiti di responsabilità, i quali sono assegnati loro dalla natura, considerando le concrete circostanze.
II. Diritto naturale come scienza, includendo la filosofia del diritto e l'etica del diritto:
1. Deve sondare e fondare l'essenza e il criterio di diritto e giustizia.
2. Deve applicare i princípi generali del diritto naturale negli ambiti di vita sociale, culturale, statale, economica e internazionale, con l'obiettivo di elaborare le pretese della giustizia in questi ambiti.
Per Messner risulta come concetto: "Il diritto naturale è l'ordine delle competenze (facoltà) proprie, individuali e sociali, che sono fondate nella natura umana con le sue responsabilità proprie."
Anm. 105(105)- "Competenze (facoltà) proprie" sono autorizzazioni all'agire con autodeterminazione, precisamente nel collegamento sociale degli uomini cosicché sia incluso il riferimento di tutto il diritto alla vita sociale.
- "Responsabilità proprie" sono preindicate nella natura umana individuale e sociale, perciò sono responsabilità morali. Date con la natura individuale e sociale, sono responsabilità del genere sia sociale sia individuale, collegate con competenze proprie (fra queste anche quelle dello stato).
- "Ordine" si riferisce all'essenza unitaria del diritto nonostante la pluralità delle facoltà fondate nella natura individuale e sociale dell'uomo. "Ordine" ci mostra allo stesso tempo la natura sociale di tutto il diritto, ci mostra il riferimento al bene comune perché la piena realizzazione della natura umana di tutti i membri sociale è legato a quest'ordine.
- "Fondate" significa che, primo, le competenze proprie sono assegnate attraverso le responsabilità morali proprie della natura umana, e che, secondo, queste competenze proprie sono garantite dalla coscienza sull'obbligo - valido per tutti - di rispettarli, coscienza che risiede nella coscienza (morale) naturale.
- La "natura" viene fuori così con il suo significato centrale: primo, la natura come "ordine dell'essere" con gli ambiti di competenza fondati nei suoi fini immanenti; secondo, la natura come "ordine della ragione" con i suoi propri princípi giuridici direttamente riconoscibili. Visti tutti e due significati, il diritto naturale è l'ordine della natura oppure il giusto di natura nei rapporti sociali, sia nei rapporti diretti sia nei rapporti mediati dalle cose (tecnica, istituzioni).
La definizione di Messner sottolinea egualmente i due lati dell'ordine della natura: diritto naturale è da una parte il preteso dalla natura come ordine dell'essere, cioè il preteso attraverso la "natura della cosa" (la natura dell'ambito specifico - Natur der Sache); d'altra parte è il preteso dalla natura come ordine della ragione, cioè il preteso attraverso l'originaria coscienza giuridica-morale, propria alla natura. Il primo lato possiamo chiamare anche il campo oggettivo del diritto naturale, il secondo lato possiamo chiamare anche il campo soggettivo del diritto naturale senza dimenticare che la coscienza giuridica stessa fa parte della natura oggettiva in un senso generale.
Il pensiero giuridico vede specialmente due caratteri essenziali del diritto: la fondazione del diritto e la garanzia del diritto. Tutte e due caratteri essenziali sono propri anche al diritto naturale. Come legge di fondazione vediamo la legge di coscienza, cioè la legge morale naturale; il potere garante è la costrizione della coscienza. Secondo ambedue i caratteri non sembra contestabile l'essenziale carattere giuridico del diritto naturale. Certo, le norme giuridiche date nella legge naturale (legge di coscienza) hanno un'indole molto generale. Però, anche le norme giuridiche dell'ordine giuridico statale hanno un'indole generale. L'ordine giuridico statale non può offrire o prevedere una norma concreta per ogni singolo caso. È vero che i concetti del diritto statale formato da leggi sono più concreti essendo formati in faccia alle concrete circostanze storiche e sociali. Vista questa generalità delle norme, in realtà non troviamo una differenza essenziale, ma soltanto una differenza di grado.
Come diritto naturale assoluto (incondizionato, primario) viene denominato il nucleo "costante" del diritto naturale che è immutabile perché concerne gli atteggiamenti fondamentali (i valori fondamentali) normativi per il vero essere umano. - Il diritto naturale variabile o relativo (applicato, secondario) consiste nel modo concreto di validità dei princípi generali del diritto naturale che è condizionato dalle circostanze sociali e storici del momento. - Il diritto naturale "sotto il peccato originale" è il diritto naturale applicato in faccia alle conseguenze del peccato originale sulla cognizione e sulla volontà e con la competenza ampliata del potere statale di ordine in riferimento al legiferare (Rechtssetzung) e al potere di forza (sicurezza giuridica).
Anm. 106(106)5.2 La realtà e la conoscenza del diritto naturale
Contro il diritto naturale come realtà c'è una serie di obiezioni: che conterrebbe soltanto proposizioni o princípi formali senza contenuto; che in esso non sarebbero date vere proposizioni giuridiche o di validità assoluta; che non si potrebbe parlare di una coscienza giuridica comune dell'umanità. Per Messner seguono quattro domande importanti: Che cos'è il diritto naturale secondo la sua realtà? Come avviene la sua cognizione o conoscenza? Può essere fondata la sua realtà? Se sì, è questa realtà secondo il suo origine più di un'apparizione di sviluppo?
Considerando l'esperienza stessa, per Messner ci sono false formulazioni delle domande che conducano poi a risposte false. Infatti, la cognizione razionale e la conoscenza oggettiva ("della cosa" o "delle circostanze") stanno indissolubilmente all'origine della conoscenza dei princípi giuridici elementari, come abbiamo già visto nella parte fondamentale sulla legge naturale. La legge naturale ci si mostra come unità indissolubile nel suo modo d'effettuarsi: facoltà di conoscenza e facoltà di impulso (inclinazione impulsiva - Triebanlage), natura razionale e natura oggettiva (natura della "cosa" - Sachnatur), ordine della ragione e ordine dell'essere. L'impulso fondamentale all'esistenza pieno-umana, raggiungibile soltanto nella vita della comunità (= l' "impulso alla felicità" spingendo verso la realizzazione del bene individuale e del bene comune), non lascia alla discrezione dell'uomo se vuole riconoscere o no (einsehen) che cosa sia oggettivamente giusto o ingiusto. Messner qui, considerando l'efficienza della legge naturale, sottolinea la natura dell'uomo come essere familiare: che l'uomo è intensamente legato alla comunità familiare per la sua piena realizzazione.
È la natura stessa dell'uomo che spinge a un ordine di convivenza nella comunità familiare il quale rende possibile un'esistenza umana per tutti. Questo non è un risultato di comprensioni teoretiche sulla natura umana, ma c'è l'esperienza dell'uomo su ciò di cui ha bisogno per essere contento nelle più importanti esigenze fisiche e psichiche. Tutti gli esseri tendono al benessere attraverso la soddisfazione dei loro impulsi e bisogni fondamentali. È un pensiero fondamentale della dottrina giusnaturalistica tradizionale che la natura dell'uomo non opera differentemente. Però, questo pensiero non è stato esaminato sufficientemente a fondo, sopratutto non dalla scolastica posteriore. Per Messner questo pensiero è decisivo perché ci conduce fuori il puro modo di pensare astrattamente (aus der rein abstrakten Denkweise) e assegna la piena validità al principio di conoscenza omnis cognitio incipit a sensibus anche nell'ambito della ragione pratica.
Anm. 107(107)Così vediamo (di nuovo) subito il nesso diretto tra la comprensione dei princípi giuridici elementari (valori) con la comprensione dell'ordine dell'essere. Essendo collegate ambedue le comprensioni indissolubilmente, l'uomo può comprendere gli elementari princípi di ordine della sua esistenza sociale e si vede dunque spinto ad applicare questi princípi di ordine anche nella vita sociale più grande. I primi passi della volontà di ordine sociale, a cui viene spinto l'uomo dalla sua natura stessa, mostrano che i princípi elementari morali e giuridici vengono conosciuti e imparati sempre con un determinato contenuto. Questi primi passi si realizzano nella società originaria, cioè nell'unione della famiglia e del tribù. Come modo d'effettuarsi della legge naturale (nel suo doppio significato: conoscenza e impulso) si sono così dimostrati fortemente gli impulsi naturali dell'amore, della stima reciproca, della benevolenza reciproca nonché del volere il bene di tutti e della comunità nel complesso, del bene comune. Il risultato per Messner è chiaro: l'opinione di un'essenza solamente "formale" o vuota (di contenuto) dei pìu alti princípi del diritto naturale è una costruzione teorica, riferendosi a un'idea dell'uomo contraria alla realtà. Infatti, queste proposizioni possiedono già un determinato contenuto con i primi passi dell'uomo nell'esistenza sociale.
Dopo aver sondato la realtà del diritto naturale, Messner formula il risultato: "Diritto naturale è ordine di esistenza, ordine fondamentale per l'esistere dell'uomo quale uomo, nel più vero e pieno senso di 'esistere'; è l'ordine le cui pretese nel loro determinato contenuto l'uomo diventa cosciente con questo esistere, secondo il principio che tutta la conoscenza è condizionata dall'esperienza, anche quella dei princípi della ragione giuridica come parte della ragione pratica. Comprese così, queste pretese vengono capite dalla ragione pienamente sviluppata nella loro universale verità in sé certa e nella loro universale validità vincolante."
Anm. 108(108)Per Messner seguono due fatti fondamentali per la dottrina giusnaturalista:
1. Gli elementari princípi del diritto naturale (i valori umani fondamentali) non sono messi dentro la natura né da un'interpretazione ideologicamente preconcetta né da un sistema di valori condizionato storicamente e culturalmente. Questi princípi sono "accertati" dalla natura stessa dell'uomo, precisamente come i princípi dell'ordine di esistenza, preteso e imposto dalla natura per la vita sociale.
2. Ciò che l'uomo impara sin dall'inizio nella comunità familiare a causa del modo d'effettuarsi della legge naturale, cioè di vivere le semplici verità giuridiche con certezza oggettiva e di comprenderle in relazione con la conoscenza della "natura della cosa" (Natur der Sache), ciò continua come modo d'effettuarsi della legge naturale nello sviluppo ulteriore della coscienza giuridica e della volontà giuridica. Ognuno sa dalla propria coscienza che questo vale, primo, per la coscienza giuridica-morale del singolo conducendo alla chiarezza sul diritto e sull'ingiustizia in tutte le semplici situazioni perché sin dall'inizio è stata formata attraverso la conoscenza della "natura della cosa" e può applicare conseguentemente il principio generale. Questo vale, secondo, anche per lo sviluppo storico. La storia del diritto e la storia della società portano la prova chiara: avevano quasi l'uguale importanza sia l'impulso naturale al raggiungimento di una mesura fondamentale di benessere sia la conoscenza naturale dei princípi più generali di giustizia. Con ciò Messner naturalmente non afferma che questo effetto della legge naturale di condurre all'ordine del diritto naturale sia perfetto.
Quasi tutto nel mondo sottosta a un'evoluzione e neanche il diritto naturale può formare un'eccezione.
Anm. 109(109) Si sviluppa primo la coscienza del diritto naturale, secondo l'applicazione del diritto naturale e terzo la dottrina del diritto naturale come scienza. La forza decisiva per quest'evoluzione è il tendere di strati socialmente svantaggiati all'adattamento dei loro presupposti della vita a quelli dei gruppi privilegiati. I principali ostacoli a questa evoluzione formano l'interesse e il potere di gruppi dominanti, la possibilità di errori della ragione umana e la possibilità di perversione (Abwegigkeit) della predisposizione impulsiva (Triebveranlagung) dell'uomo, fattori tutti questi essendo in realtà conseguenze del peccato originale. Una conseguenza dell'evoluzione del diritto naturale è che c'è diritto naturale nello stato di diventare, un'altra conseguenza è la storicità di vasti campi del diritto naturale. Il passo più grande nell'evoluzione del diritto naturale abbiamo visto dopo la seconda guerra mondiale nella sua fondazione sulla dignità umana. La dignità umana è stata menzionata sempre sin dall'ingresso del cristianesimo nel mondo, ma non venne visto come principio universale di ordine sociale. Questo è stato raggiunto almeno teoricamente nel preambolo della dichiarazione dei diritti umani (1948) attraverso l'ONU. Così la dignitá umana viene fatta risalire al fatto che l'uomo è dotato di ragione e coscienza. La stessa fondazione dà Giovanni XXIII nella sua enciclica "Pacem in terris" (1963), aggiungendo come fondazione più forte per il cristiano l'essere ad imaginem Dei e la filiazione divina grazie alla redenzione.Con lo sviluppo della coscienza giuridica e del tendere verso il diritto vengono chiarite le conoscenze fondamentali degli obblighi e delle pretese concernenti il rispetto davanti alla vita e all'integrità fisica del singolo, il tenere la parola data, la non-violazione del buon nome di altri, la non-violazione della proprietà correttamente acquistata, l'onestà nell'osservanza di accordi su prestazione e contraccambio, il potere di comandare preteso dall'ordine e dalla pace della comunità, la necessità dell'esercizio forzato per conservare e garantire le pretese e gli obblighi menzionati (inclusa la punibilità di offese fatte), l'adeguatezza della pena secondo il fatto e la mesura della colpa nel torto fatto. Finalmente si forma anche la comprensione del più generale principio giuridico suum cuique come vincolante moralmente e giuridicamente che include tutte le menzionate pretese di giustizia.
Anm. 110(110)Le forme del diritto naturale applicato, che si trova presso tutti i popoli in seguito alle stesse disposizioni naturali ed esperienze nello sviluppo degli ordini sociali secondo l'ambito del diritto civile e secondo l'ambito del diritto internazionale, formano lo Ius gentium, il diritto comune degli uomini (gemeinmenschlich). Diritto naturale applicato è per gran parte il diritto positivo. Primo, perché l'autorità statale (il legislatore oppure il governo) deve dichiarare il contenuto certo comprensibile per la ragione, affinché vengano esclusi errori (p. e. i divieti dell'assassinio, del furto, della violazione del contratto in seguito al principio pacta sunt servanda etc.). Secondo, perché deve dare o negare costitutivamente validità giuridica a modi di comportamenti o istituzioni sociali che per se non sono giusti o ingiusti, ma soltanto in seguito alla determinazione di leggi, ma che sono indispensabili per la sicurezza giuridica, per l'amministrazione della giustizia e per la pace. Questi regolamenti rappresentano la più grande parte del diritto positivo (diritto civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale). Terzo, perché l'autorità statale ha in più l'obbligo e il diritto della decisione e della disposizione su tutto ciò che è preteso dal bene comune, tra cui anche questioni di opportunità (p. e. il codice della strada).
Anm. 111(111)Nel 1980 Messner ha dato anche uno sguardo globale sul concreto diritto naturale di oggi.
Anm. 112(112) Innanzitutto dobbiamo menzionare i diritti umani che sono dati all'uomo con la sua ragione e la sua coscienza morale. La coscienza l'informa su obblighi morali la cui adempimento deve garantire il diritto attraverso la garanzia dell'ambito necessario di libertà. Dovunque nella società consistano obblighi morali ci sono fondati diritti naturali, così per il singolo uomo verso lo stato, per la comunità familiare, per lo stato (bene comune), per il rapporto delle comunità politiche (pace), per la comunità dei popoli. Dentro il fine del bene comune (Gemeinwohlzweck) c'è una serie di diritti naturali e obblighi naturali dello stato, così il diritto alla tassazione; il diritto al sostegno della formazione necessaria secondo l'interesse generale; il diritto al potere sovrano sulla proprietà privata secondo le chiare pretese del bene comune; il diritto allo svolgimento di misure pretese dal bene comune in tempi di necessità; il diritto all'essere membro nella comunità organizzata dei popoli; il diritto alla revisione di contratti che non sono più conciliabili con le pretese della giustizia; il diritto alla possibilità di usare i processi giuridici creati dalla comunità dei popoli nel caso di controversie con altri stati se le trattative diplomatiche falliscono; il diritto all'accesso ai mercati e alle materie prime sotto uguali condizioni con altri stati; il diritto alle proprie ricchezze del sottosuolo (senza sfruttamento ingiusto da parte di altri stati o da parte di poteri economici).NOTE
(91)(91) Cf. ibid., 150, ma anche nella Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954, cap. 69 - 72.
(92)(92) Cf. NR 1966/84, 189 - qui Messner raccomanda anche la sua opera Das Gemeinwohl: Idee, Wirklichkeit, Aufgaben, Osnabrück 1962.
(93)(93) NR 1966/84, 189 s.: "Vielmehr besteht das Gemeinwohl in der durch die gesellschaftliche Verbundenheit zu erzielenden Ermöglichung der eigenverantwortlichen und eigenkräftigen Erfüllung der den Gesellschaftsgliedern in den existentiellen Zwecken vorgezeichneten Lebensaufgaben."
(95)(95) Ibid., 224: "Das Recht hat daher seinen Ursprung in den existentiellen Zwecken des Menschen."
(96)(96) Ibid., 224 s.: "Die Zwecke, die in der menschlichen Natur vorgezeichnet sind, begründen Verantwortlichkeiten für Einzelmenschen und Gemeinschaften und damit Ansprüche auf die ungehinderte Erfüllung dieser Verantwortlichkeiten sowie auf den Schutz dieser Ansprüche, wenn notwendig, durch Gewalt."
(97)(97) Ibid., 227: "Das Recht ist die Ordnung der gesellschaftlichen Beziehungen im Einklang mit den existentiellen menschlichen Zwecken."
(98)(98) Ibid.: "Es gibt kein unbedingtes Recht eines Einzelmenschen oder einer Gemeinschaft."
(99)(99) Ibid., 233: "Das unmittelbare sittlich-rechtliche Bewußtsein des Menschen selbst unterrichtet ihn über die Grundforderungen der Ordnung der gesellschaftlichen Beziehungen durch das sittliche Naturgesetz, die natürliche Gewissenseinsicht in die allgemeinsten sittlich-rechtlichen Prinzipien."
(100)(100) Ibid.: "Die obersten Rechtsprinzipien sind somit der Teil des Naturgesetzes, der sich auf die gesellschaftliche Ordnung bezieht."
(101)(101) Cf. ibid., 234 - Messner si riferisce anche a S. Tommaso, 1. II. 96. 2.
(102)(102) Cit. secondo NR 1966/84, 235 -> cf. S. Tommaso, 2. II. qu. 58. a. 2.
(103)(103) Cf. NR 1966/84, 238 s. - Messner si riferisce a S. Tommaso (S. Th. 1. II. qu. 95. a.; 1. II. qu. 96. a. 5) e a Hegel (Grundlinien der Philosophie des Rechts, 1821, § 94).
(104)(104) Cf. NR 1966/84, 312.
(105)(105) Ibid., 304: "Das Naturrecht ist die Ordnung der in der menschlichen Natur mit ihren Eigenverantwortlichkeiten begründeten einzelmenschlichen und gesellschaftlichen Eigenzuständigkeiten."
(106)(106) Cf. MESSNER, art. "Naturrecht", in: KLOSE A./MANTL W./ZSIFKOVITS V. (edit.), Katholisches Soziallexikon, Innsbruck - Wien - München ²1980, 1898.
(107)(107) Cf. NR 1966/84, 315.
(108)(108) Ibid., 317: "Naturrecht ist Existenzordnung, Grundordnung des Existierens des Menschen als Mensch, im wahrsten und vollsten Sinn von 'Existieren', die Ordnung, deren Forderungen ihm mit diesem Existieren in ihrem bestimmten Inhalt bewußt werden gemäß dem Prinzip, daß alle Erkenntnis durch die Erfahrung bedingt ist, auch die der Prinzipien der Rechtsvernunft als Teil der praktischen Vernunft. So erfaßt, werden diese Forderungen von der voll entfalteten Vernunft in ihrer allgemeinen in sich gewissen Wahrheit und in ihrer allgemeinen verpflichtenden Geltung eingesehen."
(109)(109) Cf. MESSNER (²1980) 1896 ss.
(110)(110) Cf. NR 1966/84, 321 s.
(111)(111) Cf. MESSNER (²1980) 1898 s.